I Ruoli Ronzi de Begnis

cantanti, direttori, registi, scenografi

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I Ruoli Ronzi de Begnis

Messaggioda marco » sab 11 ago 2007, 11:08

MatMarazzi ha scritto:Nella "Maria Stuarda" ascoltata a Macerata, la Pisicitelli mi pare infinitamente meglio della Devia, sentita a Roma


Matteo, addirittura
non vorrei aprire una discussione di quelle che non piacciono al boss, ma ..., ho capito che la D. non vi piace, e penso di avere capito anche perchè, però, proprio perchè si è detto che comunque una certa oggettività di fondo nel motivare le opinioni ci deve comunque essere, credo che, oggettivamente, non si può negare un magistero tecnico al canto della D. che oggi non si trova appena girato l'angolo
poi è chiaro che occorre anche altro, e qui entra in gioco il fattore personalità e sono d'accordo che da questo punto la D. può dare adito a riserve, soprattutto in questi ruoli di drammatico d'agilità (per me le riserve sono soprattutto vocali per la sagomatura della sua vocalità che rimane quella di un coloratura)
sinceramente mi sembra eccessivo il disprezzo che la circonda quando viene definita cantante dedita esclusivamente a "filatini e sopracuti", non mi sembra proprio, anzi di lei mi incanta la spontaneità, la naturalezza e la semplicità del suo canto, doti che mi sembrano assenti nella sua "rivale" Gruberova, lei sì spesso incline a barocchismi, ricercatezze espressive che spesso sfociano in suoni fissi o cali d'intonazione che a me personalmente danno abbastanza fastidio
Marco
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Maria StuFarda

Messaggioda Luca » sab 11 ago 2007, 11:34

C'è da osservare che si tratta di un titolo molto interessante (ma - come lascia intendere Pietro - poco adatto ad un festival estivo in cui presa sicura fanno lavori tradizionalissimi: Aida, Tosca, Carmen e Turandot, tanto per citare opere che richiedono allestimenti fastosi). Un titolo al quale bisogna offrire adeguato cast capace di coinvolgere l'uditorio. Su questo si è già detto precedentemente. Quanto poi alla Devia, criticata da Matteo, anche io l'ho vista e udita a Roma ed effettivamente non posso dargli torto: tutto preciso, ma anche piuttosto noioso e, almeno per me, presenza scenica molto discutibile. Del resto, oggettivamete, chi potrebbe oggi prendere il posto - in qualità di coinvolgimento interpretativo e vocale - alle coppie Gencer-Verrett o Caballé-Verrett ? Altre cantatrici di oggi assumono questi ruoli, giungendo anche a buoni risultati, ma...... ci vogliono personalità davvero regali.... Personalmente non ne vedo.

Saluti, Luca.
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Messaggioda MatMarazzi » lun 13 ago 2007, 11:11

marco ha scritto:non vorrei aprire una discussione di quelle che non piacciono al boss


Ci mancherebbe, Marco.
Le discussioni sui cantanti sono una parte rilevantissima dei dibattiti fra appassionati d'opera.
E questo fin dal '600.
Credo che anche il boss ne sia consapevole (e infatti non si tira mai indietro in questi casi).

credo che, oggettivamente, non si può negare un magistero tecnico al canto della D. che oggi non si trova appena girato l'angolo


