In memoriam

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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » ven 08 gen 2016, 19:11

E per favore risparmiaci dalle litanie su sacri dogmi, sacerdozio culturale o complotti vari.

Dici che è denigratorio definire "infantile" un atteggiamento? E non lo è definire truffa, fuffa o tedescume, idee opposte alle tue?
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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » ven 08 gen 2016, 19:22

Capita, discutendo, che scappi qualche espressione un po´ piccante. Vediamo di ricomporci e temprare i... bollenti spiriti. Ne stava uscendo una discussione interessante...

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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » ven 08 gen 2016, 20:06

Cercando di riprendere la discussione, vorrei riallacciarmi a quanto scritto da reysfilip (che di queste cose è avvezzo, se non per amore, per dovere! :mrgreen: ) e anche da teo.emme che scrive:

parte che mi piacerebbe sapere cosa si intende per comprensibilità, bellezza, verità...sono concetti oggettivi? Misurabili in senso fisico? Uguali per tutti? Chi li stabilisce? che distribuisce le patenti di bellezza e bruttezza? Chi si incarica di distinguere appassionati veri da appassionati falsi? E ancora: chi assicura che ciò che suscita una certa emozione in me, debba per forza suscitare la medesima reazione in un altro? In base a quali regole si determina il coinvolgimento?


Beh, insomma, davvero non è possibile dare qualche fondamento solido al concetto di "arte"?
Questo è quello che mi/vi domando: Cos`è "arte"? Esiste una definizione di minima che possiamo accettare e sulla quale basare la nostra discussione?

Io penso che in una definizione "a minima" di "arte" gli aspetti legati all´"indice di gradimento" da parte dei più e quello di bellezza non siano requisiti essenziali. Mi sembra invece che si possa definire arte come un´attività umana con la quale un´idea viene trasmessa in una data forma, una forma che deve essere percepibile e percepita attraverso uno o più sensi (estetica).
Basta? No.
Perchè allora anche dire "passami il bicchiere", in quanto attività umana con la quale un´idea viene trasmessa in forma percepibile, sarebbe definibile come "arte".

Dipende dalla "qualità" del contenuto? Voglio sperare di no. Anzi, forse addirittura la definizione di "arte" può prescindere dalla presenza di un chiaro contenuto: un contenuto può non essere ben chiaro, l´idea alla base di un prodotto che chiamiamo artistico può essersi persa nel tempo... Che ne sappiamo, noi, di quale fosse il contenuto, l´idea dietro l´arte miniatoria medievali o, per riprendere la provocazione di teo.emme, dietro le piramidi?

Forse, la centralità spetta alla forma. Ma questo ce lo dice anche quella branca delle neuroscienze chiamata “neuroestetica”. Di fatto c´è una spiegazione neurofisiologica ben precisa per il fatto che siamo attratti da certe forme e proviamo repulsione per altre. Quanto questo sia geneticamente determinato e quanto sia frutto dell´ambiente circostante è cosa su cui si sta dibattendo da decenni. Il grande Desmond Morris ne “La scimmia artistica” ricorda i propri esperimenti condotti sulle espressioni artistiche dello scimpanzè: è sorprendente ma uno scimpanzè con in mano un gessetto colorato tende a tracciare delle linee che noi umani avvertiamo come “gradevoli” (linee simmetriche, disposte a raggiera). Non solo, ma lo scimpanzè mostra di essere spontaneamente attratto da forme simmetriche. Il neonato (del tutto privo di condizionamenti “culturali”) è attratto da tutto ciò che ricorda un volto: sia esso il volto di sua madre o un´emoticon! Celebri esperimenti hanno dimostrato che la maggior parte della popolazione associa il suono del termine “tacchete” al genere maschile e del termine “maluma” al genere femminile. Altri esperimenti hanno dimostrato come la maggior parte della popolazione associ figure spigolose e puntute al genere maschile e figure rotondeggianti al genere femminile. La tonalità di do maggiore evoca nella maggior parte di noi occidentali delle reazioni ben diverse dalla tonalità di re minore.
La nostra percezione della realtà dipende, in ultima istanza, da come è fatto il nostro cervello. E come è fatto il nostro cervello dipende da una serie di fattori biologici e genetici e fattori ambientali/culturali/esperienziali. Quindi ognuno di noi, proprio per il fatto di avere un cervello diverso dagli altri, percepisce la realtà in modo diverso. Però entro certi limiti percepiamo alcuni aspetti della realtà in modo analogo. Naturalmente più questi aspetti sono “elementari” più essi vengono percepiti allo stesso modo. Piú questi aspetti sono “complessi” più è probabile che emergano delle differenze nella loro percezione ed interpretazione. Probabilmente la nostra percezione di “cosa bella” o “cosa brutta” deriva dalla valutazione di aspetti della realtà sensoriale così complessi che può essere difficile valutare in maniera omogenea a livello di una popolazione molto ampia. Una sinfonia di Mozart può risultare piacevole al 99% della popolazione occidentale, ma potrebbe risultare piacevole ad una percentuale molto inferiore della popolazione mondiale. L ´attrazione che noi occidentali abbiamo per la musica tonale può non essere condivisa dagli orientali, che invece possono essere più attratti dalla musica pentatonica. Da che dipende? Un marziano, in quanto dotato di un sistema neurale diverso dal nostro e in quanto vivente in un contesto ambientale completamente diverso dal nostro potrebbe essere attratto da un sistema tonale completamente diverso ancora. Chiaramente la nostra percezione e il nostro giudizio estetico non possono prescindere da questi aspetti, in parte legati alla nostra esperienza, in parte alla nostra conformazione biologica.

