Herodiade (Massenet)

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Herodiade (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » gio 22 lug 2010, 20:15

E' un po' di tempo che sto ascoltando l'Herodiade.
L'edizione su cui mi sono concentrato è quella della SONY del 1994 (in realtà un live da San Francisco) diretta da Gergev, con la Fleming (Salome), la Zajic (Herodiade), Domingo (Giovanni il battista) e Pons (Erode).
L'opera mi attira, come tutti i tentativi tardivi di tenere in vita il Grand Opéra, alla fine dell'800, genere all'epoca già privo di nerbo, di verità, di forza, elementi sostituiti con esostismo colonialista, malinconia dolce, stanca e estetizzante, oppressione decadente.

E' vero... in teoria Herodiade non è un Grand-Opera (genere a cui ancora appartengono il Roi di Lahore - composto subito prima - e il Cid - subito dopo); vero è che fu creata a Bruxelles.
Eppure, con i suoi scenari ampi, l'evocazione di popoli contrapposti a individui, grandi movimenti politico-religiosi, balletti e fondali grandiosi, ciò che rappresenta è esattamente questo: Un Grand-Opéra fuori tempo massimo, nostalgico, malinconico, da Belle Epoque, dove l'eroismo è sostituito da mollezze sentimentali e una certa, amara, tormentosa, prevedibilità.

Poiché Massenet è un genio, è chiaro che anche quest'opera è geniale. :)
E tuttavia non mi pare che siamo ai livelli del Massenet maturo, che conosciamo meglio, e soprattutto siamo ben lontani dei vertici di lì a poco raggiunti in un genere completamente "nuovo", originale, non passatista e nostalgico come il Grand-Opéra, ma attualissimo: l'Opéra Lyrique.

Eppure io amo quel senso di inadeguatezza che l'opera comunica, il profumo di antico che la permea.
Vi ritrovo lo stesso respiro malinconico e smarrito (certo meno fiero) dell'ultimo Verdi, un altro che non si adattò mai al tramonto del Romanticismo.
Non è un caso che tra quest'Herodiade ispirata a Flaubert e l'Aida di Verdi (di pochi anni precedente) i punti di contatto siano tanti.

Inoltre mi affascinano i "tipi" vocali che si spartiscono la scena dell'Herodiade (in teoria tradizionali: Salomé-soprano; Herodiade-mezzo; Jean-tenore; Herode-baritono; Phanuel-basso.
In teoria sono ripartizioni prevedibili; in pratica sono modelli vocali oggi estinti ai quali l'ultimo Romanticismo aveva affidato gli strali del proprio declino e che fronteggiarono - finché poterono - le innovazioni trascinanti e poderose del Novecento che avanzava.
Su ognuno di questi ruoli ci sarebbe da riflettere, su che tipo di vocalità, di tecnica, di espressività essi richiedono.
E' solo in questo modo che potremmo permettere a questi titoli, così disperatamente demodé, di riprendere vita.

Mi pare giusto iniziare dal personaggio di Jean le Baptyste, ossia il tenore.
Certo è un personaggio che fa sorridere (specie se lo sentiamo cantato da un Carreras o da un Domingo... e non parliamo di Lombardi).
E' un ruolo ben poco credibile, ben poco "biblico", ben poco articolato psicologicamente. Non ha nemmeno melodie sconvolgenti al suo attivo (anche se i duetti con Salomé e il monologo del quarto atto sono divenuti abbastanza famosi).
Il suo fascino sta tutto in ciò che rappresenta, in quella pesantissima eredità di grandezze sconfitte, di eroismi sfiniti, di addii alla vita e alla storia che il "tenore tardoromantico" sapeva così splendidamente incarnare.

Edmond Vergnet (il creatore) è uno di quei "tipi" melodrammatici di cui dovremmo parlare un po' più spesso.
E' il Tamagno francese: uno degli ultimi depositari di una tradizione che riluce nel tramonto di un'epoca.
Grande interprete di Meyerbeer, ma anche di Sansone, di Radames, di Florestano, nella galleria dei ruoli da lui creati figurano Shahabarim della Salambo di Reyer, Admeto della Dejanice di Catalani, Dominique in L'attaque du moulin di Bruneau.

Tutta questa elevatezza, questa vocazione mistica e passatista, ancora romantica ma già intaccata dai tormenti della sensualità e dagli abbandoni del decadentismo, si riflettono nel suo personaggio, caratterizzato da una scrittura grandiosa e ambigua, che richiede un vocalismo argenteo, giovane, ma anche una pienezza d'eloquio che già occhieggia ai bagliori del declamato, all'impeto del nuovo canto proveniente dalla Germania.
Proprio come Samson...

E' un tipo di vocalità bicefala, quindi, greve di rimpianti e di slanci folgoranti quanto inutili: una vocalità che abbiamo smarrito nel ventesimo secolo e sulla quale io mi trovo spesso a fantasticare...

