Ernani

opere, compositori, librettisti e il loro mondo

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Re: Ernani

Messaggioda mattioli » gio 24 mar 2011, 11:51

Grande Mat : Thumbup : !

Sono d'accordo su (quasi) tutto: Ernani è il mio Verdi "di galera" preferito anche per le ragioni che indichi. Sono d'accordissimo, in particolare, sulla psicologia di Carlo e di Elvira e sul loro duetto (se conosci l'incisione di Battistini, saprai che la sua partner - Emilia Corsi, credo - aspetta che il Divo abbia finito il suo cantabile prima di attaccare "Fiero sangue d'Aragona", perché non si interrompe il Re, nemmeno quello dei baritoni, alla faccia dello spartito e della psicologia del suo personaggio: e questi, hai capito, sono i modelli cui ci dobbiamo ispirare per fare teatro d'opera nel 2011...).

Sfumerei invece il giudizio sul Verdi politico. Intanto perché l'evoluzione politica di Verdi è del tutto chiara e ben nota attraverso le sue lettere: sempre unitario, ma prima democratico e repubblicano (nel '48 si dichiara così apertis verbis in una lettera a Piave e il fatto che faccia rappresentare La battaglia di Legnano - cioè il suo unico titolo esplicitamente risorgimentale - e poi... - a Roma durante la Repubblica di Mazzini è un segnale inequivocabile) e poi liberalmonarchico, anche facendo politica in prima persona: delegato delle Province parmensi a Torino per portare i risultati del plebiscito (taroccato), deputato alla Prima legislatura, senatore del Regno. Finirà applaudendo Bava Beccaris: un percorso assolutamente tipico - paradigmatico, direi - della borghesia italiana dell'Ottocento.

(segue...)
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Re: Ernani

Messaggioda mattioli » gio 24 mar 2011, 12:04

(continua...)

Piuttosto, sarebbe interessante discutere sul perché, mentre l'Italia si fa, Verdi smette di fare l'Italia e, proprio negli anni in cui si compie l'Unità, sposta il suo interesse su temi sempre sì politici, ma sociali (pensiamo a Traviata). Nel '59, l'anno decisivo, il Verdi d'annata è Il ballo in maschera, forse la meno politica delle sue opere. Nel '67, peraltro, con la questione romana caldissima, scrive quella specie di trattato sui rapporti fra Stato e Chiesa che è Don Carlos e lo fa proprio a Parigi, nella tana del lupo temporale.

Ma non divaghiamo. Non sono d'accordo sulla questione dell'Impero. Quella dell'Ernani non è nostalgia per il Sacro Romano Impero, ma per un'organizzazione politica dell'Europa che trascendesse gli Stati nazionali. La stessa che c'è in Hugo, non certo un reazionario, la stessa di Mazzini (non certo un nazionalista nel senso tardottocentesco), la stessa che serpeggiava in Germania con il revival neogotico che trova il suo bardo in Federico Guglielmo IV di Prussia (non a caso liquidato come pazzo) e il suo simbolo nel completamento del Duomo di Colonia. L'aspirazione a un'Europa organizzata su basi più larghe degli Stati nazionali e quindi finalmente pacificata non è nostalgia per un Impero che, come diceva Voltaire, non era né Sacro né Romano né Impero.

Detto questo, il tuo tentativo di spacciarti per modenese è puerile. Sarai anche nato lì, nell'ombelico del mondo, ma sei e resti un ferrarese. Quindi se l'Italia non si fosse fatta IO sarei suddito di un ducatino chic, elegantissimo e ricchissimo (Montecarlo con i tortellini!) e TU di una sonnolenta città di provincia dello Stato Pontificio sgovernata dai preti.
E comunque come vedi non sei l'unico logorroico : Nar : .
Miao

AM


PS: ma a Parigi non passi mai? Oppure passi e (giustamente) non ti fai vivo?
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Re: Ernani

Messaggioda pbagnoli » gio 24 mar 2011, 13:17

mattioli ha scritto: (se conosci l'incisione di Battistini, saprai che la sua partner - Emilia Corsi, credo - aspetta che il Divo abbia finito il suo cantabile prima di attaccare "Fiero sangue d'Aragona", perché non si interrompe il Re, nemmeno quello dei baritoni, alla faccia dello spartito e della psicologia del suo personaggio: e questi, hai capito, sono i modelli cui ci dobbiamo ispirare per fare teatro d'opera nel 2011...)