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Re: In memoriam

Messaggioda Don Giuseppe » ven 08 gen 2016, 20:28

teo.emme ha scritto:E per favore risparmiaci dalle litanie su sacri dogmi, sacerdozio culturale o complotti vari.

Dici che è denigratorio definire "infantile" un atteggiamento? E non lo è definire truffa, fuffa o tedescume, idee opposte alle tue?


Delle idee o delle ideologie o del manistream culturale dominante si può dire quel che si vuole finché siamo in democrazia, comprese parole denigratorie, e generalmente non si offende nessuno, perché esiste libertà di critica... e non è detto che la critica debba essere cortese. Quando le parole denigratorie sono rivolte direttamente alle persone e non alle idee o alle ideologie, si chiamano insulti. E' questa la profonda, sostanziale, abissale differenza tra le mie e le tue enunciazioni.
Riflettici, perché io contro di te non ho nulla e non mi sognerei mai di definirti "infantile" o "provinciale" o chissà che altro.

E' chiaro che non pretendo le scuse, ma un attimo di riflessione sulla mancanza di rispetto alla persona, quello sì.
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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » ven 08 gen 2016, 20:41

Dai, cerchiamo tutti quanti di confrontarci senza giudizi o pregiudizi. In fondo, è così bello parlare di cose belle!

: Thumbup :

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Re: In memoriam

Messaggioda DocFlipperino » ven 08 gen 2016, 21:06

Amici, vi prego!!
La discussione è troppo interessante!!
E come avete notato, nonostante sia clamorosamente off-topic è rimasta ancora dove è visto il suo elevatissimo spessore culturale.
State dicendo e argomentando con tale accuratezza e competenza da renderci orgogliosi del thread.

Pertanto non vi permetteremo di rovinare il tutto per piccole divergenze e atteggiamenti troppo rigidi l'uno contro l'altro.
Vi invito a continuare serenamente rispettando le opinioni di tutti, evitando da una parte espressioni troppo forti e tollerando dall'altra atteggiamenti un po' focosi, ma che rendono comunque interessante il vostro discutere.

Grazie.
Marco
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è in arresto. sì! all'ottavo piano....
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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » sab 09 gen 2016, 13:21

