Il baritono verdiano oggi

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Il baritono verdiano oggi

Messaggioda pbagnoli » dom 20 nov 2011, 16:05

Ieri la trasmissione "Loggione" si è occupata di Piero Cappuccilli, per molti l'ultima vera voce di baritono verdiano.
Adesso, pur tralasciando l'agiografia che non è mai stata nelle corde di questo sito, non si può non rilevare che il baritono triestino era effettivamente dotato di un mezzo vocale di colore molto bello, naturalmente esteso e dotato di squillo perentorio; per contro: totale assenza di sfumature, estrema parsimonia di mezzevoci, interpretazione sempre monocorde e gestualità teatrale da dilettante allo sbaraglio.
Difficile pensare all'eredità di un cantante così, ma è innegabile che - almeno in Italia - la corda baritonale non abbia più molti esponenti di spicco internazionale.

Io - almeno inizialmente - avevo riposto molte speranze in Carlo Guelfi.
Ne avevamo già parlato. Ho sempre trovato facile e un po' gratuito oltre che di moda maramaldeggiare su questo cantante che, per me, ha sempre avuto il senso di quello che dice. Certo, i problemi di respirazione sono piuttosto evidenti; ma a me piace molto lo scavo sulla parola che è da cantante di rango. E' anche per questo che spero che riesca a identificare i ruoli in cui riesce a rendere il meglio di sé. Quanto alla categoria, direi che non c'è dubbio: siamo decisamente in ambito declamatorio-espressionista. Potrebbe forse riproporre un Wozzeck italiano? Non so, ma mi sembrerebbe una strada interessante:


Diverso il caso di Dimitri Tiliakos. Ha debuttato nel 1997 e si è specializzato proprio in ruoli verdiani in cui sembra ripercorrere strade un po' inconsuete, almeno per i nostri tempi: quelle, cioè, del grand-seigneur cui lo apparenta il colore vocale chiaro, l'ottima cantabilità e la dizione aperta e morbida. Fra quelli che si rifanno a questo modello, mi sembra il più interessante.
Eccolo in Macbeth, davvero eccellente:

Ed eccolo in Simon Boccanegra; ma qui, secondo me, gli manca un po' di carisma:


A Andrzej Dobber non fa certo difetto la voce, ampia e di ottimo colore. Si tratta ovviamente ancora di un declamatore, piuttosto interessante per le caratteristiche, molto meno per le intenzioni interpretative che fanno rimpiangere il vecchio Leo (Nucci). Lo strumento comunque è notevole:


Sarebbe ingiusto trascurare qui Zeljko Lucic. Può piacere oppure no, ma è uno dei grandi protagonisti del canto baritonale verdiano. Voce comunque importante:


Dmitri Hvorostovsky è ancora oggi un nome importante, nonostante non sia proprio più di primo pelo. La voce è importante ma lui è interprete piuttosto greve:


Per sentire un grandissimo Verdi, oggi credo sia giocoforza rivolgersi Oltreoceano: è con Simon Keenlyside che comprendiamo appieno la portata rivoluzionaria dei grandissimi coloristi americani che si sono appropriati di un repertorio che giaceva...in cerca di interprete. E' grazie ai coloristi americani se oggi possiamo dire di avere una traccia interpretativa verdiana importante, ricca e feconda di possibili ulteriori sviluppi:


Ritorniamo sul continente europeo: altro cantante da tener d'occhio per il repertorio verdiano è Peter Mattei. Lui è un altro colorista e lo sentiamo in una parte che, negli ultimi anni, è stata spesso preda di questa categoria di baritoni:


...e per il momento, finisco qui.
Lascio a voi il compito di riflettere sulle proposte e di controbattere:
:arrow: chi è il baritono verdiano oggi?
:arrow: è possibile riflettere su un modo "moderno" di interpretare i grandi ruoli baritonali verdiani evitando di rimanere sistematicamente delusi da confronti con i grandi campioni del passato?
:arrow: Cappuccilli è stato veramente un grande paradigma verdiano?
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda capriccio » dom 20 nov 2011, 17:34

ma che domande!
1)il baritono verdiano oggi è....Placido Domingo!!
2)negli attuali nostri tempi musicali e non, tutto è possibile!!
3)Sì, è stato e sarà sempre un grandissimo Interprete Verdiano!!
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda Ebestignani » ven 02 mar 2012, 0:15

Bellissimo thread ( perche' deserto?) per una voce che amo moltissimo.
Intanto, tre risposte:

1-No,non c'e' e molto me ne rammarico

2- Potrebbe essere,ma, almeno secondo me,certo non con Guelfi o Keenlyside.

3- Con Abbado,e coi suoi limiti anche li'. Altrove non mi pare abbia lasciato tracce molto importanti.


