Manon (Massenet): interpreti

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Manon (Massenet): interpreti

Messaggioda Maugham » dom 05 set 2010, 16:08

John Ardoin riporta che la Callas, finita la registrazione di Gioconda-Emi, abbia dichiarato: "E' tutto lì quello che serve a qualcuno che voglia ascoltare o capire il mio canto e il mio metodo di lavoro".
Sono del parere che una frase simile possa dirla anche la Dessay riferendosi alla Manon da Barcellona pubblicata dalla Virgin.
Non è solo questione di canto più o meno buono; in questa Manon la Dessay trascende l'idea stessa di cantante diventando qualcosa d'altro.
Inutile esemplificare. Timbro, accento, colori, padronanza della lingua francese (ovvio) nelle sue più impercettibili sfumature, nei suoi legami con la musica, in un dialogo continuo e inesausto.
Cito di nuovo Ardoin in una frase detta per la Callas: "non sarebbe riuscita, neanche volendolo, ad essere inespressiva".
Questo vale anche per la Dessay.

Un'altra notevole Manon del nostro tempo è la Netrebko.
Reduce dal clamoroso successo di Londra (Beck, ce ne parli?) la si può vedere nel video (un blu-ray dalla strepitosa qualità tecnica) di Berlino e in quello di Vienna.
Certo, vista in sequenza dopo la Dessay -che poteva vantare anche l'apporto non indifferente di McVicar, ovvero del maggior esponente della direzione d'attori attualmente in circolazione- può apparire più convenzionale.
Sia a Vienna che a Berlino la Netrebko legge Manon come un'irresistibile e inconsapevole catalizzatrice d'erezioni che, lo si sa, prima o poi farà una brutta fine.
Non è una critica, la mia, assolutamente. Anch'io sono stato...catalizzato. :shock:
Non è una critica anche perchè la Netrebko canta stupendamente e l'eccesso di civetteria e di autocompiacimento che le si può rimproverare è riassorbito da una forza teatrale dirompente, da un magnetismo singolare e da una musicalità (notate nella prima aria sia a Vienna che a Berlino il rigoroso controllo del ritmo) eccellente.
Sia lei che la Dessay hanno, secondo me, capito il vero segreto della vis seduttiva di Manon.
L'hanno capito pur essendo completamente differenti nel fisico, nella voce e anche nell'approccio.
Perchè Manon arrapa tutta Parigi? Perchè è bella, è colta, è intelligente?
Assolutamente no. Arrapa perchè rappresenta qualcosa di inconsueto.
Sbaglia chi ne fa la solita ragazza provinciale che si trasforma in sofisticata lady del jet-set.
Parigi era già piena di sofisticate lady del jet-set.
Quello che rende Manon così diversa dalle altre e il fatto che, seppur vestita di Prada e Gucci, rimane la ragazza... del Montana che frequenta Park Avenue.

Il problema di un'altra celebrata Manon dei nostri tempi, la Fleming, è proprio l'inverso.
Lei è una ricca signora di Park Avenue che... tenta di fare la ragazza del Montana.
Con risultati, oggi, assolutamente fuori tempo massimo.
Anche qui non è questione di canto e di note. O, almeno, io non ne faccio assolutamente una questione di canto e di note.
Ma di approccio al ruolo e di assoluta incapacità nel gestire, senza palese impaccio scenico-vocale, la prosodia massenetiana.
Con il risultato di apparire falsa come una moneta di cioccolato.
Ovviamente è un mio parere; la Manon della Fleming ha un seguito enorme.
Ciò non toglie che sotto il profilo ritmico, linguistico ed espressivo la Fleming si collochi diversi piani sotto le sue colleghe citate.
Ammetto che con il Pizzi dell'Opéra (ovvero Deflo) non è che poi si potessero fare grandi cose; così come come è altrettanto vero che con un partner come Alvarez che canta Massenet come fosse Puccini (avete sentito il suo Werther?) non è ci fosse chissà quale libertà di movimento... però ritengo che sia un problema, non so come dire, di plausibilità che nè la Fleming, nè Alvarez sembrano porsi.
Perchè, per loro, l'opera è quella cosa lì, dalla drammaturgia stracca, nota a tutti, cui sopperire com gesti stereotipati, pose enfatiche e controscene da cinematografia terzomondista.
O forse semplicemente non sanno recitare.
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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda Tucidide » dom 05 set 2010, 17:43

