Norma: interpreti

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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Luca » mar 23 apr 2013, 21:42

Non conoscevo questo film che so esser stato famoso, ma che orrenda esecuzione del Pirata! : Andry : : Andry : Ma anche Norma non scherza, non mi pare però che l'attrice fosse la stessa Mancini, mentre pesante mi pare la Sonnambula, ma lì è deformazione personale: dopo anni di ascolto di J. Sutherland.....

Saluti, Luca.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Enrico » mar 23 apr 2013, 22:04

APPOGGIATURE, ACCENTI, "NOTE DI GRAZIA"

DottorMalatesta ha scritto:Mi sembra che quasi sempre l´appoggiatura superiore venga eseguito come un accento. Bellini era solito differenziare nelle partiture accenti da appoggiature?

L'appoggiatura segnata con la notina cade effettivamente su sillabe accentate del testo, ma se anche non fosse così dovrbbe necessatiamente essere accentata perché si esegue sul "tempo forte" ("in battere"). Nelle edizioni stampate che ho potuto vedere ci sono alcuni segni ( >, posto sopra la nota o sotto, è il segno di accento "normale") che potrebbero indicare delle note particolarmente marcate, non solo in corrispondenza dell'accento musicale vero e proprio (nella scena di cui parliamo non ne vedo sulle note del soprano, ma ce ne sono per esempio sugli acuti ribattuti di "il bel sembiante": e non sono "forcelle" che indicano un diminuendo o una smorzatura, perché proprio su quelle note, oltre a una forcella che indica il crescendo c'è scritto espressamente sempre crescendo sino al fortissimo (ff).
Il problema è che anche i segni di accento, marcato, sforzato, possono variare da un autore all'altro e da un'edizione all'altra. Per esempio in Verdi ne possiamo trovare almeno due (o forse tre).
Il problema secondo me consiste nel capire se l'appoggiatura di Bellini debba risolversi semplicemete in una nota accentata, enfatizzata, che sostituisce del tutto la nota reale sottraendole ogni valore di durata, o se invece non debba essere, come mi sembrerebbe più logico, una prima nota legata alla successiva sulla stessa sillaba. Sicuramente l'esecuzione staccata che fanno quasi tutte (voci di ggguè-rrrrra, per esempio) non si giustifica.
Da un lato bisognerebbe capire se il valore dell'appoggiatura debba essere quello effettivamente indicato dalla notina piccola, o se invece corrisponda semplicemente e genericamente alla metà circa del valore della nota reale: in questo caso dovremmo sentire due note, legate fra loro, e non una. Nel primo caso qualche volta potremmo avere la singola nota accentata (e legata alla successiva) e qualche volta invece le due note distinte, perché, a meno che non si tratti di errori di stampa, l'appoggiatura è segnata con un ottavo prima degli ottavi, e invece con un ottavo o con un quarto prima di note più lunghe. E però il dubbio lo risolverei notando che i segni dell' "appoggiatura veloce", chiamata in gergo "acciaccatura", che si distinguono perchè la notina ha un taglietto trasversale, sono in Bellini anch'essi segni di ottavo: non usa, evidentemente, per questi abbellimenti, segni che indichino valori inferiori: il taglietto ci dice che la notina deve essere veloce (e in questo caso può anche anticipare la nota accentata), mentre le notine senza taglietto devono avere un valore maggiore, ma non credo che debbano sostituire in tutto la nota reale: a meno che, attribuendo ad esse tutto il valore, non si decida (e secondo me si potrebbe) di evidenziare il legato con un bel portamento. Ma ho l'impressione che le nostre cantanti, se fanno dei portamenti, li mettano un po' dove vogliono loro: sarà il caso di controllare? un bel discorso sui portamenti lo potremmo aprire quando finiremo quello sul vibrato...

D Qual'è l'obbligo spettante all'effetto dell'appoggiatura
R Quello di legarla alla nota e darle maggior forza coll'appoggiarvisi siccome chiaramente suona il termine Appoggiatura
[Principj elementari di musica adottati dal R.Conservatorio di Milano per le ripetizioni giornaliere degli alunni, compilati da B.Asioli, Milano 1831]

E inoltre, il fatto che l´appoggiatura sia indicata come una notina piú acute prima delle note normali, non indica giá di per sé che siano appoggiature superiori?

Certamente, ma siccome l'appoggiatura può essere anche inferiore è bene specificarlo: il vecchio dizionario dice che l'appoggiatura nel recitativo poteva anche non essere scritta ma rientrava nella prassi esecutiva, e che si trattava sempre di appoggiatura "di sopra". E quindi quando Bellini scrive le sue appoggiature lo fa con la notina superiore.

Cosa sono le "note di grazia"?

