In memoriam

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Re: In memoriam

Messaggioda beckmesser » gio 07 gen 2016, 19:23

teo.emme ha scritto:Peraltro anche Wagner - ad un certo punto della sua carriera - scrive musica in modo che oggi potremmo definire autoreferenziale poiché privo di committenza e con l'intento -. dichiarato - di "formare" un nuovo tipo di pubblico senza nulla concedere a quello tradizionale. Se dunque Wagner scrive per "iniziati" con intenti didascalici, perché non concedere lo stesso a certe esperienze del '900? In fondo perseguono un fine molto simile con mezzi rapportati alla propria epoca. Siamo così sicuri che l'effetto di una musica svincolata dal linguaggio tonale sia molto diverso da quello che, a metà '800 era la rivoluzione d'ascolto wagneriana? Qual'è il fine della musica parlare alla propria epoca o della propria epoca? Oppure parlare di un'epoca futura?


Ma in verità credo che nessuno contesti il “diritto” (anzi, io parlerei quasi di “dovere”) di provarci… Era l’unica strada che avevano… Semmai si tratta di verificare i risultati: e su questo punto il paragone con Wagner mi sembra non regga. Certo, anche Wagner aveva più o meno fatto lo stesso, con la differenza che in quel caso il pubblico lo ha seguito, direi quasi da subito. Da subito il suo tentativo (nell’accettazione come nel rifiuto) è stato capito e “metabolizzato”. Con le “avanguardie novecentesche” (e metto il termine fra virgolette perché mi sembra chiaro quanto sia semplicistico e superficiale), no… Malgrado gli sforzi, il pubblico non li ha seguiti: ancora oggi, persino un Pollini, se vuole presentare un brano di Boulez o Stockhausen, deve accoppiarlo con una sonata di Beethoven, altrimenti giocherebbe a briscola in cinque con gli spettatori…

Resterebbe da chiedersi la ragione del fallimento: è un problema di “linguaggio” scelto (nel senso che una musica sganciata dal sistema tonale, tranne alcune temporanee eccezioni, non riesce per sua natura a reggersi) o di persone (nel senso che QUEI musicisti non sono riusciti a trovare una soluzione)?

A mio parere, è un mix delle due cose. Qualsiasi forma d’arte (mi si scusino i concetti da estetica da quattro soldi, ma per approfondire degnamente si andrebbe troppo lunghi…) consiste nello sviluppare un linguaggio per esprimere un contenuto. Di solito, l’evoluzione del linguaggio è stimolata dalla necessità di esprimere contenuti che non riescono più ad essere espressi con le forme disponibili in un dato momento (l’esempio fatto di Wagner mi sembra emblematico in tal senso). Più cerco di approfondire i risultati delle “avanguardie novecentesche” (vedi sopra…), più mi sembra che si siano poste SOLO il problema del linguaggio: a tutt’oggi, non mi è chiaro quali contenuti volessero (o sentissero la necessità di) esprimere. Il risultato è qualcosa di stimolante intellettualmente, interessante didatticamente, affascinante storicamente, ma alla fine: autoreferenziale. Al pubblico il linguaggio interessa come strumento, non come fine…

Anche la scusa solita (“è musica difficile per il pubblico”), non credo che regga: la musica di Boulez, per il pubblico della seconda metà del ‘900, non era più difficile di quella di Wagner nel 1870 o di Berg nel 1925. È solo che in quei casi le sconvolgenti novità di linguaggio passavano in secondo piano, “giustificate” dalle novità dei contenuti, che erano perfettamente allineate con le rispettive epoche…

Del resto, mi sembra emblematico che, al di là del valore della sua propria musica (che indubbiamente c’è, ci mancherebbe) una vera ed indiscutibile grandezza Boulez l’abbia trovata come interprete di musica altrui, in cui era altrettanto (se non anche più) innovatore e rivoluzionario che come autore: ma in quel campo il pubblico (dopo qualche mugugno iniziale nel caso del Ring) lo ha seguito benissimo e ha capito tutto…

Saluti,

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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » gio 07 gen 2016, 19:37

mattioli ha scritto:La recita che ho visto io di quel capolavoro che è Written on skin di Benjamin si svolse all'Opéra-Comique (nell'ambito di una serie di rappresentazioni, non una botta e via) davanti a un teatro plaudente e soprattutto pieno. Voglio dire che, se appena si fa lo sforzo di esprimersi in un modo minimanente comprensibile, la musica contemporanea può avere un pubblico, come dire?, "non specializzato".