Parole sante...
Anzi, parole che confermano quello che ho sempre pensato: la filologia magari sarà anche un po' soverchiante come le fragranze di Ambipur (quelle che mentre due parlano si sente la voce sottofondo che fa: "MUGHETTO MUGHETTO MUGHETTO!" oppure "PAPAYA PAPAYA PAPAYA!", e scusate la digressione un po' pirla ma per una volta che trovo una pubblicità che mi diverte...), ma almeno ci ha liberati di cantanti che se la cantano addosso.
Il buon Mattia Battistini, con tutto il rispetto, è una di quelle icone che io non sopporto più!
Grand-seigneur (ma dei portamenti vogliamo parlarne?...), va bene, ma non è che il grand-seigneur debba risolvere automaticamente tutte le esigenze espressive del canto baritonale, specie se - per fargli largo - bisogna stravolgere la scrittura verdiana. Queste anzi sono proprio le menate per cui sono grato a un direttore come Muti che, se devo pensare a una persona simpatica, non è proprio il primo nome a venirmi in mente.

Questo è il nostro Mattia Battistini. Notate la lunghezza delle note tenute quanto gli pare, col risultato poi di trovarsi senza fiato nei momenti sbagliati. La cadenza "donizettiana" del finale, poi, secondo me non c'entra nulla con la temperie culturale di Ernani. Tono lezioso proprio di chi si canta addosso: se c'è un cantante invecchiato male, quanto meno in questi ruoli, è proprio Battistini. In definitiva, un'esecuzione veramente ammuffita, con tutto il rispetto per il Re dei Baritoni (espressione che a me ricorda sempre Tigre, il Re dei formaggini):


Questo qui sotto è su un altro pianeta, conveniamone. Scansione bruciante, accento nobile eppure per nulla lezioso, tenuta dei fiati immensa, voce stratosferica, accento nobile e malinconico. Quando penso alla definizione di baritono verdiano, questo è uno dei primissimi nomi che mi vengono in mente:
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Ernani

Messaggioda MatMarazzi » gio 24 mar 2011, 13:24

Ciao Mattiolissimo!
Avendo perso un secolo ieri per scrivere la lenzuolata, mi ero giurato di non postare nulla oggi e di dedicarmi ai cumuli di scartoffie...
Ma come si può resistere al piacere di risponderti!

mattioli ha scritto:se conosci l'incisione di Battistini, saprai che la sua partner - Emilia Corsi, credo - aspetta che il Divo abbia finito il suo cantabile prima di attaccare "Fiero sangue d'Aragona", perché non si interrompe il Re, nemmeno quello dei baritoni, alla faccia dello spartito e della psicologia del suo personaggio: e questi, hai capito, sono i modelli cui ci dobbiamo ispirare per fare teatro d'opera nel 2011...).


eheheheh... Hai ragione.
Tuttavia vorrei specificare (anche se sono perfettamente d'accordo con te) che tra tutti i Grand-Seigneurs che hanno ammorbato la storia interpretativa di Ernani, io salverei proprio Battistini.
Aveva un qualcosa di beffardo e raffinatissimo, da principe della Belle Epoque, che lo rendeva cinico e magniloquente... quindi vicino al nostro personaggio.
E poi sapeva rendere con grande evidenza espressiva il trapasso grandioso di "Sommo Carlo".

Sfumerei invece il giudizio sul Verdi politico.

E a prescindere da tutto fai bene: io vado sempre sfumato, perché purtroppo quando mi avvento su una tesi divento greve per il gusto di portarla all'estremo...
Ogni volta che si tenta di mettere in bocca a qualcuno (che essendo morto non può difendersi direttamente) punti di vista politici o idelai, bisognerebbe invece andarci piano.
detto questo provo a rispondere alle tue considerazioni, non per ordine.

Partiamo da ciò in cui siamo d'accordo:
Quella dell'Ernani non è nostalgia per il Sacro Romano Impero, ma per un'organizzazione politica dell'Europa che trascendesse gli Stati nazionali. La stessa che c'è in Hugo, non certo un reazionario, la stessa di Mazzini (non certo un nazionalista nel senso tardottocentesco), la stessa che serpeggiava in Germania con il revival neogotico che trova il suo bardo in Federico Guglielmo IV di Prussia (non a caso liquidato come pazzo) e il suo simbolo nel completamento del Duomo di Colonia. L'aspirazione a un'Europa organizzata su basi più larghe degli Stati nazionali e quindi finalmente pacificata non è nostalgia per un Impero che, come diceva Voltaire, non era né Sacro né Romano né Impero.