Ripensavo a Guidogozzano e alla sua Vill'Amarena, dove nei dolci conversari serali si diceva "la Scala non ha piu' soprani".Alla fine, le lagnanze sulla vera o presunta eclissi di qualche tipologia vocale vengono da molto lontano. Io vorrei
evitare ogni polemica passatista,che mi sembra oltretutto fuorviante e poco costruttiva. Ma vorrei ricordare due esperienze. Una riguarda un bel post di Enrico,mi pare,in cui l'autore diceva che Verdi non gli interessava piu' e che non lo sentiva quasi mai. L'altra un amico di Quebec,chirurgo plastico e melomanissimo,che legge anche il vostro sito e che dice che secondo lui in Verdi il problema non riguarda solo la corda di baritono,ma il fatto che le prassi esecutive odierne non consentono non dico di mettere in scena un Attila o un Ernani,ma neppure di poter assistere a una performance plausibile in una Forza o in un Ballo. Con il logico e purtroppo misero corollario: voi conoscete uno che oggi possa fare il Duca di Mantova? O Filippo II ? o Azucena?
E allora,vediamo un po' come sarebbe questo baritono verdiano.
L'unico personaggio baritonale che si stacca dagli altri e vive di luce assolutamente propria e particolare e' il povero Rigoletto,proprio il piu' tremendamente bello e difficile da cantare e interpretare.Gli altri sono Re ( barbari e no),Grandi di Spagna,Dogi, fieri nobiluomini,con la eccezione di un paio di figure grasso-grosso borghesi,come Germont e il vecchio Miller.
L'accento aulico,la fierezza,la dignita' di comportamento sono loro "must", e anche lo stesso Buffone e' una creatura di Victor Hugo e quindi quel tanto di magniloquenza e quel tanto di ampollosita' e di roboanza sono cose che gli appartengono.
Sono lontani dal vilain del Verismo: solo Jago,e in genere per demerito di chi lo interpreta,gli si puo' avvicinare anche sensibilmente.Quindi, diciamolo,la raffigurazione classica del baritono con la mano sinistra sul cuore e la destra sull'elsa
della spada dovrebbe avere una credibilita' teatrale e storica superiore a quella degli azzimati giovanetti mozartiani di cui parlava Matt a proposito del Posa di Hampson.
E vocalmente deve avere la tecnica (qualunque sia,d'accordo: SOLO IL RISULTATO CONTA) e per sostenere certe tessiture acutissime ( Rigoletto,il Conte di Luna,Renato) e per " reggere" certe grandi frasi della scrittura,che so,di Nabucco,di Simone,di Carlo V senza boccheggiare dopo dieci secondi. Tutti questi personaggi sono spesso padri, e l'amore paterno va analizzato e sviscerato "in toto".
In piu' non e' affatto necessaria una voce ultrapotente o scurissima: tranne Titta Ruffo,nessuno dei grandi italiani o tedeschi attivi nei primi trent'anni del XX Secolo aveva queste caratteristiche. Non strapotente,ma risonante e all'occasione mordente e aggressiva,si',e anche capace di squarci di autentico lirismo nelle pagine meno "tese".

Mi dispiace che nonostante i miei sforzi di imbranata informatica e i vani sforzi di Pietro io non sia capace di postarvi i pezzi che ritenevo importanti per spiegarmi. A parte che li conoscerete anche meglio di me, provo a parlarne senza il supporto acustico.
Perche' voce nobile e accento aulico vanno bene,ma poi c'e' qualcosa di soggettivo che scatta,una scintilla,una frase,il rilievo dato a un'atmosfera,e ti fa dire "questo secondo me canta Verdi " e "questo no".
Ad esempio,avevo postato il Duetto tra basso e baritono del Rigoletto. Cantavano Protti e Siepi, grandi voci,quella di Siepi addirittura fluviale. Ma la scintilla non scatta....


C'e' invece lo stesso duetto inciso a fine 44 da Heinrich Schlusnus,all'epoca gia' attempato ma ugualmente bravissimo.
La bacchetta e' di Heger e il basso e' uno che spesso e' inascoltabile, Jozef Greindl: che qui peraltro e' ancora piu' bravo di Schlusnus,col suo filo di voce che delinea un'atmosfera cupa e misteriosa nella notte mantovana che e' assolutamente inarrivabile, e preavvisa gia' l'ossessione di vendetta di Rigoletto.Qui la scintilla scatta eccome...



Incidentalmente, io ho una fissazione forse incongrua: sono cioe' convinta che la lingua tedesca sia essenziale al raggiungimento di certi risultati espressivi, che a volte secondo me non dipendono neppure da una consapevolezza dell'interprete ( vedi il Trovatore della Klose di cui abbiamo tanto parlato)

E invece,siccome ogni regola ha la sua eccezione,nel canto sillabato ad alta quota succede esattamente il contrario.
Infatti nel duetto della Vendetta,che Schlusnus canta con Erna Berger nella stessa incisione,l'articolazione della parola tedesca non consente l'effetto voluto,anzi rappresenta un assoluto anticlimax.


Provate a sentire che succede invece in un'altra celebre incisione, un Rigoletto live del 61con MacNeil e la Gencer,in cui l'articolazione italiana favorisce il crearsi di un clima al calor bianco,coi due interpreti che sostengono a meraviglia il ritmo incalzante dell'orchestra: e giustamente,perdinci, "se ne cade ' o teatro",col pubblico che comincia a spellarsi le mani ancor prima che i due splendidi esecutori si scatenino nel sopracuto finale. Questo appunto e' teatro,ed e' Verdi. E anche i sopracuti,in un milieu del genere,fanno parte del gioco.



E anche questo e' Verdi,"Sacra e' la scelta" sempre di quello che secondo me e' stato il piu' grande di tutti,Cornel Mac Neil from Minnesota:



E a volte la lepre sta dove non si aspetta. Rolando Panerai,che tutti abbiamo scordato,nella splendida aria di Egbert dall'Aroldo,"Mina pensai che un angelo".Niente male per uno di seconda fila....



Certe volte non e' questione di italiano e tedesco,ma di forza straripante d'accento e di suono: ecco Titta Ruffo nel "Si' pel
ciel" dell'Otello con Enrico Caruso,ed ecco crearsi quello che Celletti giustamente definisce un clima di tregenda. Mio padre diceva che una emozione del genere l'aveva avvertita sentendo a teatro Salvo Randone e Vittorio Gassman,che ogni sera si scambiavano le parti di Otello e di Jago.



E certe volte giocano anche la rotondita' del suono e la assoluta mancanza di sforzo: ecco un altro celebre duetto,quello del Nilo tra il grande De Luca e l'altrettanto grande Rethberg. Qui non sentite un suono fuori posto. E' una esecuzione perfetta e di gusto modernissimo,per giunta.


L'uso della mezzavoce,come diceva Pietro a proposito di Cappuccilli,e' un altro hard work a cui il baritono verdiano e' tenuto: ecco Pasquale Amato in una vetusta incisione del 1911, il "Cortigiani vil razza dannata" in cui si passa dal declamatorio al lirico con una mezzavoce splendida,anche ad altezze vertiginose per un baritono.