Le mie perplessità (che ti confesso sono grandissime) sulla Devia dipendono proprio dal fatto che le sue prerogative tecniche-vocali-psicologiche sono applicate male.
Ovviamente secondo me.
E' indubbio che la Cucinotta sia una splendida donna e un'attrice più consapevole di quel che sembra, ma se volesse presentarsi come interprete tragica euripidea mi susciterebbe perplessità.
La Devia ha una vocina gradevole, un bell'uso delle mezzevoci, una discreta coloratura, un sopracuto facile.
Il punto è che per il repertorio che si è messa in testa di fare queste cose non bastano: l'ho sentita nei ruoli Colbran (Donna del Lago), nei ruoli Pasta (Beatrice di Tenda), Meric-Lalande (Borgia) e addirittura nei ruoli Ronzi de Begnis (Maria Stuarda).
Sono ruoli semplicemente enormi: i ruoli Colbran e Pasta sono le due facce (opposte) di un neoclassicmo dai riflessi aulici e satanici. I ruoli Ronzi de Begnis, al contrario, sono l'esplosione torbida e selvaggia di un romanticismo malato (cammaraniano e donizettiano), contaminato e morboso, dove nulla è come sembra e la rivolta dal mondo si fa dissociazione.
Quel che mi irrita della Devia non è solo il fatto che non sa rendere conto di tanta complessità, ma non le interessa nemmeno.
Lei sa che il pubblico (italiano) attenderà pazientemente il filatino e il mi bemolle per ripagarla con applausi frenetici.
E tanto basta.

Mi colpì l'ingenuità della Devia quando dichiarò (in occasione di un Tancredi che aveva fatto a Bologna e a Pesaro) che al ROF, per volontà della direzione, si era astenuta dall'aggiungere sopracuti... e il pubblico era rimasto freddo.
Mentre a Bologna si erano spellati le mani dopo ogni mi bemolle.
Lei lo presentava come un'esigenza del pubblico: è inutile! Vuole gli acuti!
Non si è neanche posta il problema che il pubblico si spellava solo di fronte ai mi bemolle, perchè lei non aveva altro da dargli...
Io ricordo gli applausi frenetici alla Amenaide della Cuberli e persino (Iddio mi aiuti) della Ricciarelli, che i sopracuti non li avevano affatto.

Tu citi i barocchismi della Gruberova, e hai ragione ancora una volta.
Ma almeno la Gruberova il problema se l'è posto.
Quando - con il famoso Devereux del 1990 a Barcellona - decise di consacrarsi a questo repertorio, fu subito consapevole che avrebbe dovuto tirare fuori una nuova parte di sè.
Non bastavano più le agilità e i sopracuti; non bastava atteggiarsi a brava belcantista: doveva trovare altro.
Poteva evitare di contorcere la sua voce in effetti strani, spesso sgradevoli, talvolta fuori-stile.
Poteva evitare di imbruttirsi, agitarsi in scena con febbrile e malsana tensione, esplorare sonorità chiocce e stridenti.
Poteva restare il sopranino dalla voce angelica della arie da concerto di Mozart e delle mille zerbinette.
E invece intuì le responsabilità culturali dei ruoli Colbran, Pasta e Ronzi de Begnis, mausolei sontuosi ed inquietanti del primo romanticismo italiano.

Reagì come poté: si rese conto di non poter essere una grande attrice tragica (come la Callas o la Gencer), nè un algido monumento come la Sutherland.
E allora si inventò qualcosa di nuovo, esplorando il lato paranoico e grottesco della sua personalità e facendo della sua fragilità e scarsa femminilità un poderoso strumento emotivo.

Possiamo anche dire che non ci piace, possiamo dire che è fuori-stile, possiamo dire che vocalmente questi ruoli le pesano, e sarà tutto vero.
Ma quando l'ho sentita (a Vienna nel 2001) nel Roberto Devereux ho avuto il brivido di un coinvolgimento grandioso, di intuizioni allucinanti, dove ogni parola, ogni gesto, ogni agilità era funzionale a una frenesia morbosa e scomposta, fino a quella cabaletta finale - sola, al centro del palcoscenico - dove, lanciando il mi bemolle, si toglieva la parrucca e la corona per restare con una misera testa grigia e semi-calva.

Con la Gruberova (non solo in Devereux, ma anche nella Stuarda, nella Semiramide, nella Beatrice, nella Norma) ho avuto la sensazione della mostruosità, della grandezza, della complessità di questi personaggi.
Certo a modo suo... che può piacere o no.
Con la Devia non c'è nemmeno questo. Nemmeno la voglia di interrogarsi su che razza di personaggi si è messa in testa di cantare...