Ma il discrimine tra comprensibilità e incomprensibilità non credi dipenda più dalla disponibilità del pubblico che dall'atteggiamento dell'autore? Forse - me lo chiedo anche io, dato che è un discorso complesso - conta molto come si presentano opere contemporanee e come le si comunica. Oggi che le provocazioni di certo sperimentalismo anni '60 sono decisamente superate (e mi auguro nessuno voglia iscrivere Boulez a quell'area) trovo vi sia una sempre maggior voglia di capire e di farsi capire. Adés, ma anche Rihm o Reimann sono compositori che vengono fruiti da un pubblico relativamente vasto e non sono più immediati di certo Boulez o Webern. Certo ci vuole consapevolezza nell'allestirli, capacità nel presentarli e magari un aiuto in più da parte della stampa o della critica. Anche perché trovo sempre maggior stanchezza (anche nelle consuete polemiche) nei paladini della melodia, come Tutino e simili. Per esperienza diretta posso dire di aver ascoltato il pubblico americano (alla Carnegie Hall) applaudire con entusiasmo un brano non certo semplice di Magnus Lindberg ("Chorale"): forse il fatto di essere stato eseguito in maniera superba da Jurowski e la LPO ha contribuito. Ecco io ripartirei proprio dall'esecuzione.
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Re: In memoriam

Messaggioda Don Giuseppe » ven 08 gen 2016, 9:06

teo.emme ha scritto:
Don Giuseppe ha scritto:Un'ultima noticina su Sardelli: saranno pure raccapriccianti i suoi esiti, ma quando li eseguiva come bis alla fine dei suoi concerti vivaldiani, tutti - anche gli appassionati più smaliziati - erano lì a chiedersi quali inediti di Vivaldi avesse mai riscoperto il Maestro toscano..

...proprio questo lo trovo raccapricciante. Ha senso rifare Vivaldi nel 2015? E chi lo fa può definirsi "compositore" o "falsario"?


Il falsario non firma i propri lavori con il proprio nome. Sardelli li ha firmati. E' un gioco postmoderno. Magari, se si ha poca voglia di giocare, si può trovare tutto ciò inaccettabile. Io che amo ancora il gioco ed il divertimento, lo trovo irresistibile. La differenza sta in una visione del mondo (e quindi dell'arte) differente.

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Re: In memoriam

Messaggioda Don Giuseppe » ven 08 gen 2016, 10:01

Sono contento di avere scatenato un piccolo vespaio... ma i forum servono proprio a quello. O no? :wink:
Ma veniamo ad alcune puntualizzazioni. Concordo in pieno con l'analisi dell'amico Malatesta sulla frattura tra pubblico e compositori e sul solipsismo egotico che ha contraddistinto molta produzione novecentesca, ed è proprio pensando a ciò che ho parlato di autoreferenzialità. Personalmente credo che un'opera dell'ingegno umano possa essere definita arte solo quando sia possibile sottoporla ad un giudizio di valore da parte di chi ne fruisce... e, per essere sottoposta ad un giudizio di valore, un'opera deve necessariamente sfuggire alla trappola del solipsismo: un'opera non comprensibile, o comprensibile solo all'autore e a pochi iniziati, sfugge per definizione a qualsiasi giudizio. Se ne può dire tutto o il contrario di tutto perché manca la condivisione di un linguaggio, indispensabile affinché ci si capisca e si sappia di cosa si stia parlando.
Le avanguardie del Novecento hanno sperimentato nuovi linguaggi, si è arrivati a comporre musica fatta solo di silenzio o musica per elicotteri o musica aleatoria o puro rumore e chi più ne ha più ne metta. Ma quest'estrema, egostistica libertà di linguaggio ha di fatto sottratto gran parte di tale produzione (fatico a chiamarla musica) a qualsiasi possibilità di giudizio critico, e senza tale possibilità siamo fuori dai recinti del fenomeno artistico. Che poi vi siano stati e vi siano dei critici capaci di raccontare forbitamente l'alpha e l'omega di tali prodotti, è un altro conto: esistono personaggi pagati per produrre parole e che meritano la propria paga anche per la capacità di disquisire sul nulla. Ma per me l'unica cosa davvero importante è che il committente (vale a dire chi, come me, va ai concerti, va al teatro e compra i dischi) possa, come ho scritto sopra, condividere con l'autore un linguaggio, per potere liberamente giudicare la sua produzione proprio in base a tale condivisione. Personalmente non condivido il linguaggio delle avanguardie: non lo capisco e quelle volte che ci ho provato, mi sono arenato dinanzi ad una repulsione di carattere puramente estetico… sarà perché sono antiquato e rimango ancora convinto che la bellezza sia indispensabile, quindi ritengo che senza la bellezza l’arte, quindi anche la musica, cessi di essere quella medicina dell’anima che è sempre stata per diventare un’altra cosa che francamente non mi interessa… e ovviamente mi interessa ancor meno impiegare il breve tempo della mia vita per cercare di farmi piacere qualcosa che trovo ripugnante. Il che, naturalmente, va esteso anche alle altre arti: Caravaggio, per fare un nome, mi scuoterà sempre dal di dentro, mentre un taglio di Fontana mi apparirà sempre come una cosa che finisce in “uffa”, sia essa truffa o fuffa.