Dovrebbe essere sinonimo di abbellimenti: Bellini segna le appoggiature con notine piccole, perché evidentemente ha in mente la prassi esecutiva in base alla quale era il cantante ad aggiungerle dove fosse necessario, in base al senso e agli accenti delle parole e alla posizione della nota principale.

In realtà Gossett (che non avevo voglia di trascrivere per intero: c'è in internet ma non si può fare "copia e incolla"; e poi dice le stesse cose che dico io) si concentra, parlando soprattutto di Rossini e di Donizetti (in seguito a una polemica con Gelmetti, che si era opposto alle improvvisazioni di abbellimenti della Fleming in Lucrezia Borgia), su un particolare tipo di appoggiatura che è quella che consiste, a conclusione delle frasi, dove ci siano più note della stessa altezza, nell'eseguirne alcune più alte per evidenziare l'accento: non venivano segnate come note reali, ma viste come abbellimenti, perché di solito si tratta di note che creano (o creavano, noi forse non ce ne accorgiamo) un effetto di dissonanza rispetto alla nota principale e agli eventuali accordi che la accompagnavano.

Ma le notine di Bellini, dico io, non sono solo alla fine della frase. L'idea di fondo è che se hai tutta una serie di do al di sotto della frase, almeno uno o due di quei do deve diventare un re (qualcosa di simile accade già nel "recitativo" del canto liturgico: prova a sentire un papa cantante, Wojtyla o Ratzinger: le variazioni, piccole e minime, di intonazione, corrispondono generalmente, secondo regole precise, e in base a segni presenti nel testo anche quando non ci siano direttamente le note, ai punti del testo che precedono o seguono le pause di senso, o i moderni segni di punteggiatura). Sembrerebbe dunque possibile, in fine di frase, eseguire l'appoggiatura come singola nota accentata. Invece Bellini ne mette anche nel mezzo delle frasi, e qualche volta alla fine della frase non ne mette: evidentemente voleva dire alle cantanti che dovevano fare le appoggiature dove le voleva lui, e non dove volevano loro, perché in quest'ultimo caso non avrebbe avuto bisogno di scriverle!

Altra lettura istruttiva:

"II recitativo, anche tra' moderni, serve ad unire i pezzi vocali ed i cori dell opera, distinguendosi dalla semplice declamazione, in quanto che è sempre accompagnato da una cantilena, basata sopra un dato tuono o sopra analoghi accordi. Si distingue dal solito canto, perchè non è soggetto ad un fisso movimento di tempo e ad un ritmo uniforme, ma soltanto alle leggi della prosodia, ed alla maggiore o minor forza delle diverse passioni che si vanno esprimendo. Esso ha inoltre le sue proprie forme melodiche, e può terminare in qualunque siasi tuono. La scuola moderna ,come l'antica, permette degli abbellimenti al recitativo, purché sieno analoghi al senso delle parole ed alla espressione dell affetto dominante. Si permettono pure i cantanti al fine del recitativo obbligato di trattarne le desinenze come cadenze formali. L'abbellimento però più usato, e quasi indispensabile nei recitativi, è l'appoggiatura praticata in vece della prima delle due note di un medesimo tuono, colle quali si battono le ultime sillabe d'una parola, con che la cantilena non riesce secca nè monotona. Osservano ottimamente alcuni scrittori, che il recitativo eseguito co' necessarj cangiamenti di voce e colle dovute pause, riesce sempre languido, qualora accompagnato non sia da una conveniente azione, che sola è quella che dà forza e vivacità al discorso, ed esprime il carattere delle persone e delle passioni".
[Dizionario delle origini, invenzioni e scoperte nelle arti, nelle scienze, nella geografia, nel commercio, nell'agricoltura..., Bonfanti 1831]

Abbiamo visto che le nostre cantanti intonano effettivamente il più delle volte la nota superiore al posto di quella reale, anche in quei casi dove è evidente che invece Bellini le voleva tutt'e due. Oggi ne ho sentita una che di sua iniziativa metteva una specie di appoggiatura con una nota un più sulla a di "umano", dove non c'è, ma non metteva la notina in più sul dipende immediatamentente precedente, dove invece dovrebbe esserci.
E che è questa storia del recitativo che riesce sempre languido? vuoi vedere che la Sutherland faceva i recitativi languidi per scelta filologica?

P.S. Ehi, Dottore: nello spartito per canto e pianoforte, sopra l'introduzione strumentale di "Ah bello a me ritorna" c'è scritto vibrato !
Enrico B.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Enrico » mer 24 apr 2013, 0:22

SPIEGARE BELLINI CON BELLINI

Un principio fondamentale del nostro metodo di lavoro dovrebbe essere questo: “spiegare Bellini con Bellini” (Omero con Omero, Dante con Dante, così si dice, no?).