Oggi, proprio perché quel mondo è finito per sempre, un personaggio come Jean va preso con le molle: per esaltarlo ci vuole una personalità capace di tradurre l'enormità della fine di un'epoca in forze attuali e coinvolgenti (proprio come l'Otello di Verdi).
Se non si sta attenti, infatti, il personaggio rischia di suonare come un penoso profetuzzo da colossal a basso budget, con gravi problemi sessuali.
Occorre convincere l'ascoltatore a non fermarsi ai versi stereotipati e prevedibili che ancora imitano Corneille... A non fidarsi del melodizzare sentimentaloso che a prima vista suona tanto stucchevole.
C'è tutto un mondo dietro quella superficie (proprio come nell'Otello di Verdi).
Sotto le scontate professioni sacrificali, le solite preghiere, si deve cogliere la vulnerabilità dell'uomo, la sua paura della vita e un senso epocale di sconfitta. Ripeto: se si prende lo corteccia retorica e ci si limita ad essa, il risultato ci porterà a pensare (come tanti scioccamente fanno) che quest'opera e questo personaggio sono roba da servette e ragazzotte borghesi del secolo scorso.
Bene... mi spiace dirlo, ma per me proprio questo è l'errore in cui cade Domingo, lo stesso errore che Domingo commette ogni volta che si cimenta con personaggi tardo-romantici (mi spiace, ma ci metto dentro anche Samson e persino Otello).

Incapace di andare oltre la retorica più scontata, prende sul serio tutto, rimane impantanato nell'esteriorità predicatoria del profeta e riduce tutto a una minestra noiosa e inutile.
C'è poi la questione vocale... aggravante non da poco.
Come molti tenori "latini" del secondo Novecento, Domingo è un declamatore morbido, adatto al repertorio verista e poco altro.
Nulla di strano quindi che come vocalista faccia acqua da tutte le parti (e in quest'opera, come in ogni opera tardo-romantica, il lascito vocalistico è importante).
Non che sia tanto meglio come declamatore: fallisce anche nei momenti più eroici e veementi, essendo povero di nerbo, di capacità coloristica, di incisività nell'articolazione.
Il suo Jean non è solo fiacco e goffo drammaturgicamente; è anche ingolfato e monocorde dal punto di vista musicale.
Visto un simile disastro, c'è da chiedersi perché ha voluto cantare l'Herodiade: forse solo per andare dietro (come in tanti altri ruoli) a tutto ciò che Carreras aveva esplorato prima di lui.

Su Youtube, ho selezionato alcuni tenori che cantano la grande aria di Jean

Questo il testo

JEAN
Ne pouvant réprimer les élans de la foi
Leur impuissante rage a frappé ton prophète.
Seigneur! ta volonté soit faite,
Je me repose en toi!

Adieu donc,
Vains objets qui nous charment sur terre!
Salut! Salut! premiers rayons de l’immortalité!
L’infini m’appelle et m’éclaire,
Je meurs pour la justice et pour la liberté!
Je ne regrette rien de ma prison d’argille
Fuyant l’humanité je vais calme et tranquille
M’envelopper d’éternité!
Je ne regrette rien, et pourtant... ô faiblesse!
Je songe à cette enfant!

Je songe à cette enfant dont les traits radieux
sont présents à mes yeux!
Souvenir qui m’oppresse!
Souvenir... qui m’oppresse! toujours... je songe
Je songe à cette enfant!
Seigneur! si je suis ton fils,
Dis-moi pourquoi
Tu souffres que l’amour vienne ébranler ma foi?
Et si je sors meurtri, vaincu de cette lutte,
Qui l’a permis? à qui la faute de la chute?
Souvenir qui m’oppresse!
Seigneur! suis-je ton fils? suis-je ton fils?
O Seigneur! O Seigneur!


TRADUZIONE
Non potendo soffocare gli slanci della fede
la loro rabbia impotente ha colpito il tuo profeta.
Signore! Sia fatta la tua volontà,
io mi affido a Te.

Addio dunque,
Vano oggetti dai quli siamo affascinati sulla terra!
Salve! Salve, primi raggi dell’immortalità!
L’infinito mi chiama e mi illumina,
io muoio per la giustizia e per la libertà!
Non rimpiango nulla della mia prigione d’argilla.
Fuggendo l’umanità io vado calmo e tranquillo
ad avvolgermi i nell’eternità!
Io non rimpiango nulla, eppure… O debolezza!
io penso a quella giovane!

Penso a quella fanciulla il cui aspetto radioso
si impone ai miei occhi!
Ricordo che mi opprime!
Ricordo… che mi opprime! E sempre ci penso!
penso a quella giovane!
Signore! se io sono tuo figlio,
dimmi perché
lasci che l’amore tormenti la mia fede?
E se io esco ucciso, vinto da questa lotta,
chi l’ha permesso? Di chi è la colpa della sconfitta?
Ricordo che mi opprime
Signore! Sono tuo figlio? sono tuo figlio?
O Signore! O Signore!




