Direttori filologi, direttori musicologi

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Direttori filologi, direttori musicologi

Messaggioda DottorMalatesta » lun 20 ago 2012, 22:12

Di ritorno dal ROF dove ho ascoltato il Ciro in Babilonia nella splendida direzione di Will Crutchfield, vorrei aprire un dibattito relativamente ai direttori filologi/musicologi.
Ho l'impressione che i musicologi che si dedicano alla direzione d'orchestra vengano spesso considerati interpreti di serie B, grandissimi conoscitori della musica e del testo, ma in fondo dotati di scarsa fantasia. Per quanto mi riguarda la direzione di Crutchfield, così come una splendida esecuzione dello Stabat Mater di Rossini diretta da Zedda (ascoltata al ROF se non ricordo male nel 20007), sono esperienze musicalmente straordinarie. E vogliamo parlare di un calibro da novanta quale Harnoncourt (piaccia o non piaccia anche la sua discussa Aida è tutta da sentire!)?

Penso poi che anche la definizione di "direttore filologo" meriti una discussione.
Come considerare l'approccio rigoroso di un Toscanini? Philip Gossett nel suo splendido libro ha scritto che talora vi è chi sostiene che Toscanini non manifesti "altro che il trionfo del <<modernismo>> applicato al campo dell'interpretazione, una sensibilità antiromantica che nulla ha a che vedere con il passato e molto a che fare con una rivolta tutta dell'oggi contro gli stili esecutivi immediatamente precedenti". In effetti è un'affermazione condivisibile: filologia quella di Toscanini? Ma se la prima edizione critica di un'opera italiana dell'Ottocento (il Barbiere di Siviglia) risale al 1969 :shock: !



Come considerare l'atteggiamento di "rispetto per l'autore" più volte proclamato da Riccardo Muti a fronte di esecuzioni in cui nove volte su dieci si spianano segni di espressione? Il fatto che per primo abbia adottato l'edizione critica del Rigoletto (a Vienna nel 1983, ancora prima che alla Scala)




o del Trovatore,



lo rende ipso-facto un direttore rigoroso? Vogliamo parlare dell'accompagnamento asfissiante del canto? E' filologia questa? E come considerare lo scempio perpetrato nel presentare il Tell o Les Vepres in italiano?

In definitiva, a parte la mia personale idiosincrasia verso Muti :mrgreen: , ha senso parlare di direttori filologi? E se sì, è possibile identificare dei tratti che accomunino le personalità inquadrabili in questa categoria?
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Re: Direttori filologi, direttori musicologi

Messaggioda Triboulet » mar 21 ago 2012, 1:04

Bella discussione doc! dirò la mia per quel che ne so... seppure certe sonorità toscaniniane ci appaiano ante litteram in maniera quasi sconvolgente, penso che filologia voglia davvero dire un'altra cosa, una cosa che di certo è nata successivamente. Toscanini dava la sua versione dei fatti, un po' come la dava Furtwangler, che poi il primo sia invecchiato meglio (sempre?) non lo rende il primo tra i filologi. Filologia è qualcosa di più di ritmi serrati a rotta di collo, suoni secchi, qualcosa di più che riaprire i tagli e tirar via gli acuti (che poi, caro Muti, che male fanno?)... non vorrei ripetermi quindi mi auto-quoto direttamente da un altro thread, dove peraltro (un caso) parlavo diffusamente di Harnoncourt:

