il tenore romantico e gli interpreti odierni

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il tenore romantico e gli interpreti odierni

Messaggioda MatMarazzi » dom 02 set 2007, 18:14

DA ALTRO THREAD. Garcia

Riccardo ha scritto:Consideri Norfolk un ruolo David nonostante sia stato scritto per Garcia (anche se cantato molto da David)?
Come vedi il ruolo di Almaviva, l'altro personaggio per Garcia?


Ciao Ric.
La tua puntualizzazione è ovviamente sacrosanta.

Nel definire la "tipologia" vocale-psicologica di Norfolk a me viene spontaneo agire retrospettivamente, come quando si afferma che Alice del Roberto il Diavolo è un ruolo "Falcon", anche se - ad essere sinceri - la prima interprete era un soprano acuto e virtuoso come la Dorus-Gras.

Il fatto è che - secondo me - in questi casi, un modello interpretativo ideale (sviluppatosi nel tempo e non da subito) si imprime anche sulle opere precedenti, come se fosse stato... nell'aria, già potenzialmente attivo.
---E' per questo (forse) che il ruolo di Norfolk è acuto e spigoloso, facile al sussurro come all'esplosione, scatenatissimo nel virtuosismo, anche se creato da un cantante aulico, baritonale e anche un po' trombone come appunto Garcia.
Forse, nel creare Norfolk, Rossini (che aveva conosciuto David a Milano l'anno precedente) aveva già in mente qualcosa di ben preciso per i "futuri" ruoli David, tanto da spingere il baritenore Garcia su una tessitura per lui evidentemente molto acuta...
Non sei d'accordo?

Giustamente tu citi il Conte del Barbiere, che rispetto a Norfolk appare ben più aulico e centralizzante.
Non è un caso che Garcia fosse rinomato interprete anche dell'Almaviva di Mozart.


David passò in un secondo tempo ad Otello (e mi pare anche a Leicester). Come giudichi questo? Pensi che Blake avrebbe potuto tentare Otello?


Non saprei che dire, Ric.
Diciamo che Otello era un ruolo di grandissimo richiamo.
Chiunque avesse una certa fama era invogliato, prima o poi, a cantarlo.
Come ben sai, vi si cimentarono anche la Pasta e la Malibran... ma questo non toglie che Otello non fosse scritto per soprano e che Desdemona sarebbe stata naturalmente la parte adatta a due soprani.

Tieni anche presente che David cantò per un sproposito di anni e fece in tempo a vivere le evoluzioni del modello tenorile verso gli approdi romantici...
Arrivò a cantare persino i ruoli Rubini, che è ragionevole ritenere lontanissimi dalla sua vocalità e sensibilità.
Non ho idea di quando David cantò l'Otello (a dire il vero manco lo sapevo), ma è possibile, in tutti i casi, che lo abbia affrontato ...a modo suo (come appunto la Malibran) ossia aggiustandoselo a misura.

Tra i tre ruoli Nozzari cantati da Blake, il più rilevante è credo Rinaldo dell'Armida, cantato nel 1988 ad Aix. Secondo me l'esito fu trionfale, chissà che non fosse una conferma delle possibilità anche in questo genere di ruoli...


Purtroppo non l'ho mai sentito (come di conseguenza non ho mai sentito l'Armida della Anderson, che mi interesserebbe ancora di più).
Spero che tu me ne faccia una copia prima o poi! :)

Comunque se tu dici che funziona splendidamente, io ti credo senza battere ciglio.
In teoria però sarei portato a credere che nei ruoli Nozzari Blake manchi di perentoriertà, vigore, splendore eroico e persino ...vivaddio... virilità.
Recentemente l'ho ascoltato in un ruolo Rubini (Marin Faliero) ed è stata un'esperienza atroce! :(


Sicuramente col passare degli anni si allontanò per personalità vocale dai ruoli Nozzari. La voce sbiancata degli ultimi anni non penso avrebbe funzionato in un eventuale Otello.


Sono assolutamente d'accordo.
Questo in termini vocali...
E la personalità? Non credi che la maestosità guerriera gli mancasse?
Non vorrei sconvolgerti... :) ma se non altro ritengo che Carreras avesse il piglio dei ruoli Nozzari.