E questi i tenori

il giovane Luccioni


Paul Frantz


e Thill



E infine due video:

Carreras


e Domingo


Sono curioso di conoscere le vostre opinioni.
Salutoni,
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Re: Herodiade (Massenet)

Messaggioda teo.emme » gio 22 lug 2010, 21:59

Confesso di aver più di un problema con Massenet: genio indiscusso, maestro nel gestire la tavolozza orchestrale, i colori, gli effetti, con un raro istinto per la melodia...eppure mi lascia sempre una sensazione di artificiosità, di ipocrisia (quasi), di falsità. Ha scritto tanto e quasi sempre ad altissimi livelli... Non so se avesse vero senso del teatro (come Verdi, ad esempio) di certo le sue costruzioni musicali funzionano quasi sempre. Preferisco di gran lunga, però, il Massenet "esotico" (di un esotismo tutto finto, coerente con le mode del secolo, liberty e decadente), che profuma di spezie e ricrea l'idea che dell'oriente poteva avere un agiato francese della fine del XIX secolo - avventure, sensualità e spiritualità - rispetto al Massenet "borghese" (sarà un mio limite, non lo metto in dubbio). Herodiade è un'opera affascinante, grandiosa senza essere epica: un banale intreccio amoroso, se si vuole, ma trattato con uno "spreco di mezzi" inusitato. Opera ricca, sontuosa, solare. Insieme a Esclarmonde, Le Roi de Lahore, Thais, costituisce, uno degli esiti più felici del suo genio. La riascolterò.
Però un appunto: l'edizione che stai ascoltando non mi sembra far onore al titolo. Ti consiglio quella diretta da Plasson che è integrale ed è assai meglio cantata. Un Heppner in formissima rispetto ad uno stanco Domingo, la Studer del '94 rispetto alla Fleming del... '94, Hampson e Van Dam...l'Herodiade della Denize non è il massimo...ma è assai meglio della "strega" in cui la trasforma la Zajic. E ha pure un suono eccellente! :D
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Re: Herodiade (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » ven 23 lug 2010, 11:28

teo.emme ha scritto:Preferisco di gran lunga, però, il Massenet "esotico" (di un esotismo tutto finto, coerente con le mode del secolo, liberty e decadente), che profuma di spezie e ricrea l'idea che dell'oriente poteva avere un agiato francese della fine del XIX secolo - avventure, sensualità e spiritualità - rispetto al Massenet "borghese" (sarà un mio limite, non lo metto in dubbio).


Non è affatto un "limite", quanto un gusto più che rispettabile.
Io credo che (indipendentemente da Massenet) a te piacciano nell'opera più gli scenari "esotici" che quelli "naturalistici". :) Ed è per questo che forse preferisci Massenet quando è ostentatamente ipocrita, come nelle favolette coloniali; mentre lo accusi di ipocrisia quando usa gli strumenti del realismo musicale per descrivere la sua contemporaneità! :)
In tutti i casi, io la penso quasi come te: intendiamoci, non cambierei mai la Manon con Herodiade, però anche io sono affascinato dalle leggende un po' dolciastre alla Kipling e alla Salgari. E mi piace osservare lo sfinimento di una cultura come quella Romantica che ha saputo dare quasi più poesia al suo tramonto che al suo momento di massimo vigore.
Hai però ragione, almeno per me, quando lasci intendere che è in questo tramonto, nel suo essere un tardo-romantico, che Massenet ha espresso il meglio di sé: anche quando percorreva le vie del naturalismo (e secondo me è stato grandioso pure in quello) restava sempre un tardo-romantico.

Herodiade è un'opera affascinante, grandiosa senza essere epica: un banale intreccio amoroso, se si vuole, ma trattato con uno "spreco di mezzi" inusitato. Opera ricca, sontuosa, solare. Insieme a Esclarmonde, Le Roi de Lahore, Thais, costituisce, uno degli esiti più felici del suo genio. La riascolterò.


Io più che solare la definirei crepuscolare. Quanto allo spreco di mezzi, non saprei. Certo, in quanto omaggio al Grand-Opèra non mancano scene coreografiche e di massa; eppure fu creata alla Monnaie che, pur teatro all'avanguardia, non disponeva certo allora dei mezzi dell'Opéra.
Secondo me è più nel raccoglimento che l'Herodiade svela le sue carte migliori... Un po' come l'Aida.

Però un appunto: l'edizione che stai ascoltando non mi sembra far onore al titolo. Ti consiglio quella diretta da Plasson che è integrale ed è assai meglio cantata


In effetti l'edizione Gergev ha qualche limite, ma i tagli non sono così clamorosi (in fondo era una ripresa dal vivo). Gergev non è il mio idolo, ma se è per questo nemmeno Plasson.
Quanto ai cantanti, la superiorità di Heppner su Domingo è indiscutibile, eppure nemmeno Heppner mi pare colga il meglio del personaggio.
Altrettanto indiscutibile la superiorità di Hampson su Pons (di Herode parleremo meglio...) e qui hai assolutamente ragione.
Posso arrivare ad ammettere che anche la Denize (benché a corto di acuti in un ruolo praticamente sopranile) alla fine la vinca sulla Zajick, che come al solito cossotteggia in modo indecente (e dire che io non reggo nemmeno la Cossotto, figuriamo le sue imitatrici!).
Però Herodiade meriterebbe tanto, tanto di più di quel che entrambe possono offrire.
Solo negli anni '90 si spartivano la parte artiste come la Baltsa e la Bumbry, entrambe infinitamente più affascinanti e incisive della Zajick e della Cossotto.

