Tristan und Isolde (R. Wagner)

opere, compositori, librettisti e il loro mondo

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Messaggioda fadecas » dom 10 feb 2008, 2:22

La tesi è suggestiva, ma non mi convince in pieno. Intravedo il rischio che, per amor di paradosso, venga sottovalutato uno dei nuclei portanti del Tristano, altrettanto sconvolgente di quello, descritto benissimo da Maugham, del retrospettivo scandaglio autoanalitico del personaggio maschile del terzo atto.
Ossia, la centralità del duetto II, al di là del preziosismo lambiccato di certi indugi testuali (che renderebbero la declamazione del solo libretto improponibile), proprio nella audacia della sua realizzazione musicale, ossia, come tutti sanno, con la progressiva sospensione armonica, correlativo del dissolvimento dell’intenzione e della volontà razionale dei personaggi, del loro lasciarsi annullare nella spirale dell’indistinzione fino a raggiungere l’acme di un connubio identificato, dopo la ripresa del canto di Brangäne, nella sezione conclusiva, con un movimento a spirale che non a caso, verrà ripreso quasi integralmente nel finale terzo, nella trasfigurazione di Isolde.

E’ troppo scontato far presente che la letteralità di questa citazione a conclusione della macerazione psicologica e intellettuale del soliloquio di
Tristan e di tutta l'opera suggerisce, in fondo, che la risposta al tormentato anelito di Tristan era già stata data nell’atto precedente, e che l’estasi sensuale ed erotica raggiunta dai due amanti nel momento supremo della notte era il momento compiuto dell’appagamento e della liberazione, la realizzazione, sia pure toccata in modo intermittente, di quell’”uno” a cui aspirano?
Certo, le risposte agli interrogativi di un’opera così polivalente come il Tristan possono essere più d’una …
In ogni caso, io tenderei, più che a negare, a capovolgere la prospettiva degli interventi che mi hanno preceduto, sottolineando in Wagner- e segnatamente in quello di Tristan - non tanto la capacità di servirsi dell’eros come strumento o anello di passaggio in una ricerca di comunicazione fra il soggetto e il tutto, quindi come un elemento interno ad un processo di natura eminentemente intellettuale, su cui del resto sono stati spesi fiumi di inchiostro di altissimo livello, ma piuttosto la capacità di fare proprie le sfere concettuali che gli derivano dalla cultura in cui è profondamente immerso- da Novalis a Schopenhauer - rivestendole di una carica di sensualità che solo l’audacia del trattamento musicale rende esplicita e tangibile.
Vorrei riabilitare, insomma, la banale considerazione che la “notte amorosa” di Tristan è la premessa imprescindibile di altre, posteriori notti operistiche in cui la carica dell’eros perturbante si affermerà in maniera ancora più conclamata ed ossessiva, ad es. quella di Salome e di Pelléas.
Come breve tocco aggiuntivo di gusto personale, e per rispondere ad un’altra delle domande iniziali di Maugham, ossia chi abbia espresso o possa ancora farci passare questi significati, dico che che tutto questo, all’ascolto, me lo fanno capire soprattuto la morbidezza di Karajan e la carnalità esposta degli interpreti vocali nell’edizione Bernstein.

Saluti, Fabrizio
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Re: Erotismo e sensualità in Tristano. C'è o sembra?

Messaggioda Maugham » lun 11 feb 2008, 13:38

MatMarazzi ha scritto:L'unico momento di espressione erotica nel Tristano resta per me il quello in cui è bevuta la pozione, il cui effetto è dettato dalla commistione di paura della morte e forza di sentimenti erotici primitivi e dilavati.


Innazitutto grazie del benvenuto e complimenti a te per la sintesi e la novità che caratterizza molti dei tuoi interventi. :D
Anch’io mi sento vicino alla tua idea di centralità della scena del filtro. Sarò elementare, ma è l’unico punto dove sento davvero scattare qualcosa alla base della spina dorsale. Chissà, forse è proprio quella, sintetica ed essenziale, la vera scena dove Wagner si esprime con accenti di autentica sensualità? Il duetto del second’atto lo sento più come una rilassata e colta dissertazione post-coitum. Perdona l’irriverenza e la banalità dell’osservazione. :oops:

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Messaggioda Maugham » lun 11 feb 2008, 14:08

fadecas ha scritto: In ogni caso, io tenderei, più che a negare, a capovolgere la prospettiva degli interventi che mi hanno preceduto, sottolineando in Wagner- e segnatamente in quello di Tristan - non tanto la capacità di servirsi dell’eros come strumento o anello di passaggio in una ricerca di comunicazione fra il soggetto e il tutto, quindi come un elemento interno ad un processo di natura eminentemente intellettuale, su cui del resto sono stati spesi fiumi di inchiostro di altissimo livello, ma piuttosto la capacità di fare proprie le sfere concettuali che gli derivano dalla cultura in cui è profondamente immerso- da Novalis a Schopenhauer - rivestendole di una carica di sensualità che solo l’audacia del trattamento musicale rende esplicita e tangibile.