E Matteuzzi tu come lo inquadri? Colui che secondo un certo criterio prettamente vocalistico forse è il più simile alla vocalità contraltina che fu di David?


Ho sentito talvolta Matteuzzi dal vivo.
Il suo canto aveva una verticalità sovrumana, negli anni buoni, di cui credo eccedesse un po'.
Come tecnica e caratteristiche vocali poteva tranquillamente affrontare i ruoli David e farvi anche bella figura.
Ma la lacerazione anche umana e poetica di Blake (a parte ogni considerazione vocale e tecnica) era tutt'altra cosa, almeno secondo me.
E tu cosa ne pensi?

Salutoni
Mat
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Messaggioda Riccardo » lun 03 set 2007, 15:23

MatMarazzi ha scritto:---E' per questo (forse) che il ruolo di Norfolk è acuto e spigoloso, facile al sussurro come all'esplosione, scatenatissimo nel virtuosismo, anche se creato da un cantante aulico, baritonale e anche un po' trombone come appunto Garcia.
Forse, nel creare Norfolk, Rossini (che aveva conosciuto David a Milano l'anno precedente) aveva già in mente qualcosa di ben preciso per i "futuri" ruoli David, tanto da spingere il baritenore Garcia su una tessitura per lui evidentemente molto acuta...
Non sei d'accordo?

Concordo sul fatto che Rossini potesse già avere dei progetti per David, visto che nel '14, l'anno prima di Elisabetta, aveva già preparato per lui Don Narciso del Turco alla Scala.
Tuttavia ho l'impressione che Norfolk sia comunque tarato su una tipologia vocale e anche forse psicologica un po' diversa. Non ho la partitura sotto mano, però mi sembra che la tessitura sia comunque più gravitante nella zona grave rispetto ai classici ruoli David (e allo stesso Narciso).
Sia nell'aria del secondo atto, sia nel duetto con Elisabetta mi sembra che la scrittura batta molto nella zona centrale, con insistenza virtuosistica in quella zona. Mi sembra una scrittura più vicino al Conte del Barbiere che non agli scatti sovracuti, allucinati di Rodrigo o Ilo.
Il carattere psicologicamente scuro di Norfolc, non senza qualche venatura aristocratica, mi pare davvero più vicino al successivo Almaviva scritto per Garcia che non ai ruoli David. Che dici?

Garcia poi nell'Otello non cantò mai Rodrigo, ma sempre il protagonista. Soltanto una volta fu richiesto per Jago, parte infatti decisamente più scura e grave, che cantò soltanto nella ripresa napoletana del '17.

Trovo interessante poi che Garcia, oltre all'Almaviva mozartiano, rivestisse il ruolo del titolo in Don Giovanni. David si cimentava invece nel ben diverso Don Ottavio.

In teoria però sarei portato a credere che nei ruoli Nozzari Blake manchi di perentoriertà, vigore, splendore eroico e persino ...vivaddio... virilità.
Recentemente l'ho ascoltato in un ruolo Rubini (Marin Faliero) ed è stata un'esperienza atroce! :(

Eh eh, immagino, ma qui vale un po' quello che ti dicevo.
Secondo me Blake, almeno fino al '90, comprendendo anche il Crociato di Montpellier, ebbe dalla sua anche una notevole robustezza del registro centro-grave ed un piglio eroico veramente notevoli. Quegli stessi accenti che davano una sfaccettatura eroica del tutto inedita al suo Almaviva.

Successivamente invecchiando divenne per certi aspetti caricatura di sé stesso, più languido nelle intenzioni, più snodato nelle sfaccettature. Rimase secondo me affidabile per i ruoli David, per i tenori delle farse, ma inadeguato ai ruoli eroici Nozzari, ma anche un po' a quelli Garcia. Non è un caso che l'ultimo Norfolk sia quello napoletano del 1992 e che gli ultimi Barbieri siano diventati cosa molto diversa da quelli degli esordi, essando diventati molto più vicini al modello buffo che non al prototipo eroico che lui stesso per primo aveva introdotto in questo ruolo (sembrando voler dare una continuazione alle intuizioni di Jadlowker, mi insegnerai tu :wink: ).
Non per caso, sarà proprio un importante ruolo David come Giacomo V, quello che resusciterà nel 2003 (dopo l'ultimo del 1992), e che segnerà ancora gloriosamente le sue ultime tournées.