Detto questo, in tutta questa discussione ci siamo dimenticati di qualche nome. La musica europea di inizio Novecento non è solo quella della Triade viennese. E’ emblematico di come ci siamo dimenticati di grandissimi autori come Stravinsky e Bartok, segno di come il tedescume culturale ci ha impregnati, sin dall'Ottocento, molto al di là dei suoi meriti effettivi. Forse, se nel corso del Novecento si fosse data meno importanza a qualche filosofo amuso che definì Stravinsky reazionario in antitesi a Schoenberg, la musica colta avrebbe preso altre strade, di certo più interessanti. Ma questo è un altro discorso, e mi fermo qui.

Saluti.
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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » ven 08 gen 2016, 14:50

Don Giuseppe ha scritto:Personalmente credo che un'opera dell'ingegno umano possa essere definita arte solo quando sia possibile sottoporla ad un giudizio di valore da parte di chi ne fruisce... e, per essere sottoposta ad un giudizio di valore, un'opera deve necessariamente sfuggire alla trappola del solipsismo: un'opera non comprensibile, o comprensibile solo all'autore e a pochi iniziati, sfugge per definizione a qualsiasi giudizio. Se ne può dire tutto o il contrario di tutto perché manca la condivisione di un linguaggio, indispensabile affinché ci si capisca e si sappia di cosa si stia parlando.




Caravaggio, per fare un nome, mi scuoterà sempre dal di dentro, mentre un taglio di Fontana mi apparirà sempre come una cosa che finisce in “uffa”, sia essa truffa o fuffa.