Mi spiace se Don Giuseppe si è sentito offeso, però ribadisco come in una discussione, se si definisce fuffa o truffa (o tedescume o sacerdozio culturale), ciò che semplicemente non piace, la reazione scontata è che tale atteggiamento venga definito puerile o superficiale. Detto questo andiamo avanti. Rispondo a Malatesta circa il problema della misurabilità e definizione di arte: secondo me non è possibile distinguere in senso assoluto ciò che è arte da ciò che non lo è. Nel senso che ogni definizione va correlata ad un contesto e sarà destinata a cambiare al mutare del suddetto contesto: ma se una definizione muta allora perde la sua portata generale e cessa di essere tale. Ergo è indefinibile. Cosa vuol dire misurare se non dare un confine? E se il confine si sposta? Oggi chiamiamo arte ciò che un tempo non lo era: se l'arte fosse misurabile non dovrebbe accadere. Chiamiamo arte utensili in ceramica usati 2000 anni fa per bere e mangiare, oppure grosse pietre montate in cerchio con finalità religiose. Hanslick definiva "musica che puzza" il concerto per violino di Čajkovskij o le terze parallele di Puccini: con lo stesso disprezzo con cui oggi taluni giudicano Berg o Webern. La Lady Macbeth di Šostakovič venne definita caos invece di musica: sempre in nome di un'estetica che si pretendeva definire. È pericoloso parlare di bello oggettivo perché il passo successivo è l'arte degenerata. Ma poi tutti i tentativi di definizione sono falliti: dal bello ideale di Winckelmann a Hegel, da Hanslick a Zdanov o Goebbels. E neppure la forma può essere il discrimine: quale forma? Chi la definisce e con quali criteri? Nel nome della forma Hanslick riteneva l'opera di Bruckner il frutto disgustoso di un alcolizzato. E le forme nuove? E lo scardinamento delle forme classiche? L'evoluzione musicale ha portato ad un progressivo abbandono dell'ordine tonale già con Wagner: se si usasse il criterio della forma dovremmo definire sbagliato il Tristan, come Rimskij-Korsakov definì l'opera di Musorgskij.
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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » dom 10 gen 2016, 13:03

Capisco il tuo punto di vista e, in buona parte, lo condivido. Mi sembra di capire che tu sia a favore di una relativizzazione dei concetti di arte e bellezza.
Probabilmente è vero, anche in una prospettiva temporale: come hai sottolineato tu, oggi consideriamo arte quello che in passato era considerato artigianato.
Tuttavia, se volessimo affrontare la cosa in una prospettiva "scientifica", è comunque vero che - come scrivevo - in una determinata popolazione esistono delle reazioni piuttosto "condivise" e "comuni" ad un determinato prodotto "artistico" (comunque lo si voglia definire). Sono certo che se studiassimo in termini di distribuzione di frequenza la reazione di giudizio ad una determinata espressione artistica in una data popolazione otterremmo qualcosa di molto simile ad una distribuzione "normale". Ossia, la maggior parte dei soggetti che costituiscono una determinata popolazione sarebbe concorde nel giudicare in un certo modo un dato prodotto "artistico". Come accennavo, probabilmente la stragrande maggioranza degli occidentali sarebbe concorde nel giudicare una tonalità di do maggiore come associata ad espressioni positive, di apertura, di estroversione, di luminosità, mentre una tonalità di re minore sarebbe associata a sensazioni di ripiegamento, introversione, cupezza. Naturalmente questo può variare sia in relazione a coordinate temporali (è possibile che un antico avesse reazioni diverse a queste tonalità) sia a coordinate geografiche (ad es. la reazione potrebbe essere radicalmente diversa in un indonesiano culturalmente esposto al sistema tonale pentatonico). Il colore bianco, in occidente simbolo di purezza e candore, è in oriente simbolo di morte. La donna grassa e cellulitica era l'emblema di bellezza per la società di Rubens (in cui la maggior parte della gente moriva di fame, e l' essere obesi era simbolo di benessere); oggi - nell'era del benessere - è emblema di bellezza la donna magra, atletica e slanciata 8) . Ciò non toglie che vi siano alcuni aspetti della concezione di “bellezza femminile” comuni a diverse epoche e paesi. Mai, in nessun tempo e in nessun contesto, la donna vecchia o malata è mai stato emblema di bellezza. In epoche diverse e in contesti geografici diversi (dai primi manufatti paleolitici, alle ampie gonne con guardinfante del Settecento, alla “vita di vespa” delle maggiorate degli anni Cinquanta del Novecento, alla biancheria intima più estrema e ai tanga invisibili… :roll: ) da sempre, si è valorizzato una ben precisa parte del corpo femminile (chiare le implicazioni biologiche legate alla riproduzione)… Quindi a mio parere esistono degli aspetti (talora difficili da identificare sotto le macroscopiche differenze culturali) legati alla percezione e al giudizio estetico che in qualche modo sono connaturati al nostro essere esseri umani. Esistono certamente delle differenze, ma esistono anche delle similitudini, delle “costanti estetiche” (costanti nello spazio e nel tempo) a livello di umanità, intesa nel senso più ampio. Poi vi sono delle “costanti estetiche” dalla valenza più relativa. Nell’antica Cina le donne arrivavano ad indossare delle calzature che rimpicciolivano il piede, perché un piede piccolo era segno di bellezza. Ora, una donna con un piedone con dimensioni da pinne da sub non è emblema di bellezza neppure in Occidente :mrgreen: (ricordate il piedino della Cenerentola di Perrault?), ma proveremmo orrore nel vedere una donna dai piedini deformati (che i Cinesi dell’Ottocento invece consideravano come il massimo della bellezza!).
Ciò non toglie che, all'interno di un determinato contesto di riferimento culturale, storico, sociale, geografico (e forse anche biologico), un determinato colore o suono o espressione artistica sia interpretato e percepito in modo simile.
Quindi concordo che un relativismo nella valutazione di concetti in fondo astratti come "bellezza" o "arte" si condivisibile. Tuttavia non penso che il relativismo debba essere assoluto, ma penso che esista - in una determinato contesto socio-culturale-geografico-biologico - un "minimo comune" sulla base del quale definire, in termini più o meno assoluti e validi per quel dato contesto, cosa sia "arte" e cosa sia "bellezza".