Il debutto nel Marin Faliero, nonostante la tessitura astrale comunque sostenuta come nessun altro forse oggi potrebbe fare, è stato poco felice non tanto perché ruolo Rubini in sé, ma perché debuttato appunto tardivamente nel 2002, con una sensibilità molto cambiata.
Se affrontato negli anni '80 sarebbe secondo me stato di ben altro impatto, almeno a giudicare dal rubiniano Percy che invece affrontò negli anni giusti e che è secondo me esemplare.

Non vorrei sconvolgerti... :) ma se non altro ritengo che Carreras avesse il piglio dei ruoli Nozzari.

D'accordo, infatti mi pare che il suo Otello non sia affatto male!
Certo il piglio l'aveva più Carreras di Merritt, che invece aveva il solo - e tutto sommato non piccolo, dobbiamo ammettere - merito di averne (più o meno) tutte le note....

Come tecnica e caratteristiche vocali poteva tranquillamente affrontare i ruoli David e farvi anche bella figura.
Ma la lacerazione anche umana e poetica di Blake (a parte ogni considerazione vocale e tecnica) era tutt'altra cosa, almeno secondo me.
E tu cosa ne pensi

Condivido! Matteuzzi eccedeva davvero a volte, risultando piuttosto ridicolo a mio gusto. C'è un Idreno del '90 con la Gruberova in cui sembra impazzito, ma non ne viene fuori nulla di consistente a livello interpretativo.
Il ruolo di Idreno come lo vedi? Io non so nulla di John Sinclair. Ma la scrittura mi sa di ruolo David, ben più di Norfolc. Tu che ne dici?

Un salutone,
Riccardo

P.S. Stando alle cronache, David (e non sarà un caso :D ) era il protagonista di Otello proprio in quell'edizione romana del 1819 in cui Rossini dovette rocambolescamente approntare un finale lieto riutilizzando il duetto dell'Armida. :D
Poi continuò ad interpretare Otello in lungo e in largo fino alla fine degli anni '30, eccezion fatta per le produzioni napoletane a Vienna del '23 e '24 per cui riprese i panni originali di Rodrigo accanto a Nozzari protagonista.
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Messaggioda MatMarazzi » mar 04 set 2007, 2:09

Riccardo ha scritto:Concordo sul fatto che Rossini potesse già avere dei progetti per David

Be' veramente io non ho detto questo.
Non ho mai pensato che, scrivendo il Norfolk, Rossini pensasse a David.
Ho detto che certe riforme possono essere nell'aria, anche prima di aver trovato la persona in grado di attuarle.

Era l'esempio che facevo con Cornelie Falcon nel ruolo di Alice.
Quando l'opera fu creata nessuno pensava che un (praticamente) mezzosoprano sarebbe diventata regina di Parigi.
Eppure quando la Falcon si impossessò del ruolo, parve che fosse stato scritto su misura per lei e non certo per un soprano acuto e virtuoso come era la Dorus Gras.
Evidentemente Meyerbeer aveva già impostato il ruolo su un determinato binario, che aspettava solo ...il treno giusto.

Tendo a pensare che con Norfolk sia successa la stessa cosa: Rossini aveva in mente di potenziare il cosìdetto "secondo tenore", farne una figura centrale, dalla psicologia più mossa e contraddittoria rispetto all'eroe tradizionale, elevarne la tessitura un po' per distinguerlo, un po' per consentirgli quei voli dell'anima che i tenori "machi" di forza non potevano permettersi.
Tutto questo si avverte, per me, già in Norfolk, anche se all'epoca ancora non c'era David fra le forze del San Carlo (sarebbe arrivato l'anno dopo), ma solo quel tale... quel Garcia, secondo tenore a Napoli, che probabilmente Rossini non aveva mai nemmeno ascoltato quando cominciò a scrivere l'opera.

Garcia poi nell'Otello non cantò mai Rodrigo, ma sempre il protagonista. Soltanto una volta fu richiesto per Jago, parte infatti decisamente più scura e grave, che cantò soltanto nella ripresa napoletana del '17.