Infine non sono affatto persuaso che la Fleming giovane, elastica, iperseduttiva e vocalmente strepitosa (anche se come al solito troppo "gattina" e sbrodolona) tema la concorrenza di una Studer acida e periclitante, già compromessa vocalmente, completamente priva di fascino, di sensualità, di intuito espressivo. Secondo me c'è un abisso fra le due.
Van Dam come Phanuel è una chicca non indifferente! Su questo hai pienamente ragione.

A proposito di Herode vi sottopongo un confronto di "Vision fugitive".
Da una parte il super-tradizionalista Hvorostovskij (che però in questa parte funziona meravigliosamente bene!)
Dall'altra il colorista Hampson, che gioca di scarti di registri, apre i suoni, contrappone i colori, non domina la linea, fa tutte le "stranezze" tipiche dei baritoni coloristi e britteniani, ma nonostante questo (anzi, PROPRIO PER QUESTO) scioglie le ambiguità del ruolo e lo restituisce alla sua vulnerabilità, sensualità e mollezza sentimentale. L'esplosione del pubblico (ben superiore all'applauso raccolto dal collega russo, che pure canta in modo assai più tradizionale) rende l'idea dell'impatto che un canto "colorista" può esercitare in Massenet.



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Re: Herodiade (Massenet)

Messaggioda Tucidide » ven 23 lug 2010, 12:05

Premesso che io adoro Massenet, borghese o esotico che sia, conosco molto bene entrambe le edizioni citate.
MatMarazzi ha scritto:In effetti l'edizione Gergev ha qualche limite, ma i tagli non sono così clamorosi (in fondo era una ripresa dal vivo). Gergev non è il mio idolo, ma se è per questo nemmeno Plasson.

Gergiev però pesta parecchio ed è assai poco rifinito. Plasson è come spesso gli succede un po' anemico, ma questa musica la dirige benissimo.
Quanto ai cantanti, la superiorità di Heppner su Domingo è indiscutibile, eppure nemmeno Heppner mi pare colga il meglio del personaggio.
Altrettanto indiscutibile la superiorità di Hampson su Pons (di Herode parleremo meglio...) e qui hai assolutamente ragione.
Posso arrivare ad ammettere che anche la Denize (benché a corto di acuti in un ruolo praticamente sopranile) alla fine la vinca sulla Zajick, che come al solito cossotteggia in modo indecente (e dire che io non reggo nemmeno la Cossotto, figuriamo le sue imitatrici!).
Però Herodiade meriterebbe tanto, tanto di più di quel che entrambe possono offrire.
Solo negli anni '90 si spartivano la parte artiste come la Baltsa e la Bumbry, entrambe infinitamente più affascinanti e incisive della Zajick e della Cossotto.

Tutto giusto, per conto mio. Domingo in questa Hérodiade non mi piace nemmeno un po', mentre personalmente trovo Heppner eccezionale.

Infine non sono affatto persuaso che la Fleming giovane, elastica, iperseduttiva e vocalmente strepitosa (anche se come al solito troppo "gattina" e sbrodolona) tema la concorrenza di una Studer acida e periclitante, già compromessa vocalmente, completamente priva di fascino, di sensualità, di intuito espressivo. Secondo me c'è un abisso fra le due.
Van Dam come Phanuel è una chicca non indifferente! Su questo hai pienamente ragione.

Anche in questo caso, ti do ragione, ma non sarei così cattivo con la Studer, che nel 1994 stava sparando le ultime cartucce, ma sapeva ancora cantare con proprietà. Fa tutte le sue cose con molta grazia e molto garbo, filati, acuti, legati. Il personaggio resta solo abbozzato.

A proposito di Herode vi sottopongo un confronto di "Vision fugitive".
Da una parte il super-tradizionalista Hvorostovskij (che però in questa parte funziona meravigliosamente bene!)
Dall'altra il colorista Hampson, che gioca di scarti di registri, apre i suoni, contrappone i colori, non domina la linea, fa tutte le "stranezze" tipiche dei baritoni coloristi e britteniani, ma nonostante questo (anzi, PROPRIO PER QUESTO) scioglie le ambiguità del ruolo e lo restituisce alla sua vulnerabilità, sensualità e mollezza sentimentale. L'esplosione del pubblico (ben superiore all'applauso raccolto dal collega russo, che pure canta in modo assai più tradizionale) rende l'idea dell'impatto che un canto "colorista" può esercitare in Massenet.

Come sai, a me Hvorostovskij piace molto, in certe cose. Come Erode uno come lui non ha nulla da dire. Fa di un personaggio affogato nella vertigine dei sensi un lucido e cinico amante del lusso, abituato a pagare per ottenere ciò che il capriccio lo spinge a bramare, per poi gustarlo e gettarlo via. Hampson è anni luce superiore.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Herodiade (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » sab 24 lug 2010, 16:04

Tucidide ha scritto:Come sai, a me Hvorostovskij piace molto, in certe cose. Come Erode uno come lui non ha nulla da dire. Fa di un personaggio affogato nella vertigine dei sensi un lucido e cinico amante del lusso, abituato a pagare per ottenere ciò che il capriccio lo spinge a bramare, per poi gustarlo e gettarlo via. Hampson è anni luce superiore.


Caro Tuc,
avevo premesso che anche io considero Hampson più efficace ma non arriverei ad affermare che l'americano capisce il personaggio mentre il russo no.
Anzi, personalmente affermerei il contrario...


