Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

opere, compositori, librettisti e il loro mondo

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Re: Declamato

Messaggioda MatMarazzi » lun 13 set 2010, 19:03

melomane ha scritto:Sto ascoltando la Gerusalemme rappresentata nel 1964 a La Fenice con la presenza di Leyla Gencer, Jaime Aragall e un irrinunciabile Bruno Marangoni come Ruggero.


Caspita, Francesco.
Io non sapevo nemmeno che esistesse questa Jerusalem... Io avevo quella del 63, sempre a Venezia.
Sapevo che la Gencer aveva ripetuto l'exploit l'anno dopo, ma non immaginavo ne esistesse la registrazione.
Come risulta vocalmente?

Pensate che Leyla Gencer abbia raggiunto un vertice come declamatrice, intuendo la linea melodica e i tempi delle frasi che non si riducono mai a parlato, conferendo giusti sfumature e colori?


Personalmente penso che la Gencer sia straordinariamente efficace nel vivificare tutte le risorse di questa scrittura e che lo faccia dando fondo ad ogni aspetto della sua vocalità. E tuttavia non mi spingerei ad affermare che la sua tecnica non resti in tutti i casi vocalistica.
Lei stessa, cantando l'Angelo di Fuoco (di taglio apertamente declamatorio) ammise la propria incapacità tecnica di reggerne la scrittura.
Il risultato è buonissimo, è vero, ma le conseguenze sulla sua voce sono state funeste.

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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda Triboulet » mar 14 set 2010, 1:13

Tucidide ha scritto:Io non sono molto comvinto della differenza percebilie fra Aida ed Amneris a livello di tecnica. Insomma, non ravviso i tratti, seppure in nuce, di declamato nella scrittura vocale della figlia del Faraone. A me, personalmente, paiono della stessa famiglia, solo che una è un soprano, l'altra è un mezzo.


Beh una differenza io la sento. Quantomeno si può dire che una declamatrice in Amneris sortisce un bell'effetto (specie nei recitativi, sui quali si basa molto del suo cantato), mentre sarebbe insufficiente nel cantare Aida, che ha qualche passaggio declamato, ma che ha anche numerosi passi squisitamente vocalisti (a partire dalle due arie). Un vocalista che invece non abbia un po' di mordente nel declamato (o che non lo sappia risolvere callasianamente con qualche trucchetto) risulta una moscezza tremenda in Amneris. Non sono neanche io per la netta contrapposizione, piuttosto per una diversa predominanza delle componenti (e coerentemente Aida ha i suoi Cieli Azzurri e Amneris la sua scena nel finale, molto più bella per inciso, forse anche più moderna).

Approfitto per dire che la Gencer a me pare la regina delle vocaliste. Tant'è che se si sente la già tanto citata Medea della Gencer è palese che nei recitativi è totalmente inadeguata, quei recitativi che la Callas comunque riusciva a risolvere (a mio avviso meravigliosamente). L'Angelo di Fuoco stessa cosa, anche se lì era più giovane, si sale più in alto e ci sono (correggetemi se sbaglio) anche passaggi che mi paiono più vocalizzati. Nel primo Verdi io di declamato non ci sento niente, neanche in Lady Macbeth, che secondo me è squisitamente vocalista dalla prima all'ultima nota (e infatti le Lady tedescofile fanno una faticaccia immonda e pasticciano un sacco mentre la Gencer la canta con una naturalezza spaventosa). Comunque tornando ad Aida:





E se con la Bumbry abbiamo visto una Amneris che fa Aida, ecco un'altra perlina trash per voi di una famosa Aida che fa Amneris:

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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda Triboulet » mar 14 set 2010, 14:50

Faccio un altro confronto, ascoltiamo prima Medea (Bumbry e Gencer, purtroppo non negli stessi estratti) e poi Lady Macbeth, le stesse cantanti.
Ora che l'una e l'altra se la cavino a tratti egregiamente in ruoli non propriamente loro è fuori di dubbio, ma io penso si percepesca abbastanza la fatica che fa la Gencer nel cantare Medea (fatica che ella stessa ammise a Celletti) e la fatica che fa la Bumbry a reggere l'aria e soprattutto la cabaletta del Macbeth (il legato, le agilità ecc.). Ripeto, la loro bravura e versatilità fa sì che alla fine dei conti il bilancio sia positivo, però quando si trovano a loro agio è tutta un'altra storia, lì si esprime davvero la loro arte e i risultati sono davvero brillanti.