Condivido in pieno, ma a mio parere va detto anche altro.
Per quanto riguarda il problema della comprensibilità dell´opera d´arte concordo solo in pare. Non penso che un´opera per essere considerata “opera d´arte” debba essere necessariamente comprensibile a tutti. Non è un discorso di snobismo culturale, ma è il fatto che ci sono alcuni linguaggi che per essere appieno giudicati necessitano di una conoscenza approfondita e non superficiale. Tralascio per un attimo il mondo della musica cosiddetta “colta” (quella che Principe chiama “forte”) per trasferirmi al mondo più “popolare” del cinema. Forse che “Una storia vera” di David Lynch è, nella graduatoria della valutazione artistica, superiore a Inland Empire (dello stesso Lynch) solo perché quest´ultimo è incomprensibile al 99,9 periodico percento degli spettatori da Cinema & popcorn mentre il primo è un film comprensibile anche ai bambini?
Penso che un´opera possa essere giudicata “artistica” tenendo in considerazione il suo contenuto e il suo indissolubile legame con la forma (con cui il contenuto viene espresso). E qui bisogna intendersi.
Un contenuto può essere rivoluzionario o dirompente in un determinato contesto sociale e storico. Il contenuto, l´idea alla base dei tagli di Fontana, dei sacchi di juta sbruciacchiati di Burri, delle palle di Pomodoro, dell´orinatorio di Duchamp poteva essere realmente un contenuto “forte” per il contesto socio-storico-culturale in cui quel contenuto era stato proposto. Ma la forma? La forma con cui è stato espresso quel contenuto è davvero espressione dell´ingegno umano? Di fronte a certi prodotti artistici non potrebbe dire, chiunque di noi (almeno entro certi limiti), “sarei stato in grado di farlo anch´io”? Basta inserire un algoritmo e chiedere al computer di associare ad un numero un particolare tipo di suono, ed ecco della musica seriale! Basta lasciare la piccola Sofia in camera da sola con sonaglini e maracas, ed ecco della musica aleatoria come quella del miglior Cage! 8) E inoltre, ammesso che un taglio di Fontana sia stato realmente un oggetto d´arte. Uno sarebbe bastato, no? Era proprio necessario ripetere ad nauseam lo stesso concetto con la stessa modalità per svariate centinaia di volte? Tagli, taglietti, tagliettini, e buchi e buchetti... Era veramente necessario bruciare tonnellate di sacchi di juta e di nylon, o produrre palle più o meno sgretolate di ogni dimensione come fatto nella loro lunga carriera da Burri e Pomodoro?

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Re: In memoriam

Messaggioda Don Giuseppe » ven 08 gen 2016, 15:17

DottorMalatesta ha scritto:
Don Giuseppe ha scritto:Personalmente credo che un'opera dell'ingegno umano possa essere definita arte solo quando sia possibile sottoporla ad un giudizio di valore da parte di chi ne fruisce... e, per essere sottoposta ad un giudizio di valore, un'opera deve necessariamente sfuggire alla trappola del solipsismo: un'opera non comprensibile, o comprensibile solo all'autore e a pochi iniziati, sfugge per definizione a qualsiasi giudizio. Se ne può dire tutto o il contrario di tutto perché manca la condivisione di un linguaggio, indispensabile affinché ci si capisca e si sappia di cosa si stia parlando.




Caravaggio, per fare un nome, mi scuoterà sempre dal di dentro, mentre un taglio di Fontana mi apparirà sempre come una cosa che finisce in “uffa”, sia essa truffa o fuffa.


Condivido in pieno, ma a mio parere va detto anche altro.
Per quanto riguarda il problema della comprensibilità dell´opera d´arte concordo solo in pare. Non penso che un´opera per essere considerata “opera d´arte” debba essere necessariamente comprensibile a tutti. Non è un discorso di snobismo culturale, ma è il fatto che ci sono alcuni linguaggi che per essere appieno giudicati necessitano di una conoscenza approfondita e non superficiale. Tralascio per un attimo il mondo della musica cosiddetta “colta” (quella che Principe chiama “forte”) per trasferirmi al mondo più “popolare” del cinema. Forse che “Una storia vera” di David Lynch è, nella graduatoria della valutazione artistica, superiore a Inland Empire (dello stesso Lynch) solo perché quest´ultimo è incomprensibile al 99,9 periodico percento degli spettatori da Cinema & popcorn mentre il primo è un film comprensibile anche ai bambini?
Penso che un´opera possa essere giudicata “artistica” tenendo in considerazione il suo contenuto e il suo indissolubile legame con la forma (con cui il contenuto viene espresso). E qui bisogna intendersi.
Un contenuto può essere rivoluzionario o dirompente in un determinato contesto sociale e storico. Il contenuto, l´idea alla base dei tagli di Fontana, dei sacchi di juta sbruciacchiati di Burri, delle palle di Pomodoro, dell´orinatorio di Duchamp poteva essere realmente un contenuto “forte” per il contesto socio-storico-culturale in cui quel contenuto era stato proposto. Ma la forma? La forma con cui è stato espresso quel contenuto è davvero espressione dell´ingegno umano? Di fronte a certi prodotti artistici non potrebbe dire, chiunque di noi (almeno entro certi limiti), “sarei stato in grado di farlo anch´io”? Basta inserire un algoritmo e chiedere al computer di associare ad un numero un particolare tipo di suono, ed ecco della musica seriale! Basta lasciare la piccola Sofia in camera da sola con sonaglini e maracas, ed ecco della musica aleatoria come quella del miglior Cage! 8) E inoltre, ammesso che un taglio di Fontana sia stato realmente un oggetto d´arte. Uno sarebbe bastato, no? Era proprio necessario ripetere ad nauseam lo stesso concetto con la stessa modalità per svariate centinaia di volte? Tagli, taglietti, tagliettini, e buchi e buchetti... Era veramente necessario bruciare tonnellate di sacchi di juta e di nylon, o produrre palle più o meno sgretolate di ogni dimensione come fatto nella loro lunga carriera da Burri e Pomodoro?