Ma Mattioli... è esattamente quello che dicevo io!
Sicuramente mi sono espresso male... ma speravo che si capisse che non intendevo incolpare Verdi di voler restaurare il primo Reich (e tantomeno appoggiare il secondo :) )!
Speravo di aver ampiamente messo in risalto che ciò a mio avviso lo affascinava dell'Impero era solo il fatto che fosse un istituto sovra-nazionale: l'utopia di Carlo V e la nobilità di Attila sono solo operistiche metafore a ciò che per Verdi era necessario: i popoli si autodermino, ma al di sopra di essi non gli Stati (che Verdi descrive come infernali) bensì la pace indotta da un universale e superiore ordinamento.
Ripeto: il Sacro Romano Impero è solo un'esemplificazione operistica di tutto ciò.
Al contrario, stando almeno ai soggetti delle opere, alle trame, agli svolgimenti narrativi e psicologici, Verdi ci descrive gli Stati-Nazione" (ciò che l'Italia stava diventando) non precisamente come paradisi a cui aspirare.
Quindi, Mattioli, stiamo dicendo la stessa cosa (salvo che io scrivo male e troppo; tu scrivi bene e chiaro; sarà per questo che il giornalista sei tu?) :)

E' poi ovvio che il sogno sovra-nazionale restasse a livello pratico un'utopia ed è lo stesso Verdi a dircelo: Carlo d'asburgo è l'unico personaggio storico che torna in due diverse opere; però quando riapparirà nel don Carlos sarà una figura spettrale, un esule del mondo nascosto nel proprio stesso mausoleo; l'uomo che,nel 1844, aveva levato il suo canto all'eternità sublime dell'impero, nel 1867 è ridotto a incarnarne il fallimento.

Non credo che inseguire le tappe della vita pubblica di Verdi e dei suoi incarichi possa aiutarci a capire la profondità del suo pensiero, quanto le sue opere.
Nelle sue opere può inseguire le sue utopie politiche, può arrivare al fondo del suo credo (universalistico) e delle sue paure (verso gli Stati): nella vita pratica no.
dovendo comunque vivere i rivolgimenti politici dei suoi anni, Verdi ha scelto il male minore: l'Italia unita, l'Italia trasformata in nazione era il male minore... lo sarebbe stato anche per me in quegli anni.
Le lettere possono dirci tutto sulla parte "pratica" e contingente del pensiero verdiano, le opere però ci dicono di più sulle radici stesse del suo pensiero.
E cosa vediamo nelle sue opere?
Che il sogno universalistico e sovra-statale è definito Il "più sublime trono". Mentre gli Stati...
Essi appaiono come orribili entità che schiacciano gli individui, sempre in guerra, lacerate da conflitti sanguinosi... (la gelida macchina di morte che stritola il doge Foscari così come Amneris e Radames... la campana a morto che chiude il Boccanegra, sinistro suggello alla pace, o quella spaventosa che annuncia il massacro nei Vespri).
Questo è ciò che Verdi ci descrive. Questa è la radice del suo pensiero, di cui le opere stesse sono specchio più fedele di qualsiasi lettera.
E comunque è quello che dicevi anche tu.

Piuttosto, sarebbe interessante discutere sul perché, mentre l'Italia si fa, Verdi smette di fare l'Italia e, proprio negli anni in cui si compie l'Unità, sposta il suo interesse su temi sempre sì politici, ma sociali (pensiamo a Traviata). Nel '59, l'anno decisivo, il Verdi d'annata è Il ballo in maschera, forse la meno politica delle sue opere. Nel '67, peraltro, con la questione romana caldissima, scrive quella specie di trattato sui rapporti fra Stato e Chiesa che è Don Carlos e lo fa proprio a Parigi, nella tana del lupo temporale.


Per me Verdi non si è mai veramente staccato dai temi politici: resta il compositore più "politico che esista". Solo che dopo il 1850 all'ansia di libertà dallo straniero si sostituisce l'ansia di libertà dallo Stato stesso...
Curioso, no?
Ora che l'Italia è fatta (o quasi) invece di celebrare la perfetta felicità garantita da un bello stato unitario... il compositore risorgimentale si accanisce sul tema dello Stato che schiaccia i suoi figli...
Interessante...