E' chiaro. Perché dal 1816 (a parte che a Napoli era entrato David) Garcia prese il volo.
Non più semplice "secondo tenore al San Carlo" ma stella di interesse internazionale.
La sua vocalità cominciò a venir considerata per quel che era davvero, un baritenore eroico degno di competere con lo stesso Nozzari.

Ed è per *questo* Garcia che Rossini scrisse il Barbiere.

E sarebbe interessante sapere quante volte *questo* Garcia (posteriore al 1816) abbia ripreso il personaggio di Norfolk, strappatogli da David (come la Falcon strappò Alice alla Dorus Gras).

Nel 1815 le cose stavano ancora diversamente.
In qualità di secondo tenore, Garcia aveva un repertorio vastissimo: è vero che cantava già il Conte di Mozart, ma anche l'acutissimo Achille (haute-contre) di Gluck, anche il Lindoro della Nina Pazza per Amore.
Come ogni tenore "giovane" cantava quel che capitava e non credo che ci si interessasse così attentamente della sua vera natura vocale.
E meno ancora dovette interessarsene Rossini, che approdava per la prima volta a Napoli, che evidentemente non conosceva se non per nome i virtuosi locali, e che aveva già abbastanza problemi a "valorizzare" le voci di Nozzari e della Colbran per andare a occuparsi di un secondo tenore che forse non aveva mai nemmeno ascoltato.
Mi viene più spontaneo pensare che per il ruolo Norfolk Rossini abbia semplicemente inseguito le sue personali idee, su come sviluppare la parte e su come connotarla vocalmente e teatralmente.
Ed erano le idee che... (questa è la mia tesi) trovarono la loro risposta nell'arrivo a Napoli di David.

Nel 1813 Garcia aveva creato a Napoli la bellissima Medea in Corinto di Mayr...
Ma... NOTA BENE... non nel ruolo grande, baritonale e "macho" di Giasone.
Il ruolo creato da Garcia fu quello di Egeo, il vecchio padre di Medea dalla vocalità acuta e virtuosa.
Insomma, Mayr fece lo stesso che avrebbe fatto Rossini nell'Elisabetta.
Impiegò Garcia, da secondo tenore, per un ruolo "di grazia"...

Ah... a proposito.
Sai chi invece, in quella stessa occasione, creò il ruolo di Giasone, l'eroe, il vigoroso condottiero?
Manco a dirlo: Andrea Nozzari! :)

Trovo interessante poi che Garcia, oltre all'Almaviva mozartiano, rivestisse il ruolo del titolo in Don Giovanni. David si cimentava invece nel ben diverso Don Ottavio.


Certo, ma quando cantò Don Giovanni?
Tieni inoltre presente che ancora nel 1816, Garcia si cimentava con un ruolo acutissimo come Lindoro dell'Italiana in Algeri.
Evidentemente nè lui, nè i teatri avevano ancora capito la sua pasta.
La svolta (che avrebbe portato Garcia a porsi come il maggiore tenore di forza della sua generazione) è segnata proprio dal Barbiere romano e dal debutto a Parigi.

Secondo me Blake, almeno fino al '90, comprendendo anche il Crociato di Montpellier, ebbe dalla sua anche una notevole robustezza del registro centro-grave ed un piglio eroico veramente notevoli.


:) be'... se lo dici tu...
Io ho ascoltato Blake fin dal 1986 e ti assicuro che la voce a teatro era minuscola, sgangherata, fragilissima al centro e inesistente nel grave (anche se vi si precipitava con furia garibaldina e gutturalità da profondo esofago). Era vocalmente imbarazzante e noi, suoi accaniti sostenitori, dovevamo spesso difenderlo dagli attacchi dei tantissimi che lo definivano (non del tutto a torto) "tenore-rana".
Di sicuro sia i detrattori sia i sostenitori sarebbero allora rimasti allibiti a sentir parlare di "notevole robustezza del registro grave".
Ma ancora più sconcertante sarebbe risultata l'espressione "piglio eroico notevole".
L'effetto che dava Blake (non vorrei sembrare di cattivo gusto... speriamo non ci legga!:) ) era esattamente opposto...
L'accentazione era talmente esagitata, sovraccarica, nevrotica talvolta, leziosissima talaltra, da dare tante sensazioni, fuorché quella del "piglio eroico"! :)
Il pubblico impazziva per quell'agitazione scomposta, quel trascolorare furioso da un eccesso all'altro, perché - come si è detto - apriva spaccati di verità inquietante e disperata negli abissi tormentosi dei ruoli David.
Ma proprio di eroismo (proprio... proprio) non parlerei! :)
Sinceramente... :)