Questo invece non e' Verdi,anche se lo strumento e il timbro sono di una bellezza strepitosa ed abbagliante: e' Ettore Bastianini nella morte di Rodrigo, tirata via con monotonia di accenti inspiegabile,e con parecchie artefazioni ( per me giunto)


I passatisti non saranno contenti,perche' qui c'e' un'incisione del "Balen" del Trovatore, effettuata da Lawrence Tibbett ,che suona stranamente stirata - e anche malcantata nel finale - da parte di una delle piu' belle voci baritonali mai esistite:


Qui invece i passatisti secondo me hanno ragione, voila' mr.Thomas Hampson nell'Eri tu. Si sviscera e si risviscera,ma non
si canta: raramente e' possibile sentire qualcosa di piu' inadeguato,e dispiace dirlo per la simpatia e l'intelligenza del personaggio. Che peraltro,impavidamente,si lancia in avventure da cui dovrebbe assolutamente tenersi lontano, vedi,facendo eccezione a Verdi, il tristo approccio con Scarpia nel Te Deum. Questa,se rivoluzione e',e' quella coi fiori nei cannoni.


Cosi' insomma non va bene,allora mi tengo coi suoi limiti Tito Gobbi per tutta la vita.

Questo invece e' uno che la rivoluzione l'aveva fatta sul serio e tanti anni fa: sua Signoria Dietrich Fischer-Dieskau.
Eccolo anche lui nel "Balen":


E questo si' che e' un colorista,no? Nel senso piu' ampio del termine.Non me ne puo' importare di meno se mai avrebbe potuto cantare il Trovatore in teatro: questo non e' Verdi,e' Verdissimo. E se e' giusto dire che il suo settore acuto forse e' un po' rivedibile,ecco che Fischer Dieskau accontenta tutti i Beckmesser eseguendo da Dio l'abbellimento a 1'30" sulla frase
"d'un suo sguardo". Solo Carlo Galeffi,che per la verita' fa anche di meglio,e Battistini sono al suo livello.


Ecco,Pietro,giunta sul passo estremo, e grata se potrai sistemare i pezzi in questo casotto, quale potrebbe essere la soluzione ideale. Una voce un po' piu' risonante di quella di Fischer-Dieskau,neanche poi tanto,meglio impostata nell'ottava superiore,con la meta' della sua sensibilita' e della sua musicalita'.

Un abbraccio e scusate la "pizza"

Maria Chiara
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda Enrico » ven 02 mar 2012, 1:26

Ebestignani ha scritto:
un bel post di Enrico,mi pare,in cui l'autore diceva che Verdi non gli interessava piu' e che non lo sentiva quasi mai


Non ero io.
Enrico B.
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda pbagnoli » ven 02 mar 2012, 17:22

Ebestignani ha scritto:
Mi dispiace che nonostante i miei sforzi di imbranata informatica e i vani sforzi di Pietro io non sia capace di postarvi i pezzi che ritenevo importanti per spiegarmi.

Maria Chiara

Ma no, dài, hai visto che ci sei riuscita benissimo?? 8)

A parte gli scherzi, credo che tu abbia fornito un'eccellente carrellata di grandi e grandissimi cantanti di un passato recente e remoto.
Non ti farò le pulci su tutto, ci mancherebbe.
A parte che, ovviamente, è una questione di gusti (ma quel riferimento a Greindl, per me uno dei cantanti più incredibili della Storia, proprio non lo condivido), ma poi ben venga una rinfrescata sui grandi del passato!
Ci vuole, davvero.
Nessuno lo fa mai cum grano salis.
Sembra che l'appassionato d'opera sia una bestia strana cui di un cantante basta sapere che ha fatto carriera negli anni precedenti per elevarlo ipso facto al rango di universale, mentre io penso che se un cantante non ha fatto la carriera e il percorso che noi immaginiamo, una ragione ci sarà: non tutte sono state la Callas, non tutti - evidentemente - sono stati Cornell MacNeil.

Però, Maria Chiara, tu non hai risposto alla mia domanda.
Non l'hanno fatto nemmeno gli altri, è vero, come tu stessa hai notato; ma il nostro è un forum strano, in cui la gente scrive solo se scrive il suo signore e padrone, al secolo Matteo Marazzi da Tresigallo, il quale invece - come vedi - ha altre cose da fare. Ormai mi sono rassegnato e me ne sono fatta una ragione.
Ma tornando al topic, la tua bella, articolata e convincente argomentazione non configura una risposta al mio quesito.
Quesito che, peraltro, ignorava volutamente colui che negli ultimi vent'anni, in Italia, è stato - ed è ancora, ogni tanto - l'unica incarnazione del baritono verdiano accettata come tale da folle di appassionati: sto parlando ovviamente di Leo Nucci.
Il mio quesito puntava a capire non tanto la storia del baritono verdiano, quanto dove stiamo andando adesso.
Secondo me, della Storia di questa corda conosciamo, se non tutto, molto; paradossalmente sappiamo del passato più di quello che succede oggi!
La mia opinione è che i grandi ruoli verdiani siano meglio incarnati oggigiorno dai coloristi.
Tu stessa, non so quanto obtorto collo, ne hai identificato la strada con il riferimento al Balen di DFD, sulla cui eccellenza concordo anch'io.
E' da lui che derivano tutti i grandi coloristi fra cui, per me, c'è anche Hampson.
Del quale Hampson, by the way, io ho visto dal vivo la straordinaria incarnazione di Scarpia, a Zurigo, con Kaufmann e la modesta Magee e la straordinaria regia di Carsen. Bene: Hampson fu a mio gusto immensamente Scarpia! Molto più di tanti altri più "classici"...
Tornando a Verdi, credo che questa sia la strada.
E' una mia opinione, ovviamente: non è un assoluto.
Mi piacerebbe che qualcun altro desse il suo parere, ma so che questo potrebbe verificarsi solo se Matteo aggiungesse il suo augusto pensiero.
Ho però la sensazione che dovremo aspettare...
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda vivelaboheme » ven 02 mar 2012, 19:14

Su Cappuccilli, che mi rimanda da un felicissimo periodo di ascolti, mi sento di dire che la sua, realmente colossale interpretazione di Simon Boccanegra sotto la "mano" di Abbado e Strehler sia andata ben oltre l'immagine di cantante dotato di voce strabordante. Quel "Figlia" tenuto all'infinito e dolcissimo, così, ritengo non sia mai stato ascoltato prima, né - per ora - dopo. Idem, tutta la scena del Gran Consiglio eil finale.