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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » dom 10 gen 2016, 15:47

Credo sempre meno nella possibilità di definire in termini generali l'arte anche in riferimento ad un certo contesto: quale contesto? Quanto ampio? Quali limiti temporali o culturali? Chi li stabilisce? Per farti un esempio: lo stesso contesto socio culturale definì arte la II di Brahms e cacca la III di Bruckner (con 3/4 del pubblico che abbandona la sala, fischia e urla durante l'esecuzione: né più né meno come certe reazioni a lavori di Nono o Cage). E allora? Secondo me è sbagliato il presupposto, ossia mettere in correlazione arte e rigore scientifico e, soprattutto, arte e bellezza. L'arte può essere bella, ma non è elemento costitutivo. Magari tra 1000 anni verrà definito arte, un bicchiere dell'Ikea, che non è certo bello ed è fatto da una macchina.
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Re: In memoriam

Messaggioda beckmesser » dom 10 gen 2016, 19:33

teo.emme ha scritto:lo stesso contesto socio culturale definì arte la II di Brahms e cacca la III di Bruckner (con 3/4 del pubblico che abbandona la sala, fischia e urla durante l'esecuzione: né più né meno come certe reazioni a lavori di Nono o Cage).


Mi sembrano però casi molto diversi. Che nella contemporaneità di un’epoca si accendano discussioni e valutazioni anche ferocemente discordanti è del tutto normale: Hanslick giudicava (e stroncava) Bruckner così come io, tu o chiunque altro può valutare una prima di Battistini alla Scala o i “pastiches” di Sardelli; il tempo assesterà tutto.

Ma con Boulez e soci stiamo parlando di musica che ormai ha più di 50 anni: non meno di due generazioni hanno avuto modo di familiarizzarsi con quella musica, che ormai può essere valutata “storicamente”. E, storicamente, per me quella musica (che è senz’altro “arte”, qualunque sia il significato da dare a questo termine) ha fallito nell’unico scopo che è di qualsiasi arte: relazionarsi con la società, influenzarla, interagire con altre forme di arte, essere in grado di rigenerarsi in ogni periodo nelle mani di interpreti diversi. A più di 50 anni di distanza chi esegue Boulez a parte Boulez? Chi Stockhausen? Quale grande interprete, morto Abbado (che peraltro aveva smesso già da qualche tempo) si confronta con Berio e Nono? Nessuno si aspettava che diventassero interpreti nazional-popolari, ma che almeno riuscissero a generare un minimo di interazione con un settore anche iper-specializzato di pubblico e interpreti. Onestamente, questa interazione io non la vedo: sono autori che sono interessanti solo storicamente, per vedere come in un certo periodo si provò a sviluppare un certo linguaggio, ma quel linguaggio non ha avuto alcun successo. Britten non sarà mai popolare quanto Puccini: ma è indubbio che Britten ha trovato un linguaggio in grado di coinvolgere generazioni diverse di direttori, registi e interpreti, e così di riuscire ad acquistare nuove forme di interesse ad ogni generazione di pubblico.