gli ultimi Barbieri siano diventati cosa molto diversa da quelli degli esordi, essando diventati molto più vicini al modello buffo che non al prototipo eroico che lui stesso per primo aveva introdotto in questo ruolo (sembrando voler dare una continuazione alle intuizioni di Jadlowker, mi insegnerai tu :wink: ).



Be' veramente non credo di poter insegnare alcunché:)
E tuttavia a me pare che Jadlowker fosse ben diverso da Blake.
Lui era un vero tenore baritonale (o baritono tenorile).
Aveva il timbro nero e la potenza assordante di un Caruso tedesco.
Gli acuti erano sospettosamente simili al "misto".
il suo Almaviva faceva paura.

Al contrario, non credo che Blake sia mai stato un Almaviva "eroico".
E' stato, questo sì, un bravo Almaviva, rivoluzionario se vuoi, ha colto aspetti inediti del personaggio, ne ha potenziato il carisma e sviluppato la psicologia.
Posso arrivare a concederti che risultasse molto più "grande" di quasi tutti gli Almaviva novecenteschi.
Ma nonostante tutto restava, per me, un Almaviva alla David, assolutamente non alla Garcia!

Il ruolo di Idreno come lo vedi? Io non so nulla di John Sinclair. Ma la scrittura mi sa di ruolo David, ben più di Norfolc. Tu che ne dici?


Idreno è stato l'ultimo ruolo in cui ho sentito Blake a Pesaro.
Ne ho un ricordo esaltante! :)
Sicuramente anche Idreno è assimilabile ai ruoli David, hai ragione.

Concludo dicendo che ti sono gratissimo per questi tuoi post e i problemi che metti sul tappeto.
E' almeno per me (ma non credo solo per me) esaltante risalire i fiumi della storia del canto fino alle loro misteriose sorgenti.

Salutoni,
Matteo
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Messaggioda Riccardo » mer 05 set 2007, 16:06

MatMarazzi ha scritto:
Riccardo ha scritto:Concordo sul fatto che Rossini potesse già avere dei progetti per David

Be' veramente io non ho detto questo.
Non ho mai pensato che, scrivendo il Norfolk, Rossini pensasse a David.
Ho detto che certe riforme possono essere nell'aria, anche prima di aver trovato la persona in grado di attuarle.

Ci siamo intesi, ho solo commesso l'errore di aver reso troppo implicita la frase riassuntiva :wink:

dal 1816 (a parte che a Napoli era entrato David) Garcia prese il volo.
Non più semplice "secondo tenore al San Carlo" ma stella di interesse internazionale.
La sua vocalità cominciò a venir considerata per quel che era davvero, un baritenore eroico degno di competere con lo stesso Nozzari.
Ed è per *questo* Garcia che Rossini scrisse il Barbiere.

Effettivamente quanto dici, Matteo, è confermato da quanto afferma Stendhal nel suo libro, ossia che Otello, anche se creato da Nozzari, sarebbe stato in origine scritto da Rossini per Garcia.
Non è detto che Stendhal sia del tutto attendibile, però i conti tornano rispetto al tuo ragionamento.

E sarebbe interessante sapere quante volte *questo* Garcia (posteriore al 1816) abbia ripreso il personaggio di Norfolk, strappatogli da David

Questo è presto detto: nel 1818 a Londra e nel 1922 a Parigi. Forse anche nel '28 ancora a Parigi, secondo un'altra cronologia.

I più assidui frequentatori di Norfolc nell'800 furono David e Rubini (che una volta si concessero anche Leicester).
Rubini era nel suo? So ancora pochissimo di lui.