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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda MatMarazzi » mar 14 set 2010, 15:24

Triboulet ha scritto:si può dire che una declamatrice in Amneris sortisce un bell'effetto (specie nei recitativi, sui quali si basa molto del suo cantato), mentre sarebbe insufficiente nel cantare Aida, che ha qualche passaggio declamato, ma che ha anche numerosi passi squisitamente vocalisti (a partire dalle due arie). Un vocalista che invece non abbia un po' di mordente nel declamato (o che non lo sappia risolvere callasianamente con qualche trucchetto) risulta una moscezza tremenda in Amneris.


Esatto Trib, hai perfettamente colto nel segno.
La parte di Aida è caratterizzata da slanci vocalistici di tale complessità che le stesse vocaliste ci lasciano spesso le penne. :)
Un "Cieli Azzurri" con le sue linee argentate, immacolate, fino al do sopracuto (in pianissimo)... Le agilità da soprano leggero, con picchettati fin sul si bemolle, in "vedi di Morte l'angelo"... ecc....
Amneris è letteralmente un altro mondo (Verdi adorò la sua Waldmann, non a caso una tedesca).
Per la prima volta Verdi osa con lei un canto apertamente declamato, martellato, arrovellato sulle sillabe, senza suggestioni vocalistiche, bensì con grandiose articolazioni espressive.

Personalmente la più incredibile Amneris che ho visto dal vivo (che ha fatto piazza pulita della famigerata Cossotto, che ho pure sentito dal vivo) fu Waltraut Meier a Vienna negli ultimi anni '90.
Purtroppo non ho trovato su Youtube l'ultimo atto (che fu talmente incredibile nell'interpretazione della Meier, talmente vero e emozionante, che sarebbe bastato quello per fare serata), ma basta questo duetto - con la disastratissima Studer - per confermare quello che dici.
Ogni nota della Meier è una rivelazione.
In particolare nella seconda parte (da "trema, in cor ti lessi"), ogni sillaba esplode come un fulmine e con un'intensità che non credevamo possibile in questa pagina.
E, anche se la Studer è ridotta al lumicino (con acuti che giacciano il sangue), si può apprezzare l'efficacia del contrasto fra un'emissione declamatoria e una vocalistica: cosa che rende tutto il duetto molto più mosso e coinvolgente.
Con la Meier si capisce finalmente il senso teatrale e musicale di una frase come "apprenderai se lottar tu puoi con me".
Altro che il placido acutone della Cossotto: non esiste vocalista che possa dare a questa frase un simile rilievo.



Ricordo benissimo l'emozione che mi donò la Meier nel duetto con Radames (io che di solito non ricordo nulla delle opere che vedo) :)
Iniziava fredda e sostenuta, ancora aggrappata a un filo di dignità, di orgoglio... senza nemmeno guardarlo in faccia.
Poi sulla parola "morire?" la Meier ha lanciato una nota talmente furiosa che la Staatsoper parve vacillare. Quindi si è buttata alle ginocchia di RAdames, senza più alcuna dignità, piangendo, boccheggiando, stringendogli e baciandogli le gambe, con una voce che sembrava essere diventata gigantesca sulla veemenza della sillabazione!
Ricordo ancora quei "E Patria, e trono... e vita... tutto darei per te" gridati con tutta la forza della disperazione, come solo una declamatrice può fare.
Con tutto il rispetto per la Stignani : Blink : ho capito in quell'occasione cosa e chi è Amneris grazie a una cantante tedesca (come disse Verdi a proposito della Waldmann "una tedesca: la mia migliore interprete).
Ovviamente, ça va sans dire, anche se le avessero abbassato la parte di una quarta (come la Malibran in Sonnambula), la Meier non avrebbe cavato un ragno dal buco in Aida.