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Concordo in pieno. Era implicito nel mio intervento che, parlando di comprensibilità, non intendevo "a tutti", ma agli appassionati veri. Conosco persone per le quali è musica Gigi D'Alessio e poco altro... è chiaro che, se fossi un artista, non me ne farei nulla della loro comprensione.

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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » ven 08 gen 2016, 16:50

"Comprensibile a tutti", "appassionati veri", "truffa...fuffa", "bellezza" (in senso oggettivo)...sono basito nel leggere qui tali concetti, tali generalizzazioni, tali superficialità! A parte che mi piacerebbe sapere cosa si intende per comprensibilità, bellezza, verità...sono concetti oggettivi? Misurabili in senso fisico? Uguali per tutti? Chi li stabilisce? che distribuisce le patenti di bellezza e bruttezza? Chi si incarica di distinguere appassionati veri da appassionati falsi? E ancora: chi assicura che ciò che suscita una certa emozione in me, debba per forza suscitare la medesima reazione in un altro? In base a quali regole si determina il coinvolgimento? E si potrebbe andare avanti a porre infinite domande sull'argomento: senza ottenere risposte convincenti. Perché non ce ne sono. Perché ogni tentativo di codificare un'estetica si è rivelato fallimentare e aleatoria. E ben presto si è ridotto a mero formalismo (a proposito: un famigerato esponente della misurabilità dell'arte - Hanslick - definiva più o meno truffa/fuffa la musica di Bruckner...).
In realtà credo che il concetto di arte per l'arte sia figlio di un '800 ormai superato: il godimento estetico è solo parte dell'opera d'arte che può e deve avere anche altre finalità e dimensioni. Mettere oggi sul banco degli imputati il serialismo o Boulez o Schoenberg è allo stesso tempo grottesco e preoccupante: segno di un gigantesco balzo indietro culturale e di chiusura in un provincialismo mentale che scambia propri gusti personali per verità assolute. E' drammaticamente infantile pensare che ciò che non ci piace (o non si capisce) sia automaticamente cacca. Così come mettere in correlazione il numero di ammiratori con la qualifica di arte "vera". Certo Boulez ha meno ammiratori di Schubert, ma sicuramente Schubert ha meno ammiratori di Lady Gaga: e quindi? E' arte meno vera quella di Schubert perché i suoi ammiratori sono una minoranza? Oppure è arte quella di Lady Gaga perché vende milioni di dischi e riempie gli stadi? Boulez rappresenza una minoranza della minoranza: e quindi? E' una minoranza di serie B che finge (per snobismo) di apprezzare le sue opere? E chi lo decide? Don Giuseppe? Io? Mattioli o Malatesta? La fruizione è personalissima e non può essere codificata. Senza contare che l'immediatezza o meno di un'opera d'arte è solo una variabile, non il discrimine. In tutte le arti, perché certamente Caravaggio ha bisogno di meno mediazione rispetto a Fontana, ma non ci si può fermare alla forma. I tagli di Fontana non sono semplicemente tre squarci in una tela, ma significano ben altro: ci vuole solo un po' di umiltà nel farsi accompagnare per comprendere. Senza pregiudizi e senza dogmatismi. Perché il gioco a ritroso diventa pericoloso: se i tagli di Fontana sono truffa o fuffa (come dice Don Giuseppe), lo devono pure essere i quadrati di Malevič...e perché non le geometrie di Kandinskij? O i cubi di Picasso? E magari c'è chi può ritenere croste informi le Ninfee di Monet...e via andare sino a tornare al figurativismo di Raffaello. O anche prima, perché c'è sempre chi rimpiange Caffariello e ritiene cacca o truffa o fuffa ciò che non capisce o che, semplicemente, non gli piace.