Al contrario, non credo che Blake sia mai stato un Almaviva "eroico".
E' stato, questo sì, un bravo Almaviva, rivoluzionario se vuoi, ha colto aspetti inediti del personaggio, ne ha potenziato il carisma e sviluppato la psicologia.
Posso arrivare a concederti che risultasse molto più "grande" di quasi tutti gli Almaviva novecenteschi.
Ma nonostante tutto restava, per me, un Almaviva alla David, assolutamente non alla Garcia!

Il tuo ragionamento non fa una grinza.
Ti chiedo però quale potrebbe essere, o quale potrebbe essere stato per te un Almaviva entusiasmante e completo.
Merritt (che pure in gioventù lo fece)? :lol:
Bonisolli? Carreras?
:D

Io ho l'impressione che in Garcia Rossini certo trovo una vocalità da baritenore, ma non equiparabile a quella di Nozzari. La polpa del bartenore era coniugata con fuochi d'artificio vocali che a Nozzari non erano richiesti, o comunque in misura minore. Per contro era meno sollecitato il registro acuto, per via di una tessitura più centrale.
In Almaviva si trova l'eleganza di Giacomo V mista ai tratti aggressivi e virili di Rodrigo di Dhu.
E poi, non so, la sento solo io una parentela tra la cabaletta di Norfolc e la stretta rapida del rondò del Conte?

Non concordi? Vedi Almaviva al pari di un ruolo Nozzari?

Per quanto riguarda l'eroismo di Blake, sarà che semplicemente ne dimostrava più di tutti i suoi predecessori in determinati ruoli.
Se non un registro grave robusto, certamente rispetto agli altri aveva un colore vocale più scuro e severo, veramente distante da tutta la tradizione dei tenori leggeri. La esclusiva tenorile dell'agilità di forza, poi, gli conferisce un vigore che mi pare quasi non abbia riscontri precedenti in Rossini per tenore.
Dirò un'eresia, ma trovo in Blake più analogie con l'istrionismo pazzoide di un Del Monaco che non con eleganza di grazia di un Alva o Araiza.

Non mancherò di farti avere in qualche modo il Rinaldo di Aix e magari il Percy di San Francisco.

Concludo dicendo che ti sono gratissimo per questi tuoi post e i problemi che metti sul tappeto.
E' almeno per me (ma non credo solo per me) esaltante risalire i fiumi della storia del canto fino alle loro misteriose sorgenti.

Anche per me è interessantissimo, a patto di poterlo fare sulla base di dati significativi e certi, la cui ricerca spesso comporta molta fatica!

Un salutone, grazie a te per l'incredibile documentazione e competenza che ogni volta dimostri!

Riccardo

P.S. Non mi hai commentato i lunghi successi di David come Otello però. Come li giudicheresti? :wink:
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Messaggioda MatMarazzi » dom 09 set 2007, 12:43

Caro Ric,
chiedo scusa anche a te se ti rispondo con tanti giorni di ritardo.
Sono ammirato (e invidioso) per la competenza storica che hai acquisito su questo repertorio! :)
Ma dove le trovi queste cronologie?

I più assidui frequentatori di Norfolc nell'800 furono David e Rubini (che una volta si concessero anche Leicester).
Rubini era nel suo? So ancora pochissimo di lui.


Rubini era un tenore acutissimo, dal falsetto iperbolico.
I suoi ruoli (e le recensioni dell'epoca che sicuramente conosci) ci fanno pensare a un canto di vocazione spirituale e aulica, dalle psicologie non mosse e variate (come nel caso di David) ma proiettate in un mondo di sentimenti sublimi e super-umani.
Era praticamente il versante tenorile di Giuditta Pasta.

Bisogna stare molto attenti a cantare Rubini, perché (proprio come la Pasta) i suoi personaggi non stanno in piedi senza la capacità di proiettarsi "oltre", verso l'infinito.
Secondo me, nel secondo 900, solo due tenori si sono avvicinati all'ideale rubiniano: Kraus e Gedda.

Non ce lo vedo (psicologicamente) come Norfolk, però trovo significativo che lo abbia cantato. Questo rafforzerebbe (ehm... ehm..) la mia tesi che si tratti già di un ruolo pre-David e non propriamente "Garcia" (chè in questo caso l'avrebbero cantato i baritenori eroici).