Carissimo, conosco bene tutte e tre le edizioni in video che citi. Della Netrebko ho sia il video di Berlino sia quello di Vienna, della Fleming conosco una buona partita di Manon, oltre al video di Deflo. Tu la chiami Manon dei nostri tempi, e sei generoso. :) La signora non canta il ruolo da quattro anni, e non pare intenzionata a riprenderlo.
L'impressione che mi sono fatto è che ognuna delle tre signore che citi utilizzi al massimo quello che è il proprio bagaglio vocale, caratteriale e fisico. Sotto questo profilo, nessuna delle tre può essere rimproverata di scarso impegno e partecipazione.
La Dessay fa una Manon vocalmente leggera, penetrante, scatenata anche nelle linee più dolci e soffuse. Davvero sembra, come dici, innervare ogni frase di accenti, significati nascosti, colori ed espressioni, con una fantasia fuori dal comune, certamente derivante anche dalla perfetta padronanza della lingua. Direi anche che, a livello tecnico, la voce sia in condizioni molto buone, pur essendo nel periodo post-operatorio. Rispetto alla Lucia dal Met, per esempio, mi pare ci sia un bello scalino di differenza.
La Netrebko, lei sì, mi sembra quello che dici tu: la ragazza del Montana che frequenta Park Avenue. Fintamente ingenua, sa bene quale sia il suo richiamo sensuale e sessuale, e risulta irresistibile anche per quello. E' sicuramente molto aiutata anche dal fisico, specialmente nei succinti abiti di Vienna. A livello vocale, però, a me non pare particolarmente significativa, anzi la trovo, se paragonata alla caleidoscopica Dessay, piuttosto anonima, e non sempre a posto con l'intonazione (suo problema abbastanza ricorrente). Se basta il controllo del ritmo (ossia, in questo caso, stare a tempo) per fare una musicalità eccellente, non saprei proprio... : Blink :
La Fleming è sicuramente diversa da tutte e due, ma è anche quella inserita nello spettacolo più vetusto, e in casi come questo, corre sempre il rischio di adagiarsi. Quando è inserita in uno spettacolo registicamente e scenografricamente ben strutturato e curato, la Fleming è spronata a fare qualcosa, a calarsi nella parte che le si richiede. Diversamente, ella ha un cliché per ogni ruolo, che ripete in ogni contesto registicamente poco interessante. Una cosa simile le succede ad esempio nel Rosenkavalier, dove si avverte la differenza fra lo spettacolo di Wernicke ripreso a Baden Baden e la vetusta e polverosa messa in scena di Merrill al Met. Non penso sia un problema di partner (Alvarez non è poi molto peggio di Villazon), ma proprio di contesto generale. Però, ad esser sinceri, nel video dell'Opéra, datato 2001, la Fleming è in formissima, e certe prodezze vocali non le senti proprio tutti i giorni. :D
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda MatMarazzi » dom 05 set 2010, 18:20

Maugham ha scritto:John Ardoin riporta che la Callas, finita la registrazione di Gioconda-Emi, abbia dichiarato: "E' tutto lì quello che serve a qualcuno che voglia ascoltare o capire il mio canto e il mio metodo di lavoro".
Sono del parere che una frase simile possa dirla anche la Dessay riferendosi alla Manon da Barcellona pubblicata dalla Virgin.
Non è solo questione di canto più o meno buono; in questa Manon la Dessay trascende l'idea stessa di cantante diventando qualcosa d'altro.
Inutile esemplificare. Timbro, accento, colori, padronanza della lingua francese (ovvio) nelle sue più impercettibili sfumature, nei suoi legami con la musica, in un dialogo continuo e inesausto.
Cito di nuovo Ardoin in una frase detta per la Callas: "non sarebbe riuscita, neanche volendolo, ad essere inespressiva".
Questo vale anche per la Dessay.



Caro Maugham,
vado palesemente OT, ma credo che il mio post possa ugualmente interessare i lettori, anche perché, se non altro, io la Dessay in Manon l'ho vista dal vivo.
Poiché la memoria tira alle volte brutti scherzi, ho ritrovato un post che avevo inviato a un gruppo di Yahoo dedicato all'opera il 23 settembre del 2004.
Parlavo di varie interpretazioni a cui avevo assistito nel corso dell'estate, fra cui anche il debutto della Dessay come Manon a Ginevra.
Per semplicità ho lasciato tutto il post (anche se si parla di varie interpretazioni, non solo di Manon) perché lo considero una bella e autentica testimonianza :)
A rileggerlo mi sembra di analizzare una recensione d'epoca! :)

Salutoni,
Mat

Cari amici,
travolto da discussioni esaltanti (la vocalità, Wagner, le
convenzioni operistiche) ho dimenticato una mia antica promessa a
Riccardo: relazionarvi sugli spettacoli che ho visto quest'estate.

Il fatto è che sono troppi: ben sette fra Parigi, Ginevra, Amsterdam,
Monaco e Salisburgo, e tutti molto belli.

NOn riuscirei a commentarli tutti, e allora ho pensato di
concentrarmi solo su un aspetto: le signore cantanti.
Alcune di loro (la Fleming, la Gruberova, la Dessay, la Von Otter e
la Denoke) mi hanno regalato emozioni grandissime.



RENE FLEMING (Parigi. Capriccio di Strauss)

L'avevo già sentita dal vivo sempre a Parigi (ma alla Bastille) nella
Rusalka di Dvorak; in genere non è una cantante per cui straveda.
Nonostante un timbro di incomparabile bellezza e uno straordinario
carisma scenico, c'è nella Fleming una concentrazione divistica sulle
proprie bellezze, quasi da "calendario" musicale, che me la rende
falsa e anche un po' stomachevole.
Anche quando la sua tecnica e il suo stile sono giusti (il che
significa NON nel primo-ottocento italiano), mi irrita quel suo
sacrificare il "personaggio" al proprio ruolo di "diva".
Ciò premesso, la Contessa del Capriccio di Strauss è qualcosa di meno
e contemporaneamente di più di un "personaggio": è un'astrazione.
E' l'incarnazione dell'Opera, materializzata nelle seducenti
apparenze di una dama misteriosa, soave e inquieta, amata da tutti ma
sfuggente, incoerente, inafferrabile.
La Fleming (pregi e difetti) è ideale a raffigurare questo mito,
proprio perché la sua arte si consuma e si sostanzia nella
contemplazione edonistica di sè.
Libera dal dover interpretare "qualcuno", la Fleming si rivela in ciò
che ha di meglio, la radiosa consapevolezza di essere "qualcosa": LA
diva.

Come è noto, al centro delle speculazioni di quest'opera (tanto
spesso noiose e gratuite) dovrebbe esserci il dissidio fra musica e
parola.
Nello spettacolo ideato da Robert Carsen, invece, è un altro dissidio
che emerge: quello fra "vita reale" e "finzione teatrale".
La diva-Fleming diviene il simbolo vivente della "finzione": è questo
aspetto che Carsen esalta fin dall'inizio, quando la fa sedere in
platea fra il pubblico (accolta da un uragano di applausi) ad
ascoltare (sfogliando lo spartito, l'occhio languido e la postura
regale) il sestetto che funge da ouverture.