Premetto che non concordo affatto sulla tua tesi che Erode (questo Erode: di Massenet, che non è quello di Wilde e nemmeno quello di Flaubert) sia "affogato nei sensi". E' una definizione che (per inciso) per me non si attaglia nemmeno a Hampson.

Ma andiamo per ordine. Tu scrivi che Hvorostovski "come Erode uno come lui non ha nulla da dire".
Però subito dopo specifichi che fa del personaggio "un lucido e cinico amante del lusso, abituato a pagare per ottenere ciò che il capriccio lo spinge a bramare, per poi gustarlo e gettarlo via".
Io non sono proprio d'accordo che questa logica da Scarpia venga fuori così chiaramente dal brano postato e tuttavia, se questa è la tua lettura della sua interpretazione, avrai le tue buone ragioni per difenderla.
L'importante è che quel che hai descritto non è "nulla"; è qualcosa! Tu hai descritto un personaggio... con dovizie di aggettivi! :)
"lucido" "cinico" ecc... non sono "nulla da dire"! Sono un'interpretazione.
Semmai è un'interpretazione che non si adatta a ciò che tu ti aspetti dal personaggio.
E tuttavia la creatività di un interprete consiste nel costruire "un" personaggio, quello a cui crede lui, non quello che noi avremmo immaginato che facesse.
Suo compito è di farci "passare" la sua visione del personaggio (e Hvorostovskij evidentemente c'è riuscito, dato che tu - avendolo ascoltato solo in quest'aria - lo descrivi con tanta dovizia di particolari).

Ovviamente possiamo anche tentare di interrogarci sull'Erode "originale", quello che emerge dal libretto e dallo spartito, o che possiamo intuire ascoltando le incisioni proto-novecentesche, di quegli stessi cantanti che Massenet conobbero in vita e con cui lavorarono.
Certo che possiamo.
Ma se ci mettiamo in quest'ottica, secondo me emerge non solo che - come ho detto - l'Erode di Massenet non è affatto "affogato nei sensi", ma che Hvorostovskij risulta ben più vicino a quel modello "originario" di quanto non sia Hampson.
Nessun baritono all'epoca di Massenet avrebbe mai cantato "sui colori" come Hampson; e nessuno avrebbe fatto di Herode un innamorato così "sentimentale", persino così giovane, bello, sognante, poetico, vulnerabile.

Nell'Opera di Massenet Erode è un uomo forte, razionale, maturo, estremamente consapevole, potremmo dire anche ...borghese.
Affogato nei sensi? E dove?
Lacerato da un sentimento, è vero... un amore possente per Salomé. Scosso fin nelle fondamenta da questo sentimento, come solo uno uomo "razionale, maturo, consapevole, ecc... ecc... ecc...." può essere scosso.

Senza l'innamoramento possente per Salomé, Erode sembrerebbe piuttosto l'emblema del perbenismo ottocentesco, vigoroso e composto uomo maturo, politico raffinato e scaltro, che applica il suo senso delle "apparenze" tanto alla vita familiare, quanto a quella governativa.
Proprio perché così solido e regale, la violenza della passione per Salome (passione "amorosa" e non lussuriosa) risulta su di lui più distruttiva.

Erode fa semplicemente suo il tema più caro all'estetica tardo Ottocentesca: l'eversione del sentimento che travolge gli equilibri di una vita rispettabile, morale (...Anna Karenina, Madame Bovary, Nora Helmer, ecc... ecc... ecc....).
Se ci pensi è proprio il tema che ha dominato il mondo dell'opera trado-ottocentesca (specie Francese) dal Tristano in poi: il crollo di Don José come quello di Samson... tanto per fare un esempio.
Ed è un tema di cui proprio Massenet si è fatto grandioso e inimitabile interprete.
Tutte le sue opere ne sono intrise: Des Grieux, Charlotte, Athanael, tutte vittima dell'incompatibilità tra armatura etica e anelito di libertà e di autodistruzione indotta dal sentimento.
Herode non è altro che uno di questi personaggi: è il borghese controllato e razionale, colpito come un treno da una forza irreprimibile e devastante, che lo fa ribellare, andare incontro alla rovina, mandare a monte tutto ciò che ha costruito fino a quel punto.

Quindi tutt'altro che il lussurioso nevropatico descritto da Wilde (il quale pensò la sua Salomé proprio come provocatoria e dissacrante risposta a Flaubert).
Altro che ...affogato nei sensi!

Tu dirai... "ma nell'opera di Massenet Erode si droga! Non è questa una prova del suo essere affogato nei sensi"?
No... perchè sappiamo benissimo che non lo fa abitualmente: prima di assumere l'allucinogeno, egli afferma di temere che ciò che gli propinano le serve sia in realtà veleno; da questa preoccupazione siamo autorizzati a dedurre che non si era mai drogato prima.
Cede quella sola volta perché spera di vedere almeno in sogno ciò che non può avere nella realtà: Salomé.
Anche questa è una tappa dell'autodistruzione a cui va incontro (oltre a quella familiare e politica) in risposta all'amore "impossibile" e devastante che gli ha infettato l'anima.