Salutoni e come al solito complimenti.
Mat

PS: povera Tebaldi! :(
Pensa che nel 55, alla prima stagione del neonato Liric Opera di Chicago, la Tebaldi cantò Aida al fianco dell'unica Amneris di Astrid Varnay.
Quella sì che doveva essere un'Aida.
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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda MatMarazzi » mar 14 set 2010, 15:30

Triboulet ha scritto:lì si esprime davvero la loro arte e i risultati sono davvero brillanti.


Esempi molto efficaci, Trib, come al solito.
Ho voluto quotare questa frase, perché a me è capitato anni fa di sentir recitare malissimo una grande attrice: Dominique Sanda.
Strano, dirai: un'attrice straordinaria come lei!
Già, però era stata costretta a recitare in Italiano nella Donna del Mare.
Anche i migliori recitano male se costretti a cimentarsi con una lingua che non conoscono.

La questione è importantissima nel caso dei cantanti (capire bene qual'è il loro fondamento tecnico e per quale vocalità è scritto un ruolo). La maggior parte delle cattive scritture dipende da questo. E dalle cattive scritture dipende il successo di un'opera.
Salutoni,
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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda Luca » mar 14 set 2010, 16:33

Matteo, bellissimo il duetto di Aida Meier-Studer. La Meier è davvero una cantante storica con un'intensità - per quanto riguarda la scuola tedesca - ravvicinabile per certi aspetti alla Klose. Si sente un'Amneris calcolatrice e che pesa ogni parola. Del resto, la Meier non fa così anche come Ortrud? Mi pare però che sia stata una cantante forse poco impiegata nel repertorio italiano in cui poteva offrire molta originalità a diversi personaggi, o sbaglio? Oltre questa Aida e a Cavalleria cosa ha cantato di 'casa nostra' ? La Studer è allo sbando e non sono solo gli acuti, ma tutta la prestazione soffre di una sorta di affanno frettoloso con accenti e frasi impegnative appena accennati. Non oso pensare cosa abbia combinato nei Cieli azzurri....
Da ultimo la direzione: R. Abbado che dirige è molto meno edonista e più concreto del suo più illustre zio, concertatore e direttore di una delle più brutte edizioni in disco del capolavoro verdiano (Ricciarelli-Domingo e la solita zuppa...). Basta sentire il fervore con il quale accompagna la Meier in tutto il duetto e alle parole "Alla pompa che s'appresta" è attento a non far banda.

Salutoni, Luca.
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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda MatMarazzi » mar 14 set 2010, 16:53

Ciao Luca,
notevole la relazione fra Amneris e Ortrud: i due personaggi sono in effetti più vicini di quel che sembra.
Nel comun denominatore da te individuato nell'interpretazione della Meier, io aggiungerei (avendola vista dal vivo in entrambi i personaggi) la violenza, se vuoi persino l'odio come portato dell'umiliazione e della disperazione.
Nessuna Amneris e Orturd suscita più comprensione e simpatia della Meier, perché alla base di tutto vediamo la sua sofferenza.

Luca ha scritto:Mi pare però che sia stata una cantante forse poco impiegata nel repertorio italiano in cui poteva offrire molta originalità a diversi personaggi, o sbaglio?

Non sbagli affatto, in termini di personalità e profondità di lettura.
Però il suo canto è talmente poco vocalistico che non sono tante le parti che avrebbe potuto affrontare (certamente non Eboli, che fece una sola volta e piuttosto male).
Io avrei preferito sentirla nei ruoli "declamatori" francesi di cui ci siamo occupati in questo thread.
In fondo la sua Dalila non è malaccio e soprattutto l'ho ascoltata dal vivo in una Regina Didone di Berlioz (Monaco 2001) che fu senza ombra di dubbio la più sconvolgente avessi mai sentito. Sbaragliò miseramente Deborah Polaski, che cantava Cassandra. (Però, che razza di cast facevano a Monaco!)
Tornando al repertorio italiano, io vorrei tanto sentirla come Candia della Leonessa nella Figlia di Iorio di Pizzetti.


La Studer è allo sbando e non sono solo gli acuti, ma tutta la prestazione soffre di una sorta di affanno frettoloso con accenti e frasi impegnative appena accennati. Non oso pensare cosa abbia combinato nei Cieli azzurri....


