Der Rosenkavalier (Strauss)

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Der Rosenkavalier (Strauss)

Messaggioda Riccardo » gio 24 mag 2007, 21:54

Ha senso fare oggi il Rosenkavalier?

DA ALTRO THREAD

VGobbi ha scritto:
pbagnoli ha scritto:E' un'opera che amo molto, ma Matteo sostiene che non dovrebbe più essere rappresentata perché non ha più attualità da raccontare.

Sarebbe interessante sapere da Matteo perche' un'opera come il "Cavaliere della Rosa" non abbia piu' motivi per essere rappresentata.


Sarei curioso anch'io di sapere la sua idea!
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Re: Rosenkavalier

Messaggioda MatMarazzi » sab 26 mag 2007, 12:03

Riccardo ha scritto:Sarei curioso anch'io di sapere la sua idea!


Se proprio insistete ne possiamo parlare, ma premetto che non mi sarà facile spiegarmi. Hai presente quando una cosa la avverti chiaramente, ma se cerchi di esprimerla ti pare che le parole siano del tutto insufficienti?
E' il problema di Moses und Aron! :)

Parto dalla constatazione che ho visto Rosenkavalier tante volte dal vivo, da quel primo 1986 al festival di Aix-en-Provence.
E mai mi è piaciuto.

Non che non mi piacesse l'opera: fin dall'adolescenza mi nutrivo dell'edizione di Karajan I (quei poveri LP distrutti), o Solti, o persino Bernstein (anche se mi piaceva un po' meno).
Quando mi procurai il video con la Schwarzkopf (che ebbi di straforo in Francia, su un vhs copiato, molti e molti anni prima che circolasse ufficialmente) mi parve di toccare il cielo con un dito.

Perché allora a teatro non mi piaceva mai?
Perché lo giudicavo falso e artefatto.
Trovavo le Marescialle sempre inadeguate (e dire che vidi in scena la Lott e la Tomowa Sintow); gli Oktavian sempre manierati, i direttori sempre retorici e sentimentali, i registi sempre fuori posto.

Forse ero stato sfortunato; oppure - questa era la tesi che cominciava a insinuarsi - la nostra epoca non è adatta per il Rosenkavalier.
L'ultimo Rosenkavalier che ho visto doveva essere la prova del nove.

Fu a Salisburgo, tre anni fa. Il regista era Robert Carsen, ossia l'uomo più calato nel nostro tempo che io conoscessi fra i registi.
Se non fosse stato in grado lui di superare la tradizione e di inventarsi un mondo nuovo per quest'opera allora nessun altro avrebbe potuto.

Fu una delle più grandi schifezze che abbia mai visto. Il peggior spettacolo di Carsen che ricordi (e veniva dopo un esaltante Capriccio a Parigi).

Io credo che ogni interpretazione (come forse ogni forma d'arte) respiri il proprio tempo.
Non è solo questione di grandi teorie o di "costumi", ma di uno "spirito", qualcosa nell'aria che non solo il pubblico, ma anche i cantanti, i registi, i direttori respirano. Senza tante meditazioni o intellettualismi.
Lo respirano naturalmente, ne fanno parte.

E anche le opere.
Perché le opere siano "vitali" in epoche diverse bisogna che vi siano fili rossi (tutti da scoprire: è questo il compito degli interpreti) fra lo spirito della "loro" epoca, e quello dell'epoca in cui le opere furono scritte.
Se oggi il Don Giovanni si fa meglio che negli anni '30 o '40 è perché la nostra epoca ha trovato punti di contatto col tempo del Don Giovanni.
Se oggi Rossini, Monteverdi o Janacek si fanno meglio di quanto si facessero negli anni '50 è per la stessa ragione.

In compenso noi oggi facciamo male alcune cose che cinquant'anni fa si facevano meglio. Tra cui, secondo me, il Rosenkavalier.
La bellezza delle Marescialle di Elizabeth Schwarzkopf e Lisa della Casa non sta solo nel fatto che erano brave: anche la Lott lo è! anche la Stemme.
Eppure in quelle antiche Marescialle degli anni 50-60 c'era qualcosa di più: un loro respirare in sintonia col mondo in cui vivevano e che evidentemente aveva trovato un legame col mondo in cui il Rosenkavalier è nato.

Se dovessi dare una definizione del Cavaliere della Rosa lo chiamerei l'opera del muro: un muro che non si vede, ma c'è.
Ed è vicinissimo. E' talmente vicino che potresti toccarlo, ma non lo tocchi perché ne hai paura.
La Marescialla è bellissima, ma sente il muro del declino, dell'età, della fine della sua stagione d'oro.
Tutta l'Austria di Maria Teresa vede il muro. Vienna è splendida, scintillante, gaudente, eppure questi parvenus (questi Faninal) sono lì a dimostrare che alle porte ruggisce qualcosa di terribile e spaventoso: la rivoluzione francese, la fine di un millennio di storia e cultura europea che sta per chiudersi.
Il muro lo doveva avvertire benissimo anche Hofmannsthal, il muro di una guerra planetaria che stava per deflagare sulle contraddizioni di un'età fragorosa e splendente, mirabilmente progressiva, come fu la Belle Epoque. Anche lì c'era la fine di un mondo: un presagio terrorizzante e contraddetto, travestito di ...sublime nostalgia.