Il fatto, Marco, è che io amo follemente questo repertorio.
E soffro quando lo vedo così malmenato.
Quando portai i Wanderer (mea culpa) a vedere la Stuarda della Devia a Roma, il commento unanime fu: "lei è bravissima... certo che l'opera è una noia mortale!"
Una noia mortale??? Maria Stuarda?
Una delle più angosciose e claustrofobiche tragedie dell'inconscio che il Romanticismo italiano abbia concepito???
E no... amici miei.
E' la Devia che è una noia mortale... non Maria Stuarda.

per me le riserve sono soprattutto vocali per la sagomatura della sua vocalità che rimane quella di un coloratura


E' possibile, anzi sicuramente hai ragione, ma io non muovo alle Devia riserve dal punto di vista vocale.
Anzi, anche nei ruoli più gravi (e quindi meno adatti) ha comunque un controllo vocale ammirevole.
Per me non è questo il problema.
E poi anche la Sills era un soprano acuto, anche la Gruberova.
Eppure c'è un abisso, secondo me.

di lei mi incanta la spontaneità, la naturalezza e la semplicità del suo canto


Di tutto il tuo post questo è l'unico punto che non condivido.
Su tutto il resto ti dò ragione, anche se i giudizi di merito non collimano.
In questo caso però non capisco proprio dove trovi spontaneità e naturalezza.
A me pare inamidata e artefatta anche dal punto di vista vocale: anche nei ruoli di coloratura (che dovrebbero essere più consoni) non c'è un solo suono, un solo accento che mi sembri vero.
E' tutto laccato, prevedibile, artefatto.

Basta una nota della Dessay negli stessi personaggi per essere avvolti da ondate di vita e di spontaneità. Con la Devia ho invece sempre la sensazione di essere a una lezione di canto.
Quando l'ho sentita le prime volte (ormai negli anni '80, la ricordo nei Puritani a Bologna) mi pareva una studentessa, di quelle tanto bravine, che studiano molto e sono sempre le prime della classe.
Ora mi pare una maestrina...

Se andassi in una tenzone musicale come si facevano ai tempi dei trovatori, mi spellerei le mani di fronte al vocalismo della Devia, specie considerando la longevità; però se vado a teatro per provare i fremiti di orrore che la musica di Donizetti e i versi di Cammarano comunicano, per respirare l'odore di chiuso e di stantio delle loro prigioni, per rabbrividire di fronte alla paura della morte e agli abissi dell'anima... allora la Devia mi pare semplicemente una iattura, una calamità da cui fuggire a gambe tese!

:)
E' evidente che, alla faccia del boss, sto parlando di mie sensazioni e non di dati di fatto oggettivi.

Un salutone,
Matteo
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Maria Stuarda (Donizetti)

Messaggioda MatMarazzi » lun 13 ago 2007, 11:17

Luca ha scritto:ma...... ci vogliono personalità davvero regali.... Personalmente non ne vedo.


Bravissimo Luca!
Sono d'accordo... oggi questi ruoli non si possono più vedere attraverso il filtro della regalità.
La Gencer, la Callas e colleghe hanno già esplorato questo aspetto...
E poi oggi è tutto cambiato: oggi alla regalità non crediamo più.
Bisognerebbe lavorare su altri aspetti.
Ad esempio la femminità di oggi, della civiltà di internet, attraverso il prisma del potere e dei tabloids.
Un Carsen farebbe certamente qualcosa di bellissimo.

Sai chi vedrei in Anna Bolena?
La Netrebko...
Certo: nessuna regalità, ma una modernità di diva dei nostri tempi, con tutto ciò che di ossessivo e tragico la cosa si porta dietro.