Infatti nella sua Aida al Covent Garden (che se ben ricordo ha coinciso col suo ritiro dalle scene, tranne qualche prudente rentrée) fu fischiata selvaggiamente.

Da ultimo la direzione: R. Abbado che dirige è molto meno edonista e più concreto del suo più illustre zio, concertatore e direttore di una delle più brutte edizioni in disco del capolavoro verdiano (Ricciarelli-Domingo e la solita zuppa...). Basta sentire il fervore con il quale accompagna la Meier in tutto il duetto e alle parole "Alla pompa che s'appresta" è attento a non far banda.


D'accordissimo.
Nell'ultimo Verdi R. Abbado ha varie frecce al suo arco. Mi piace meno quando affronta il repertorio belcantistico o comunque primo-ottocentesco.
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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda Tucidide » mar 14 set 2010, 16:55

Triboulet ha scritto:la fatica che fa la Bumbry a reggere l'aria e soprattutto la cabaletta del Macbeth (il legato, le agilità ecc.).

Eh, ma siam sempre lì... La Bumbry sarà stata anche estesa in alto, ma sempre mezzosoprano era. :)
E la Lady è pur sempre un soprano, anche se ha sedotto diversi mezzi.
Facciamo il confronto nella tessitura di mezzosoprano. Al di là dell'indubbia espressività della Meier, mi pare che la scrittura la domini assai meglio la Bumbry, che non ha nulla da invidiare alle vocaliste pure. Anzi, direi che la Bumbry risolva la scrittura molto meglio della Stignani, che qui è abbastanza andata.



Premesso che per me la miglior canzone del velo incisa è quella della Valentini:

Ecco, rispetto a lei, anche la Bumbry resta indietro.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda Luca » mar 14 set 2010, 17:18

1) La Bumbry sarà stata anche estesa in alto, ma sempre mezzosoprano era.
2) Anzi, direi che la Bumbry risolva la scrittura molto meglio della Stignani, che qui è abbastanza andata.
....
Caro Tucidide, due punti mi sembrano interessanti del tuo intervento e aggiungo qualcosa:
1) sulla Bumbry soprano: ha cantato tutto quello che di più arduo c'è nella produzione del drammatico: Norma, Gioconda, Medea, Lady, Abigaille, Turandot e pur anco Salome (ignoro - ma non mi pare - se abbia fatto Elektra). E come se ne vantava, ma la sua personalità era esplosiva! Mi viene in mente l'idea di una sorta di antagonismo vocale della Bumbry non tanto con la Verrett (di cui esiste un recital con lei in cui cantano arie e duetti), ma con L. Price;
2) Se si prende la Stignani del '51 (quella dell'ed. integrale) è in declino, ma sarebbe interessante sapere come la cantava una decina di anni prima....
=========================================================
*) io aggiungerei (avendola vista dal vivo in entrambi i personaggi) la violenza, se vuoi persino l'odio come portato dell'umiliazione e della disperazione.
....
Caro Matteo, all'appello dei personaggi di questo tipo è da ascriversi anche Abigaille: nata disgraziata, vive da cattiva e muore da disgraziata. Purtroppo la Meier non aveva i caratteri vocali (Abigaille comporta agilità), forse lo spirito sì (se si pensa che un'altra cantante della scuola tedesca l'ha eseguita: parlo di L. Rysanek) e lo scavo della parola eccome: immagino un'ottima sua riuscita nel duetto col protagonista nel III atto.
Due altri personaggi della Meier, uno affrontato (Carmen) mi pare interessante, uno in cui sarebbe interessante: Silvana de La Fiamma... Chissà che non gliela propongano, ma ora forse è troppo tardi...

Saluti a tutti!
Luca.
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Gencer declamatrice

Messaggioda melomane » gio 16 set 2010, 0:02

Ciao,
che livello vi pare raggiunga Leyla Gencer in quello che mi sembra un declamato ante litteram (siamo nel 1837), pur risolto - come fa giustamente notare Matteo - secondo i canoni vocalistici?

Donizetti, Roberto Devereux, Napoli 1964, direttore Mario Rossi.