Secondo me in tutto il corpus verdiano solo quattro opere (non contando le prime due) sono completamente a-politiche: Stiffelio, Traviata, Otello e Falstaff (il Ballo non mi pare completamente a-politico, anche se, è vero, portatore di nuove inquietudini e amarezze).
Ma questo non perché Verdi avesse abbandonato tale dimensione: dapprima (parlo degli anni '50) un altro "personaggio" aveva fatto capolino nelle sue opere.
Oltre a individui e Stati (come era stato fino a quel punto) nasce la nuova dialettica fra individui e società (i famosi "emarginati" razziali, fisici, sociali, morali che da questo momento in poi domineranno le sue opere).
Ma questo non toglie che di politica (anche se in termini un po' diversi) si continui a parlare in quasi tutte le ultime opere, con punte estreme in Boccanegra, don Carlos e Aida che restano i più politici di tutti i lavori verdiani.

Resta da vedere come cambia il modo di trattare questi temi.
Intanto il patriota non è più solo il "tenore" (quasi inevitabilmente buono).
Con Procida nasce una figura di patriota verdiano, nero, sinistro miscuglio di intolleranza, facilite al massacro e al tradimento.
A Procida seguiranno altri patrioti ugualmente terribili, come Amonasro, Fiesco, se vogliamo anche Samuel e Tom, per arrivare all'incredibile approdo di due sacerdoti agghiaccianti (Ramfis e l'Inquisitore) quasi disumanati nella loro cieca esigenza di distruzione di qualsiasi voce alternativa.
Curioso, no?
L'italia è praticamente fatta e Verdi, invece di celebrarne i fasti come si conviene a un "patriota", inaugura una serie di patrioti operistici che, lontanissimi dai tenori eroici e velleitari delle prime opere, si presentano come terribili figure di morte, espressioni di fanatismo e intelloranza.

In compenso... i veri eroi positivi dell'ultimo Verdi sono sempre più spesso apolidi, "senza patria" (Aida, Alvaro, lo stesso don carlos).
Ma non doveva essere Verdi il trombettiere dell'Italia unita? Strano contegno...

Così come è strano che, proprio quando l'Italia è finalmente creata, questo italianista a tutta prova... smette improvvisamente di scrivere opere per l'Italia!
Curioso no?
dall'unità e per quasi trent'anni (fino a Otello) Verdi compone per Pietroburgo, per Parigi, persino per il Cairo, ma per la sua meravigliosa "Patria" niente!
Strana prova di amore di patria...

Non pensi che (lettere e incarichi pubblici a parte) sarebbe il caso di rivedere un po' la questione dell'amore di Verdi per la nazione?


Detto questo, il tuo tentativo di spacciarti per modenese è puerile. Sarai anche nato lì, nell'ombelico del mondo, ma sei e resti un ferrarese.


Non hai alcuna comprensione per un povero emigrante, che ha lasciato il cuore all'ombra della Ghirlandina! :(
E comunque, sogni a parte, purtroppo per entrambi, Modena e Ferrara "hanno patria comune" ;)

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Re: Ernani

Messaggioda mattioli » gio 24 mar 2011, 23:01

Mah, un Verdi anti-italiano o a-italiano faccio fatica a vederlo. Non penso che si possa basare la ricostruzione del suo pensiero politico solo sull'opera escludendo del tutto la vita: poiché sappiamo che Verdi "visse" il Risorgimento (con livelli, è vero, diversi di consapevolezza e di impegno), mentre avrebbe benissimo potuto assistervi solo dall'esterno come un Principe di Salina qualsiasi, bisogna capire perché lo fece.

Credo quindi che, esattamente come Mazzini, Verdi coltivasse il sogno di un'Europa unita e finalmente pacificata su basi sovranazionali (il senso dell'appello all'Impero di Carlo) ma che volesse che vi partecipasse un'Italia che, proprio per questo, doveva colmare il suo ritardo (politico, ma anche sociale, economico e civile) rispetto alle altre Nazioni europee compiendo quel passaggio, non sufficiente ma necessario, che fu l'unificazione (discutibile? Discutibilissima, ma il punto non è questo). Il Verdi unitario e "italiano" più alto è quello della scena del Consiglio nel Simone, che ancora mi (e forse ci) commuove perché è un grido altissimo alla concordia civile e morale degli italiani: siete uniti, siatene (siamone) degni.