Apriamo lo spartito all’inizio, troviamo Oroveso che canta Ite sul colle o druidi, vediamo se ci sono appoggiature… Sì, ci sono: ed il primier sorriso [-ri-: notina di quarto + quarto; -so: quarto] del virginal suo viso [come prima], del virginal suo viso [vi-: notina di ottavo+ottavo; -so: ottavo: così nello spatito Barion: nella partitura online invece la notina è tagliata, quindi sarebbe più propriamente un'acciaccatura, o comunque una nota da eseguire molto velocemente: non so quale versione sia più corretta; la partitura è qui: http://www.dlib.indiana.edu/variations/ ... index.html, le pagine sono 41 e 42; nello spartito online per canto e pianoforte la differenza è data dal fatto che le tre notine hanno tutte il valore di un ottavo (pagina 10): http://www.dlib.indiana.edu/variations/ ... index.html].

Sentiamo Ramey diretto da Bonynge (1984): farà qualcosa? Andate subito, se volete, al minuto 3’.00’’

Avete sentito? A parte il fatto che dice verginal, esegue l’appoggiatura come nota superiore al posto di quella reale. Poco prima [2’.50’’], su sveli, ci sarebbe segnato un bel diminuendo, ma Ramey lo ignora. Siepi, nel 1970, “live” al Met, diretto sempre da Bonynge, fa la stessa cosa (forse con un piccolo tentativo di diminuendo mal riuscito (http://www.youtube.com/watch?v=zdTmE1fzXuk).

Prendiamone un altro: anzi andiamo alla prima registrazione ufficiale, con Tancredi Pasero diretto da Gui. Il tempo vi sembrerà molto lento rispetto a quello di Bonynge: ma Bellini ha scritto “Andante grave”. Andate a 3’.52’’:

Anche lui esegue semplicemente le note superiori.

Boris Christoff, Roma 1955, dirige ancora Gui, questa volta forse troppo lento (dovete andare a 4’.15’’ per la frase che ci interessa):

In questo caso la prima appoggiatura è eseguita distintamente: sorri-i-so, tutto legato; la seconda c’è pure, ma più simile a un portamento; la terza è eseguita con la nota superiore fortemente accentata. Bravo, è il primo che fa qualcosa di sensato! Ma c’è un’altra sua registrazione nella quale appare più indeciso su cosa fare delle appoggiature, e non fa il diminuendo, ma accenta sempre con forza il secondo viso (http://www.youtube.com/watch?v=cKKKzawz7bo)

Beh, veramente prima di lui ci sarebbe Nicola Moscona (New York, 1945); tempo lento, ma meno lento di quello di Gui: andiamo a 3’48’’:

Stupitevi se volete: prima appoggiatura su sorri-i-so presente e chiara e distinta, note ben articolate ma non staccate, eseguite a tempo (dando alla notina il valore di metà della nota reale, secondo la regola comune che tutti i musicisti conoscono: anche se nella scrittura le due note sono uguali); stessa cosa avviene, e sempre a tempo, per la seconda appoggiatura su vi-i-so, e poi, di nuovo su viso, nota superiore al posto di quella reale. D’altra parte, se ti dirige Toscanini, un’occhiata allo spartito la devi dare. E infatti su la nuova luna sveli [3’.30’’] fa un magnifico diminuendo…

Purtroppo della Norma di Toscanini non ci sono altre tracce: una sola volta la programmò alla Scala, cercò di trovare una protagonista adeguata, provò e riprovò, arrivò alla generale, la diresse fino alla fine, e poi, appena posata la bacchetta, decise di annullare tutto e non farne niente.

Mi sembra utile notare, per chi non avesse lo spartito davanti, che le prime due appoggiature eseguite da Moscona sono nella scrittura identiche a quelle che nel recitativo di Norma “Sediziose voci” sono poste su infranta cada, snudarla anzi tempo pretende, ancor più forti, leggo del cielo, pace v’intimo.
E mi sembra che sia legittima (non solo perché la permette Toscanini) l’esecuzione con due note distinte: legittima, ma forse non obbligatoria. Però in altri casi c’è proprio specificato il valore della notina, e sul secondo non dipende abbiamo ottavo+quarto (quindi nell’esecuzione dovremmo avere inequivocabilmente ottavo+ottavo), oppure, stranamente, sui dì maturi e sulle sicambre scuri abbiamo addirittura notina di un quarto e nota reale di un ottavo: quindi forse è proprio in questo caso che l’appoggiatura deve sostituire in tutto la nota reale, se proprio vogliamo trovare una logica. Ma forse dovremmo anche chiederci che cosa ci fosse esattamente nelle partiture di Gui, di Toscanini, di Bonynge...
Avrei in mente altri ascolti e altri esempi, ma ora è tardi: rimandiamo, se possibile, a domani.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda reysfilip » mer 24 apr 2013, 10:17

Ho seguito l'interessantissima discussione fino a qui e devo ammettere che per capire veramente come vanno fatte le appoggiature, ci voleva Moscona.
Ma se Toscanini non ha lasciato traccia della sua Norma, quel pezzo da dove è preso? Ha registrato soltanto la prima scena?
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Enrico » mer 24 apr 2013, 10:38

reysfilip ha scritto: Ma se Toscanini non ha lasciato traccia della sua Norma, quel pezzo da dove è preso? Ha registrato soltanto la prima scena?