Qui potete ascoltarla nel salto emozionante da recitativo e canto:
Adriana Lecouvreur, 1966

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Turandot tra declamato e cantato

Messaggioda melomane » dom 19 set 2010, 12:17

Luca ha scritto:... all'appello dei personaggi di questo tipo è da ascriversi anche Abigaille: nata disgraziata, vive da cattiva e muore da disgraziata. Purtroppo la Meier non aveva i caratteri vocali (Abigaille comporta agilità), forse lo spirito sì (se si pensa che un'altra cantante della scuola tedesca l'ha eseguita: parlo di L. Rysanek) e lo scavo della parola eccome: immagino un'ottima sua riuscita nel duetto col protagonista nel III atto.

Mi viene in mente a proposito di Leonie Rysanek che un felice accostamento di declamato e cantato è contenuto nel testamento spirituale di Puccini, Turandot.
"In questa reggia" è per metà declamata e per metà cantata ("Mai nessun m'avrà..."). La forza difensiva e distruttiva di Turandot (gli accenti guerreschi di "Il regno vinto" ripetuto, i colori apocalittici di "E' l'ora della prova") e l'amore estatico di Liù possono essere le due anime di un'unica entità, drammatica ma perchè più incentrata sugli accenti l'una (la Ricciarelli non avrebbe potuto interpretarla così efficacemente se fosse stato un ruolo dramatischer come alcuni lo definiscono), lirica perchè estatica ed elegiaca l'altra.
Così la Nilsson - il dramatischer sopran più incline a una melodicità che trova punta di diamante nella vocalità di Renata Tebaldi - rimane insuperata nella caratterizzazione vocale della Principessa, ma un ascolto che considero di riferimento è l'interpretazione di Leonie Rysanek di "In questa reggia", ugualmente efficace per declamazione e linea melodica



Come la Pietà Rondanini di Michelangelo
http://it.wikipedia.org/wiki/Piet%C3%A0_Rondanini
Turandot rimase probabilmente incompiuta per ragioni legate alla personalità dell'autore più che a motivi di età e di salute: Michelangelo sembra aver utilizzato l'artificio dell'incompiutezza per espandere all'infinito la tensione a liberarsi dalla materia in un estremo anelito alla spiritualità pura, Puccini - secondo alcuni esegeti - non avrebbe maturato interiormente quella che definisco la sintesi delle due anime, il momento del trionfo dell'amore, che non scrisse mai.
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Re: Turandot tra declamato e cantato

Messaggioda Raffaele » dom 19 set 2010, 18:39

melomane ha scritto:


...Come la Pietà Rondanini di Michelangelo...
Turandot rimase probabilmente incompiuta per ragioni legate alla personalità dell'autore più che a motivi di età e di salute: Michelangelo sembra aver utilizzato l'artificio dell'incompiutezza per espandere all'infinito la tensione a liberarsi dalla materia in un estremo anelito alla spiritualità pura, Puccini - secondo alcuni esegeti - non avrebbe maturato intimamente quella che definisco la sintesi delle due anime, il momento del trionfo dell'amore, che non scrisse mai.