Può darsi che in futuro le cose cambino, ma onestamente ne dubito: non ho mai creduto alle storielle dei grandi musicisti misconosciuti dai contemporanei. I grandi sono sempre stati riconosciuti (che non significa essere popolari), almeno da quella fetta di “pubblico” che rileva a questi fini; con le uniche eccezioni magari di autori che non vennero proprio eseguiti in vita e scoperti postumi. Ma anche questo non è certo il caso delle avanguardie novecentesche: nell’intera storia della musica credo non ci siano stati molti esempi di autori che ebbero a disposizioni simili mezzi per farsi conoscere. Mentre scriveva quella mostruosità (in senso di dimensioni, beninteso) del “Licht”, Stockhausen aveva già a disposizione un teatro come la Scala pronto a spendere centinaia di milioni per rappresentarlo; il giovane Boulez presentava le sue opere in posti come il festival di Salisburgo e aveva orchestre personali generosamente finanziate (e fu giusto, beninteso); Berio e Nono ebbero paladini come Abbado e Pollini pronti a portare le loro musiche persino nelle fabbriche. Cosa resta oggi di tutto ciò nella vita musicale attiva del nostro tempo? A me sembra praticamente nulla…

Non credo sia questione di decidere se quella musica sia arte o meno: è ovvio che la è; ma è semplicemente un’arte che ha fallito, come ne esistono tanti esempi in qualsiasi genere ed epoca…

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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » dom 10 gen 2016, 20:01

Io non credo che un'arte possa fallire in senso assoluto: può, passare, evolversi, perdersi...ma per il solo fatto dell'esserci, è (in senso ontologico). Non credo neppure sia il compito del pubblico decidere di questi presunti fallimenti. Lo è del tempo che storicizzerà e capirà cosa resta di Darmstadt (perché di questo parliamo): io credo che se ne parliamo dopo 50 anni non può essere fuffa o illusione collettiva. Il problema è che noi tendiamo a pensare al passato coi crismi del presente e dubitiamo che Bruckner o Wagner fossero - per un pubblico di non iniziati - come Webern o Nono. Ma perché mai? Sulla sopravvivenza poi ci sarebbe da aprire un discorso a parte: son passati 50 anni e già si fanno bilanci così tranchant? Monteverdi sparì per molto più tempo. Anche Bach. E ti assicuro che Boulez o Nono sono eseguiti anche da altri interpreti: certo non quanto quelli di Verdi, ma molti di più di quelli di Gade o di Leo. Recentemente è stato allestito il Prometeo di Nono e ci sono decine di incisioni di suoi lavori. Anche di Boulez esistono recenti incisioni ed esecuzioni di Pli selon Pli. Idem per certa musica strumentale di Stockhausen (i Klavierstücke ad esempio). E magari si ripenserà in un futuro a Licht.
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Re: In memoriam

Messaggioda beckmesser » dom 10 gen 2016, 20:39

teo.emme ha scritto:o credo che se ne parliamo dopo 50 anni non può essere fuffa o illusione collettiva.


Beh, in realtà qui (come nella maggior parte dei forum più o meno specializzati) se ne è parlato giusto perché è morto Boulez: non mi sembra, in generale, di vedere in giro molte discussioni sul tema. E credo che nel giro di qualche giorno le discussioni cesseranno... Mentre si continuerà a parlare di Britten ad ogni nuova esecuzione.

teo.emme ha scritto:noi tendiamo a pensare al passato coi crismi del presente e dubitiamo che Bruckner o Wagner fossero - per un pubblico di non iniziati - come Webern o Nono. Ma perché mai?


Ma in realtà mi sembra che questo lo pensi tu: io ho detto esattamente la stessa cosa. Wagner, fra i contemporanei, suscitò ben più incomprensioni di Nono: ma venne da subito riconosciuto come uno dei più importanti musicisti della sua epoca (nel sostegno come nel dileggio); il Tristan fu forse una delle esperienze più sconvolgenti nella vita musicale di ogni tempo, ma dal giorno dopo la prima cominciò ad essere eseguito, discusso, dileggiato, osannato, studiato ovunque; e dal giorno dopo la prima non ci fu nessun musicista che poté ignorarlo (per assimilarlo o anche solo per rifiutarlo). Ma anche restando a tempi più recenti, la stessa scuola di Vienna (non certo meno ostica, per i contemporanei, di quella di Darmstadt) suscitò derisioni, incomprensioni, esaltazioni: ma l' esperienza di Schoenberg fu da subito percepita come essenziale (ripeto: nell'accettazione come nel rigetto), iniziò da subito ad interagire con la società dell'epoca e con le altre forme di arte; persino un'opera come Wozzeck fu da subito riconosciuta come capitale, eseguita, studiata, discussa... Onestamente, con gli autori di cui stiamo parlando mi sembra che, dopo i fischi di molte prime, sia seguita solo l'indifferenza.