Il monologo finale della contessa è collocato da Carsen in un
teatrino...
Avete presente quei teatrini per "figurini" fatti di cartone?
con le colonne in prospettiva lungo le quinte? le volute del sipario
dipinte? le poltroncine settecentesche ai lati?
...Quei "teatrini" usati un tempo dagli scenografi, per provare
l'effetto delle loro idee, e oggi oggetto di collezione.

Bene, immaginatevi un teatrino così: solo che dovete immaginarlo
grande quanto tutta la scena dell'Opéra di Parigi, come ingrandito a
dismisura da una lente magica.

Al centro di questo trionfo dell'illusione, c'è lei... la Fleming,
bella come un cartone animato, illuminata da un "occhio di bue",
avvolta di seta e veli bianchi, rilucente di gioielli.
Sulla struggente musica di Strauss, comincia a effondere un mare di
creme, cascami di velluti, volute sinuose, e i suoni più pastosi,
morbidi, iridescenti cha abbia mai sentito dal vivo.
Venti minuti che trascinano lo spettatore in un universo di piacere
puro, irreale, consapevolmente ed estremisticamente finto.
Al termine di questa sublimazione della finzione, la "vita reale"
rompe i confini (per un attimo), prima che la musica di strauss si
spenga.
In un batter d'occhio, il teatrino sparisce... le pareti vengono
assorbite ai lati; il fondale si solleva... si spegne l'occhio di
bue...
e cosa resta?
Resta il palcoscenico dell'Opéra, nudo e crudo, con la Fleming al
centro, che (ormai fuori della finzione) comincia a sbottonarsi
l'abito, subito circondata da collaboratori e sarte; alcuni tecnici
cominciano silenziosamente a smontare le strutture, spostare gli
attrezzi.
Quando la musica di Strauss finalmente si spegne nell'ultimo
pianissimo, si spengono anche le luci sul "vero" palcoscenico.


EDITA GRUBEROVA (Monaco: Roberto Devereux di Donizetti)

Non sono mai stato un amante della Gruberova.
Quel suo vocalismo olimpionico non bastava a convincermi, specie nei
ruoli lirico-elegiaci che ha così spesso interpretato.
La Gruby è una donnina intelligente, decisa, estremamente spiritosa,
ma non ha femminilità, non ha capacità di seduzione, non ha fascino.
Figuriamocela poi nei languori virginei e spirituali del Romanticismo
italiano!!

Ho dovuto modificare la mia opinione su di lei nel febbraio del 2001,
quando la vidi nel Devereux a Vienna: in quell'occasione fui
testimone di un'interpretazione storica... strana, eslege, spesso
volgare, ma infinitamente più vera di tutte le altre Elisabette che
avessi sentito (tranne la Gencer).
Il prodigio si è ripetuto tal quale lo scorso luglio a Monaco
(nonostante le falle sempre più evidenti della vocalità).

Vocalmente la Gruberova mette in campo un'incredibile serie di
effetti, tanto da meritarsi l'appellattivo (formulato dall'amico Gigi
di Padova) di "giocoliere" della voce: i cultori della tradizione
callassiana rimarrebbero di stucco di fronte ai continui "parlato",
al registro di petto afono e scassato spavaldamente esibito, agli
improvvisi scarti dinamici per cui una parola viene (nel giro di
pochi attimi) attaccata ringhiante poi, alla sillaba dopo, ridotta a
un pianissimo del tutto illogico, quindi nuovamente rabbiosa
sull'ultima sillaba....
Tutti questi effetti (molti dei quali tra il rantolo e il mugolio)
sono trattati dalla Gruberova alla stessa stregua dei miracoli
vocalistici che, continaumente, regala nel corso dell'opera: filature
a tutte le altezze (anche sul re sopracuto), agilità sbalorditive,
divisioni nettissime e vertiginose.

Il regista della rappresentazione (tutt'altro che geniale) ha
collocato la vicenda in una generica contemporaneità, dove Elisabetta
Tudor non è più regina incoronata, ma una moderna donna di potere,
una grande manager al vertice di una multinazionale, collusa con
poteri non del tutto trasparenti (la mafia)... il consiglio dei pari
altro non è che il suo c.d.a.
Una simile idea - di suo - non è nè esaltante, nè originale, ma lo è
divenuta grazie alla bravura della Gruberova, imperiosa e isterica,
negli impeccabili tailleurs, col tacco alto, la pettinatura alla
moda, stroardinario miscuglio di classe e volgarità.
Entra in scena con passo veloce (come di chi non ha tempo da
perdere), busto eretto, fronte alta; si muove con la vistosa eleganza
della gran signora, ma cammina rumorosamente (facendo ben sentire
il "tacco" del capo); quando parla con i sottoposti ha l'espressione
di chi sta già pensando ad altri mille problemi, e frattanto corregge
la sbavatura del rossetto, si serve un drink, diffonde sorrisi
distratti e occhiate minacciose...
Dietro a questa immagine di efficienza e dinamismo, la Gruberova fa
intravedere gli scricchiolii e i cedimenti di una personalità sempre
più schiacciata dal suo ruolo: è strepitosa quando al primo atto -
prima di lanciarsi nel fuoco d'artificio della cabaletta - ingoia una
pillola eccitante.
Il suo recitativo è in contiuna fibrillazione, agitato come il suo
modo di stare in scena: è la fragilità di questa Elisabetta a
colpirti, non la forza.
Del mondo che comanda, è a sua volta un semplice ingranaggio.
E, alla tragedia finale, è vittima non meno di Devereux.