Il Mozart di Harno è un Mozart psicologico, introspettivo, cinico e a tratti catastrofico, di una umanità sconvolgente... e certo che lui utilizza tutti gli strumenti della filologia che ha a disposizione, ma del resto cos'è la filologia se non una serie di strumenti nuovi per arrivare ad un messaggio personale? Harnoncourt va contro il Mozart "rock" (sconvolgente e bellissimo) di Jacobs, contro il Mozart "di provincia" (in senso positivo e genuinamente quello sì da maestro di cappella) di Gardiner, ma pure contro l'infuocato romanticismo di Walter, il rigore trasparente e compassato di Klemperer (bellissimo e piedistallosissimo), l'affascinantissima visionarietà proto-wagneriana del Furt e l'apollinea perfezione della forma di Bohm. Quali di questi direttori faceva parlare Mozart in maniera così "umana"?! io penso proprio che, invece, Harno si serva del piedistallo per demolirlo dall'interno, o dovrei dire da sopra! Il contrasto, la ricchezza evocativa, le allusioni della musica mozartiana vengono a galla laddove, nei nomi citati, erano ricoperte - lì sì - da visioni estetizzanti preconcette, che partivano da fuori. Certo, le visioni estreme non sono mai complete, neanche Jacobs o Minkowski (che fanno apparire Gardiner un simpatico concertatore di paese) riescono a decifrare tutto il linguaggio dei compositori che affrontano. Interpretano maggiormente i nostri tempi? interpretano un aspetto dei nostri tempi, e un aspetto di quella musica. Il Mozart di Jacobs è un pugno nello stomaco, perchè è come se lo suonassero i Genesis, è un Mozart libero ed eccessivo, POP! come era Mozart (non "popolano" alla Gardiner), ma Mozart era solo quello? E soprattutto, in termini filologici, quanta verità in più c'è in Jacobs o in Minkowski o in Rousset? Azzardo una iperbole, l'unico vero filologo che conosco è Hogwood, ovvero l'unico direttore che parte dalla ricerca del suono, della prassi, e costruisce SU quella il suo risultato. Hogwood è spesso considerato "piatto", lo è, perchè lascia all'effetto "storico" esprimere un risultato. In questo è un genio. Norrington invece è il visionario. Studia l' "intorno", il contesto storico, la vita, si inventa delle visione, lavora "a programma", per arrivare ad una visione realistica non del suono dell'epoca (Hogwood), ma dello spirito dell'epoca! Harnoncourt parte invece da un discorso intorno all'uomo, e sviluppa quella rete di effetti, contrasti, perfino idiosincrasie per descriverne lo spirito, dell'uomo!


Aggiungo che oggi molti dei maggiori direttori sono anche filologi, e quelli che non lo sono guardano alla filologia costantemente. Si può dire oggi che l'eccezione è diventata la regola, e gli alieni sono i vari Baremboim...
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Re: Direttori filologi, direttori musicologi

Messaggioda MatMarazzi » mar 21 ago 2012, 12:36

Concordo con Trib.
Aggiungo che, proprio in Verdi, Toscanini era quanto di più anti-filologico e non solo perché è venuto prima delle edizioni critiche, ma perché ha tradito il linguaggio dell'Operismo italiano sapendo di tradirlo.
Io sono il primo che, di fronte al genio, posso mettere da parte ogni altra considerazione; e così faccio pure per il verdi di Toscanini.
E tuttavia è doveroso ammettere che Toscanini ci allontanò per decenni dalla possibilità di comprendere le specificità linguistiche di Verdi. Il suo modo verdiano violentava il linguaggio invece di esplorarlo e questo è esattamente il contrario di un approccio "storicamente informato".
Un direttore che si rivolgesse oggi a Verdi con sensibilità "filologica" (penso a Minkowski col suo fantastico Trovatore, assai più che a Harnoncourt in Aida), dovrebbe per prima cosa disfarsi totalmente della (pur gloriosa) tradizione toscaniniana.
Questo almeno pare a me.

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Re: Direttori filologi, direttori musicologi

Messaggioda DottorMalatesta » mar 21 ago 2012, 17:49

MatMarazzi ha scritto:Un direttore che si rivolgesse oggi a Verdi con sensibilità "filologica" (penso a Minkowski col suo fantastico Trovatore, assai più che a Harnoncourt in Aida), dovrebbe per prima cosa disfarsi totalmente della (pur gloriosa) tradizione toscaniniana.


Ciao Mat,
in realtà citavo l'Aida di Harnoncourt (incisione che peraltro non mi sembra davvero il massimo in fatto di filologia!) per suggerire come possano esistere direttori filologi capaci di interpretazioni originali e personalissime. E, anche se so bene che detesti questa edizione, converrai che l'Aida di Harnoncourt è decisamente... insolita!

