Beethoven e le aritmie cardiache

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Beethoven e le aritmie cardiache

Messaggioda DocFlipperino » ven 09 gen 2015, 11:17

Leggo oggi sul Corrierone un articolo su uno studio pubblicato su Perspectives in Biology and Medicine riguardante Beethoven.
Il link all'art. è questo http://www.corriere.it/salute/cardiolog ... 8535.shtml

Qui lo copio (in blu) cercando di interpolare con la musica alcune affermazioni dello studio.
Senza addentrarci in tecnicismi inutili, per semplicità diciamo che per aritmia cardiaca si intende una alterazione del ritmo cardiaco sia per frequenza che per regolarità e che i sintomi (a grandi linee) possono essere: percezione di rallentamento della frequenza cardiaca, assenza di battito, colpo al petto o nodo alla gola, sudorazione, sensazione del repentino aumento della frequenza cardiaca, dispnea, aumento della sudorazione, senso di spossatezza, vertigini, fino ad arrivare, nei casi più seri, a una vera e propria perdita di coscienza. Questa piccola premessa credo possa essere di aiuto a comprendere l'articolo (che per altro contiene anche alcune str....zate) :cry:

"La musica di Ludwig van Beethoven gli veniva dal cuore. Letteralmente. Almeno così sostengono alcuni ricercatori americani dell’University of Michigan e dell’University of Washington (un cardiologo, uno storico della medicina e un musicologo) che hanno dimostrato come certi ritmi di alcune delle composizioni più famose del grande musicista tedesco fossero dettata dal suo battito cardiaco: o meglio da certe variazioni improvvise di quest’ultimo provocate da un’aritmia.

Mente e corpo
«Quando il cuore batte irregolarmente lo fa secondo schemi prevedibili. Noi crediamo di avere identificato gli stessi schemi in alcune opere di Beethoven» ha commentato Joel Howell, professore di medicina interna dell’University of Michigan, uno degli autori del lavoro pubblicato su Perspectives in Biology and Medicine. «La sinergia fra la mente e il corpo condiziona il modo in cui sperimentiamo la realtà. E questo è particolarmente evidente nel mondo dell’arte e della musica, che riflettono le esperienze più intime di una persona». I ricercatori hanno studiato i pattern ritmici di molte composizioni cercando di metterle in relazione a quello che succede durante l’aritmia quando, cioè, il cuore o batte troppo lentamente o troppo velocemente o irregolarmente. E in effetti certi cambiamenti improvvisi in ritmi e tonalità della musica di Beethoven sembrano proprio coincidere con quelli del cuore.

Quartetto per archi
Un esempio? La Cavatina , il movimento finale nel Quartetto per archi in Si bemolle maggiore, op 130, di grande intensità emotiva che commuoveva Beethoven fino alle lacrime. Verso la fine del Quartetto, la tonalità cambia improvvisamente e diventa un Mi bemolle maggiore, determinando uno squilibrio del ritmo che evoca sentimenti cupi, un senso di disorientamento e una sensazione di “mancanza di respiro”. E nelle indicazioni del compositore ai musicisti questo passaggio è segnato con la parola tedesca beklemmt la cui tradizione può essere “con la morte nel cuore”. Gli autori fanno notare che “la morte nel cuore” può indicare tristezza, ma descrive bene anche la sensazione di oppressione che può essere associata a un disturbo cardiaco.


Ma modificazioni del ritmo sono presenti anche in altre opere. Come nella Sonata per pianoforte n° 31 in La bemolle maggiore, op 110
,

e nella sonata per pianoforte n° 26 in Bi bemolle maggiore op 81°, all’inizio (L’Addio), scritta durante l’assedio dei Francesi a Vienna nel 1809.


Sordità
Beethoven era afflitto da diversi problemi di salute, inclusi una malattia infiammatoria dell’intestino, il morbo di Paget (una deformazione delle ossa), disturbi di fegato, abuso di alcol e problemi renali. Ma quello più noto è la sordità che, secondo gli studiosi americani, potrebbe avere affinato gli altri sensi e renderlo più attento al suo ritmo cardiaco. «Non possiamo sapere con certezza se soffrisse o meno di questi problemi – ha commentato Zachary Golberger, il cardiologo del gruppo - perché all’epoca non erano disponibili test diagnostici. Possiamo solo cercare di interpretare le vecchie descrizioni mediche alla luce delle conoscenze attuali. E la presenza di un’aritmia è compatibile con molti dei disturbi del grande musicista». Insomma, certe composizioni di Beethoven possono essere interpretate oggi come veri e propri elettrocardiogrammi musicali."