Quanto a Carlo Guelfi, purtroppo il mio ultimo ascolto è il tristissimo Amonasro dell'Aida-Chailly, alla Scala


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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda Enrico » ven 02 mar 2012, 21:32

E va bene, scriviamo qualcosa.

I baritoni che ho ascoltato dal vivo in teatro in opere verdiane dal 1987 fino ad oggi sono:
Licinio Montefusco (la mia prima opera a teatro: Rigoletto!), Vicente Sardinero (la prima Traviata, con Miriciou e Alagna), Ettore Nova (la prima Aida, con Maria Chiara), Leo Nucci (il primo Trovatore), Paolo Coni (Rigoletto e Boccanegra), Roberto Servile, Stefano Antonucci, A.Nemeth, Simone Alaimo (Falstaff), Antonio Salvadori, Mauro Augustini, Carmelo Caruso, Vittorio Vitelli, Maurizio Zanchetti, Sergio Bologna, Leo An, Marzio Giossi, Massimiliano Fichera, Juan Pons, e alcuni altri dei quali ora non ricordo il nome.

Tutti abbastanza tradizionali, nessuno di questi si può definire "colorista", e nessuno di questi perfetto né pienamente convincente se non in alcuni momenti o in alcune singole scene: ognuno con i suo pregi, i suoi limiti, i suoi vezzi: anche se ai ruggiti tonanti di Nova o di Leo Nucci apparivano preferibili interpreti, non necessariamente famosi, capaci di maggiore dolcezza e di una maggiore ricerca di sfumature non solo vocali.

Passando a quelli conosciuti dal disco, alla radio, dalla televisione, che non elencherò tutti, mi limito a qualche osservazione e qualche conferma su alcune cose che avete già detto (o che anche io ho detto in altre discussioni: per esempio abbiamo già parlato in maniera approfondita di Fischer Dieskau in occasione di precedenti interventi di zia Ebe).
Cappuccilli non mi è mai piaciuto, nemmeno quando mi accontentavo di cantanti apprezzabili per grande quantità di voce o per fama autorevole o per il fascino dell'antichità remota: l'ho sempre trovato inespressivo, mentre uno dei miei preferiti, tra i moderni, era Sherril Milnes.

Al nostro caro Hampson rimprovero solo di non aver fatto di più in campo verdiano, perché ciò che ha fatto non è sempre perfetto ma almeno è interessantissimo e mai noioso: mi piace perfino il suo Germont (con Decker), per la sua antipatica somiglianza con diversi Germont in carne ed ossa che conosco nella vita vera: la sua capacità di "incomunicazione" con l'Alfredo di Villazon è unica e difficilmente imitabile. Altri nello stesso ruolo, giovani o vecchi, mi sono sembrati molto più superficiali o semplicemente banali.

Ma il problema è questo: mentre i vecchi continuano a esibirsi qua e là nel mondo (Juan Pons, Leo Nucci sempre truce e ruggente, l'inutile Domingo usurpatore di ruoli non suoi), i "moderni" Hampson e Keenlyside e Hvorostovsky, per citare solo tre nomi tra i più conosciuti, stanno per diventare anche loro cantanti "del passato": li conosciamo ormai da tanti anni. Quali sono, invece, i possibili baritoni verdiani di oggi che non si limitino, per i prossimi anni, a ripetere le tradizioni o i modelli consolidati, ma che possano veramente dirci qualcosa di nuovo e di interessante?
Enrico B.
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda Ebestignani » sab 03 mar 2012, 3:01