Ps: tralascio il riferimento volgare al "tedescume", colpevole di aver artificiosamente pompato mezze tacche come Berg o Schoenberg...a scapito di Stravinskij o Bartok (che è come dire che chi ama Shostakovich, danneggia Scarlatti).
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Re: In memoriam

Messaggioda reysfilip » ven 08 gen 2016, 17:08

Caro doc, è un discorso complesso che devo affrontare ogni qual volta dico di divertirmi nei musei d'arte contemporanea, e su cui ogni tanto mi interrogo anche io. Tralascio il discorso musicale perché non sono un grande esperto di avanguardie novecentesche, tutt'altro (come non sono un grandissimo esperto di arte contemporanea, diciamo che l'ho studiata bene e questo mi consente almeno di capire la maggioranza delle correnti artistiche del Novecento che rimangono comunque sempre dello stesso numero delle proverbiali vie del Signore).
Provo a risponderti per punti.

DottorMalatesta ha scritto:Per quanto riguarda il problema della comprensibilità dell´opera d´arte concordo solo in pare. Non penso che un´opera per essere considerata “opera d´arte” debba essere necessariamente comprensibile a tutti. Non è un discorso di snobismo culturale, ma è il fatto che ci sono alcuni linguaggi che per essere appieno giudicati necessitano di una conoscenza approfondita e non superficiale. Tralascio per un attimo il mondo della musica cosiddetta “colta” (quella che Principe chiama “forte”) per trasferirmi al mondo più “popolare” del cinema. Forse che “Una storia vera” di David Lynch è, nella graduatoria della valutazione artistica, superiore a Inland Empire (dello stesso Lynch) solo perché quest´ultimo è incomprensibile al 99,9 periodico percento degli spettatori da Cinema & popcorn mentre il primo è un film comprensibile anche ai bambini?


Ci sono opere d'arte complesse anche per gli addetti ai lavori, ma questo non riduce la loro artisticità. Non credo che una cosa possa avere una percentuale di artisticità. Un oggetto o è un'opera d'arte o non lo è.
Se si parlasse solo di accessibilità, allora la maggior parte della produzione artistica sarebbe incomprensibile perché ad oggi un Raffaello o un Botticelli estremo sono comprensibili solo a chi ha studiato storia dell'arte, ma questo perché parlano con una simbologia antica e spesso complessa anche per gli antichi.

Penso che un´opera possa essere giudicata “artistica” tenendo in considerazione il suo contenuto e il suo indissolubile legame con la forma (con cui il contenuto viene espresso). E qui bisogna intendersi.
Un contenuto può essere rivoluzionario o dirompente in un determinato contesto sociale e storico. Il contenuto, l´idea alla base dei tagli di Fontana, dei sacchi di juta sbruciacchiati di Burri, delle palle di Pomodoro, dell´orinatorio di Duchamp poteva essere realmente un contenuto “forte” per il contesto socio-storico-culturale in cui quel contenuto era stato proposto. Ma la forma? La forma con cui è stato espresso quel contenuto è davvero espressione dell´ingegno umano? Di fronte a certi prodotti artistici non potrebbe dire, chiunque di noi (almeno entro certi limiti), “sarei stato in grado di farlo anch´io”?