Non c’è dubbio. Ma questa, a meno che io non abbia capito del tutto il tuo intervento, è proprio la visione dell’opera condivisa dai più su cui m’interrogavo e ne mettevo in dubbio, non la validità (ci mancherebbe!), ma la sua trasformazione in luogo comune ogni qual volta si parla del Tristano. :)
Forse, non voglio buttarla sul qualunquismo, ma l’espressione artistica della sensualità è qualcosa di così personale e primitivo e sfuggente che non permette raggruppamenti e visioni univoche. Perché ognuno di noi parte da presupposti diversi.

Comunque mi chiarisce il tuo pensiero la scelta dell’edizione a cui ti riferisci.
Ebbene, quello di Karajan -per anni il mio Tristano da comodino assieme a quello di Bernstein- non ha retto alla prova del tempo.
Del mio tempo, intendo. :wink:
Nella lettura di Karajan trovo infatti portata alle estreme conseguenze -senza dubbio realizzata come meglio non si potrebbe- la visione, a mio avviso un po’ superata, di Tristano come opera colma di erotismo sfrenato e passione.
La sua orchestrona è splendida, i timbri amalgamati con alchemica sapienza, lo sfinimento del second’atto, estatico e inebriante, giustifica da solo tutti i superlativi che la frangia più “pittorica” della critica nostrana gli ha tributato... Però trovo tutta questa lettura, seppur foriera di un ascolto appagante, un po’ semplice e anche un po’ superficiale. Forse il suono orchestrale così ricercato e fisicamente bello appiattisce un po’ troppo i contrasti e ad esempio intride il terz'atto di una serenità un po’ consolatoria in cui non mi ritrovo.
E insomma quello che io definisco per sommi capi il Wagner “da primo ascolto”. Non nego però che si tratti di un Wagner che ha fatto scuola e che infatti, poi con poche varianti, abbiamo ritrovato nel Barenboim scaligero e ascoltato per anni da orchestre di diversa levatura.
Sul mio comodino è rimasto solo Bernstein... :cry:

Saluti
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Re: Erotismo e sensualità in Tristano. C'è o sembra?

Messaggioda MatMarazzi » mar 12 feb 2008, 0:07

Maugham ha scritto:Il duetto del second’atto lo sento più come una rilassata e colta dissertazione post-coitum.


ahahah... Stupenda!
Praticamente un sostituto della sigaretta o delle coccole!
"Su, caro... parliamo un po' di Schopenauer"
:D :D :D :D

Scherzi a parte, hai ragionissimo, William.
In effetti questa è esattamente la sensazione che il duetto evoca.

E io aggiungo quella che Wagner VOLEVA evocare!
Il motivo per cui ho tanto apprezzato il tuo post è perché è arrivato il momento di chiarire che Tristano non è affatto un "inno all'amore".
Il Tristano è un inno al nichilismo schopenaueriano.

E' utile ricordare che proprio Schopenauer nel "Mondo come volontà e rappresentazione" specificò a chiarissime lettere che l'amore (fra uomo e donna) non permmette affatto di sfuggire alla cieca prigione della "volontà".
Anzi! L'amore, per Schopenauer, non è altro che un'ennesima schiavitù alla volontà. Questo è proprio l'errore in cui (nel dibattito filosofico di "o sink hernieder") casca Isolde, rimbrottata dal professor Tristano. :)

Wagner lo sapeva bene. Ecco perché, paradossalmente, è perfettamente coerente - secondo me - la mancanza di "carica erotica" nel duetto del Tristano.
Ciò a cui puntano i personaggi è ben altro: l'annullamento, la spaccatura di quella parolina "e", l'indistinzione, la non-esistenza.
Isolde non ci arriva subito: è ancora convinta che la pozione di sua madre abbia scatenato il loro amore.
E' Tristano (molto più speculativo) a farle e farci capire la verità: non è la pozione d'amore ad averli portati a un passo dalla verità, ma la convinzione di morire.
E' la morte (la prospettiva dell'annullamento) che ha spalancato loro le porte della felicità. Liberato dalla vita e dalle singole individualità di Tristano e Isolde, il fascio luminoso dell'amore che li unisce si proietta nell'eternità del niente.

Se, con queste premesse, Wagner avesse ficcato nel duetto l'ardore del puro erotismo, avrebbe tradito tutto il senso della sua opera.
Così almeno la vedo io.

Hai mai fatto caso che nei temi di Tristano non ce n'è uno dedicato semplicemente all'amore?