Pensa che razza di Anna Bolena: Netrebko, Florez, Antonacci, Finley....
Magari regia di Carsen e direzione di Gardiner...

:)
Questa doveva essere un'inaugurazione alla Scala: altro che Aida dei tangheri o Tristano dei pensionati.

Salutoni.
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Messaggioda Pruun » sab 15 set 2007, 11:54

Inutile precisare che non sono d'accordo con le riserve sulla Devia: l'ho ascoltata a Roma e devo dire che in più punti di ha emozionato...
Detto questo, tuttavia, resta un dato di fatto che anche il mio essere fan non può cancellare: Maria Stuarda non è un'opera adatta a lei. Punto.
Si tratta di una parte troppo centrale e che chiama in causa pesantemente il registro grave e medio che, oggettivamente, non è tra le cose migliori dell'artista ligure.
Mi ricordo come se fosse ieri la poesia di "Oh nube che lieve", in cui veramente sembrava di essere trasportati su di una nuvola, contrapposta alla cabaletta seguente che, proprio per il giocarsi su una zona poco florida della sua voce, sembrò inferiore alla superba cavatina (ohi, il tutto senza polemica, sia chiaro :wink: solo una mia opinione).

Detto questo, però, dopo la prima ho detto a un mio amico: "Credo che la Piscitelli, in Arena, funzioni meglio di quanto non sarebbe funzionata la Devia"... questo perché la Piscitelli ha le zone migliori della sua voce (dal timbro proprio bello, secondo me) proprio nel centro e nel grave, e lo si è visto in un primo atto proprio bello (travolgente l'invettiva, a mio avviso).
Però condivido le riserve, specialmente sul finale: insomma, dopo una bella entrata, anche con una buona grinta nella coloratura, un bellissimo duetto con Talbot (almeno il "Quando di luce rosea") la Piscitelli nel finale si è accontentata... dimessa, ma non regale, brava, ma non sublime.
Ha funzionato meglio perché, inutile girarci intorno, Macerata è un'Arena, e per quanto l'acustica sia buona non ti regala nulla e non avrebbe regalato nulla alla Devia.
Per me tutti sono stati ammazzati da Frizza: corre come un ossesso, sembra abbia fretta di finire prima, non respira, non fa rubati (tranne, vado a mente, un paio in "Lascia contenta al carcere") e travolge tutti con un ritmo indiavolato... fosse lunga Stuarda capirei...

Due parole sull'ultimo corso della Devia, avendo ascoltato a teatro sia Stuarda che Imogene che Bolena (non, ahimé, Borgia):
indubbiamente si tratta di ruoli inadatti a una vocalità che, per quanto irrobustita, resta sempre quella di un soprano lirico-leggero dall'ottima proiezione ma dal volume non onnipotente.
Detto questo, tuttavia, io ho applaudito il coraggio, la tecnica e la bravura del fraseggio: secondo me non si è trattato solo di grandi lezioni di canto ma anche di interpretazioni molto personali e suggestive, capaci di ricucirsi addosso una parte con gusto, serietà e bravura. Alla Bolena (eseguita integralmente, va detto) io mi son spellato le mani anche per la bravura scenica dimostrata in una regia che, se recitata male, poteva risultar ridicola... invece è stata emozionante.

Ovviamente, sono impressioni mie, claro, no? :wink:
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Messaggioda stecca » sab 29 set 2007, 11:36

Ma scusate vabbè che i gusti son gusti ma non vedo citata quella che è stata di gran lunga (sia per numero di recite che per risultati raggiunti) la migliore Stuarda del dopo-guerra, cosa c'è una idiosincrasia alla....spagna ???
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Messaggioda teo.emme » sab 29 set 2007, 12:23

stecca ha scritto:Ma scusate vabbè che i gusti son gusti ma non vedo citata quella che è stata di gran lunga (sia per numero di recite che per risultati raggiunti) la migliore Stuarda del dopo-guerra, cosa c'è una idiosincrasia alla....spagna ???