La scena finale è secondo me il vertice poetico della carriera della
Gruberova: la vecchia manager,sconfitta dal suo stesso potere, si
trascina in scena con un lungo vestito da sera, anche un po'
ridicola, come se mille doloretti artritici si fossero impossessati
del suo corpo.
Il "vivi ingrato" è una miracolosa trama di ansimi e filature, quasi
incredibile a sentirsi; la cabaletta, eseguita con occhio sgranato ed
espressione stravolta, è sconvolgente.
Subito prima del liberatorio mi bemolle sopracuto, alla fine
dell'opera, la Gruberova si toglie di testa la parrucca, mostrando al
pubblico la propria sconfitta attraverso i suoi veri capelli: grigi,
radi, corti, spettinati.
E' commovente l'audacia di questa ex-soubrette sessantenne, capace di
lottare per il suo personaggio fino a fare della sua stessa vecchiaia
uno strumento di verità.

La Staatsoper di Monaco le ha tributato alla fine la standing
ovation: lei sola al centro del palcoscenico ormai vuoto (dopo
mezz'ora di urla e acclamazioni) e tutta la platea in piedi ad
acclamarla.


NATHALIE DESSAY (Ginevra. Manon)

Secondo me, la Dessay non è mai stata solo una macchina da sopracuti:
è una grande personalità.
Dietro il gusto per l'acrobazia, dietro certe frequenze disumane (e
oggi, temo, un po' compromesse) c'è qualcos'altro, che non si può
trovare nelle varie Devia e figlioccie (Mei, Ciofi, Rancatore...).
Una ricchezza interiore, una verità d'artista, che rendono alcune sue
incarnazioni straordinarie.
E' vero che nei ruoli romantici la sua organizzazione tecnica rivela
dei limiti (mi riferisco soprattutto a Lucie e Amina), ma nelle
Lakmé, nelle Olympia, nelle Zerbinetta, nelle Ophelie si coglie una
umanità disperatamente viva e moderna.

A Ginevra, l'ho sentita debuttare nel ruolo della sua vita: Manon.
Le ragazze di Parigi hanno caratteristiche inconfondibili
nell'immaginario collettivo... e credo non solo in quello.
Contemporaneamente ingenue ed espertissime; spregiudicate e candide;
generose ed egoiste fino alla crudeltà, semplici e raffinate, il
tutto con la massima naturalezza.
Trovare l'equilibrio in questi contrasti non è facile.
Puccini ci è riuscito forse solo con Musetta... ma secondo me non con
Mimì e meno ancora con Manon.
C'è invece riuscito Massenet: quale creatura operistica è più
parigina di Manon?
E quale cantante lo è più di Nathalie Dessay?

Non bella in senso classico, ma graziosa, minuta, acqua e sapone,
come la sua voce; si muove leggera come una ballerina, e, se risulta
seducente "en diable", è solo grazie alla semplicità del gesto e allo
sguardo indifeso, senza un'ombra di affettazione, con semplicità e
innata eleganza.
Il suo canto (lirico e trasparente) ha la perfezione scintillante di
un cristallo; ma del cristallo ha pure la fragilità... la sensazione
che debba spezzarsi con nulla.
Attrice strepitosamente brava, la Dessay riempie il palcoscenico
della sua esuberanza gioiosa e dà continuamente la sensazione di
interpreteare se stessa, conferendo alla sua incarnazione una verità
che personalmente non esito a considerare storica.
Se ne parlerà ancora della sua Manon: a Ginevra c'è solo stato il
debutto, ma presto credo che tutto il mondo ne farà la conoscenza.



ANNE SOPHIE VON OTTER (Capriccio a Parigi; Canto della Terra a Monaco)

A Parigi faceva Clairon nello stesso Capriccio con la Fleming.
Visivamente era di grande effetto: sensualosa e provocante, con la
parrucca nera e il lungo abito da sera, un niente di Mata Hari mentre
si aggirava con fare imperioso fra i saloni del palazzo.
Eppure non è lì che il genio vocale della Von Otter si può rivelare.
E infatti un mese dopo, alla Philharmonie di Monaco, le cose sono
andate diversamente.
James Levine (con un super-concerto tutto mahleriano) dava il suo
addio all'orchestra di cui è stato, per tanti anni, il direttore
principale dopo Chelibidache: i Munchner Philharmoniker.

La Von Otter non è (a prima vista) la cantante giusta per il Canto
della Terra: la sua voce è troppo piccola, povera di rifrazioni, di
armonici; anche a livello espressivo, è una poetessa di gusto
neoterico: la sua arte è fatta di rifinitissime manipolazioni
cromatiche, effetti di magistrale oreficeria... non è adatta a
combattere con orchestre oceaniche.
Ma queste sono cose che sa bene anche Levine, che pure l'ha voluta in
questo concerto.
Per valorizzare l'espressività della sua artista, il direttore ha
ridotto l'orchestra a un tappeto silenzioso, un mare tranquillo il
cui mormorio non doveva disturbare il canto.
Quel che ne è uscito, è stato il più intimo e ipnotico Abschied che
si possa sognare, costruito nota per nota sui colori più distillati e
adamantini, sulle sonorità perlacee e sui sussurri angelici della
cantante svedese; indimenticabili gli "ewig" finali: incorporei,
quasi soffiati, come nemmeno la Ferrier avrebbe potuto fare.