Sì c'è solo la prima scena, in quest'unica testimonianza, tratta da un concerto radiofonico del 2 dicembre 1945 in cui eseguiva anche il Prologo del Mefistofele di Boito e il Te Deum di Verdi con l'orchestra della NBC e il coro diretto da Peter Wilhousky: il concerto è disponibile in alcuni cd ma non rientra tra le registrazioni "autorizzate". Il Prologo di Boito (sempre con Moscona) e il Te Deum invece esistono anche in registrazione ufficiale del 14 marzo 1954.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda DottorMalatesta » mer 24 apr 2013, 14:54

Professore, si davvero un mito! 8)

Quindi, se ho ben capito, le appoggiature sarebbero una sorta di “figura retorica” (passami il termine) per enfatizzare alcune parole, no?
E ancora, secondo te perché alcune interpreti decidono di non eseguire l´appoggiatura come due notine separate (ma piuttosto come una singola nota accentata, scandita con vigore)? E´una questione estetica (le due notine erano avvertite come qualcosa di “brutto”, come una frammentazione eccessiva della linea), semplice mancanza di rispetto della partitura, o cos´altro?

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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Rodrigo » mer 24 apr 2013, 20:18

Anzitutto complimenti per l'interessantissima parentesi dedicata alle appoggiature che viene a precisare un aspetto fondamentale del belcanto.
Norma... opera ardua come tutte le partiture tagliate fin troppo "su misura" per protagonisti dotati di eccezionali capacità tecniche e debordante personalità. Per di più con una storia interpretativa in cui si è avuta la netta sensazione di aver detto tutto o quasi e ai massimi livelli.
Scusate la premessa un po' concettosa, ma secondo me è qui che si gioca la partita. Per avere una "vera" Norma occorre un evento e una protagonista in grado di sperigliare le carte e di andare oltre le Caballe, le Sutherland, le Callas. Diciamocelo: di un'esecuzione "media" senza infamia e senza lode ce ne facciamo poco.
Dunque una "nuova Norma" dovrebbe secondo me fare di tutto per tagliare i ponti con il passato e con paragoni ingombranti; in questo senso la Bartoli ha capito perfettamente come impostare il problema, che poi l'esito sia soddisfacente è un altro paio di maniche.
Anni fa, oggi credo sia troppo tardi, avrebbe secondo me ben potuto dire la sua la Antonacci, magari con il fido Pidò sul podio e Kunde come Pollione e, naturalmente, Adalgisa soprano.
Saluti.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda DottorMalatesta » mer 24 apr 2013, 21:22

Rodrigo ha scritto: Per avere una "vera" Norma occorre un evento e una protagonista in grado di sperigliare le carte e di andare oltre le Caballe, le Sutherland, le Callas. Diciamocelo: di un'esecuzione "media" senza infamia e senza lode ce ne facciamo poco.
Dunque una "nuova Norma" dovrebbe secondo me fare di tutto per tagliare i ponti con il passato e con paragoni ingombranti; in questo senso la Bartoli ha capito perfettamente come impostare il problema, che poi l'esito sia soddisfacente è un altro paio di maniche.
Anni fa, oggi credo sia troppo tardi, avrebbe secondo me ben potuto dire la sua la Antonacci, magari con il fido Pidò sul podio e Kunde come Pollione e, naturalmente, Adalgisa soprano.
Saluti.


Caro Rodrigo,
sono d'accordissimo su tutto! 8)
Solo dissento su Pidò: avrei visto molto meglio un direttore "filologo" come Gardiner (o lo stesso Biondi ascoltato nella Norma a Parma).
Ma anche una Bartoli diretta da Minkowski sarebbe interessante...
Ciao!
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Enrico » mer 24 apr 2013, 21:25

NOTE E NOTINE: teoria e pratica.

DottorMalatesta ha scritto: le appoggiature sarebbero una sorta di “figura retorica” (passami il termine) per enfatizzare alcune parole

Se lo dice Gossett puoi dirlo anche tu.
Ma servono anche, musicalmente, a evitare la monotonia di quelle parole che nel recitativo cadono sempre sulle stesse note: se si eseguisse "Sediziose voci" elimindando tutte le appoggiature si otterebbe qualcosa di molto simile a certi recitativi del Barbiere di Siviglia o del Don Giovanni realizzati così come sono scritti, con cadenze molto ripetitive e prevedibili.

perché alcune interpreti decidono di non eseguire l´appoggiatura come due notine separate (ma piuttosto come una singola nota accentata, scandita con vigore)?