Facile dire "sarei in grado di farlo anche io". La mia risposta è sempre "allora perché non l'hai fatto?".
Quando, nel secondo decennio del Novecento, Duchamp creò i primi ready-mades fu una cosa sconvolgente. Se fino a quel momento l'arte aveva cercato di ricreare la realtà (sì, anche i cubisti miravano a quello), a quel punto era come se l'arte si arrendesse di fronte alla realtà, facendo confluire una porzione di realtà stessa nel mondo artistico. Non tutti i pisciatoi sono opere d'arte, ma quello di Duchamp sì, perché frutto di una ricerca, selezione e scelta dell'oggetto su cui l'artista sotto pseudonimo ha poi apposto una firma. "Ma allora è arte?" ci si potrebbe chiedere. Ed è quello a cui Duchamp mirava: una riflessione sull'arte e cosa può o non può essere arte. In questo caso forma e contenuto erano all'avanguardia, mentre prima i contenuti erano vecchi ma con forme nuove (le nature vecchie dei cubisti, i paesaggi impressionisti; le demoiselles picassiane poi non sono che un Ingres aggiornato). Merita una menzione artistica anche solo per il pensiero che ci sta dietro.
Da lì poi si sono aperte le strade delle sperimentazioni che hanno portato, nel secondo Novecento, a un prolificare di movimenti più o meno effimeri e più o meno in polemica tra di loro. E molto spesso la tecnica ha preso il sopravvento sul contenuto, tanto che le opere si sono iniziate a "chiamare" Senza titolo, Quadro numero 1, 2, 3, ecc.. Penso a Pollock, o ancora meglio a Kounellis che nella sua enorme carriera ha fatto pochissime opere con titolo (io conosco solo Tragedia civile del Kolumba di Colonia). Tuttavia spesso basta un titolo o un particolare allestimento per aprire la comprensione di alcune opere. Penso a Venezia di Orlan o la appena citata Tragedia civile di Kounellis.

E inoltre, ammesso che un taglio di Fontana sia stato realmente un oggetto d´arte. Uno sarebbe bastato, no? Era proprio necessario ripetere ad nauseam lo stesso concetto con la stessa modalità per svariate centinaia di volte? Tagli, taglietti, tagliettini, e buchi e buchetti... Era veramente necessario bruciare tonnellate di sacchi di juta e di nylon, o produrre palle più o meno sgretolate di ogni dimensione come fatto nella loro lunga carriera da Burri e Pomodoro?


La ricerca dell'artista non si esaurisce con un'unica opera. Caravaggio non finì la sua ricerca sulla realtà dopo S.Luigi dei Francesi. Picasso non esaurì le possibilità del cubismo dopo la prima natura morta cubista. Mondrian non si accontentò alla prima stilizzazione massima dell'albero nei suoi quadrati. Pollock non pensava di aver esaurito le sue possibilità espressive dopo la prima esperienza di dripping. Questo perché un'artista non si sveglia la mattina dicendo "toh oggi taglio la tela e divento famoso", ma il taglio della tela viene alla fine di un percorso. Quasi tutti gli artisti alla fine della carriera portano alle estreme conseguenze le ricerche fatte durante tutta la vita. Solo che prima devono aver sviscerato l'oggetto della ricerca in ogni loro possibile forma. Ma questo succedeva anche prima delle avanguardie artistiche e dello scollamento artista-committente, basti pensare ai capolavori finali di Botticelli o di Tiziano.
Ma davvero siamo a discutere di Fontana? Ormai Fontana e Burri sono classici della storia dell'arte. Nessuno li metterebbe in discussione oggi perché la loro esperienza artistica è stata metabolizzata, e secondo alcune correnti rientrano già nella storia dell'arte moderna, dato che la contemporanea dovrebbe essere solo quella legata indissolubilmente al nostro tempo e quindi quella di autori in vita.
Se discutiamo di Fontana, non posso immaginare cosa pensiate dell'opera di Vito Acconci, Marina Abramovic, Orlan e simil dicendo, a prescindere dal piacere/non piacere.

Spero di essermi spiegato, e di non aver detto cose dette e ridette, ma sono un po' arrugginito sull'argomento dato che ora sto studiando allestimenti museali degli anni 50 e Lorenzo Lotto :mrgreen:
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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » ven 08 gen 2016, 17:20