Alcune cose sono davvero tirate per le orecchie, soprattutto per la mancanza di "diagnostica" che accertasse alcune malattie.
Se non altro, l'articolo è servito per riascoltare alcune piccole meraviglie beethoveniane.
Buona giornata
flip
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Re: Beethoven e le aritmie cardiache

Messaggioda DottorMalatesta » ven 09 gen 2015, 16:36

Mi permetto di sollevare più di un dubbio sulla serietà dello studio e sulla attendibilità dei risultati. Comunque, come scrive flip, questa è l´occasione per ascoltare un po´ di bella musica (che, si spera, non faccia male al cuore). : Thumbup :
Il rapporto musica-salute è interessante e complesso. Gli studi sull´argomento sono moltissimi, anche se spesso condotti in maniera un po´ discutibile. Particolarmente studiata la musica di Mozart (mi ero un po´ interessato della cosa soprattutto in relazione all´epilessia). In particolare, sembra che la sonata per 2 piani in do maggiore K448 provochi una riduzione delle scariche epilettiformi in pazienti con epilessia.

[youtube]http://www.utexas.edu/courses/wagner/selectedessays/pdf/carter.pdf[/youtube]

Vi sono inoltre un paio di casi di pazienti con stato di male epilettico refrattario (di gran lunga la forma più grave di epilessia) con recupero dopo esposizione a questo brano (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20637708 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20801721). Relata refero. Però la cosa è interessante.
È indubbio come, per lo meno in noi occidentali, le tonalità maggiori evochino una sensazione di appagamento, felicità, serenità, (si pensi al luminoso Do maggiore) a differenza delle minori, legate ad una sensazione di ripiegamento, tristezza, sofferenza. Casini, nella sua storia della musica, ne dà una spiegazione “pratica”. Il musicologo scrive che, in origine, alcuni strumenti (ad esempio le trombe) avevano difficoltà ad emettere suoni in tonalità minore con corretta intonazione. La loro sonorità squillante e la facilità nell´emissione di suoni in maggiore avrebbe quindi portato ad un loro uso preferenziale in brani estroversi e brillanti (marce, musiche all´aperto, serenate, etc). Di converso, strumenti con sonorità più acidule e con una maggior facilità nell´emissione di suoni in minore avrebbe portato ad un loro utilizzo preferenziale in brani più intimisti. Questa relazione intrinseca tra timbro-sonorità e facilità di emissione per tonalità maggiori o minori avrebbe quindi dato origine ad un repertorio musicale più “brillante” che privilegiava le tonalitá maggiori (marcette, danze, etc) e un repertorio musicale più intimista che privilegiava le tonalità minori. A lungo andare questa suddivisione nel repertorio avrebbe creato una sorta di “imprinting” nell´ascoltatore, per cui – anche oggi - una melodia suonata in do minore viene avvertita immediatamente come meno brillante e “luminosa” della stessa melodia eseguita in do maggiore. Oddio, spero di non aver fatto troppo casino con Casini…
Di certo sarebbe interessante capire se anche un asiatico da sempre esposto a musica “non occidentale” avverte nel Do maggiore la stessa “atmosfera emotiva” di un occidentale.
Comunque, è dimostrato (lo ricorda anche Desmond Morris nel “La scimmia nuda”) che i neonati si addormentino più facilmente se cullati con movimenti rapidi e se accompagnati da musica ad una frequenza di 70 Hz (grossomodo equivalente alla frequenza del battito cardiaco materno cui furono esposti per medi in utero). Per quanto mi riguarda non posso che confermare: due figlie su due mi si addormenta(va)no da neonate con marcette ritmate (da “Bandiera rossa” a “Garibaldi fu ferito” 8) ). E, sempre a proposito di bimbi piccoli, il grande esperto di Wagner Deryck Cooke diceva di essere a conoscenza di uno studio che dimostrava come l´esposizione al mi bemolle maggiore (la tonalità di impianto del prologo del Rheingold) fosse in grado di tranquillizzare i neonati più di altre tonalità.
Surfeggiano oline ho poi scoperto che Cooke ha scritto un libro intitolato “The language of music” in cui avrebbe deliniato una sorta di vocabolario emotivo delle principali tonalità (potete trovare una tabella riassuntiva alla pagina 10 di questo saggio: http://www.utexas.edu/courses/wagner/se ... carter.pdf).
Insomma, verità o fantasia, scienza o fantascienza, l´importante è ascoltare bella musica.
Per dirla con il grande Shak: Se la musica è il nutrimento dell'amore, continuate a suonare…

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