Penso che prima di rispondere siano necessari altri ascolti e altri esempi.
Abbiamo visto che Moscona, su tre appoggiature, ne esegue due con le note separate e una con la nota singola (anche se, come dicevo, non so quale spartito utilizzasse!
E che il Dizionario delle Arti etc. del 1831 dice che nel recitativo l'appoggiatura è praticata in vece della prima delle due note di un medesimo tuono colle quali si battono le ultime sillabe di una parola: questo, quando le note sono della medesima altezza, rende legittima l'esecuzione con nota singola, ma non l'accento verista che stacca la sillaba da quella seguente, se lo scopo dell'appoggiatura, come si insegnava agli studenti milanesi, era quello di legarla alla nota e darle maggior forza coll'appoggiarvisi e, secondo il dott.Lichtental, l'appoggiatura precede una nota colla quale viene legata con un accento dolcemente sensibile.

Resta aperto proprio il problema della durata delle appoggiature: normalmente prendono solo una parte del tempo della nota che precedono, ma se la nota seguente è di uguale altezza la sostituiscono del tutto? E se la sostituiscono del tutto perché vengono segnate con notine che hanno diversi valori di durata (qualche volta più brevi, qualche volta uguali alla nota principale, qualche volta addirittura più lunghe?).

Per chiarire mettiamo anche qualche esempio teorico:
Immagine

Immagine

Queste due immagini, tratte da siti che presentano gli elementi di base della teoria musicale, seguono, nella trascrizione dell’abbellimento in note reali, la regola generale per cui la notina prende solitamente metà del valore della nota seguente, o a volte, nel caso di nota il cui valore sia divisibile in tre (nota col punto, per esempio), i due terzi.
Sembra tutto chiaro, e chiarissimo è anche quest’esempio cantato (dove si vedono tutte le notine esattamente con la durata che devono avere, di sedicesimo, di trentaduesimo, di quarto: ma ho già detto che in Bellini troviamo solo segni di ottavo e di quarto, mai segni più brevi):

Nicola Vaccaj: Senza l’amabile Dio di Citera


Il problema è che la regoletta generale che può essere scrupolosamente seguita dalla scolaretta che esegue l’esercizio di Vaccaj non può essere altrettanto facilmente applicata a Bellini. O meglio, con Bellini, vista la particolarità della sua notazione, abbiamo diverse possibilità:

:arrow: l’appoggiatura vale sempre metà della nota seguente, indipendentemente dal valore della notina con cui è segnata, quindo ogni nota preceduta da notina viene di fatto eseguita con due note distinte;
:arrow: l’appoggiatura ha esattamente il valore della notina con cui è segnata: e se la nota seguente ha lo stesso valore, l’appoggiatura la sostituisce (resta il problema della notina di valore maggiore rispetto a quello della nota reale);
:arrow: l’appoggiatura vale sempre metà della nota seguente, a meno che non si tratti di nota seguita da nota della stessa altezza in fine di parola, nel qual caso l’appoggiatura sostituisce la prima nota prendendone l’accento e legandosi alla nota successiva;
:arrow: idem ma con una variante: l’appoggiatura sostituisce la nota solo quando è rappresentata da un segno di durata maggiore;
:arrow: ultima possibilità: gli interpreti, e in particolare le dive famose antiche e moderne, fanno quello che vogliono, e noi non dobbiamo complicarci la vita andando a leggere gli spartiti!

Un moderno dizionario online di termini musicali dà quest’indicazione un po’strana:
“If the note is of the same pitch as the principal note of the appoggiatura, the grace note receives the entire value of its principal note, but is carried to the next note with strong portamento”.
(http://www.music.vt.edu/musicdictionary/)
In questo caso mi sembra che la notina sia da intendere come della stessa altezza della nota principale, che di fatto sostituisce, e l’effetto di “appoggio” è dato dal portamento che la dovrebbe legare alla nota seguente, anche di diversa altezza. Ma non conosco esempi di questo tipo: invece mi viene in mente che quando Figaro nel Barbiere canta “All’idea di quel metallo”, abbiamo la seguente successione di note dal mi acuto scendendo al fa con un bel salto: mi (quel) mi (me-) mi piccolo/fa (-tal-) fa (-lo) quindi su -tal- abbiamo un’appoggiatura, di altezza uguale alla nota precedente, e che può essere legata a quella successiva, molto più bassa, con un portamento: lo stesso schema si ripete su porten-to-so e onnipos-sen-te.
E un’altra cosa che si può scoprire leggendo qua e là è che nei secoli XVII e XVIII l’appoggiatura, in francese, si chiamava port de voix, che è l’equivalente di portamento. La parola appoggiatura è attestata in italiano dalla metà del Settecento.