Anche negli ultimi anni 50 e nei primi anni 60 ci si preparava a una fine: il muro era visibile nella forzata "epica" di quegli anni, nella retorica dei buoni sentimenti, nello splendore rassicurante di una società gioiosa della propria opulenza.
L'occidente pacificato, risorto dalla seconda guerra, si era dotato di un'etica e un'estetica che parevano solidissime, sorrette dalla rinascita economica e dall'onestà dei valori, ma che stavano per scontrarsi con una generazione impietosa nell'evidenziarne le effettive incongruenze e rabbiosa nella smania di incenerire tutto, anche ciò che di veramente buono si era costituito. Tragedie planetarie stavano per manifestarsi, la "negazione" generazionale stava per deflagrare.
E' di questo profumo di instabile splendore e presagio di rovina che si sono alimentati gli ultimi grandi Cavalieri della Rosa.

Oggi? A parte i facili millenarismi di nostalgici e ambientalisti, a parte le comprensibili paure che il cambiamento induce in tutti noi, siamo davvero sicuri che il nostro tempo avverta il presagio del muro?

Io credo di no: la nostra società è come quella del "positivismo" tardo ottocentesco o, meglio, della piena stagione illuminista.
E' una società che guarda avanti, si nutre del progresso, si avventa nel futuro. Le convenzioni, le etichette, le confortevoli regole a cui si aggrappano le epoche "prossime al muro" (e che tanta parte hanno nel Rosenkavalier) non ci condizionano: amiamo il sovvertimento e la dissacrazione (il mio avatar è un personaggio di South Park), la fusione dei generi, la mescolanza dei linguaggi, il superamento di convenzioni e tabù.
Questo ci rende tanto vicini al Barocco e tanto lontani da decadentismi e inquietudini da Belle Epoque.

Carsen, che non è affatto un intellettuale, è però sicuramente il regista che ha proiettato il nostro tempo fra le convenzioni della messinscena operistica, mutuandole dal musical, dalla tv, dal cinema, dal pc, dall'intrattenimento moderno.
Ma è anche un uomo intelligente: ha letto il Rosenkavalier e vi ha trovato il muro.

Alla fine dell'opera, sulla musica dolcissima, ha fatto salire il "muro" del fondale dietro al quale si stagliava l'esercito austriaco della grande guerra, nero e spaventoso, con in testa il famoso Feldmaresciallo che nell'opera non si vede mai.
Così facendo ha mostrato di sapere - in teoria - qual'è il problema.
Il Rosenkavalier è l'opera del muro.
Ma non per questo il suo Ronsenkavalier è stato bello!

Sapere che dietro a quest'opera c'è il "muro" non basta!
Questo chiunque può dirlo.
Bisogna, in quanto artista, farlo vedere questo muro.
E non solo con una facile visualizzazione al finale, ma anche nei sorrisi della Marescialla, nelle trine della sua camera da letto, o nel sentimento sciocco e adolescente di Oktavian.
Carsen non c'è riuscito: e io credo che nessuno oggi possa riuscirci, perché per noi oggi il muro non c'è. A Lotte Lehmann e alla Schwarzkopf invece veniva naturale. Perché vivevano nelle epoche giuste.

La nostra è l'epoca del Così fan tutte, dei Racconti di Hofmann, dell'Incoronazione di Poppea, della Donna del Lago, non del Cavaliere della Rosa: possiamo esprimere il malessere del cambiamento - se vogliamo - ma non il rimpianto struggente per la fine (o meglio il presagio della fine) di ciò che siamo e non vorremmo perdere.

Bah... sapevo che non sarei riuscito a spiegarmi.

Salutoni,
Matteo
Ultima modifica di MatMarazzi il sab 20 ott 2007, 11:31, modificato 2 volte in totale.
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Messaggioda VGobbi » sab 26 mag 2007, 14:33

Scusa Matteo, ma mi e' lecito e viene spontanea quest'altra domanda : quali altre opere non sono al giorno d'oggi rappresentabili, oltre al Cavaliere della Rosa?
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Messaggioda VGobbi » sab 26 mag 2007, 18:44

Ho provato ad ascoltare l'opera in questione. C'e' niente da fare. Non mi piace !!! L'unico momento affascinante e' il terzetto finale del terzo atto, anche se confesso che 5 minuti di musica per un'opera che dura oltre tre ore mi sembra pochino. :?