La miglior Stuarda del dopo guerra....e che c'entra la Spagna? La Sutherland è australiana! :lol: :twisted: :wink:
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Messaggioda pbagnoli » sab 29 set 2007, 13:36

stecca ha scritto:Ma scusate vabbè che i gusti son gusti ma non vedo citata quella che è stata di gran lunga (sia per numero di recite che per risultati raggiunti) la migliore Stuarda del dopo-guerra, cosa c'è una idiosincrasia alla....spagna ???

No, Stecca: nessuna idiosincrasia nei confronti di M.me Montserrat, che fu effettivamente una grande interprete di Maria Stuarda.
Il problema è già stato analizzato su questo sito nella sezione backstage dedicata ai grandi ruoli Ronzi de Begnis, di cui la Caballé fu interprete di rilievo, ma non di riferimento.
Questi ruoli ebbero nella Gencer non solo la prima grande interprete dell'era moderna, ma anche il termine di riferimento assoluto.
La Caballé, con i suoi attacchi flautati, le sue splendide smorzature, le sue celestiali mezzevoci, riusciva a rendere alcuni aspetti stralunati di questi personaggi, ma non la vis polemica, la forza distruttrice e nemmeno la violenta alienazione.
Credo che il fatto di dedicarsi ai ruoli Ronzi sia stato per la Caballé una grande sfida, affrontata con la professionalità che le era propria; ma i risultati sono stati memorabili solo per la mancanza di una reale alternativa e per la classe che metteva in campo in tutto ciò che faceva.
E comunque, meglio la Caballé della Devia, su questo non ci piove...
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Messaggioda dottorcajus » sab 29 set 2007, 20:13

Non ho visto la Stuarda ma sono andato a Verona a vedere la Bolena con la Devia. Nessuna emozione, canto bello ma privo di qualsiasi anima. Qui non è solo una questione di mezzi adatti alla parte ma di personalità interpretativa. Su questo concordo con Matteo quando sostiene che sembra quasi disinteressata ad esprimere. Non vorrei esagerare ma ritrovo in lei, in misura accentuata, gli stessi limiti della Caballè: un certo cantarsi addosso per placare il desiderio edonistico degli ascoltatori ed ammaliarli con effetti bellissimi ma tante volte fini a se stessi.
Roberto
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Messaggioda stecca » dom 30 set 2007, 17:29

Per carità i gusti son gusti, io purtroppo non ho sentito la cantante citata quindi non sono in grado di dire se cantasse come la Gencer o come la caballè o come altri, però leggo lo spartito e colloco l'opera ebbene Stuarda come la trilogia tudor e come tutto il donizetti serio è opera per soprano belcantista e la Gencer scusate tanto non lo era. O meglio grazie ad una tecnica pregevole insegnatale dal leggero Arangi-Lombardi seppe eseguire anche con una certa perizia molti ruoli di belcanto ma a parte il fatto che si trattava di un soprano leggero "camuffato" (i suoi erano scuriti in modo artificiale) era proprio il tipo di voce che poco ci azzeccava con Donizetti, perchè capisco la intensità del Figlia impura di Firenze (che per me è cmq troppo esagitato e sopra le righe) ma il resto dell'opera nelle parti liriche e soavi (e Dio sa quante ce ne sono in Stuarda tanto per dire l'aria di entrata ed il quando di luce rosea e persino la preghiera) la voce della Gencer cozza e di molto. Le stesse agilità sono pasticciate (vd. prima cabaletta di Roberto di napoli) l'accento è sbagliato insomma la Gencer non era la callas l'unica a dare vera espressività al belcanto donizettiano. Quindi restano le due somme belcantiste degli anni 60 e 70 ma se la astrattezza della suprema Joan mi soddisfa in Bellini che è più astrale in donizetti (vuoi per la articolazione farlocca, vuoi per lo scarso mordente, vuoi per i gravi scadenti...) preferisco la Caballè cui a parte Stuarda che è stata la parte più cantata in assoluto nonn ha affatto mancato la corda tagliente e basti sentire il duetto femminile di Gemma oppure ricordarsi quelgi autentici8 capolavori di Parisina e Caterina negli anni d'oro oltre alla più straordinaria esecuzione in disco della grande scena di Maria di Rohan (pazzesca) fino al celòebre Rarità della RCA !!! Insomma sidiceva su donizetti che la Gencer le sciopriva, la Sills le incideva e la caballè le portava in giro.....credo sia giusto riconoscere alla caballè la palma di superma donizettiana del dopo-guerra che poi ti piaccia in Stuarda più della DEvia...scusami ma lo do per ovvio, un abbraccio
stecca
 