In alcuni brani si può sentire che alcune cantanti realizzano alcune appoggiature come portamenti (per esempio la Callas, che nei recitativi sceglie la soluzione della nota singola accentata, nelle arie tende più a fare il portamento proprio dove c’è l’appoggiatura): d’altra parte, nel momento in cui l’appoggiatura è costituita dalla nota immediatamente superiore, legarla alla nota reale può significare anche fare questo piccolo portamento: ma abbiamo anche visto che Moscona, con Toscanini, pur legando le note, le fa sentire distintamente. E Moscona, come vedremo, non è l’unico a realizzare l’appoggiatura con note distinte anche quando precede due note della medesima altezza.

Meditate su tutto questo, mentre vi preparo altri esempi belliniani.
Enrico B.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Enrico » mer 24 apr 2013, 21:32

DottorMalatesta ha scritto:
Rodrigo ha scritto: ...la Bartoli ha capito perfettamente come impostare il problema...
...avrebbe secondo me ben potuto dire la sua la Antonacci, magari con il fido Pidò sul podio e Kunde come Pollione...

...dissento su Pidò: avrei visto molto meglio un direttore "filologo" come Gardiner... DM

Pidò finora è l'unico direttore che mi ha fatto ascoltare, a Messina nel 1994, con la Scalchi e Blake e Dara, un Barbiere veramente integrale con tutte le note e tutti gli abbellimenti e le variazioni necessarie nei "da capo", ma anche elegante e divertente; ed era anche il direttore della prima opera che ho visto a teatro, nel 1987, Rigoletto con Licinio Montefusco, Patrizia Pace e Pietro Ballo. Telefonategli e chiedetegli che cosa pensa delle appoggiature!
Enrico B.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda DottorMalatesta » mer 24 apr 2013, 21:39

Enrico ha scritto:Il problema è che la regoletta generale che può essere scrupolosamente seguita dalla scolaretta che esegue l’esercizio di Vaccaj non può essere altrettanto facilmente applicata a Bellini. O meglio, con Bellini, vista la particolarità della sua notazione, abbiamo diverse possibilità:

- l’appoggiatura vale sempre metà della nota seguente, indipendentemente dal valore della notina con cui è segnata, quindo ogni nota preceduta da notina viene di fatto eseguita con due note distinte;
- l’appoggiatura ha esattamente il valore della notina con cui è segnata: e se la nota seguente ha lo stesso valore, l’appoggiatura la sostituisce (resta il problema della notina di valore maggiore rispetto a quello della nota reale);
- l’appoggiatura vale sempre metà della nota seguente, a meno che non si tratti di nota seguita da nota della stessa altezza in fine di parola, nel qual caso l’appoggiatura sostituisce la prima nota prendendone l’accento e legandosi alla nota successiva;
- idem ma con una variante: l’appoggiatura sostituisce la nota solo quando è rappresentata da un segno di durata maggiore;
- ultima possibilità: gli interpreti, e in particolare le dive famose antiche e moderne, fanno quello che vogliono, e noi non dobbiamo complicarci la vita andando a leggere gli spartiti!



Enrico, scusami, ma temo di essere sul punto di perdermi.... :oops:

Perché la regoletta generale non andrebbe bene per Bellini?
E da dove derivano queste possibilità che hai indicato? Voglio dire, perché limitarci a cantare le appoggiature come la scolaretta che canta Vaccaj (peraltro coevo di Bellini) non andrebbe bene?

DM

P.S.: Pidò a Verona ha diretto un pedantissimo Elisir d'Amore.... Mentre sappiamo per certo cosa ha fatto Biondi a Parma (esiste anche il DVD)



Qui c'è anche il "sediziose voci":


Attendo commenti...

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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Enrico » mer 24 apr 2013, 23:09

SPIEGARE BELLINI CON BELLINI (seconda parte)

Questa volta potrei dire, chiedendo scusa per la digressione che sto per fare, “Spiegare Norma col Pirata”.
Gossett dice che Bellini è stato il primo compositore a segnare, nella Norma, tutte le appoggiature. Ma vedo che nello spartito del Pirata, nei recitativi, ci sono tante notine “sbarrate”, modernamente chiamate acciaccature, che è l’equivalente di appoggiature brevi: nel caso dell’acciaccatura non ci sono dubbi per quel che riguarda la durata, perché la regola generale dice soltanto che l’acciaccatura va realizzata con una nota molto breve che precede la nota reale. A meno che, considerando le acciaccature del Pirata come segni equivalenti alle appoggiature della Norma non ipotizziamo che sia valida la regoletta ottocentesca della notina che sostituisce la nota reale: quindi per tentare di risolvere il problema (se mai può esserci una soluzione) dobbiamo cercare altri indizi altrove.