Grazie Pietro,ancora.
Non lo so,quanto al resto,se ho risposto o no.Dicevo alla fine del mio modello ideale,un DFD piu' strutturato,con un settore acuto "quanto basta" per cantare certi ruoli, che lui purtroppo non aveva anche se era talmente bravo da emettere raramente suoni brutti,e con un po' della sua sensibilita' e della sua musicalita'.
Guarda, Pietro,io non sono in senso stretto una passatista. Ma l'incisione di Fischer-Dieskau sta li', e c'e' sul tubo anche un cantabile di Germont eseguito dalla prima all'ultima nota con una mezzavoce di una dolcezza estenuante.In confronto a lui,Hampson che trovi nello stesso pezzo sullo stesso tubo e' proprio un povero diavolo.Insomma,quello che uno come DFD ci azzecchi con Hampson e Keenlyside faccio un po' fatica a capirlo. Pietro,Hampson non canta da baritono: canta completamente a modo suo,e non ha proprio l'allure e la struttura mentale della voce di mezzo. Non mi ricordo chi era quella cantante che negli anni 70 ha fatto fortuna imitando le voci altrui: Cathy Berberian? se sbaglio correggetemi e scusatemi.
A me Hampson la ricorda molto. Ha un sacco di risorse interpretative,e' simpatico,e' un bell'uomo,e dovrebbe essere anche uno molto intelligente. Ma a me sembra,appunto,la caricatura di un baritono. A Zurigo sono stata anch'io,sai? E se tu a Kaufmann puoi perdonare qualcosa ( non era la "prima",e qualche cosetta da museo degli orrori l'ha fatta pure) in virtu' di
uno strumento privilegiato e affascinante,a me quello Scarpia ha fatto venire i nervi(e se ricordo bene,non solo a me) Anzi lo considero uno dei peggiori mai sentiti,assieme a George London.Uno troppi androgeni,uno troppo pochi. Che poi a vederlo faccia un certo effetto posso pure capirlo,ma insomma un minimo di "peso" bisogna pure avercelo.Io ero tutta spostata sulla destra,e a me la voce proprio
neppure arrivava,nel Te Deum. Per apprezzarlo ( si fa per dire...) l'ho ritrovato suYoutube. E mi dispiace pure dirlo,ma l'ho pensato per tutta la durata dell'esecuzione con il flauto di Pan in bocca e gli uccelli sulle spalle,capitato per sbaglio a S.Andrea della Valle invece che a litigare con le damigelle di Astrifiammante,che alla fine gli chiudono la bocca col lucchetto.
Sai,pensavo a un tuo post proprio l'altro giorno, quando parlavi di Domenico Viglione Borghese.Non so perche' ci sia in giro la leggenda metropolitana della sua voce possente e tittaruffesca. Manco per niente: ho ereditato dai nonni dei 78 giri stravecchi, aveva una voce educatissima,timbratissima e alquanto chiara. Era uno Scarpia da favola,mi dicevano,e non stento a crederlo. Ecco,quello va bene.Pure subito.
E poi dimmi,ma di Keenlyside te sei proprio convinto? Io l'ho sentito cantare bene proprio in Wagner (Wolfram). Per il resto
non mi sembra proprio un predestinato,anche se lui una caricatura di baritono non e'.
Del resto non lo era neppure Hvorostovsky ( anche se a sentirlo quando,giovanissimo,vinse il concorso di Cardiff non ho che da rammaricarmi per quello che poteva dare) anche se, storcendo molto il naso, per certi ruoli o mi sbaglio alla grande o c'e' rimasto solo lui. Lucic l'ho sentito una volta d'estate a Salzburg e mi e' bastato.
E poi,io Nucci lo rispetto. Lo sentivo proprio a fatica anche quando era giovane, e anche spesso squadrato e noiosissimo.
Beh,e' un cantante nazionalpopolare :D pero' alla fine si guadagna il pane.Quelli che mal sopporto sono i suoi fans.
Certo,pensare che sia stato il baritono di riferimento in Italia dagli anni 80 quasi fino ad oggi fa correre qualche brivido nella schiena.

Un abbraccio a tutti
Maria Chiara
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda vivelaboheme » sab 03 mar 2012, 11:21

D'accordissimo con Enrico su Hampson: non sarà sempre ortodosso ma riesce sempre ad essere interessante. Un canto intelligente
Anche il recente Jago di Zurigo era esattamente così: non ortodosso ma di grande interesse

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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda Rodrigo » sab 03 mar 2012, 13:07

In questa bella rassegna non è stato ricordato, mi pare, Alberto Gazale. Voce bella anche se di volume contenuto, gusto elegante e attento. Insomme le carte in regola ci sarebbero però questo bravo cantante non ha mi sembra mietuto chissà che successi.
Cosa ne dite?
Saluti
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda MatMarazzi » sab 03 mar 2012, 21:20

Maria Chiara ha scritto:E vocalmente deve avere la tecnica (qualunque sia,d'accordo: SOLO IL RISULTATO CONTA) e per sostenere certe tessiture acutissime ( Rigoletto,il Conte di Luna,Renato) e per " reggere" certe grandi frasi della scrittura,che so,di Nabucco,di Simone,di Carlo V senza boccheggiare dopo dieci secondi.


ehehehe... carissima, che dire?
mi commuove che ti adatti a concedere che la tecnica possa essere una "qualunque, solo il risultato conta" :)
Ma non riesco a prenderlo come un omaggio alle mie idee! :)
Se il risultato di cui parli è conseguire "certi suoni" (quelli che a te piacciono, quelli a cui sei abituata, quelli che ritieni giusti) allora la tecnica vocale non potrà essere "qualunque"!
Il problema si pone se qualcuno non considera affatto un risultato in Verdi un approccio come quello che tu ami, quello alla De Luca o Galeffi!
O se ritiene che quelle che tu ci esponi come caratteristiche del baritono Verdiano non siano in realtà che l'immagine del lungo scempio operato, nel corso del 900, su questi personaggi meravigliosi!

Io ho ascoltato Verdi per tutta la vita, non mi stancherò mai di adorarlo, eppure mi sono sempre annoiato con i personaggi baritonali.
I tenori e i soprani (e penso valga per tutti) attiravano tutta la mia attenzione.
Al contrario mi riconoscevo nella battuta di Shaw per cui il baritono non sarebbe altri che quello che non vuole che il tenore si porti a letto il soprano.

Eppure quando mi sono trovato a riflettere davvero sui baritoni verdiani, ho capito che il problema non stava in loro - che anzi sono forse i veri protagonisti della poetica verdiana - ma nel modo con cui me li si propinava.

Partiamo dalla vocalità.
Per noi il baritono "verdiano" è praticamente un basso un po' più acuto. La voce è scura, il baricentro è grave.
Poi ci affanniamo a dire, come fai tu, che "le tessiture sono acutissime".
Ma non è vero! Che ragione aveva Verdi di far strangolare i suoi cantanti imponendo loro tessiture acutissime...
Lui scriveva per loro!
Se ci sembrano acutissime, è solo perché sono state pensate per voci molto più acute di quelle che, da un secolo, piazziamo in questo repertorio.
La verità è che il baritono verdiano dovrebbe essere ...un tenore un po' più grave dell'altro.