E' molto bello e interessante quello che scrivi...
Ancora non sono riuscito a spiegarmi il mistero di quest'opera e sono convinto quanto te (e tanti altri sicuramente) che l'incompiutezza di questo capolavoro poco abbia a che vedere con questioni puramente legate a motivi di salute...O meglio, un legame fortissimo con la malattia e la morte del Maestro c'è sicuramente ma non da intendersi secondo me secondo me secondo una generica e semplicistica interpretazione degli eventi: Puccini è malato, sta morendo, quindi non può completare la sua opera.
Intanto ancora non mi è ben chiaro e definito quanto ci sia di favolistico e simbolico (a Pechino al tempo delle favole...) e quanto di concreto e realistico(mi riferisco non solo alla vicenda ma anche agli aspetti più propriamente musicali): i personaggi di carne ed ossa ci sono, eccome se ci sono! La povera Liù urla veramente proprio come il Cavaradossi di Tosca nella scena della tortura...Poi ogniqualvolta mi appresto ad ascoltare Turandot mi sento trasportato in Cina più di quanto non mi accada per esempio col Giappone di Cio Cio San.
Confesso che tutte le volte che ho voglia di ascoltare Turandot poi non posso fare a meno di sentirmi comunque almeno le ultime note del finale (mi riferisco a quello solito di Alfano) cosi' per emozionarmi ancora un pò e "festeggiare"...Già ,il punto è proprio questo : cosa ci sarà poi da festeggiare?!...
Perchè se dell'opera prediligiamo l'aspetto fiabesco e simbolico allora forse un senso nel trionfo dell'Amore finale possiamo anche trovarcelo...
Ma se teniamo conto della vicenda e dei suoi personaggi allora ci imbattiamo in un pò di contraddizioni non facilmente risolvibili...
Perchè in fondo un trionfo dell'Amore( e quello veramente con la A maiuscola) a pensarci bene c'è già stato proprio col sacrificio e la morte di Liu'...Allora se l'obiettivo era questo qui saremmo già al finale dell'opera(e non certamente solo perchè "...Il Maestro è morto...).
Però nelle intenzioni doveva trattarsi di una favola con tanto di lieto fine e qui ci imbattiamo nel solito problema: cosa è un lieto fine nelle opere pucciniane, sempre ammesso che esista...(mi vien da pensare alle discussioni nel thread sulla "Fanciulla del West" a proposito appunto del controverso "happy ending" in cui la protagonista fugge via col suo ganzo abbandonando una comunità di "maschietti" spersi e spauriti senza più punti di riferimento...E per far che poi? Citando ciò che scriveva PBagnoli :"
Personalmente trovo che quello che di veramente nuovo ci dice Puccini in Fanciulla sia questo curioso happy end, che di happy ha - a ben vedere - ben poco. Cosa aspetta Minnie e Johnson.Il duro lavoro quotidiano?Tre o quattro figli?"
Comunque ritornando a Turandot, consentendoci il gran finalone a lieto fine, ci resta sempre un pò il dubbio sul suo senso e su cosa ci sia da festeggiare allegramente dal momento che tutti si son serviti e sono passati sul cadavere della povera schiava: Calaf la "utilizza" come badante del padre dal momento che lui è indaffarato con sfide e indovinelli...E la stessa principessa di gelo pur non volendosi spostare di una virgola dalla sue posizioni se ne serve biecamente per fare un pò d'analisi e conoscere qualcosa della psiche umana(" Chi pose tanta forza...?").
Ma quei due possono davvero cosi' spensieratamente convolare a "giuste nozze" (e noi pubblico altrettanto spensieratamente gioire appresso a loro) dimenticando rapidamente e completamente come e perchè ciò sia stato possibile?...
Bah! Mi sa che a questo punto Puccini era veramente in crisi! Se a questo poi proviamo ad aggiungerci l'aspetto più propriamente legato alla malattia( e qui mi riallaccio a quanto dicevo più sopra sul fatto che ciò può aver condizionato l'elaborazione del finale) allora forse ci si dovrebbe fermare a riflettere per qualche secondo sullo sbandamento e lo spiazzamanto che il contatto reale con la malattia e morte può provocare in chi(compositore) per anni ha creato e messo in scena personaggi di cui in qualche maniera ha governato e controllato a proprio piacimento vita e morte...
Come dire: già è tanto che una piccola umile schiava ci abbia svelato e insegnato il significato vero dell'amore...Poi se il suo trionfo(dell'amore) debba passare attraverso tripudio e festeggiamenti...per ora resta in sospeso e irrisolto...Ora poi che si deve combattere con un male incurabile che può portare alla morte da un momento all'altro credere alle "favole" è veramente difficile...
Per quanto riguarda l'interpretazione non so ma ho il sospetto che anche qui,come in altre opere pucciniane ( Manon, Cio Cio San...) il problema sia legato alla contraddizione fra scrittura musicale e personaggio soprattutto per quanto riguarda le questioni anagrafiche...Voglio dire siamo abituati a sentire e vedere donnoni potenti e ingombranti che interpretano questo ruolo ma sento che il personaggio risulterebbe tanto più delineato e risolto se si riuscisse a far passare il messaggio di una sorta di principessa bambina (il comportamento infantile può essere molto crudele a volte) che non riesce a tenere a bada le proprie pulsioni di morte e distruzione...Non so ma anche a livello visivo mi farebbe molto più effetto (nel senso gelarmi davvero il sangue per crudeltà e cattiveria) una principessa giovanissima e follemente incosciente che può decidere della sorte degli altri...Sarebbero più credibili anche frasi dal sapore capriccioso tipo "Mai nessun m'avrà..."o "Non gettar tua figlia fra le braccia dello straniero..."
(La stessa cosa - mi riferisco all'età del personaggio- immagino un pò per la Minnie della Fanciulla ...Appunto ogni volta che ascolto o vedo qualcosa a riguardo,per quanto azzeccata mi domando :ma questa "fanciulla" dov'è?...Anche qui spesso e volentieri donnoni ,più o meno riusciti,ingombranti ma di "ragazze " magari fragili e insicure ma costrette per forza di cosa a lavorare in un polveroso campo di minatori e a dover trovare per questo dentro di se forza e coraggio per andare avanti secondo me neanche l'ombra...forse un pò la Olivero ma la voce non mi convince granchè...)...
OK scusatemi se ho detto tutte queste sciocchezze fuori thread giusto...Salutoni a tutti Raffaele
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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda Luca » dom 19 set 2010, 22:36