Ma vediamo che cosa fanno i nostri "pirati", per tornare poi alla Norma.
Del Pirata conosco un solo spartito online, e non so se le notine siano tutte effettivamente di mano di Bellini (ma non vedo perché qualcun altro avrebbe dovuto aggiungerle, visto che normalmente non si segnavano)
Posso dirvi, e se non vi fidate andate a controllare, che i pochi tenori che hanno affrontato Il Pirata, o ignorano le notine del recitativo (Io vivo ancor, etc.), o le realizzano come le signore Norme con singola nota accentata, e questo mi pare che valga per tutti, compresi Kraus e Morino e Blake; diversamente invece, e in modo più o meno personale, si comportano nell’aria Nel furor delle tempeste dove ci sono alcune acciaccature e appoggiature di cui può essere interessante avere notizia. Qui trovate lo spartito (http://www.dlib.indiana.edu/variations/ ... index.html):

GUALTIERO
Nel furor delle tempeste,
Nelle stragi del pirata,
Quella immagine adorata
Si presenta al mio pensier,
Come un ange-lo-o celeste, [acciaccatura superiore]
si presenta al mio pensier.
Di virtude consiglier,
si presenta al mio pensier…
Come un ange-lo-o celeste, [acciaccatura inferiore]
di virtude consiglier
Si presenta al mio pensier…

SOLITARIO
Infelice! ed or che speri?

GUALTIERO
Nulla io spero... Epp-u-ure io amo, e peno. [appoggiatura superiore]
Ma l'orror de' miei pe-ensieri [acciaccatura superiore]
Questo am-o-or disgom-bra-al-meno. [appoggiature superiori]
Egli è un raggio, che risplende
Nelle tenebre del cor.
La mia vita om-a-ai dipende [acciaccatura superiore]
Da Imogene, dall'amor.

Cominciamo con Mirto Picchi, che ignora, mi pare, molte delle notine “di grazia”, ma alcune le fa sentire:


Alfredo Kraus esegue le notine su angelo come impercettibili appoggiature legate, non fa l’appoggiatura su eppure, ma rispetta, mi pare, quasi tutte quelle della seconda strofa.


Giuseppe Morino, che aggiunge qua e là qualche variazione delle sue, esegue allo stesso modo le notine su angelo, si limita ad accentare eppure, ma rispetta anche lui diverse notine della seconda strofa.


Tralascio Florez, che esegue correttamente solo quelle su amor e disgombra nella seconda strofa; Giordani che ne fa pochissime; e vi suggerisco di sentire Roberto Alagna che, diretto da Pidò, tenta di rispettare le acciaccature/appoggiature (anche se ne “sposta” alcune);


e poi Salvatore Fisichella, che ho visto dal vivo in questa recita del 2001, nonostante il tempo veloce, riesce a differenziare le acciaccature su angelo; fa nella seconda strofa quelle su pensieri (a modo suo, separando, come facciamo a volte noi siciliani, la i e la e) e su amor, e poi su disgombra almeno, in maniera meno evidente, pronunciando distinte la a finale e quella iniziale, mentre su omai fa un semplice accento:


E infine Rockwell Blake che le notine, quando vuole, le sa rispettare quasi tutte (il direttore è Patrick Fournillier):


Dopo questa rassegna possiamo dire che nessun tenore è perfetto, ma almeno il confronto ci può dare un’idea di ciò che si potrebbe o dovrebbe fare quando in uno spartito belliniano ci sono tante piccole notine, sbarrate o non sbarrate. Con la prossima serie di esempi vi proporrò ancora alcune interpreti a confronto nella Norma. Ma per oggi mi fermo qui.
Enrico B.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Enrico » ven 26 apr 2013, 18:20

INES DE FRATE: se non c’è Norma c’è Lucrezia.

Qualche notizia in più sullo “scandalo” della Norma annullata da Toscanini: l’anno era il 1898 e la protagonista doveva essere Ines De Frate: la decisione di rinunciare fu presa, in occasione delle prova generale, alla fine del primo atto (non alla fine dell’opera, ricordavo male!). Pare che Toscanini abbia detto: “Non va bene nulla”. La De Frate, secondo F.Sacchi (Toscanini, Mondadori 1951, pp.144-145), era “soddisfacente nella parte lirica”, ma “non reggeva nella parte drammatica: essa non era assolutamente in grado né per voce né per giuoco scenico di esprimere il pathos del personaggio”.
Dobbiamo ricordare che Toscanini voleva, nei suoi primi anni alla Scala, affermare il principio della validità drammatica e musicale delle opere dell’ottocento italiano, con pari dignità rispetto alle opere wagneriane (da lui più volte dirette con grande successo) e al “dramma dell’avvenire”: in quattro anni fece eseguire opere che mancavano da anni e perfino da decenni, come [Guglielmo Tell, Linda di Chamounix, Un ballo in maschera, Luisa Miller, L’elisir d’amore e perfino il Trovatore: è comprensibile quindi che non ritenesse opportuno portare in scena un’esecuzione imperfetta di Norma (Giulio Ricordi proponeva che si andasse in scena affidandone la direzione a un sostituto, ma Toscanini non lo permise).

