Frau ohne Schatten e Turandot

Cos’hanno in comune Turandot e Frau ohne Schatten?
Entrambe nate a pochi anni di distanza (1919 Frau, 1926 Turandot), si inseriscono entrambe nella temperie culturale del simbolismo.
Entrambe affrontano la questione dell’umanità della donna, che in un caso focalizzandosi sulla maternità (Frau) nell’altro sull’amore (Turandot). Se ci pensate, dal punto di vista psicologico, l’Imperatrice della Frau è sorella magggiore della Chrysothemis di Elektra (Ho bisogno di figli prima che sfiorisca il mio corpo, e se a un villano anche mi danno, i figli per lui metto al mondo e con questo mio corpo li scaldo nelle fredde notti, quando il vento squassa la capanna!).
In entrambe le opere le due figure di femminilità negata o “incompleta (Imperatrice nella Frau e Turandot nell’opera omonima) si contrappongono a figure speculari (La tintora nella Frau e Liù in Turandot) caratterizzate dalla femminilità esacerbata.
E’ anche interessante considerare che Puccini volle come prima interprete della sua Turandot Maria Jeritza (poi sostituita con Rosa Burchstein Raisa), che guardacaso fu proprio la prima interprete dell’Imperatrice nella Frau ohne Schatten (non ché la prima Ariadne e la prima Salome).
Per inciso, è interessante ascoltare a confronto la Raisa e la Jeritza nello stesso ruolo e alla stessa età (40 anni).
Rosa Raisa nel 1933
Maria Jeritza nel 1927 (a 40 anni)
Entrambi i ruoli (Imperatrice e Turandot) richiedono una voce estesissima nel registro acuto (re sopracuti per l’Imperatrice, do sopracuti per Turandot e frasi lunghissime che richiedono un dosaggio dei fiati millimetrica economia: già qui i sopranoni declamatori wagneriani, non sembrano, sulla carta, scelte vincenti) , algida, limpida, cristallina come una lastra di ghiaccio o diamante purissimo. Inutile ricordare a che risultati sia giunta una vocalista come la Sutherland. E- vi dirò- anche se solo nell’ambiente artificiale che può garantire la sala di incisione (con la possibilità di far emergere una voce sopra uno strumentale densissimo) il mio sogno proibito sarebbe quello di sentire una Janowitz (oppure, provocazione sì ma fino a un certo punto, una Dessay) nel ruolo dell’Imperatrice.
L’impressione è che molti sopranoni wagneriani nel ruolo di Imperatrice (così come in Turandot), per le caratteristiche della loro vocalità, non riescano appieno a trasmettere il miscuglio di fragilità, paura, insicurezza, e nevrosi insito nella psicologia e drammaturgia di questi due personaggi femminili. Per inciso, discorso non dissimile per il ruolo della Tintora, creato da Lotte Lehmann,che fu anche primo compositore nell’Ariadne, e ora costantemente affidato a sopranoni wagneriani che rischiano di snaturare il personaggio.
Che dite?
DM
Entrambe nate a pochi anni di distanza (1919 Frau, 1926 Turandot), si inseriscono entrambe nella temperie culturale del simbolismo.
Entrambe affrontano la questione dell’umanità della donna, che in un caso focalizzandosi sulla maternità (Frau) nell’altro sull’amore (Turandot). Se ci pensate, dal punto di vista psicologico, l’Imperatrice della Frau è sorella magggiore della Chrysothemis di Elektra (Ho bisogno di figli prima che sfiorisca il mio corpo, e se a un villano anche mi danno, i figli per lui metto al mondo e con questo mio corpo li scaldo nelle fredde notti, quando il vento squassa la capanna!).
In entrambe le opere le due figure di femminilità negata o “incompleta (Imperatrice nella Frau e Turandot nell’opera omonima) si contrappongono a figure speculari (La tintora nella Frau e Liù in Turandot) caratterizzate dalla femminilità esacerbata.
E’ anche interessante considerare che Puccini volle come prima interprete della sua Turandot Maria Jeritza (poi sostituita con Rosa Burchstein Raisa), che guardacaso fu proprio la prima interprete dell’Imperatrice nella Frau ohne Schatten (non ché la prima Ariadne e la prima Salome).
Per inciso, è interessante ascoltare a confronto la Raisa e la Jeritza nello stesso ruolo e alla stessa età (40 anni).
Rosa Raisa nel 1933
Maria Jeritza nel 1927 (a 40 anni)
Entrambi i ruoli (Imperatrice e Turandot) richiedono una voce estesissima nel registro acuto (re sopracuti per l’Imperatrice, do sopracuti per Turandot e frasi lunghissime che richiedono un dosaggio dei fiati millimetrica economia: già qui i sopranoni declamatori wagneriani, non sembrano, sulla carta, scelte vincenti) , algida, limpida, cristallina come una lastra di ghiaccio o diamante purissimo. Inutile ricordare a che risultati sia giunta una vocalista come la Sutherland. E- vi dirò- anche se solo nell’ambiente artificiale che può garantire la sala di incisione (con la possibilità di far emergere una voce sopra uno strumentale densissimo) il mio sogno proibito sarebbe quello di sentire una Janowitz (oppure, provocazione sì ma fino a un certo punto, una Dessay) nel ruolo dell’Imperatrice.
L’impressione è che molti sopranoni wagneriani nel ruolo di Imperatrice (così come in Turandot), per le caratteristiche della loro vocalità, non riescano appieno a trasmettere il miscuglio di fragilità, paura, insicurezza, e nevrosi insito nella psicologia e drammaturgia di questi due personaggi femminili. Per inciso, discorso non dissimile per il ruolo della Tintora, creato da Lotte Lehmann,che fu anche primo compositore nell’Ariadne, e ora costantemente affidato a sopranoni wagneriani che rischiano di snaturare il personaggio.
Che dite?
DM