Ciao,
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Re: Direttori filologi, direttori musicologi

Messaggioda MatMarazzi » ven 24 ago 2012, 15:00

DottorMalatesta ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Un direttore che si rivolgesse oggi a Verdi con sensibilità "filologica" (penso a Minkowski col suo fantastico Trovatore, assai più che a Harnoncourt in Aida), dovrebbe per prima cosa disfarsi totalmente della (pur gloriosa) tradizione toscaniniana.


Ciao Mat,
in realtà citavo l'Aida di Harnoncourt (incisione che peraltro non mi sembra davvero il massimo in fatto di filologia!) per suggerire come possano esistere direttori filologi capaci di interpretazioni originali e personalissime. E, anche se so bene che detesti questa edizione, converrai che l'Aida di Harnoncourt è decisamente... insolita!

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Ciao carissimo! :)
Ma certo... avevo capito benissimo in quale contesto avevi citato Harnoncourt e ti dò perfettamente ragione.
Il fatto è che in Verdi (e prima di lui in tutto il repertorio italiano proto-romantico) si avverte da tempo l'esigenza di un atteggiamento "filologico".
Già da tempo (basta vedere con Rossini) ci si è sforzati di recuperare l'integralità dell'opera e lo stile esecutivo giusto.
Ora però si vorrebbe arrivare anche al "suono" (e questo significa con organico orchestrale "ad hoc" e diapason originale).
Ci sono stati tentativi in merito assolutamente illuminanti (in questo senso persino la Norma di Biondi a Parma, molti anni fa, era risultata significativa).
Il sogno di un'integrale verdiana (mi riferisco agli anni di galera) affidata a Gardiner è stato ventilato da tempo... ma non se ne è mai fatto nulla.

Diciamo che, se questa esigenza è avvertita da molti, a livello pratico ultimamente le cose sembrano slentarsi...
Che senso ha, ad esempio, affidare l'Aida ad Harnoncourt se poi questi (nonostante tutto) chiama un cast di "esperti verdiani" (se vogliamo considerare così gente come La Scola e la D'Intino...)?
Che senso ha (l'abbiamo detto ad nauseam) interpellare un genio come Minkowsky se poi i cantanti del Trovatore ci riportano ai tempi di Nunzio Todisco e Bruna Baglioni (almeno come stile)?
E aggiungo... che senso ha che il Covent Garden convinca Gardiner a dirigere il Rigoletto se poi l'orchestra e i cantanti sono quelli della più normale tradizione?
Un po' come, e lì c'ero, chiamare il baroccofilo Louis Langrée se pi mettergli sotto come orchestra un colosso come i London Symphony? (e dire che in quel caso disponeva di un'artista geniale come la Dessay, in grado di adeguarsi alle più varie sperimentazioni linguistiche)...
E ancora... che senso ha riprendere quel capolavoro che è il Robert le Diable per affidarlo alla bacchetta di Daniel Oren!!!!

Forse sono uscito di tema, ma volevo solo dire che il grande contributo dei filologi nel repertorio ottocentesco potrebbe essere proprio nella riscoperta del suono primo-ottocentesco.
Con Berlioz ce l'abbiamo fatta!

Chissà se qualcuno accoglierà la splendida proposta che, su questo sito, lanciò Beckmesser: Jacobs in Fidelio.

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Re: Direttori filologi, direttori musicologi

Messaggioda DottorMalatesta » ven 24 ago 2012, 16:23

MatMarazzi ha scritto:Ci sono stati tentativi in merito assolutamente illuminanti (in questo senso persino la Norma di Biondi a Parma, molti anni fa, era risultata significativa).


Ciao Mat,
anch'io pensavo alla splendida direzione di Biondi in Norma. Tuttavia anche in questo caso con un cast assolutamente inadeguato!!! Ricordo il Pollione (di non so qual asiatico di turno): ma perché non tentare di ricreare un tenore con acuti in falsettone?
Ammesso poi che ai giorni d'oggi si trovi qualcuno che conosca il segreto del falsettone (dall'idea che mi sono fatto il solo Merritt era in grado di cantare in falsettone, con buona pace di Gedda. By the way, mi spiace che su questo argomento (Il topic era Arnoldo e il falsettone) tu non sia intervenuto: avrei davvero apprezzato il parere di un maestro: sei sempre in tempo ;-))!.

Ciao,
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