Guarda il personaggio dal punto di vista politico: è di un'acutezza e lungimiranza ammirevoli.
Vede l'incombenza dei Romani, ammette il proprio debito nei loro confronti, ammette anche la propria debolezza, eppure sa tacere, sa controllarsi, sa sottobanco lavorare alla liberazione del tetrarcato facendo leva sugli umori del popolo.
La sua difesa a oltranza di Jean (contro la moglie e i sacerdoti) non ha affatto le motivazioni superstiziose e irrazionali dell'Erode di Wilde.
E' tutta frutto di un attento e raffinato calcolo politico. E per nulla banale: che il fascino eversivo di un profeta ribelle possa agire da catalizzatore per i malumori ..."nazionalistici" del popolino è un'intuizione che mostra un alto tasso di consapevolezza e razionalità.

Peccato solo che, anche in questo caso, egli mandi tutto a monte per la violenza del suo sentimento.
Quando scopre che Salomé è innamorata di Jean, Erode fa un radicale dietro front e - pur consapevole di causare il danno suo e di Gerusalemme e di avallare la pericolosa autorità dell'apparato sacerdotale giudaico e sottoscrivere contemporaneamente la propria sottomissione a Tiberio - condanna a morte il profeta.
Anche con la moglie ha un rapporto ben diverso dai corrispettivi wildiani e straussiani. Fra i due non sussistono le provocazioni continue e indecenti che saettano nei dialoghi di Wilde.
Al contrario questi tetrarchi "francesi" sono un modello di coppia borghese, distinti, eleganti, solenni: in pubblico fanno un figurone. E sull'amore di Erodiade per Erode ci sono pochi dubbi; sono stati evidentemente una coppia felice prima che la passione selvaggia per Salome inducesse lui a mandare tutto a monte.

L'immagine che ti sei fatto di Erode come di un maniaco lussurioso e "affogato nei sensi" ci deriva da altre fonti, non certo dall'opera di Massenet, dove ci appare piuttosto come un uomo austero e intelligente, molto controllato e analitico, ma che mette tutto in gioco perché incapace di dominare un'esplosione di sentimento irrazionale.

Per questo Hvorostovsky a me appare - seppure nel limitato contesto di un'aria - convincentissimo.
nel suo canto e nelle sue espressioni si avverte proprio il contrasto fra l'antica "corazza" e l'eversione del sentimento: quella solidità regale, quella compattezza nel suono, ma anche la posatezza sobria e virile delle espressioni (che tu hai definito, in contrasto con Hampson, "lucide e ciniche") ci permettono di percepire l'uomo forte, razionale, padrone di sè, integrato" nei valori della società, che Herode è sempre stato: Il monarca che in politica sa parlare e sa tacere, l'uomo forte e rassicurante che ha saputo far innamorare di sè perdutamente Erodiade.
Eppure è lui che l'amore distrugge, che diventa crudele perché come impazzito al pensiero di una ragazza che potrebbe avere venti-trent'anni in meno di lui... che è ridotto a ricorrere alla droga per vederla almeno in sogno, che butta all'aria tutte le sue strategie politiche, la solidità del proprio matrimonio.
Ascoltando Hvorostvsky (e la sua voce virile, dal timbro spesso, solido, coerente) e vedendo le sue espressioni mimiche... sentimentali, sì, ma sempre su un sostrato di lucidità e forza (che sono stati la sua arma per tutta la vita), io lo sento istintivamente vicino alle ragioni "storiche" del personaggio, ben di più di Pons e Fondary, ben più di Hampson, fragile e sentimentale.

E tuttavia, su questo siamo d'accordo, Hampson appare a noi, pubblico di oggi, infinitamente più incisivo.
Su questo devo darti ragione (l'avevo anche scritto).
Ma non perché la sua lettura sia "più giusta": tutt'altro.
Hampson va contro il personaggio descritto dal libretto, va contro Massenet e la sua estetica borghese e compone un ritratto personalissimo, ma evidentemente più vicino a noi.

Il suo Herode intanto è molto più giovane ed emotivo di come ce lo aspettiamo. E' tutt'altro che un uomo "forte" e razionale: sembra piuttosto un Herode-ragazzo, vulnerabile e a tratti un po' infantile, tollerato anzi tutelato dai Romani proprio in quanto "utile idiota" di bell'aspetto, ma abbastanza imbelle da non rappresentare un pericolo: una specie di Reza Pahlavi del primo secolo, con un bel sorriso adatto alle occasioni ufficiali e alle foto dei paparazzi.
Inoltre, a differenza di quanto sostieni, Hampson non è nemmeno "affogato nei sensi". Piuttosto pare un bravo giovanotto, istruito, ben vestito,ben educato, adatto a fungere di facciata all'Impero, ma che, innamoratosi per la prima volta, non si vergogna a piangere e sognare come uno studentello; basta vedere le espressioni assolutamente inattese che Hampson esibisce anche nel video che ho postato: i sorrisi sognanti, le facciotte tristi, gli occhioni da cucciolone... quando mai un Erode ha recitato così in quest'aria?
E vocalmente? i falsetti, gli scarti timbrici ed emozionali, i toni schiariti, a tratti tenorili, i legati molli e indugianti... tutto il contrario di quello che abbiamo sempre sentito in "Vision fugitive", a partire da Renaud e Battistini (due che lavorarono direttamente con Massenet).