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Messaggioda pbagnoli » dom 30 set 2007, 18:47

stecca ha scritto: leggo lo spartito e colloco l'opera ebbene Stuarda come la trilogia tudor e come tutto il donizetti serio è opera per soprano belcantista e la Gencer scusate tanto non lo era.

Ragazzi, da adesso in avanti o chiariamo cosa si intende per "soprano belcantista", o di qua non si va avanti e si corre il rischio di dire castronate, cosa che - mi duole dirlo - sta capitando al nostro amico Stecca.
Innanzitutto cosa intendi dire con "il Donizetti serio è opera per soprano belcantista" ? Che "Don Pasquale" è opera per soprano verista?
Poi: con "belcantista" intendi cantante in grado di coprire l'arco costituzionale da Elvira a Leonora (esclusa) ? Allora probabilmente escludi la Sutherland, che nei ruoli donizettiani è sempre stato un pesce fuor d'acqua, come tu stesso sembri suggerire più sotto nel tuo post.
Poi: negare tutto ciò che la Gencer ha rappresentato in questi ruoli, vuol dire negare la Storia del canto. Sei padronissimo di farlo, ci mancherebbe: l'Italia è un Paese libero e ognuno può dire quello che vuole. Ma è un'affermazione totalmente priva di senso che, in contesti non così amichevoli come questo, ti può esporre a figuracce, il che mi dispiacerebbe

stecca ha scritto: O meglio grazie ad una tecnica pregevole insegnatale dal leggero Arangi-Lombardi seppe eseguire anche con una certa perizia molti ruoli di belcanto ma a parte il fatto che si trattava di un soprano leggero "camuffato" (i suoi erano scuriti in modo artificiale) era proprio il tipo di voce che poco ci azzeccava con Donizetti, perchè capisco la intensità del Figlia impura di Firenze (che per me è cmq troppo esagitato e sopra le righe) ma il resto dell'opera nelle parti liriche e soavi (e Dio sa quante ce ne sono in Stuarda tanto per dire l'aria di entrata ed il quando di luce rosea e persino la preghiera) la voce della Gencer cozza e di molto.