Quanto alle opere "sociali" come Stiffelio, Traviata o Rigoletto, credo che proprio per la loro carica eversiva e socialmente rivoluzionaria siano fra le più politiche di Verdi...
Scusate la brevità, ma sono cotto
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Re: Ernani

Messaggioda MatMarazzi » gio 24 mar 2011, 23:27

mattioli ha scritto:Credo quindi che, esattamente come Mazzini, Verdi coltivasse il sogno di un'Europa unita e finalmente pacificata su basi sovranazionali (il senso dell'appello all'Impero di Carlo) ma che volesse che vi partecipasse un'Italia che, proprio per questo, doveva colmare il suo ritardo (politico, ma anche sociale, economico e civile) rispetto alle altre Nazioni europee compiendo quel passaggio, non sufficiente ma necessario, che fu l'unificazione (discutibile? Discutibilissima, ma il punto non è questo).


Be' ammetto che questa è un'ipotesi molto plausibile.

Il Verdi unitario e "italiano" più alto è quello della scena del Consiglio nel Simone, che ancora mi (e forse ci) commuove perché è un grido altissimo alla concordia civile e morale degli italiani: siete uniti, siatene (siamone) degni.


Hai ragione: fra l'altro le grandiose pagine della scena del Consiglio sono le ultime di carattere politico che Verdi ci abbia lasciato.
E tuttavia a me pare che in quest'opera così incentrata sulle lacerazioni partitiche... qualcosa non torni.
Mi sorprende il finale.
Insomma, un eroe era morto per la patria anche nella Battaglia di Legnano: e le ultime note erano state fastose e celebrative, perché egli era morto in gloria e la Patria era salva.
Anche nel Boccanegra muore un eroe; tutta la situazione è simile: la Patria è salva, Genova pacificata, ecc... eppure qui c'è un coro che incombe da fuori scena, minaccioso, e una campana che suona a lutto, facendo vibrare di tristezza e di presagio il silenzio pesantissimo con cui si chiude l'opera.
Che vorrà mai dire un finale simile?

Grazie mille e buonanotte.

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Re: Ernani

Messaggioda Rodrigo » sab 26 mar 2011, 0:17

Grazie per il bellissimo intervento Mat!
Nonostante la nostra diversa lettura del duetto Carlo-Elvira su una cosa siamo concordi: l'impeto di gioventù irriguardosa che questa pagina - come tutto il personaggio di Carlo - sprizza.
Mi permetto anche di aggiungere che sono perfettamente d'accordo sull'incongruità di affidare la parte a baritoni esangui o dal timbro senescente. Dai miei ascolti quelli che preferisco sono Bastiani, McNeal e Warren; forse hanno timbro ancora un po' troppo scuro per dipingere la gioventù, ma in compenso ci sono virilità e impeto. Il mio ideale sarebbe un colore più chiaro, ma conservando una sfumatura sensuale, quella che mancava a mio avviso ad un baritono chiaro come Fisher-Dieskau. Qualche giorno fa mi chiedevo come avrebbe risolto la parte un Hermann Prey, chissà?
Saluti e ancora auguri! :)
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Re: Ernani

Messaggioda MatMarazzi » sab 26 mar 2011, 23:47

Rodrigo ha scritto:Grazie per il bellissimo intervento Mat!
Nonostante la nostra diversa lettura del duetto Carlo-Elvira su una cosa siamo concordi: l'impeto di gioventù irriguardosa che questa pagina - come tutto il personaggio di Carlo - sprizza.
Mi permetto anche di aggiungere che sono perfettamente d'accordo sull'incongruità di affidare la parte a baritoni esangui o dal timbro senescente. Dai miei ascolti quelli che preferisco sono Bastiani, McNeal e Warren; forse hanno timbro ancora un po' troppo scuro per dipingere la gioventù, ma in compenso ci sono virilità e impeto. Il mio ideale sarebbe un colore più chiaro, ma conservando una sfumatura sensuale, quella che mancava a mio avviso ad un baritono chiaro come Fisher-Dieskau. Qualche giorno fa mi chiedevo come avrebbe risolto la parte un Hermann Prey, chissà?
Saluti e ancora auguri! :)


Ma grazie a te, Rod.
Anche io apprezzo gli stessi Carlo che piacciono a te.
Prima o poi entreremo in possesso del Carlo di Hampson al Met (purtroppo un po' tardivo ma sicuramente illuminante).
Comunque concludo il nostro dibattito con la più bella esecuzione (ovviamente per me) di "ferma, crudele estinguere", almeno sul fronte sopranile.
Ok, ok... lo so che la Price non aveva le agilità, non aveva lo spirito belcantistico, ecc...
Ma accidenti, nessuna che qui sia giovane, sensuale, fremente come lei!
Le belcantiste si danno troppo i toni da gran signora per essere veramente credibili in questo ruolo.