Non credo affatto che Hampson sarebbe stato gradito in questo ruolo negli anni di Massenet.
Eppure è stato quel che ci voleva per restituire verità al ruolo negli anni '90.

Oggi non crediamo più alla morale borghese e quindi nemmeno al sentimento che la fa vacillare.
Ci viene più facile credere al re-ragazzo, che è arrivato al potere sulla spinta dell'altrui volontà e solo per recitare un ruolo, ma che a un certo punto si sente sconfitto, solo e avverte il bisogno di sentimenti veri, irresponsabili, magari con una giovane pazza in vena di ascetismo...
Altro che deuteragonista, altro che baritono... Hampson sembra voler strappare al tenore ufficiale (Jean) il ruolo di "amoroso romantico" di quest'opera!

Ciò si porta dietro importanti conseguenze anche negli equilibri con gli altri personaggi.
Se Erode diventa l'amoroso tradizionale (palpitante, adolescente e sentimentale come dovrebbe essere un tenore), Jean diventa qualcosa di diverso: l'uomo che l'amore lo sacrifica, poiché non è mai sceso a compromessi: si è scelto una certa vita consapevole delle conseguenze.
Il canto "eroico" e a mio avviso un po' generico di Heppner trae giovamento (e un simulacro di credibilità) proprio dal contrasto col personaggio "Hampson".

Non parliamo del rapproto con Erodiade: la gioventù e il fascino di questo Erode - aspetti che il vanitoso divastro americano evidenzia a più non posso - ci induce a pensare che tra lui ed Erodiade (vedova di suo fratello maggiore) ci possa essere una certa differenza d'età.
E anche questo sospetto eccita la fantasia di noi pubblico moderno: invece della coppia solida e borghese, avvolta di perbenismo ma minata all'interno, descritta da Massenet, ci troviamo di fronte una coppia "sbagliata", con lui indotto a sposarla dai propri protettori politici e lei tormentosamente invaghita del maritino più giovane. Ed ecco che la gelosia possessiva e scomposta della regina (che potrebbe apparirci oggi un po' artefatta) diventa in questa luce più comprensibile al pubblico odierno.

Anche la scelta di Salomé (il rifiuto a Erode e la dedizione a Jean) si arricchisce di sfumature più gradite a un pubblico moderno: con un Herode così, Salome non è la solita eroina sentimentale che segue il bello-buono e sputa in faccia al vecchio cattivo; con un Hampson in Erode, la vediamo piuttosto respingere un amore "normale" (il bravo ragazzo bello, ricco, istruito, potente e innamorato) per inseguire un ideale etico e sopportarne il sacrificio.

Ecco come basta un audace scelta di casting, una violazione alle tradizioni, per far sì che un'opera molto lontana da noi possa ricominciare a parlare una lingua viva. E il fatto che tu, Tuc, affermi (oggi) la maggiore vicinanza al personaggio di Hampson rispetto a Hvorostovskij è estremamente significativa...
Solo che invece di vicinanza, io parlerei di attualità... capacità di agire sulla sensibilità del pubblico di oggi.
E' in questa capacità di far interloquire il personaggio con la nostra epoca che Hampson (il colorista, il britteniano, il baritono chiaro e "aperto" troppo giovane e vanitoso che Massenet avrebbe guardato con sospetto, mentre adorava Battistini) si rivela tanto migliore del russo.
Io almeno la vedo così

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Re: Herodiade (Massenet)

Messaggioda Tucidide » sab 24 lug 2010, 17:10

Ho letto con molto interesse la tua disamina del personaggio di Hérode, e aspetto con ansia la tua analisi di Salomé... :D
Su Hvorostovskij, se posso usare un'espressione un po' colorita (e non colorista :D ) che spero non suoni irriguardosa nei confronti di un artista che stimo assai, a me ricorda un po' un capomafia, sai, di quelli che vanno agli incontri di "affari" con l'escort profumatamente pagata e mentre decidono di far ammazzare questo e quello, la palpeggiano quasi meccanicamente e tirano su un po' di coca. Nessun sentimento, nessun coinvolgimento emotivo. Solo una grande voglia di apparire, di recitare la parte che il ruolo sociale richiede.
Appunto per questo non me lo vedo bene nei panni di un personaggio che per un sentimento irrazionale mette in gioco sé stesso. Hérode è il contrario del cinico, che non si lascia sopraffare MAI da un sentimento.
Riascoltavo in questi giorni alcuni brani del suo Conte di Luna. Diversamente da quanto detto in precedenza, almeno questo ruolo verdiano per me lo vede vincente. Questo tipo di intrepretazione mette in luce risvolti del personggio inaspettati.
Ecco anche perché mi piace tanto come Onegin. DH sembra quasi distaccato anche nella scena finale, e il suo assalto a Tatjana è quello di chi non è abituato a sentirsi dire di no. "L'uomo che non deve chiedere mai", come diceva la pubblicità del dopobarba. : Chessygrin : Il rifiuto della donna gli rode assai più per l'autostima ferita che per reale amore.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Herodiade (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » sab 24 lug 2010, 21:49

Tucidide ha scritto:Appunto per questo non me lo vedo bene nei panni di un personaggio che per un sentimento irrazionale mette in gioco sé stesso. Hérode è il contrario del cinico, che non si lascia sopraffare MAI da un sentimento.