Il baritono verdiano deriva dal baritono donizettiano (ronconiano), tipologia vocale che per anni abbiamo ritenuto ...nata dal nulla, improvvisamente, dopo che per secoli se ne era fatto bellamente a meno.
Chi si occupa di storia della vocalità, però, sa che nessuna tipologia vocale, ma proprio nessuna, nasce dal nulla.
Persino i più stravaganti compositori novecenteschi forgiano i loro personaggi su tipologie vocali esistenti e fissate da secoli di tradizione.
Allo stesso modo il baritono romantico non è un fungo ma deriva dal baritenore proto-romantico.
E' praticamente il baritenore privato del falsetto, del quale non solo mantiene le caratteristiche vocali (ovviamente soppressa una buona quinta in acuto) ma soprattutto le funzioni drammaturgiche, la sua contrapposizione col tenore acuto.
Nell'opera pre- e proto-romantica il tenore acuto (poi rubiniano) evoca il sentimento, mentre quello baritonale l'eroismo; il primo si eleva alla spiritualità, quello baritonale scende alla carne e alla materia.
Enorme poi è la differenza etica: il tenore acuto incarna il bene, la virtù (donde anche una certa fissità simbolica, scarsa psicologia), mentre quello baritonale si oppone, si ribella, urla la sua rabbia, rantola nella sua sconfitta.
Insomma, il tenore acuto (rubiniano) profuma di incenso; quello baritonale (Nozzari, ma più ancora Nourrit, Garcia, Donzelli) puzza di zolfo.

Che c'è di diverso rispetto al successivo dualismo fra tenore e baritono in Donizetti e Verdi?
Assolutamente niente... l'uno è la continuazione dell'altro!
L'unica differenza, come abbiamo detto, è che, dopo il 1835, il falsetto non c'è più.

Questa filiazione ci può aiutare a capire che tipo di voce dovrebbe avere il baritono verdiano.
E anche quale"significato" drammaturgico ricoprire.
Una vocalità "tenorile" non solo valorizzerebbe finalmente la musica di Verdi (senza che dobbiamo affannarci a dire che le tessiture sono "acutissime") ma svelerebbe quel lato più giovane, ardimentoso e chiaro che i baritononi "classici" (come dici tu) celano dietro le loro pose epiche e signorili, con la mano sul cuore.
E ancora emergerebbe quel senso di passione guerriera e fallimento blasfemo che già caratterizzava gli Idomeneo e i Mitridate, i Pirro e gli Agorante, gli Achille di Paer, i Pollione di Bellini, i Don Ruiz di Donizetti.

Più che il discorso vocale, è il discorso poetico che mi affascina.
I baritenori pre-romantici (pensa a un Garcia, ma anche a un Nourrit) erano sulfurei! Essi incarnavano il grido di un'epoca, il crollo di un mondo, la paura del nuovo dell'Ancième Regime! Altro che "ampollosi e magniloquenti"...
Quest'ultimo aspetto è soprattutto vero per Verdi, la cui opera è espressione delle più accese inquietudini romantiche: tutto in Verdi si risolve in agitazione, rivolta, nevrosi ... non a caso il baritono (proprio per queste radici) è il registro a cui affida i suoi personaggi più agitati e moderni.
Il tenore è molto meno dinamico e forse ...meno verdiano: ha troppe responsabilità etiche, vocazioni spirituali.
E' vero che ogni tanto anche il tenore si ribella; si fa bandito e urla la sua rabbia (e guarda caso sono i ruoli "più baritonali" che Verdi abbia scritto per questa corda).
Ma in genere vogliamo paragonare la complessità, la mobilità, l'ironia di Re Carlo rispetto a Ernani? O le contraddizioni morali e sentimentali di un Conte di Luna rispetto alla prevedibilità di Manrico? O l'umanità più spiccia, strafottente, alle volte infantile di Carlo di Vargas rispetto alla continua (quella sì ampollosa) lamentosità di Alvaro? :)

Verdi è il più acceso e insurrezionale dei compositori operistici, è il baritono è proprio colui su cui può elaborare tutti quegli aspetti che rendono così composita e indecifrabile l'umanità, nel bene come nel male.
Altro che il caricaturale deuteragonista solenne e austero "con una mano sul cuore e l'altra sull'elsa ", come molto brillantemente hai scritto.
Non si potrebbe (ahimé) descrivere meglio di come hai fatto tu il tradimento che per un secolo abbiamo perpetrato su questi personaggi.


Maria Chiara ha scritto:E allora,vediamo un po' come sarebbe questo baritono verdiano.
L'unico personaggio baritonale che si stacca dagli altri e vive di luce assolutamente propria e particolare e' il povero Rigoletto,proprio il piu' tremendamente bello e difficile da cantare e interpretare.Gli altri sono Re ( barbari e no),Grandi di Spagna,Dogi, fieri nobiluomini,con la eccezione di un paio di figure grasso-grosso borghesi,come Germont e il vecchio Miller.
L'accento aulico,la fierezza,la dignita' di comportamento sono loro "must", e anche lo stesso Buffone e' una creatura di Victor Hugo e quindi quel tanto di magniloquenza e quel tanto di ampollosita' e di roboanza sono cose che gli appartengono.
Sono lontani dal vilain del Verismo: solo Jago,e in genere per demerito di chi lo interpreta,gli si puo' avvicinare anche sensibilmente.Quindi, diciamolo,la raffigurazione classica del baritono con la mano sinistra sul cuore e la destra sull'elsa della spada dovrebbe avere una credibilita' teatrale e storica superiore a quella degli azzimati giovanetti mozartiani di cui parlava Matt a proposito del Posa di Hampson.