teo.emme ha scritto:Monteverdi sparì per molto più tempo. Anche Bach.


Suvvia, è diverso: date le condizioni dell'epoca, quegli autori non è che erano ignorati: non c'erano proprio le condizioni per eseguirli; di Bach non era stato stampato praticamente nulla, a malapena si sapeva che era esistito. Ciò non toglie che tutte le volte che qualcuno entrava in contatto con la sua musica (anche prima di Mendelsshon), si gridava al miracolo. E non appena si crearono le condizioni per eseguirlo, fu immediatamente riconosciuto. Nel nostro caso parliamo di autori perfettamente noti e che hanno avuto tutti gli strumenti per farsi conoscere.

teo.emme ha scritto:Non credo neppure sia il compito del pubblico decidere di questi presunti fallimenti. Lo è del tempo che storicizzerà


Questa onestamente non la capisco: nella valutazione di una forma di arte, il tempo non può essere altro che la successione delle reazioni di diverse generazioni di pubblico (inteso come somma di spettatori, studiosi, critici, interpreti). Non credo esista un "tempo giudice" in astratto. Poi convengo: nessuno può decidere se serve una, due, dieci o cento generazioni. A me sembra che quando un autore ha avuto modo di farsi conoscere ed eseguire (come è stato il caso dei compositori di Darmstadt), tre generazioni sono sufficienti (almeno questo la storia insegna). Ma magari mi sbaglio e un giorno:

teo.emme ha scritto:magari si ripenserà in un futuro a Licht.


Onestamente, ne dubito...

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Re: In memoriam

Messaggioda Sibly » lun 11 gen 2016, 12:50

Torno al titolo del thread per commemorare David Bowie, di cui si è appresa oggi la morte per tumore, a 69 anni.
Che ovviamente non è stato un compositore classico o un cantante d'opera, ma visto che la discussione a un certo punto ha sfiorato il tema "cosa considerare oggi come musica classica?" direi che tutto sommato non sono troppo fuori tema perché parlando di Grande Musica del Novecento non è possibile ignorare le migliori espressioni del blues, del jazz e del rock. Non mi addentro nel dibattito ma non esito a definire un imbecille chi pensa (e ce ne sono) che la musica "colta" sia solo quella che si suona nelle sale da concerto canoniche, e bolla tutto il resto come robaccia o robetta senza saper o voler distinguere, che so, tra Justin Bieber e i Pink Floyd.
Come si evince facilmente dal mio avatar, David Bowie non è mai stato nella mia personale lista dei preferiti, ma non posso non riconoscerne la grandezza assoluta.
Anche lui è stato fra i Grandi Musicisti del Novecento.
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Re: In memoriam

Messaggioda teo.emme » lun 11 gen 2016, 14:34

Beh, si potrebbe parlarne in una discussione dedicata....non in quella aperta per Boulez e la sua eredità musicale.
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Re: In memoriam

Messaggioda DottorMalatesta » lun 11 gen 2016, 14:54

teo.emme ha scritto:Beh, si potrebbe parlarne in una discussione dedicata....non in quella aperta per Boulez e la sua eredità musicale.


A vero dire, e già il co-moderatore in verde mi ha tirato le orecchie in proposito :oops: , le discussioni seguite alla notizia della morte di Boulez erano già un po´ troppo OT in un thread intitolato “in memoriam”.
Comunque direi di non farci legare troppo le mani e di proseguire la discussione ove essa vada! Sentitevi comunque liberissimi di aprire un thread dedicato a Bowie nella sezione “musica non operistica, o di commentare della sua scomparsa qui.
Forse se si vuole discutere di cosa sia “musica colta”, meglio aprire un thread a parte…

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