No, Raffaele, non hai detto sciocchezze, ma hai voluto far scendere dall'alto vicende irreali: è chiaro che Turandot (come anche Fanciulla) ha un finale un pò misterioso che senz'altro è da addebitarsi alle questioni relative alla salute di Puccini, ma questo finale resta davvero il 5°enigma di Turandot che, tuttora, rappresenta per molti un rovello. Cosa ci sia da festeggiare effettivamente non si sa dopo una scia di morte e di sangue, non ultimo quello di Liù. Però - come tu rilevi - Turandot è una fiaba e qui tutta la logica umana salta, perché si fanno largo la magia e l'incanto (del resto proprio questa parola è presente nel duettone di Alfano). Togliendo questo aspetto è chiaro che Minnie farà la donna di casa e idem Turandot e, ancora Lauretta e Rinuccio dello Schicchi (passata l'ubriacatura giovanile....), ma ci metto anche un altro finale tragico e di segno inverso rispetto a quelli lieti che stiamo considerando: quello di Butterfly; dopo la sua morte Pinkerton come si relazionerà con il bambino avuto dalla giapponesina da lui umiliata? Sopratutto come e se spiegherà al bambino un giorno adulto tutta la storia?

In secondo luogo, tornando a Turandot, il personaggio di Liù - nei casi di antagonismo operistico ciò accade spesso (Es. Carmen-Micaela; Amneris-Aida, ecc.) - è dato per far risaltare maggiormente il personaggio di Turandot compreso il suo 'sgelamento'. Potremmo dire, su un piano puramente naturalistico, che Liù svolge un'azione 'terapeutica' su Turandot e forse (se lo ha pensato non lo sappiamo) per questo è il personaggio che Puccini ha maggiormente amato di questo suo capolavoro e quello che, anche negli spettatori, riscuote le maggiori simpatie. Non è un caso che se si possiede un soprano veramente grande che fa la parte di Liù, la principessa deve... temere perché, come si dice in gergo, "si porta a casa la serata" o la registrazione. In disco ciò è accaduto e se passi in rassegna la discografia puoi facilmente immaginare a quale edizione mi voglio riferire.

Da ultimo, torno ancora sul carattere fiabesco ed immaginario di Turandot: stando agli esperti di sinologia ho sentito anni orsono una riflessione su quest'opera in cui questa principessa è molto potente. Ciò è completamente diverso dalla realtà delle cose in quanto - dicevano quegli esperti riferendosi agli schemi di quella socio-civiltà antichissima - una donna anche se principessa non avrebbe mai potuto decretare una carneficina del genere.
Ciò mi pare deponga ancora a favore dell'assetto favolistico della vicenda....
Credo che senz'altro possiamo pensare a tanti procedimenti di 'demitizzazione', ma l'arte indubbiamente porta con sé un grado di trascendenza, se vuoi anche pseudo-religiosa, che è impossibile decodificare. Ciò in particolare in Turandot dove tutto è rito: lo dicono gli stessi ministri nel II atto e lo vediamo noi sin dall'apparire del mandarino con il proclama. Se vuoi puoi vedere quest'opera come una sequenza di piccoli riti all'interno di un quadro dove magia e cerimoniale si incontrano.