Ecco... la tua analisi descrive bene non tanto ciò che è o dovrebbe essere il baritono verdiano, ma come lo abbiamo trasformato.
Inutile dire che, se andiamo un attimo a guardare spartiti e libretti, le cose stanno in modo ben diverso.
Si fa presto a evocare lo statuto sociale di un personaggio (Re, grandi di Spagna, Dogi...) e pretendere, per conseguenza, che esso posi a nobiluomo da favoline cappa e spada.
Se però si va a guardare, si scopre che, ad esempio, uno dei due Dogi che hai citato è un vecchio novantenne, compromesso, calpestato, irriso e insultato persino quando riesce a trovare la forza di ruggire! L'altro poi (Boccanegra) è un pirata, un popolano portato al potere a suon di cazzotti da una sommossa delle plebi! :)
Come non aspettarsi da un tipo del genere se non toni eleganti e aristocratici? :)
Si fa presto a dire che il Re Carlo dell'Ernani è un sovrano... sì, lo è!
E' un sovrano che se la fa con i banditi e va nottetempo a molestare le mogli dei suoi vassalli! Per fortuna che, avendo una mano sul cuore e una sull'elsa, non ne ha una terza per palpare il culo di Elvira! :)
Si fa presto a dire che Don Carlo di Vargas è figlio di un grande di Spagna... certo, ma è anche uno studente fuori corso, ventenne rissoso che bazzica le osterie in piena notte (e un'osteria in piena notte è proprio il posto dove mi aspetterei di incontrare un Galeffi o un Tagliabue che fanno a gare di mezzevoci). :)
Si fa presto a dire che Germont è un grosso-grasso borghese, certo... eppure è anche uno che sa come trattare le Lorettes del Demi-monde (forse le frequentava anche lui?) e dove trovarle. Forse se lo affidassimo a gente meno grasso-grossa di quelli che piacciono a te ci accorgeremmo che non è affatto grasso-grosso come credevamo!
Keenlyside, ti assicuro, non era nè grasso, nè grosso.
E il conte di Luna?
Certo... un nobile... ma è anche un ventenne dal sangue caldo, che si porta dietro le truppe andando in piena notte al verone della sua bella (come non immaginarsi un De Luca in calzamaglia a fare le stesse prodezze?), si batte con un ricercato, bestemmia, mescola interessi di stato con interessi privati ("abuso forse quel poter che pieno in me commise il prence") e si nasconde all'ingresso di un convento per rapire una suora! :)
Sinceramente io un tipo "aulico e dignitoso" come questo, avrei paura a incontrarlo di notte in una strada isolata! :)
Il colmo è quando leggo che Rigoletto (essendo tratto da Hugo!!) dovrebbe esibire toni "ampollosi e magniloquenti"!
Ma certo! Ovvio! Ampolloso e magniloquente è la prima cosa che Hugo e Verdi hanno pensato quando hanno deciso di dedicare le loro fatiche a un popolano deforme e squattrinato che per vivere fa il buffone!

Mi sembra di sognare! Eppure (la tristezza è questa) Maria Chiara ha ragione...
E' esattamente in questo modo che da decenni sopportiamo di veder massacrati i più entusiasmanti personaggi verdiani.
E' interessante chiederci ci siamo arrivati?
Quali sono state le tappe di un simile tradimento?

Il primo colpo l'ha inferto, secondo me, l'evoluzione della voce del tenore all'alba del ventesimo secolo.
Per quasi tutto l '800 il tenore era stato la voce dell'altezza (in senso vocale e in senso etico).
A lui spettava l'amore sentimentale, mentre l'amore fisico (e la sua rabbiosa carnalità) era del baritono.
Quando però la distinzione fra amore spirituale e amore carnale è venuta meno (con la fine delle poetiche romantiche), allora il tenore ha cominciato a rivendicare un po' di "carne" anche per sè.
Già la rivoluzione wagneriana ha imposto un tipo di tenore più scuro, centralizzante, baritonale; avvallato dai successivi realismi e verismi, il nuovo tenore "drammatico" (così venne chiamato) si impossessò di molte caratteristiche - anche vocali - che prima erano state del baritono.

A questo punto il problema era... come distinguere il "nuovo tenore" dal baritono, nelle vecchie opere in cui entrambe le figure erano presenti...
"baritonalizzandosi" il tenore, il baritono doveva scendere a sua volta... assomigliare timbricamente ai bassi, diventare più scuro come timbro e più grave come baricentro. In pratica assimilarsi al vecchio "basso cantante" di scuola italiana o al nuovo "bass-baritono" di marca wagneriana.
Ma mentre i nuovi personaggi (Scarpia ad esempio) furono forgiati sulle nuove caratteristiche, quelli vecchi (tutti quelli Verdiani) furono traditi da voci inadatte, completamente prive di quell'antica e indispensabile radice "tenorile".
Senza i bagliori, lo slancio, il suono quasi tenorile... i baritoni verdiani hanno perso la gioventù, l'ardore, la rivolta che li caratterizzava.
Inoltre, come i tenori "drammatici" hanno cominciato a strangolarsi per sostenere la scrittura verdiana, così anche i baritono hanno cominciato a impiastricciare e tendere le loro parti. In tutto il '900 non c'è nessuno che abbia eseguito il sol naturale del Balen con il pianissimo richiesto.
Fa eccezione solo Fischer Dieskau (sia pure con uno smunto falsettino) proprio nel brano che Maria Chiara ci ha proposto.
Naturalmente nemmeno Galeffi faceva il sol filato (troppo acuto anche per lui, come per tutti).


E all'ampollosità? Come ci siamo arrivati?
In parte come conseguenza dell'oscuramento dei personaggi (e conseguente invecchiamento).
Ma in parte anche allo specifico contributo dei baritoni "eleganti" che tanto piacciono a Maria Chiara.

Da questo punto di vista conviene premettere che non tutti i baritoni verdiani novecenteschi sono stati "Grand Seigneur". Ci sono stati anche i declamatori.
Fin dalla contrapposizione Battistini-Ruffo le scuole si sono diversificate.
L'applicazione del declamato alla scrittura verdiana nasceva, forse, da buone intenzioni. L'intento era quello di valorizzare il potenziale di modernità e forza di questi personaggi coi mezzi che il nuovo stile di canto metteva a disposizione (e che tqnto bene funzionava in Wagner e nei nuovi repertori).
Purtroppo però gli strumenti del declamato non possono dar conto decentemente di una scrittura le cui radici sono antiche e belcantistiche.
Anche per questo i verdiani declamatori sono spesso stati avversati (la famosa "scuola del muggito" denunciata da Celletti buonanima).