Ines De Frate, nata ad Alessandria d’Egitto nel 1854, ha forse lasciato, tra i suoi pochi dischi, qualche brano di Norma (per esempio Casta Diva con la direzione di Sabajno), ma online Norma non c’è. Per avere un’idea del suo stile possiamo ascoltarla nell’aria finale di Lucrezia Borgia.

M'odi, ah m'odi ... io non t'imploro
Per voler serbarmi in vita!
Mille volte al giorno io moro,
Mille volte in cor ferita ...
Per te prego, ah! teco almeno
non voler incrudelir.
Bevi ... bevi ... il rio veleno
deh! t'affretta a prevenir.



Anche in questo caso è interessante la lettura dello spartito (http://www.dlib.indiana.edu/variations/ ... index.html, pp.211-213), perché, per quanto il suo modo di cantare possa sembrare strano e antiquato, la De Frate rispetta il testo e lo esegue con buona precisione (anche se la conclusione, forse per problemi di durata del disco, è abbreviata con una cadenza inventata e anche un singhiozzetto sulle note basse alla fine): esegue, correttamente, alcuni portamenti dove ci sono due note di diversa altezza unite da legatura: (t’imploro, voler , per te prego, rispetta le legature di frase, la maggior parte delle pause, anche molto brevi, gli accenti (segnati normalmente con >) su serbarmi, mille volte al giorno io ro, lle lte in r ferita, per te prego, rispetta i segni di staccato (per esempio sulla seconda sillaba di moro ), alcuni crescendo (il tempo vola), le indicazioni di rallentando e in tempo (dopo la seconda scaletta discendente su il tempo vola ah deh t’affretta etc.). Come si comporta con le acciaccature? Ce ne sono diverse, su ah teco almeno, bevi bevi, il rio veleno, il veleno a prevenir. Esegue molto distintamente la più difficile, quella che sul secondo bevi precede la prima nota di una rapida quartina; le altre le fa sentire come accenti più marcati rispetto all’accento puramente musicale.
In sostanza la De Frate sa leggere le note e rispetta i segni dello spartito, mostra una discreta agilità e non fa pasticci terribili (considerando che canta un pezzo “fuori moda”, e che ha lasciato in disco anche brani tratti anche da “Chatterton”, oltre al cantabile dell’aria di Abigaille e a un duetto da Aida, mi sembra che come interprete “belcantista” fosse, per i suoi tempi, abbastanza rispettabile e plausibile): e però per Norma, almeno secondo Toscanini, tutto questo non era sufficiente!
Enrico B.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda Luca » ven 26 apr 2013, 19:20

Interessantissima proposta: grazie Enrico! Come stile siamo - da quanto ricordo - assai vicini ai modi di una Burzio: stessi vezzi naturalistico-veristi, ma anche voce di notevole volume alla quale però la registrazione 'preistorica' non rende ragione. Non so se, tuttavia, partendo dalla fisionomia di questo brano, la De Frate fosse totalmente aliena dalla drammaticità come riteneva Toscanini (che in fatto di voci non so quanto ci vedesse a fondo, almeno stando ad alcune registrazioni che sappiamo), anche perché il "M'odi, m'odi" della Borgia riserva dei passaggi simili al "Deh non volerli vittime" appunto di Norma.
Quanto poi alla Casta Diva della De Frate: sarebbe interessante ascoltarla; c'è tuttavia da dire che è un brano in cui anche le dive più lontane dallo stile neoclassico-protoromantico (per carattere e stile, fisionomia vocale e quant'altro) si sono cimentate. Due nomi diversissimi tra loro, per esempio: Dal Monte e Tebaldi.... Però un conto è la romanza, un altro l'intera opera anche solo incisa (e fra le edizioni che conosciamo credo che tutte le 'signore soprano' l'abbiamo portata sulle scene per intero!).

Saluti, Luca.
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Re: Norma: interpreti

Messaggioda pbagnoli » sab 27 apr 2013, 17:14

Scusatemi ma, dopo una notte allucinante, sono veramente molto rimbambito per intervenire adeguatamente su un tema tanto complesso.
Volevo dirvi che vi seguo e ringrazio tutti per l'elevato livello tecnico della discussione
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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