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Messaggioda MatMarazzi » mar 12 feb 2008, 1:51

Maugham ha scritto:Non nego però (quello di karajan sia, ndr) un Wagner che ha fatto scuola e che infatti, poi con poche varianti, abbiamo ritrovato nel Barenboim scaligero e ascoltato per anni da orchestre di diversa levatura.


OOOhhh! Udite o rustici! :D
Bravo William! :) Quando sul forum ho detto questa stessa cosa che ora tu confermi, sono stato pubblicamente insolentino e preso a pomodorate!
E' consolatorio che ora, alla gogna, saremo in due! :)

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Messaggioda Maugham » mer 13 feb 2008, 14:10

MatMarazzi ha scritto:
E' consolatorio che ora, alla gogna, saremo in due! :)


Ce ne faremo una ragione, tu cosa dici? :wink:
Ciao
Willie
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Re:

Messaggioda gustav » mar 30 set 2008, 18:35

Luca ha scritto:"tema della volontà" o "tema della cosa in sè".
====================================
Caro Matteo,

in Schopenhauer - lo spiegavo proprio oggi a scuola - la Volontà si pone come Assoluto e, in tal caso, anche parlare di "cosa in sé" è equivalente. Del resto Schopenhauer - come anche Leopardi - vivono schiacciati dal questo tipo di Assoluto...
Ricordi - e qui ti metto un pò alla prova - quale opera italiana può essere accostata non alla trama del Tristano, ma all'atmosfera che vi si respira. Piccolo aiuto: si tratta di un'opera italiana un tempo molto popolare in Germania...

Saluti, Luca.




Dal 2007 si attende una risposta...
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Isteria e abbandono

Messaggioda melomane » lun 23 ago 2010, 12:26

Mi riservo di rileggere con calma questo autorevole thread,intanto desidero richiamare due posizioni che mi convincono moltissimo:
- la tempesta d'amore e di morte come lettura psicanalitica e Karajan (1952?) come rivelatore: la passione di Isotta è definibile come isteria, ben resa dall'interpretazione di Matha Mödl, live a Bayreuth;
- il percorso di Tristano come viaggio interiore? Potrebbe essere un Orfeo post-litteram che solo con la discesa agli inferi si ricongiunge a quella che forse è la sua seconda metà del cielo? Il poeta fiumano Mario Angheben nel saggio 'Sul Tristano e Isotta di Riccardo Wagner' vi vedeva un anelito al ritorno all'età dell'oro.

Complimenti

Francesco
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Re: Tristan und Isolde (R. Wagner)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 28 mar 2014, 12:26