D'altronde con Strauss ho sempre avuto un rapporto difficile, anzi tutto per la sua prevalenza e riguardo verso le voci femminili (sara' un caso che pure Puccini non mi garba assai ?) e poi per un linguaggio musicale in cui il mio orecchio fatica ad orientarsi. Non saprei spiegarmelo. Eppure un Wagner (compositore che adoro, anzi decisamente il mio preferito) od un Wozzeck di Berg m'attizzano molto di piu' e non mi pare che la loro musica sia di facile apprendimento.

Valli a spiegare cosa sono i gusti musicali ... :roll:
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Re: Rosenkavalier

Messaggioda pbagnoli » dom 27 mag 2007, 16:24

MatMarazzi ha scritto: Bah... sapevo che non sarei riuscito a spiegarmi.


Non è vero: ci sei riuscito talmente bene che ti ho messo in home, alla voce "editoriale".

Al di là di tutto, pensi che nessun regista riuscirebbe ad essere credibile?
Oppure, altrimenti detto: per esserlo, cosa dovrebbe fare?
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Re: Rosenkavalier

Messaggioda MatMarazzi » lun 28 mag 2007, 13:36

pbagnoli ha scritto:Non è vero: ci sei riuscito talmente bene che ti ho messo in home, alla voce "editoriale".


Bah... non credo che lo stile arruffato di un post possa adattarsi così direttamente a un editoriale. Se me lo avessi detto avrei sintetizzato i concetti e esposto le cose un po' meglio...


pbagnoli ha scritto:Al di là di tutto, pensi che nessun regista riuscirebbe ad essere credibile?
Oppure, altrimenti detto: per esserlo, cosa dovrebbe fare?


Secondo me il problema non è il regista.
Il problema siamo noi tutti e l'epoca in cui viviamo: il concetto del "muro" non ce l'abbiamo dentro.
Ci sono forse altre strade per dar vita al Rosenkavalier?

Salutoni
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Messaggioda MatMarazzi » lun 28 mag 2007, 13:49

VGobbi ha scritto:Scusa Matteo, ma mi e' lecito e viene spontanea quest'altra domanda : quali altre opere non sono al giorno d'oggi rappresentabili, oltre al Cavaliere della Rosa?


E' una domanda difficile: dovremmo rifletterci di volta in volta.
In teoria io vorrei che fosse rappresentato tutto, purché si riescano a trovare fili di collegamento tra la nostra epoca e un'opera del passato.
Se uno non andrà più bene, se ne troveranno altri.

Pensa alle commedie Da Ponte-Mozart: negli anni 50 erano prese a simbolo di astrattezza apollinea, di misura e sobrietà quasi metafisica (il "divino" Mozart); negli anni 80 erano divenute strumento di sessualità, disinibizione, sfida giovanilista ad ogni morale.
Eppure erano le stesse opere: cambiavano solo i fili a cui gli interpreti - di volta in volta - si attaccavano.

Se anche nel Rosenkavalier io vedessi una pluralità di fili possibili (come nel Mozart-da Ponte) avrei più fiducia.
Ma lì io vedo solo un unico filo, grande come una catena di ferro: il muro.
Per questo temo che oggi non sia più possibile far sì che quest'opera ci parli davvero, come parlava all'epoca della Schwarzkopf e della Lehmann.

salutoni
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Messaggioda dottorcajus » ven 01 giu 2007, 0:19

Premesso che il CAVALIERE è una delle opere che porterei con me nello spazio e che la sua musica ha un effetto depurante per la mia mente, concordo con la lettura che ci offre Matteo. Ritengo però che un opera debba vivere ed esprimere quelli che sono i valori, le atmosfere e quant'altro ha voluto comunicare il compositore insieme al librettista. Compito degli esecutori è trasmettere il tutto al pubblico aiutandone la comprensione ma nell'assoluto rispetto di quanto scritto sopra. Il fatto che al giorno d'oggi si viva in una società che non può avvertire l'incombenza del "muro" mi sembra superfluo perchè costituisce un limite del fruitore e non del prodotto da fruire. Certo compito degli esecutori e del regista è quello di rendere comprensibile il messaggio insito nell'opera attraverso una corretta attualizzazione delle forme di rappresentazione e di esecuzione ma il valore del titolo resta assoluto nella sua essenza e nella sua immortalità.
Il Cavaliere appartiene alla serie di opere che richiedono interpreti dotati di grande carisma e di abilità attoriale. In questo credo che i nomi da te citati hanno svettato nel ruolo della Marescialla, un personaggio sempre presente sul palcoscenico anche quando è fuori scena.
Personalmente trovo molte più difficoltà, ai giorni nostri, nella rappresentazione di varie opere, purtroppo anche quelle più tradizionali, per la sempre più frequente mancanza di voci adeguate e di cantanti dotati di spiccate e consoni doti artistiche.
Forse questa mia opinione si forma sul fatto che metto il cantante al centro dello spettacolo e lo considero l'elemento indispensabile alla riuscita della rappresentazione.
Roberto
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