ANGELA DENOKE
La Marietta della Città Morta di Korngold è, vocalmente, un ruolo di
marca pucciniana: richiede una vocalità estesa e flessuosa, quelle
che un tempo si dicevano da "lirico spinto".
Una Tosca, una Minnie.
Angela Denoke non ha queste caratteristiche: la sua voce è dura e
disomogenea; i suoi pianissimi sono suggestivi ma strani, ingolati.
Gli acuti sono terribili (tanto che mi chiedo perché non sia ancora
passata - in pianta stabile - al registro mezzosopranile).
Mi ricorda una di quelle declamatrici di cui abbiamo parlato nelle
precedenti discussioni (la Moedl, la Pylarkzyck, la Borkh): con esse
non condivide solo il modesto vocalismo, ma anche la genialità e la
raffinatezza della declamazione.

Per me la Denoke è una delle più grandi artiste del canto odierno: le
sue risorse in termini di cromatismi, chiaroscuri, articolazione e
declamazione sono inesauribili.
Persino in un ruolo vocalisticamente impegnativo (come questo) in cui
emergono crudamente alcune magagne, la Denoke esce in modo geniale;
attraverso il filtro di una simile scomposizione coloristica, il
personaggio risulta ingigantito.
Ovviamente parte di questo successo è ascrivibile all'incredibile
presenza scenica, alla bellezza cinematografica (che ricorda
moltissimo Glenn Klose), alla sensualità istintiva, alle capacità da
trasformista (a cui l'ha costretta il regista Willy Decker): di volta
in volta, la Denoke si metamorfizza (nei sogni del protagonista) in
ballerina classica, cantante da Cabaret, Pierrot, prostituta, salvo
poi ricomporsi improvvisamente nella fissità spettrale della moglie
morta.
Se posso esprimere un augurio a questa meravigliosa artista, è quello
di tenersi sempre più distante da ruoli che (vocalisticamente)
possano esporla a critiche (Medea, Fidelio, Arabella): si dedichi
solo a personaggi declamatori e magari rinunciando a tessiture acute
e sopranili!


Di chi non ho parlato?
Anzitutto delle due primedonne del don Carlos di Amsterdam, entrambe
surclassate dalla strepitosa prova vocale e fisica del tenore Rolando
Villazon, nevrotico e travolgente Don Carlos.
Eboli era Violeta Urmana, cantante che ho già visto in tutte le salse
(Judith con Boulez, Ifigenia con Muti, Santuzza con Bartoletti,
Kundry con Abbado).
Non la considero una grande personalità... però in Eboli funziona più
che bene; altera, sdegnosa, e dalla vocalità trionfante.
La Roocroft, sottile e intelligente, ha composto una Elisabetta molto
più varia e originale, ma le acidità del suo registro acuto la
rendono, secondo me, assai poco indicata in questo repertorio.
Staremo a sentire la sua Ellen Orford a Salisburgo.

A Monaco ho anche sentito la Piland (SAra di Nottingham, a fianco
della Gruberova) e la Roschmann (seconda di Mahler con Levine);
entrambe bravine.

Non ho nulla di particolare da dire anche sulla Piezconka e sulla
Kirschlager, rispettivamente Marescialla e Oktavian nel Rosenkavalier
di Salisburgo, spettacolo curiosamente rovinato proprio da quel
Robert Carsen che, poche settimane prima, mi aveva offerto emozioni
indescrivibili col Capriccio.
La Piezconka manca di personalità e fatica negli attesi momenti
vocalistici; la Kirschlager (costretta dal regista a fare un
Oktavian "macho") risulta ridicola, oltre che vocalmente fragile.
Vera reginetta della festa è stata Miah Persson (Sophie), una ragazza
di cui sentiremo parlare.

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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda Maugham » dom 05 set 2010, 20:05

Tucidide ha scritto:della Fleming conosco una buona partita di Manon, oltre al video di Deflo. Tu la chiami Manon dei nostri tempi, e sei generoso. :) La signora non canta il ruolo da quattro anni, e non pare intenzionata a riprenderlo.


Be', lo è. Quattro anni di silenzio non la mettono nel medioevo.

La Netrebko, lei sì, mi sembra quello che dici tu: la ragazza del Montana che frequenta Park Avenue. Fintamente ingenua, sa bene quale sia il suo richiamo sensuale e sessuale, e risulta irresistibile anche per quello. E' sicuramente molto aiutata anche dal fisico, specialmente nei succinti abiti di Vienna.


Carissimo, il fisico senza dubbio aiuta la Netrebko. Ormai me lo sento ripetere tutte le volte che la cito. Ma come mai la Dessay, nonostante il fisico (è attempatina come Manon, no?) risulta di una verità, di una suggestione e di una comunicativa superiore alla strafighissima Netrebko? E comunque di soprano belle adesso ce ne sono a pacchi. Facciamo fare Manon alla Monogarova? Vediamo cosa succede.

A livello vocale, però, a me non pare particolarmente significativa, anzi la trovo, se paragonata alla caleidoscopica Dessay, piuttosto anonima, e non sempre a posto con l'intonazione (suo problema abbastanza ricorrente).


Forse avranno taroccato il blu-ray della DG ma io di problemi d'intonazione non ne ho sentiti.


Se basta il controllo del ritmo (ossia, in questo caso, stare a tempo) per fare una musicalità eccellente, non saprei proprio... : Blink :


Cosa vuoi che ti dica. Quando parlavo di ritmo non intendevo il solfeggio, ma il complesso di inflessioni, l'uso dei rubati, la padronanza del lessico massenettiano in quel continuo gioco di impercettibili sfasature ritmiche che danno la spinta alla frase. Ovvero le stesse note in quanto a durata devono essere rese diversamente a seconda della parola su cui stanno, al suono della frase, della situazione scenica. Il bravo interprete massenetiano (a prescindere dai bei suoni) le diversifica e tutto diventa più sciolto e naturale. L'interprete massenetiano più "normale" invece quelle note le canta tutte uguali e basta perchè sono note che durano così. No, non parlavo di semplice solfeggio, sono convinto che anche la Fleming lo padroneggi perfettamente. : Thumbup :

La Fleming è sicuramente diversa da tutte e due, ma è anche quella inserita nello spettacolo più vetusto, e in casi come questo, corre sempre il rischio di adagiarsi.