Stecca, è meglio rivedersi un po' di princìpi di Storia del canto.
Il "leggero" Giannina Arangi-Lombardi è tale solo nelle tue crestomazie. Vuoi che ci rivediamo assieme i repertori della suddetta? Oppure dobbiamo rinominare tutto ciò che sino ad ora - per questioni squisitamente pratiche - abbiamo definito "lirico", "leggero" o "drammatico" ?
Soprano leggero camuffato: altra fantasia. La stessa Arangi-Lombardi le ha insegnato a cantare esattamente come la sentiamo nell'età matura, ma lavorando su una materia che era già, di per se stessa, quella di un autentico drammatico d'agilità.
Senti cosa scrive Franca Cella nel suo fondamentale volume dedicato a Leyla Gencer:
Vera molla calamitante è l'insegnamento della Arangi-Lombardi. La grande cantante, dalla voce ampia, vellutata, originariamente da mezzosoprano, aveva avuto negli Anni Venti-Trenta in Italia un destino inferiore ai propri meriti, rispetto allo stile più diretto di cantanti di gusto verista che ispessivano e ingrossavano la voce. Il gusto raffinato e la sua Natura la tenevano invece fedele ai principi stilistici della vocalità autenticamente ottocentesca, alla tecnica perfettamente dominata e quasi sfoggiata: disciplina di fiati, attacchi precisissimi, morbidezza di vocalizzazione, uso della mezzavoce nell'attacco morbido dell'acuto man mano ingrandito, varietà dei piani. Ad Ankara era giunta nel 1947 e in terra turca aveva avuto la fortuna di incontrare la propria erede. Leyla era già naturalmente portata a sfumare col piano e pianissimo, come possedeva il piglio deciso, l'impeto; rivelava immediatamente temperamento teatrale e fantasia e quel quadro naturale aveva impressionato la maestra sin dal primo momento. La voce è ricca d'armonici, d'un bel velluto che subito si scalda e racchiude venature brunite sul centro, sventaglia con grande facilità verso l'acuto. Una voce, secondo l'Arangi-Lombardi, molto personale, espressiva, di lirico spinto, agile nella coloratura, che maturando potrà spostarsi verso il drammatico.
La base della respirazione: presa di fiato a colpo rapido, diaframma in dentro, respiro che passa sopra le corde vocali - senza affaticare né gola, né petto, né spalle, poggiando sul solo diaframma - e viene messo nella maschera di risonanza. Coltiva in lei la rotondità delle note, le facilita l'emissione con lieve apertura della mandibola, ma non stereotipata "a sorriso" come la vecchia scuola, mentre il suo caratteristico "affondare" la voce nelle note gravi non dà risultati nell'organizzazione di Leyla; l'agguerrisce con un impianto tecnico virtuosistico che l'allieva renderà ancora più rigoroso; le insegna il fraseggio legato all'italiana. Le trasmette la nobiltà d'accento, la pronuncia perfetta, le vocali stagliate all'europea, il canto sfumato che Leyla svilupperà in proprio.. .Al di là delle varie scelte e non sempre libere nella parabola d'una cantante, la linea di canto della Arangi-Lombardi, precorritrice sul gusto del suo tempo, tendeva anche a quel fenomeno di ritrovamento d'una vocalità primo Ottocento in cui Leyla si trovò operatrice tra le principali


La lunga citazione di Franca Cella, massima studiosa della Gencer, è utile per due buoni motivi:
- riportando le prime impressioni della Arangi-Lombardi, si chiarisce definitivamente che la voce della Gencer non era quella di un sopranino camuffato - come dici impropriamente tu - bensì quella di un drammatico di agilità in grado di riproporre la tradizione di quelle cantanti tipo Giannina Russ di cui la stessa Arangi era una derivazione (alla faccia del "leggero" )
- togliamo definitivamente la sfilza di "imho" più o meno apodittici (e ne ho visti un po' troppi, negli ultimi tempi) riportando la materia nel suo alveo più naturale, c'est à dire l'Histoire .
Tralascio il resto del tuo messaggio, perché mi sembra che crolli dopo aver chiarito i punti soprastanti.

Che poi non ti piaccia la Gencer, be', questo è un altro paio di maniche e sarebbe la conclusione più difendibile di tutto il tuo discorso. Ma non montarci sopra un caso appoggiato sul nulla.

Ricambio l'abbraccio
Ultima modifica di pbagnoli il dom 30 set 2007, 20:49, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda teo.emme » dom 30 set 2007, 19:17

pbagnoli ha scritto: ...Allora probabilmente escludi la Sutherland, che nei ruoli donizettiani è sempre stato un pesce fuor d'acqua...