Boh... sarà.
Io - che pure riconosco la durezza e la fierezza che dici - trovo che in questo brano ci sia anche tanta tenerezza, tanto slancio irrazionale, fosse anche nel modo di agitarsi, nel sussurro con cui riprende il refrain, nello slancio.
In tutti i casi l'immagine del mafioso mi ha divertito! :) I capelli sono perfetti.

Per quanto riguarda Salomé, perché non ci dici qualcosa tu! :)
Puoi iniziare dicendoci se in questa parte la Fleming ti persuade, anche come personaggio.

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Re: Herodiade (Massenet)

Messaggioda Maugham » gio 19 ago 2010, 10:50

A me i tagli dell'edizioni Sony danno fastidio. Sarò pedante, ma Herodiade non è opera particolarmente lunga nè particolarmente sfiancante.
Non la si fa mai, accidenti, almeno facciamola integrale.
Certo, che con un cast del genere, l'integralità non è perdita così grave.
Una distribuzione buona per un'aidona al Met, ma che, tolta la Fleming, con Massenet non c'entra nulla.
Anche Gergiev mi ha lasciato freddo, rispetto a Plasson. In lui ho trovato quella tendenza -ce l'aveva anche Solti- di dover a tutti i costi, non so come dire, dare "corpo" e "spessore" a tessuti orchestrali che, apparentemente, sembrano non averlo. E giù di toniche belle chiare, così l'orecchio ha qualcosa su cui poggiare, nitidezza squadrata nei passaggi cerimoniali e nei concertati, pathos un po' alla Ben-Hur nei momenti di passione.
Ripeto, con quel cast, non c'era però spazio per le finezze.
Plasson (Emi) è su un altro pianeta. Soprattutto per quanto riguarda quel senso di nervosa urgenza con cui spinge l'orchestra, per cui tutto sembra che nasca sul momento in maniera molto fluida.
Basta prendere il tema di Salomè del prelidio e mettere i due direttori a confronto.
Plasson accarezza la frase, sembra quasi cantarla con una nonchalance da... tabarin. Viene da pensare che, all'indomani della prima, tutti la cantassero facendosi la barba.
Gergiev invece la tratta da temone, da leitmotiv riconoscibile, bello evidenziato, poco ci manca che ci metta pure un post-it.
La Fleming, però, è davvero straordinaria. Non solo canta da madreterna, ma trasmette proprio quell'idea di erotismo fresco e, non so come dire "pulito" connaturato al personaggio così come lo vede Massenet. Un erotismo che sembra nascere più dalla sottrazione che dall'accumulo.
La Studer è senza dubbio più varia, accenta meglio certi passaggi, ha più colori e soprattutto, come dice Mat, non ha quell'atteggiamento da "gattina" che la Fleming -soprattutto quella di adesso- caccia un po' dappertutto che ha il corrispondente maschile in quegli atteggiamenti da macho si però introverso e sensibile che sembrano l'inizio (lo notavamo con Mat a Bayreuth) del manierismo di Kaufmann.
Però, sono quisquilie; questa Fleming bisogna ascoltarla e... chapeu bàs. (Si dice cosi?)
Anche perchè la Studer non è molto furba. Ormai faticosa negli acuti già dal la naturale esegue invece tutte le varianti (facoltative) dello spartito con il risultato di fare brutta figura.
Ma nel finale II, quando irrompe cantando "Osanna, Osanna", complice il timbro piuttosto freddo, ha quel furore missionario, quello zelo da azione cattolica (o da figlia dei fiori) che me la rende irresistibile.
Anche la Denize (sebbene corta, come dice Mat) accenta magnificamente bene, padroneggia la lingua, è tagliente, ossessiva, inquieta, varia nei colori.
Confrontate il brano del primo atto dove lei racconta il suo giro nel deserto, con quello corrispondente fatto dala Zaijc.
E confrontata anche i colori lividi, sinistri, da alba nuvolosa nel deserto, creati da Plasson con le tinte tutto sommato anonime di Gergiev.
Sentite la Denize come accenta "J'allias ce matin au desert" oppure come differenzia "Me pursuit", "me trouble", "et m'outrage".
La Zaijc sembra non abbia chiaro nemmeno il significato letterale dei termini.
Sul resto del cast Sony, Domingo in testa, taccio.
E anche sulla qualità tecnica della ripresa sonora.
E invece lodo sia Hampson (se fossi in lui considererei questa registrazione come il "manifesto" del suo modo di cantare e della sua grandezza) che Van Dam.
Comunque, tirando le sommme, la mediocre edizione Somy mi ha confermato quanto sia difficile Massenet.
Non solo difficile, difficilissimo.
Se non padroneggi lo "stile" giusto -scusate il termine generico- non viene fuori nulla.
Puccini mal che vada lo porti sempre a casa.
Con Massenet, invece, se non hai i cantanti giusti, non solo non arrivi a niente. Ma rischi addirittura di far passare Massenet per un palla micidiale.
Sarà per questo che alla Scala, dal dopoguerra in avanti, hanno solo fatto Werther e Manon. :shock:
Da non credere.
WSM
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