In principio è il Suono. Un Suono pieno di mistero irrisolto. Che ascende negli archi, per poi ricadere, appesantito in un accordo, il “Tristan-Akkord”, ambiguo - non si sa neppure a quale area tonale appartenga veramente - che non (si) risolve, animato da una tensione interna che non trova appagamento né quiete. L´accordo che risuona, ancora una volta, fortissimo, quando Isolde beve il Liebestrank, strappando la coppa dalle mani di Tristan (“Verräter! Ich trink sie dir!”, “Traditore! Bevo a te!”). Accordo che è espressione della tensione (“Sehnen” è un termine che potrebbe essere tradotto come “stress”) e della brama (“Verlangen”) inesauribile, inesausta, insoddisfatta. La tensione connaturata alla vita di ogni essere incatenato alla “ruota della sofferenza”. Il desiderio, l´inesausta tensione nostalgica del singolo per l´Unità, per il Tutto. La tensione che, come una ferita viva, viene esacerbata dalla crudele, implacabile luce del Giorno. Il Giorno che, per Wagner e Schopenhauer, è espressione della realtà visibile, regno dello spazio e del tempo. Luce che crea lo spazio in cui si stagliano i singoli esseri nel prigione della loro individualità. Luce che, nello scorrere delle ore e nelle variazioni di luminosità del giorno, determina il tempo, il divenire delle cose. Tristan odia il Giorno per ciò che esso rappresenta: un ostacolo al desiderio profondo, nostalgico, insaziabile di Unità, di fusione con il Tutto. Una fusione che, nell´opera, è sia erotica che.
Come ogni coppia di amanti, anche Tristan ed Isolde cercano di fondersi in unità (il “Liebeslust”, la “brama d´amore”), proprio come il mito dell´androgino, i due innamorati divisi e condannati a cercarsi per completarsi, narrato da Aristofane nel Simposio di Platone. Per ben due volte, dopo aver bevuto il Liebestrank al primo atto e al termine del lungo duo al secondo atto, Tristan e Isolde vivono un´esperienza orgastica (la musica è inequivocabile), che in entrambi i casi termina nell´espressione “Höchste Liebeslust” (“Altissima brama d´amore”) ma che, in entrambi i casi, proprio come il Tristan-Akkord del preludio, non si risolve, resta incompleta, insoddisfatta (l´interruzione al secondo atto è, anzi, un vero e proprio coitus interruptus). “Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te”.
Questa tensione, estrema, si risolverà solo alla fine dell´opera, nel momento della “trasfigurazione nella luce” (Verklärung!) di Isolde e di Tristano, trasfigurato nello sguardo sinestetico di lei: le ultime parole dell´opera non sono “Höchste Liebeslust”, bensí “Höchste Lust”. Lust che in tedesco indica sia il desiderio inappagato (in questo senso viene utilizzato ancora oggi col significato di “lussuria”), sia il desiderio soddisfatto. Höchste Lust non è più l´amore erotico tra un singolo uomo e una singola donna, ma l´aspirazione, soddisfatta, all´Unità metafisica, al Tutto, al regno della Notte.
Nel lungo duo del II atto, Tristan cerca di introdurre Isolde - in un vero e proprio cammino iniziatico - ai misteri del regno della Notte. La Notte che, a differenza del Giorno, è il non-luogo dove non c´è spazio (nell´oscurità della Notte viene meno l´identità, la singolarità dei corpi e delle cose) né tempo (in assenza di variazioni di luminosità, la Notte è il regno del non-essere, dell´eternità immutabile ed immobile). Isolde viene introdotta in questo regno, e dimostra di apprendere in fretta la lezione. Ma ad un certo punto, la brillante allieva se ne esce con una domanda che sulle prime fa sorridere, tanto sembra una questione relativa ad una problematica grammaticale. Ma il nostro amore non si chiama Tristano e Isolda? Questa dolce paroletta, “e”, quel ch’essa congiunge, questo vincolo d’amore, se Tristano morisse, non verrebbe distrutto dalla morte? Quanta profondità, quanta commovente, fragile umanità nell´animo di questa donna! Isolde ha paura che, immergendosi per sempre nel regno della Notte, dove tutto è unico ed eterno, lei e il suo amato Tristan possano perdere la loro identità. Teme che fondendosi nella Notte (e nella Morte) il vincolo che univa Tristan e Isolde possa dissolversi per sempre. Ma non è così. E´ un perdersi per ritrovarsi. Tristan du, ich Isolde. Tristan tu, io Isolde. Non più Tristan, non più Isolde. La vera fusione nel Tutto. Ohne nennen, ohne Trennen. Senza chiamarsi, senza dividersi. L´unità, la fusione in una Realtà eterna, unica. Dove non è più necessario chiamarsi, perché “tu sei io” e “io sono tu” - è il “Ta Tvam Asi” del Buddhismo e di Schopenhauer. Una Realtà dove non c´è divisione, e dove la scomparsa definitiva del vincolo che univa nella vita i singoli individui non deve spaventare.
Nel finale dell´opera Tristan-Isolde, trasfigurati, raggiungono la fusione nel Tutto metafisico. Viene meno ogni residuo di individualità. I due affogano nel Tutto, in quell´oceano unico, eterno, infinito della Realtà vera, nascosta sotto il velo di Maya, il velame delle apparenze che cela la Notte dallo sguardo invidioso del Giorno che incarcera gli esseri nella loro individualità fatta di tempo, spazio e relazione causale. L´opera si conclude con verbi che sono impersonali, coniugati all´infinito - “ertrinken, versinken” (“naufragare, affondare”) - e l´accordo di Tristan, alla fine, si risolve, in una chiusa che, pur segnando l´esaltazione suprema e la vittoria della Notte, è intessuta di luce accecante.

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Re: Tristan und Isolde (R. Wagner)

Messaggioda mattioli » ven 28 mar 2014, 17:11

Che uomo (ma che dico: Uomo) colto, il DM.
Ha letto De Rougemont, ha letto Nattiez, ha letto tutto!
Complimenti

AM

PS: perché sul Tristan ci sono due thread aperti?
Twitter: @MattioliAlberto
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Re: Tristan und Isolde (R. Wagner)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 28 mar 2014, 17:23

mattioli ha scritto:Che uomo (ma che dico: Uomo) colto, il DM.
Ha letto De Rougemont, ha letto Nattiez, ha letto tutto!


Soprattutto... ho letto Mattioli!
:P

PS: perché sul Tristan ci sono due thread aperti?


Perché se lo merita?
:roll:

DM

P.S. Off-topic: ancorché io sia un uomo fedelissimo, e lo sai bene, vedo che condividiamo la stessa passione per la Meier : Love :
Tuttavia non le ho mai chiesto di sposarmi: a volte è bello avere un amore platonico!
:mrgreen: : Nar :
Però a chiamare mia figlia Waltraud ci avevo pensato sul serio :oops: (anche se Sieglinde o Elsa sono nomi molto più belli!)
Miriam (( : Love : ) elevato ad infinito) resta comunque un nome bellissimo!!!
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