Peccato che in questa esecuzione ci sia Corelli che ormai davvero non riesco più a sentire: quando parte con gli strascicamenti singhiozzosi di "quel pianto Elvira ascondimi" tutta la forza, l'entusiasmo Schippers/Price va a farsi benedire. E' terribile...
Ma cosa gli passava per la testa a quell'uomo....

Be' sentiamolo per lei!



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Re: Ernani

Messaggioda Rodrigo » lun 06 giu 2011, 22:11

Riascoltavo qualche giorno fa il live fiorentino Mitropoulos, Del Monaco, Cerquetti, Bastianani, Cristoff. Giusto il tempo di trasmettere qualche impressione "al volo".
Del Monaco è grandioso: fiero, "bandito" al punto giusto e regala pure un canto sfumato e un'aderenza al personaggio non frequentissime. Mitropoulos è (quasi) un mistero. Alterna momenti di classe assoluta (il preludio dell'atto III è stupendo) con l'orchestra tenuta in pugno e una narrazione serrata da togliere il fiato, a scelte testuali discutibili (cassata l'intera cabaletta di Silva nel I atto) e pagine che saranno pure piene di energia, ma che suonano un po' confusionarie o ruvide alla prova dei fatti (coro dei banditi, inizio dell'atto II).
Comunque un'edizione al cardiopalma dove l'unico vero neo, almeno a mio gusto visto che il pubblico fiorentino si spella le mani, è Cristoff.
Saluti.
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Re: Ernani

Messaggioda MatMarazzi » dom 12 giu 2011, 14:43

Rodrigo ha scritto: Mitropoulos è (quasi) un mistero. Alterna momenti di classe assoluta (il preludio dell'atto III è stupendo) con l'orchestra tenuta in pugno e una narrazione serrata da togliere il fiato, a scelte testuali discutibili (cassata l'intera cabaletta di Silva nel I atto) e pagine che saranno pure piene di energia, ma che suonano un po' confusionarie o ruvide alla prova dei fatti (coro dei banditi, inizio dell'atto II).


Guarda Rodrigo... per me questo è esattamente il ritratto di Mitropoulos!
Potresti dire la stessa cosa della sua Salome (Met) e della sua Elektra (Salisburgo).
Una veemenza selvaggia, un senso di "confusione" come giustamente scrivi, ma decisamente voluti: era il suo modo per far "esplodere" la narrazione! E cioé far esplodere l'orchestra! :)
L'effetto è perturbante, ma indubbiamente potente.

Comunque un'edizione al cardiopalma dove l'unico vero neo, almeno a mio gusto visto che il pubblico fiorentino si spella le mani, è Cristoff.


Un Ernani che non sia al cordiopalma è un Ernani inutile! :) Almeno per me...
Salutoni e ...DAVVERO benritrovato!
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Re: Ernani

Messaggioda Rodrigo » dom 12 giu 2011, 15:26

MatMarazzi ha scritto:Un Ernani che non sia al cordiopalma è un Ernani inutile! :) Almeno per me...
Salutoni e ...DAVVERO benritrovato!
Mat


Su questo siamo perfettamente d'accordo.
Eppure c'è cardiopalma e cardiopalma, per così dire. Prendiamo l'Ernani di Schippers, che vanta una Price stellare e un Bergonzi decisamente "in parte". Anche qui la narrazione fila e "prende" l'ascoltatore. Però la strada seguita dal direttore americano è quasi opposta a quella di Mitropuolos. Qui l'orchestra mi pare molto più leggera, i contrasti dinamici e agogici sono più attenutati. Non ci sono quelle suggestive atmosfere che crea Mitropoulos (es. preludio, scena di Aquisgrana); però la trama strumentale è più varia nel rendere i momenti "dannati", quelli "fatui" e quelli "sacrali". L'impressione è comunque quella di una narrazione senza soste e l'inquietudine, l'ansia di morte che romanticamente domina la vicenda è resa ugualmente con la spietata precisione degli accompagnamenti e un colore orchestrale complessivamente più chiaro rispetto a quanto si era sentito a Firenze.
Due grandi bacchette per due letture-capolavoro secondo me.
Saluti.
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