Beh, capisco che ognuno possa dire quel che pensa, ma questa proprio no! Questa è troppo! Liberissimo di ritenere la Lucia e la Stuarda della Sutherland men che mediocri..ma io mi ritengo altrettanto libero di dubitare della serenità e obbiettività di un giudizio di tal genere.... E qui non si tratta di opinioni, ma di Storia..o la Storia la si tira fuori solo quando fa comodo????
teo.emme
 

Messaggioda stecca » dom 30 set 2007, 19:36

Caro spagnoli visto che stiamo cmq parlando di grandissime cantanti (direi che caballè, sutherland e gencer meritano tale requisito) e cmq di esecuzioni che oggi ci farebbero venire la bava alla bocca lascia a zelig le pugnette e mantieni un approccio corretto alle opinioni altrui anche se diverse dalle tue che hanno la medesima dignità di autorevolezza di quelle altrui, e se tu preferisci la gencer me ne compiaccio così come mi cpmpiaccio io di preferire la caballè cosiccome e concludo mi compiaccio che teo-emme prediliga la Sutherland, lezioncine no grazie please....

P.S: ho peraltro spiegato le ragioni della mia opinione potranno non essere condivisibili ma le ho espresse (e continuo ovviamente a ritenerle valide e non credo di essere il solo)
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Messaggioda pbagnoli » dom 30 set 2007, 20:49

stecca ha scritto:Caro spagnoli

Veramente è Bagnoli, non Spagnoli. :D
Le "lezioncine", come le chiami tu, saltano fuori nel momento in cui tu tiri fuori argomentazioni come quelle che hai esposto nel tuo precedente post.
Tipo (te le ricordo):
- il "leggero" Arangi-Lombardi
- la Gencer "soprano leggero cammuffato"
- la Gencer il tipo di voce che non ci azzeccava con Donizetti
e via discorrendo.
Siccome non ti ho contraddetto con opinioni personali (nelle quali ci sta anche un apprezzamento per quello che ha fatto la Caballé nel repertorio Ronzi), ma con fatti ben circostanziati e documentati, ti prego di ribattere con altrettanti fatti.
Siccome dal tuo post non si evinceva un'opinione personale, ma un'esposizione apodittica, mi sono sentito in dovere di controbattere con le fonti più autorevoli che ci sono a disposizione.
Siccome tu non controbatti queste argomentazioni, devo ritenere che esse siano corrette e da te accettate.
A titolo di cortesia elimino dal mio post il riferimento a Zelig :lol: , ma gradirei che tu, d'altra parte, esaminassi le mie argomentazioni e tirassi fuori discorsi di pari livello documentario (non sto parlando di opinioni, che rispetto sempre) per cercare di fare uscire la discussione dai soliti paletti di "imho".
E di "humble" le tue argomentazioni non avevano proprio nulla
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Messaggioda pbagnoli » dom 30 set 2007, 20:54

teo.emme ha scritto:
pbagnoli ha scritto: ...Allora probabilmente escludi la Sutherland, che nei ruoli donizettiani è sempre stato un pesce fuor d'acqua...


Beh, capisco che ognuno possa dire quel che pensa, ma questa proprio no! Questa è troppo! Liberissimo di ritenere la Lucia e la Stuarda della Sutherland men che mediocri..ma io mi ritengo altrettanto libero di dubitare della serenità e obbiettività di un giudizio di tal genere.... E qui non si tratta di opinioni, ma di Storia..o la Storia la si tira fuori solo quando fa comodo????

No.
E' giusto affermare la trascendenza della Sutherland nei ruoli belliniani, nei grandi ruoli francesi e nella riscoperta di alcuni ruoli barocchi.
E' persino doveroso affermare la superlatività della Sutherland in ruoli apparentemente così lontani dalla sua sensibilità artistica come Turandot o la Lucy della Beggar's Opera.
Ma affermare che la sua Maria Stuarda non aveva nemmeno un grammo della violenza sotterranea presente in interpreti così distanti fra loro come la Gencer o la Sills non è fare un torto alla grandissima interprete che fu (e che adoro).
Spero di aver chiarito il mio pensiero
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