La Netrebko a Berlino è inserita nello spettacolo di Paterson, praticamente un Carsen-Pelly senza Carsen-Pelly, apparentemente nuovo e invece noioso e bislacco. Inoltre ha sul podio Baremboim che smazzola niente male e non mi sembra per nulla adagiata. Forse è questione di temperamento, mah...

Non penso sia un problema di partner (Alvarez non è poi molto peggio di Villazon), ma proprio di contesto generale.


La vedremo diversamente. Io non stravedo per Villazon (che comunque ho ascoltato dal vivo solo una volta) però trovo ci sia un abisso a livello, se non vuoi a tecnico-cellettiano, senza dubbio espressivo. Alvarez lo trovo di una noia mortale, sbrodola le frasi, canta addosso alla partner, gonfia le gote appena è possibile. In Puccini, dove la voce è sempre raddoppiata dall'orchestra ti salvi, in Massenet coli a picco.

Però, ad esser sinceri, nel video dell'Opéra, datato 2001, la Fleming è in formissima, e certe prodezze vocali non le senti proprio tutti i giorni. :D


Sono sicerissimo. :D Al punto di aver scritto che non ne facevo una questione di note. Ma di stile. Se guardiamo alle prodezze vocali allora la Silss e la Gruberova le battono tutte.


Ciao

WSM
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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda Tucidide » dom 05 set 2010, 20:48

Maugham ha scritto:Be', lo è. Quattro anni di silenzio non la mettono nel medioevo.

Medioevo no, ma teniamo anche conto del fatto che è la più anziana delle tre. Se volessi adesso, nel 2010, allestire una Manon, non chiameresti la Fleming, credo. :D

Carissimo, il fisico senza dubbio aiuta la Netrebko. Ormai me lo sento ripetere tutte le volte che la cito. Ma come mai la Dessay, nonostante il fisico (è attempatina come Manon, no?) risulta di una verità, di una suggestione e di una comunicativa superiore alla strafighissima Netrebko?

Beh, hai ragione, ma comunque la Nat, anche se non è mai stata una gran bellezza, ha un fisichino esile e asciutto, che suggerisce giovinezza. La Fleming del 2001 era un po' giunonica, e difficilmente avrebbe potuto fare tutti i movimenti, ad esempio, di una Netrebko, ma anche della Dessay.

Forse avranno taroccato il blu-ray della DG ma io di problemi d'intonazione non ne ho sentiti.

Eh eh... lo fanno, altroché se lo fanno! :D Io poi mi riferivo più a quella di Vienna, che ricordo meglio di quella di Berlino.
La Netrebko a Berlino è inserita nello spettacolo di Paterson, praticamente un Carsen-Pelly senza Carsen-Pelly, apparentemente nuovo e invece noioso e bislacco. Inoltre ha sul podio Baremboim che smazzola niente male e non mi sembra per nulla adagiata. Forse è questione di temperamento, mah...

Beh, sì, è vero, ma la visione registica di Paterson è comunque perfetta per la Netrebko, le consente tutte le civetterie sceniche che le piace ripetere volta per volta, e quindi mi sembra funzioni bene. Non lo vedo come una possibile zavorra per lei, anzi.

Io non stravedo per Villazon (che comunque ho ascoltato dal vivo solo una volta) però trovo ci sia un abisso a livello, se non vuoi a tecnico-cellettiano, senza dubbio espressivo.

Io non sono certo un estimatore di Alvarez, che nel video parigino è davvero scarso forte. Ma anche il Villazon di Barcellona non è messo molto bene: fu la serie di recite in cui steccò tre volte consecutive in "Ah, fuyez, douce image". :cry: Mi sembra che sia sempre al limite, lì lì per dare il collo. Sarà interprete sincero e appassionato, ma è davvero conciato male. E' un peccato, eh, perché ha una sensibilità musicale fuori dal comune. Riscoltavo i suoi CD d'esordio qualche giorno fa: ci sono delle autentiche gemme di fraseggio, ma già si sente una propensione alla scarsa prudenza vocale che poi - opinione mia - l'ha portato ai recenti problemi.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda beckmesser » lun 06 set 2010, 10:44

Maugham ha scritto:(Beck, ce ne parli?)


Obbedisco. La Netrebko è stata esattamente come l’hai descritta: un catalizzatore di “emozioni” maschili che percorre ignara tutta l’opera. Era la prima volta che la sentivo dal vivo, e innanzi tutto ha sgombrato il campo (per me) da tutte le solite fregnacce che si sentono sulla voce costruita per i dischi, che in teatro non si sente, ecc. Una voce splendida, benissimo emessa, non enorme ma di un bellissimo colore e capace di riempire una sala come quella del Covent Garden senza il minimo problema, a suo agio sia nei passi più lirici che nella coloratura. Come Manon, però, non raggiunge il livello della Dessay: le manca la capacità, pur in mezzo all’inconsapevolezza di quel che le accade, di spalancare per un istante le porte dell’angoscia e della vertigine che il vuoto di quel mondo le causa; porte da richiudere subito, beninteso, ma che per un momento devono aprirsi, altrimenti il personaggio sfiora il rischio dell’inconsistenza…

Purtroppo, lo spettacolo era modestissimo: un pessimo Pelly, soprattutto, del tutto privo di idee, superficiale, banale e piacione, che si è accontentato di mettere qualche gag qua e là, senza minimamente sforzarsi di dare un senso qualsiasi al tutto. Va bene che anche i grandi sbagliano e la sottile psicologia di un’opera come Manon non è certo la sua tazza di thè, ma un artista del suo nome certi spettacoli non dovrebbe firmarli. Pappano era nella veste routinier in cui si rifugia quando tutto non fila a perfezione; a sostituire Villazon c’era Grigolo, su non c’è da dire molto…