Il problema è che i"Grand Seigneurs" da Belle Epoque (dall'icona battistiniana, a De Luca, Amato, Galeffi, giù giù fino a Bruson) hanno fatto anche peggio..
Seppure più lineari e corretti nell'emissione, in termini teatrali e musicali finirono per azzerare il senso stesso di questi grandi anti-eroi romantici.
Con la stessa superficialità con cui allora si trattava tutto il repertorio sentito come "vecchio", essi posero il baritono verdiano su piedistalli, come bozzetti ridicoli che nulla hanno a che spartire con ciò che Maria Chiara definisce "credibilità teatrale e storica"...

Oggi, per fortuna, non esistono più i verdiani "grand Seigneurs".
Il pubblico li ha praticamente aboliti almeno dai tempi di Bruson.
Sopravvivono invece i declamatori, che dominano le produzioni Verdiane. Io ormai non li sopporto più.
Sono d'accordo che gente come Lucic, Ddobber, Alvarez meritano stima e rispetto, ma in Verdi non sono più disposto a sopportarli.

Qualcuno ricorderà che qualche anno fa, avevo augurato a un sommo baritenore come Bruce Ford di concludere la sua carriera buttandosi su Torquato Tasso, Belisario e Nabucco, in modo da dimostrare scientificamente la radice tenorile del baritono romantico.
Non mi ha ascoltato! :)
Ha preferito uscire di scena come tutti con malinconiche e periferiche repliche dei suoi vecchi successi. Peggio per lui! :)

Nell'attesa che qualche tenore capisca che c'è più soddisfazione a cantare benissimo Don CArlo che a strillare Alvaro, sono felicissimo di accogliere in Verdi i baritoni coloristi e la loro "rivoluzione" (sì, Maria Chiara... stiamo parando di una vera rivoluzione! Dopo un Macbeth come quello di Hampson - forse il più completo e perfetto che sia attestato - non si torna ai Taddei o ai McNeal!).
Se non altro i baritono coloristi sono acuti come estensione, chiari come timbro, multiformi come tecnica e, quel che più conta, talmente energici, carismatici e moderni da assurgere a veri protagonisti, come è giusto che sia, dato che è proprio il baritono il protagonista delle opere di Verdi.

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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda Riccardo » sab 03 mar 2012, 22:04

Straordinario come sempre l'intervento di Matteo.

Peccato che oggi l'unico tenore a cimentarsi nei ruoli baritonali di Verdi sia Domingo, prossimo ora a debuttare anche Francesco Foscari...
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda pbagnoli » sab 03 mar 2012, 22:41

Riccardo ha scritto:Straordinario come sempre l'intervento di Matteo.

Concordo.
E lo odio per scrivere sempre troppo poco, per i miei gusti

Riccardo ha scritto:Peccato che oggi l'unico tenore a cimentarsi nei ruoli baritonali di Verdi sia Domingo, prossimo ora a debuttare anche Francesco Foscari...

E anche papà Germont!
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda mattioli » sab 03 mar 2012, 23:21

Ah, ah, ah... grande Matt!

Anch'io ho sempre pensato le stesse cose.
Del resto, basta guardare alla grande svolta baritonale, fra gli Anni Trenta e Quaranta dell'Ottocento.
Due nomi: Tamburini e Ronconi.
Tamburini è la star di Bellini e Donizetti: non è un baritono, ma un basso cantante, cioè l'estensione "in alto" di Maometto II o di Assur: perfetta padronanza del falsettone, agilità, morbidezza, nostalgie, insomma "un rivale dai sentimenti sublimi" (Bellini a proposito del Riccardo dei Puritani).
Poi arriva Verdi, scopre Ronconi e gli inventa Nabucco. Attenzione, sono passati solo sette anni, ma nessuno potrebbe definire Ronconi "un rivale dai sentimenti sublimi". Nel frattempo, è scomparso il baritenore neoclassico, il cui canto del cigno (oddio...) è il Pollione nella Norma (1831...).
Fate due più due.

Ah, questo GM... Non solo sa (che è nulla), ma sa anche dirlo (che è tutto)...
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Re: Il baritono verdiano oggi

Messaggioda MatMarazzi » dom 04 mar 2012, 17:46

Riccardo ha scritto:Peccato che oggi l'unico tenore a cimentarsi nei ruoli baritonali di Verdi sia Domingo, prossimo ora a debuttare anche Francesco Foscari...


Esatto Ric...
Quel rompi di Domingo sta arrecando un gran danno... e non solo per la modestissima qualità dei suoi nonuagenari approcci baritonali, ma anche perché con essa sta ipotecando una possibilità a cui tutti teniamo: il sogno di sentire due tenori (diversi ma pur sempre tenori) che si confrontano nel Trovatore e nella Forza del Destino, come già nell'Ermione e nella Donna del Lago.
A forza di imbarazzarsi per le prestazioni baritonali di Domingo, il pubblico finirà per pensare che tutto ciò è assurdo.

Mattioli ha scritto:Nel frattempo, è scomparso il baritenore neoclassico, il cui canto del cigno (oddio...) è il Pollione nella Norma (1831...).
Fate due più due.


L'esempio più sconvolgente, per me, del passaggio delle consegne è caduto 10 anni dopo, quando Donizetti in una stessa opera (Maria Padilla) ficca l'ultimo dei baritenori (Donzelli) e il primo dei baritoni (Ronconi).
Uno dei due fa il vecchio padre tragico e l'altro è l'amante regale, vigoroso e sensuale.
Indovina un po' chi fa il vecchio padre tragico? Il tenore Donzelli... E chi fa l'amante regale? Il baritono Ronconi!
La staffetta è consegnata!

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