Saluti, Luca.
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Il testamento spirituale di Puccini

Messaggioda melomane » dom 19 set 2010, 23:22

Ciao,
ho tratto l'ispirazione per "il trionfo dell'amore" da una recensione di "Turandot", ma "Lo scultore delle nuvole", che cito, chiarisce meglio:
Così il Melodramma, Opera, Dramma lirico, e tutti gli altri modi in cui venne chiamato nel corso dei secoli, decide di ritirarsi dalle scene. Per farlo si veste della musica di Puccini. Non fu una morte, fu un trionfo. L’ultimo.

Considerato che la musicalità nell'Opera si era tanto distaccata dalla tradizione melodica da portare in scena le voci parlanti come comunemente vengono udite, Puccini probabilmente pensò di dare un ultimo contributo che ne sancisse la fine prima delle temibili avanguardie che lo avrebbero snaturato.
Un contributo che all'ingresso del personaggio di Turandot presenta questa sintesi di declamato e cantato.
E l'amore comunque trionfa, nel sacrificio di Liù, nella vittoria di Calaf, nella trasfigurazione di Turandot (che comunque era combattuta tra due timori uguali, decapitarlo o sposarlo), nel suicidio di Butterfly e di Tosca, nella morte nel deserto di Manon (... l'amor mio non muore ...), nel delitto di Michele ne "Il tabarro", nell'addormentarsi di Mimì...
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And yet fair Psyche ne'er shall die, but shall be crown'd with immortality
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Re: Marie-Magdeleine e Pauline Viardot.

Messaggioda Triboulet » lun 20 set 2010, 0:17

Volevo dirlo io ma mi ha anticipato in qualche modo melomane... è sì il trionfo dell'amore, o meglio la sconfitta della paura d'amare. Entrambe le eroine, in definitiva, si danno totalmente. Entrambe le eroine rappresentano le diverse reazioni alla "paura dell'amore", della vulnerabilità che è insita in esso, delle sofferenze, del ruolo subalterno, della non lucidità ecc.
Liù subisce l'amore e si strugge in silenzio, come una ragazzina non contraccambiata, il suo sacrificio è la liberazione, una dichiarazione, un atto d'amore estremo, una metaforica vittoria dell'amore stesso. Turandot se ne tiene lontana con atteggiamento arrogante "non mi avrà nessuno", si erge sul suo piedistallo (Mat prestami il termine) per proteggersi, il suo famoso disgelamento, la discesa dal piedistallo è la sua liberazione, un'altra metaforica vittoria dell'amore. Come spesso accade nell'opera due figure in apparenza contrapposte non sono in realtà così diverse, vivono delle stesse paure e sono animati dagli stessi sentimenti, è la loro reazione ad essere antitetica. La morale è, forse, che l'amore vince sempre...classico lieto fine... più favolistico di così : Chessygrin :
almeno così la vedo io (prima che qualcuno mi dica che ho la verità in tasca... :mrgreen: )

Quanto alle tecniche vocali... essendo quella di Turandot una "voce grossa" di una ragazza fragile (almeno nella mia lettura) io la vedrei esattamente uguale a quella di Liù, cioè un lirico che prova a declamare! il risultato artefatto dà esattamente la sensazione di artefazione del personaggio. In questo senso l'edizione Karajan (pur sbagliando totalmente, come suo solito, la scelta delle singole cantanti, parere personalissimo) ha in sè l'intuizione (conscia o no da parte del direttore, ma ce l'ha) dei due "lirici fragili", che è la cosa che vedrei più adatta a rappresentare i meccanismi di cui parlavo sopra. Fossi un impresario non darei mai Turandot ad una declamatrice, ma forse neanche ad un soprano drammatico.
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