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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda Maugham » lun 06 set 2010, 11:40

beckmesser ha scritto:Purtroppo, lo spettacolo era modestissimo: un pessimo Pelly, soprattutto, del tutto privo di idee, superficiale, banale e piacione, che si è accontentato di mettere qualche gag qua e là, senza minimamente sforzarsi di dare un senso qualsiasi al tutto. Va bene che anche i grandi sbagliano e la sottile psicologia di un’opera come Manon non è certo la sua tazza di thè, ma un artista del suo nome certi spettacoli non dovrebbe firmarli.


Azz...
Devo dire che da Pelly non me l'aspettavo. Tra l'altro, non è quello che vedremo alla Scala con la Dessay?


Pappano era nella veste routinier in cui si rifugia quando tutto non fila a perfezione; a sostituire Villazon c’era Grigolo, su non c’è da dire molto…

Ecco, invece mi interesserebbe sapere qualcosa di più su Grigolo che, vedrete!, tra poco diventerà come il prezzemolo.
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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda beckmesser » lun 06 set 2010, 12:08

Maugham ha scritto:Tra l'altro, non è quello che vedremo alla Scala con la Dessay?


Così avevo letto, ma in una recente intervista la Dessay dichiara che alla Scala verrà montato proprio lo spettacolo barcellonese di McVicar: a questo punto spero abbia ragione lei.

Maugham ha scritto:mi interesserebbe sapere qualcosa di più su Grigolo che, vedrete!, tra poco diventerà come il prezzemolo.


Mi è capitato di sentirlo dal vivo diverse volte: ricordo lo Schicchi del recente brutto Trittico scaligero e appunto questa Manon. Devo dire che, vocalmente, non mi sembra meritare le contumelie che si leggono in giro. La voce è molto bella, discretamente emessa, “corre” benissimo (nessun problema di udibilità né alla Scala né a Londra). È sul lato espressivo che mi sembra disarmante. Sembra la parodia di quello che i non appassionati di opera immaginano un tenore lirico debba essere: sempre sopra le righe, nell’introversione come nell’estroversione; ogni minimo cruccio del personaggio deve diventare un dolore lacerante; ogni minima blanda soddisfazione deve trasformarsi in una gioia squassante; tutto deve essere sempre tragico e meraviglioso, iperbolico, travolgente… A me dopo cinque minuti fa ridacchiare… E poi è esempio evidente di come il carisma o lo hai o non c’è nulla da fare. Se prendi un Kaufmann, ad esempio, basta che stia lì in scena, e c’e sempre qualcosa che calamiterà l’attenzione su di lui. Grigolo è evidente che sa di essere belloccio, è convinto di avere un carisma trascinante, ma malgrado tutti i suoi sforzi, sembra sempre uno che passa di lì per caso… Una specie di Gheorghiu senza nemmeno l’aura di divismo (e, per ora, quel paio di interpretazioni azzeccate) che la soprano è riuscita a costruirsi…

Saluti,

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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda Maugham » lun 06 set 2010, 18:25

beckmesser ha scritto:Una specie di Gheorghiu senza nemmeno l’aura di divismo (e, per ora, quel paio di interpretazioni azzeccate) che la soprano è riuscita a costruirsi…

Beck


:D :D :D
Anch'io avevo avuto questa impressione.
Tornando a Manon, vista la tua competenza in materia di versioni e interpreti, ti chiedo.
Ho letto da qualche parte che Massenet abbia modificato alcuni brani dell'opera per la Sanderson, che, tra l'altro, fu la prima Manon al Met. Per lei Massenet scrisse sia Thais che Esclarmonde valorizzandone il temperamento vulcanico e la svettante vocalità. Addirittura, riguardo a Esclarmonde, non solo le dedicò l'opera, ma, caso penso unico nella storia dell'opera, l'autorizzò a firmare con lui la partitura visto che l'orchestrarono praticamente a quattro mani.
Per la diva, quindi, modificò anche la parte di Manon.
Ora, il mio problema è questo:
Io ho una partitura di Manon della Dover che ripropone in anastatica una versione Huegel del 1895 (segnata come Nouvelle Edition) in cui...la gavotta di Cour-de-la-Reine non c'è.
Sono segnate tutte le varianti all'acuto che presumo siano le varianti Sanderson.
Ho invece uno spartito per canto e piano datato sempre 1895 in cui c'è la gavotta, le varianti all'acuto, e due brani in appendice tra cui un fiablau che dovrebbe sostituire la gavotta. Però quasta volta è l'editore Hartmann a stampare. Che è stato l'editore storico di Massenet fino al fallimento di pochi anni fa.
Insomma,
a) la gavotta c'era nella prima edizione all'Opéra-Comique o è stata scritta per la Sanderson in un secondo tempo?
b )Esiste una cosiddetta "versione Sandersons" con cambiamenti radicali di brani e di tonalità oppure si tratta di qualche strilletto alla fine di alcuni brani?
ovviamente il quesito è rivolto a tutti.
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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda beckmesser » lun 06 set 2010, 19:30

Maugham ha scritto:Insomma,
a) la gavotta c'era nella prima edizione all'Opéra-Comique o è stata scritta per la Sanderson in un secondo tempo?
b )Esiste una cosiddetta "versione Sandersons" con cambiamenti radicali di brani e di tonalità oppure si tratta di qualche strilletto alla fine di alcuni brani?