Replicando a reysfilip e a teo.emme:
Non credo che bellezza o piacevolezza siano necessarie in un oggetto „artistico“. Tornando ad esempi extra-musicali, Eraserhead di Lynch è probabilmente uno dei film più raccapriccianti mai girati. Ma penso nessuno si sognerebbe di qualificarlo come un B-movie. Lo stesso si potrebbe dire di tutti i film del primo Cronenberg (Il pasto nudo, ExistenZ). Il fatto è che ci vuole un talento notevole per girare film del genere (per quanto visivamente ripugnanti). Ci vuole tecnica, bisogna sapere utilizzare gli strumenti che si hanno a disposizione.
Ora, anche a prescindere dalla presunta Idea (capirai, oggi quelle sono idee che ci fanno sorridere!) dietro ai tagli di Fontana, alle bruciacchiature di Burri, all´alea di Cage, ai baffi di Duchamp, è il prodotto in sé ad essere banale. Non l´idea che ne è alla base (è stato dirompente, all´epoca di Duchamp, mettere i baffi alla Gioconda e all´epoca di Fontana incidere una tela! Queste idee nel loro contesto avevano una forza enorme, sconvolgente!), ma la sua realizzazione, il suo darsi in quanto forma. I baffi alla Gioconda li so mettere anch´io. Musica aleatoria la sa fare anche un neonato. Ora, a mio parere la forza di Fontana e Duchamp e Cage è stata nella dimostrazione tramite mezzi estetici di un´idea. Loro sono stati i primi. L´idea è stata loro. Se mi mettessi io a disegnare i baffi alla Gioconda non direi nulla di nuovo. Io contesto il fatto che questa idea, più o meno valida, più o meno invecchiata, più o meno condivisibile, sia stata reiterata da loro reiterata ad infinitum con gli stessi mezzi formali. Mezzi formali che, ripeto, restano comunque banali nelle loro modalità di realizzazione, e non certo sono espressione dell´ingegno umano (chiunque sa produrre un ready made o inscatolare escrementi ed appiccicare sul barattolo la scritta “merda d´artista).
Il problema è che, espresse con una forma “banale”, l´idea che sta dietro rischia di annacquarsi, rischia di perdere la propria forza.
Se un´idea è solo un´idea, stiamo parlando di filosofia, non di arte! Se un´idea si esprime con una forma non “banale” potrebbe essere arte. Se un´idea si esprime con una forma “banale”, non solo non è arte, ma rischia di essere cattiva filosofia!

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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » ven 08 gen 2016, 17:29

La differenza sta nel come si arriva ai tagli o alla merda d'artista. E poi non ha senso il parametro del "lo so fare anch'io", perché se fossi bravo a disegnare - e non è cosa rara o impossibile - potrei ben ricopiare esattamente un quadro di Caravaggio, ma non sarei certo Caravaggio e non farei certo un'opera d'arte.
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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » ven 08 gen 2016, 17:36

Sí, certo. Resta però il fatto che l´idea (per quanto valida, interessante, dirompente, etc etc etc) è stata espressa mediante un taglio (ossia un buco, e passi pure che Michelangelo l´arte si dà “per via di togliere”… un buco resta un buco) e della cacca.

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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » ven 08 gen 2016, 17:42

Guarda che secondo il tuo assunto le piramidi sono soltanto una montagna di pietra...
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Re: In memoriam

Messaggioda reysfilip » ven 08 gen 2016, 17:45

teo.emme ha scritto:Guarda che secondo il tuo assunto le piramidi sono soltanto una montagna di pietra...


Il nostro teo.emme non ha tutti i torti :mrgreen:
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Re: In memoriam

Messaggioda Don Giuseppe » ven 08 gen 2016, 19:00

Abbandono con questo intervento la presente discussione. Se si usano termini come "provinciale" o "drammaticamente infantile" quando qualcuno mette in discussione i sacri dogmi del sacerdozio culturale che ha imperato per tutto il Novecento in Europa, vuol dire che ci si sta agitando un po', e l'esistenza che conduco non mi consente di condividere alcuno stato d'agitazione.
Chissà perché, non è la prima volta che leggo o ascolto parole non dovute sollevando certi argomenti. Ciò avviene, per l'appunto, quando si mettono in discussione dei dogmi, perché di norma il libero scambio di opinioni esclude le aggettivazioni denigratorie. Ma tant'è....

Saluti
Giuseppe
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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » ven 08 gen 2016, 19:09

L'esatto contrario Din Giuseppe: te ne vai proprio perché, evidentemente, ritieni di avere in tasca la verità vera e, piuttosto di rispondere ad alcune domande, abbandoni irritato. È la solita storia di chi accetta le opinioni altrui solo se coincidono con le proprie. Una discussione non è una lezione da impartire. E ribadisco il concetto: ritenere truffa o fuffa ciò che non piace è profondamente infantile.
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