Non è facile rispondere dato che la questione me la ricordo intricata. Se ricordo bene, nella versione originale per l'Opera Comique del 1884 la gavotta non c'era: venne aggiunta per una ripresa dell'anno successivo, sempre nello stesso teatro. Successivamente (credo 1887 o 1889, non ricordo), Massenet revisionò l'opera per la Sanderson, ma intervenne solo sulla scrittura della parte di Manon (aggiustamenti di tessitura, ecc.), non su aspetti strutturali. SUccessivamente, nel 1894, sostituì (a favore di un'altra primadonna, non ricordo quale...) la Gavotta con il Fabliau (che infatti se ricordo bene figura in appendice nello spartito Hartmann che citi) e l'anno successivo venne pubblicata la partitura Heugel.

Quello che non sono mai riuscito a capire è se la decisione di escludere dalla partitura Heugel sia la Gavotta che il Fabliau sia stata presa da Massenet (che quindi avrebbe definito una versione finale) o da Heugel (che non vedo però perché avrebbe docuto escludere di sua volontà il brano più noto dell'opera; l'unica spiegazione che mi viene in mente è che i diritti sulla Gavotta Massenet li avesse dati ad un altro, forse lo stesso Hartmann...). Temo che per un quadro più preciso bisognerà aspettare l'edizione critica, che credo sia in cantiere da Barenreiter.

Questo almeno è quello che ricordo...

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Re: Un po' di Manon (video)

Messaggioda Maugham » mar 07 set 2010, 7:49

beckmesser ha scritto:Quello che non sono mai riuscito a capire è se la decisione di escludere dalla partitura Heugel sia la Gavotta che il Fabliau sia stata presa da Massenet (che quindi avrebbe definito una versione finale) o da Heugel (che non vedo però perché avrebbe docuto escludere di sua volontà il brano più noto dell'opera; l'unica spiegazione che mi viene in mente è che i diritti sulla Gavotta Massenet li avesse dati ad un altro, forse lo stesso Hartmann...). Temo che per un quadro più preciso bisognerà aspettare l'edizione critica, che credo sia in cantiere da Barenreiter.


:shock: ma quanta roba sai?
hai ragione, bisognerà aspettare l'edizione critica.
Anche perchè, per ora, non c'è una versione di Manon nè audio nè video che batta con l'altra.
Tanto per dire, nell'edizione con la Silss, Rudel apre cour-de-la-reine con un minuetto solo orchestrale indicato come entracte.
Bene, di questo pezzo non ho trovato traccia nè sulla partitura nè sullo spartito.
E' comunque solo una versione un po' più corposa nell'orchestrazione dello stesso minuetto che si sente poco dopo sotto il colloquio Manon-DesGrieux padre.
Che però nella partitura viene indicata come..."gavotta en coulisse" :)

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Re: Manon (Massenet): interpreti

Messaggioda Valentina » dom 07 set 2014, 13:54

Io ho appena finito di vedere quella di Vienna con la Netrebko e Alagna... Lei qui é divina!
A parte il mio gran piangere per la vanità che si insinua tra l'amore dei due protagonisti e per il finale dove, ormai troppo tardi, lei capisce veramente i suoi errori.... Come si può non farsi rapire da un'interpretazione così?
Folle e insensato l'inseguire i suoi sogni per la bella vita senza capire ciò che conta davvero... L'amore immenso che aveva trovato sul suo cammino che lei, pur combattuta, getta via per una vita di lusso...
Bellissima e struggente la scena quando lei va a "ripescarlo" dal convento... Una passione travolgente... Per non parlare del finale... Che tristezza vederla morire tra le braccia del suo Cavaliere...
Bella donna, intelligente, brava e magnetica...ti cattura sul palco giocando e civettando con il pubblico intero... Voce stupenda!
Piaciuta davvero tanto!
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Re: Manon (Massenet): interpreti

Messaggioda DottorMalatesta » lun 08 set 2014, 19:06

Valentina ha scritto:Io ho appena finito di vedere quella di Vienna con la Netrebko e Alagna... Lei qui é divina!


Commento e consiglio (per l´acquisto da parte del moroso): se la Alagna è divina, la Dessay (nel video con Villazon e la regia di McVicar) è più divina del divino (beninteso, Maugham non c´entra!)

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Re: Manon (Massenet): interpreti

Messaggioda Valentina » mar 09 set 2014, 20:04

DottorMalatesta ha scritto:
Valentina ha scritto:Io ho appena finito di vedere quella di Vienna con la Netrebko e Alagna... Lei qui é divina!


Commento e consiglio (per l´acquisto da parte del moroso): se la Alagna è divina, la Dessay (nel video con Villazon e la regia di McVicar) è più divina del divino (beninteso, Maugham non c´entra!)

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Ohhhh il Moroso previdente lo ha già regalato!!!! É il mio prossimo "passo"... Grazie per il consiglio!!
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Re: Manon (Massenet): interpreti

Messaggioda teo.emme » mar 09 set 2014, 23:10

DottorMalatesta ha scritto:
Valentina ha scritto:Io ho appena finito di vedere quella di Vienna con la Netrebko e Alagna... Lei qui é divina!


Commento e consiglio (per l´acquisto da parte del moroso): se la Alagna è divina, la Dessay (nel video con Villazon e la regia di McVicar) è più divina del divino (beninteso, Maugham non c´entra!)

E' un'opera che mi fa più o meno schifo (insieme al 99% di Massenet - in compagnia del 100% di Gounod e Thomas e altri de-compositori), ma se devo sceglierne un'edizione opto senza dubbio a quella diretta dal grandissimo Maag (uno dei più grandi del secolo XX) con un giovane Pavarotti, la Freni e Panerai: anno 1969, e poco importa se in italiano e tagliata.
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