Devo però dire che in questi giorni ho anche riflettuto meglio alla tua tesi: continuo a non condividerla, ma più ci penso più la trovo affascinante.
L'idea di un tenore drammatico e regale in questa parte... che si contrappone da pari a pari al generale Leicester mi pare eccitantissima.
Se non altro, si potrebbe provare.

Ti chiedo però quale potrebbe essere, o quale potrebbe essere stato per te un Almaviva entusiasmante e completo.
Merritt (che pure in gioventù lo fece)? :lol:
Bonisolli? Carreras?
:D


:) questo è un altro discorso.
vuoi che dica che Blake è stato uno dei due o tre più grandi Almaviva del '900.
E' vero... lo è stato!
Secondo me è stato uno dei più grandi Almaviva di tutti i tempi.
Dicevo solo che non mi pare un'Almaviva eroico, in senso "garciano". :)

Io ho l'impressione che in Garcia Rossini certo trovo una vocalità da baritenore, ma non equiparabile a quella di Nozzari. La polpa del bartenore era coniugata con fuochi d'artificio vocali che a Nozzari non erano richiesti, o comunque in misura minore. Per contro era meno sollecitato il registro acuto, per via di una tessitura più centrale.
In Almaviva si trova l'eleganza di Giacomo V mista ai tratti aggressivi e virili di Rodrigo di Dhu.


Questo discorso è talmente bello e condivisibile che lo quoto pari pari.
Non sarebbe stato possibile definire meglio la distanza fra i ruoli Nozzari e quelli Garcia! :)

Dirò un'eresia, ma trovo in Blake più analogie con l'istrionismo pazzoide di un Del Monaco che non con eleganza di grazia di un Alva o Araiza.


Credo che sia vero e, soprattutto, che Blake ne sarebbe stato lusingato! :)


Non mancherò di farti avere in qualche modo il Rinaldo di Aix e magari il Percy di San Francisco
.

CI CONTO! :)))

P.S. Non mi hai commentato i lunghi successi di David come Otello però. Come li giudicheresti?


E tu non hai commentato i successi della Pasta e della Malibran come Otello! :) come li giudichi?
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Messaggioda Riccardo » mer 12 set 2007, 14:58

MatMarazzi ha scritto:Ma dove le trovi queste cronologie?

Ma che competenza, tu non puoi invidiare nessuno...
Nel libretto di Giuseppe Appolonia "Le voci di Rossini" ci sono le cronologie delle principali voci dell'epoca. Sono molto interessanti, ben più dei ritratti biografici o stilistici, che quasi mai centrano gli aspetti interessanti dei vari interpreti.

In più ci sono le edizioni OperaRara, che offrono nel libretto la cronologia completa delle opere pubblicate. Io ho soltanto Elisabetta di Rossini, ma meriterebbe averle tutte solo per queste notizie storiche, altrimenti difficilmente reperibili.

MatMarazzi ha scritto:Devo però dire che in questi giorni ho anche riflettuto meglio alla tua tesi: continuo a non condividerla, ma più ci penso più la trovo affascinante.
L'idea di un tenore drammatico e regale in questa parte... che si contrappone da pari a pari al generale Leicester mi pare eccitantissima.
Se non altro, si potrebbe provare.

Sto cercando di capire con queste discussioni qual è il tuo utilizzo delle informazioni storiche. Perché facile è recuperare notizie e cronologie, ma bisogna poi anche sapere come usarle per capire e valutare il presente.
A volte mi sembra che tu usi il modello storico, pur contestualizzato e riadattato, come riferimento imprescindibile. Ad esempio Sutherland ideale per i ruoli Pasta perché personalità sublimata etc... altre volte sei disposto a tentativi che sembrano tradire il riferimento alle origini.
Che cosa fa la differenza?
A volte poi non sei così rigido nei riferimenti: per esempio in altro thread parlavi di Maria Stuarda come ruolo Ronzi per eccelenza, quando - se ho cercato bene - è praticamente l'unico ruolo importante che è stato scritto per la Malibran.
E poi perché anche la Callas sarebbe ideale per i ruoli Pasta, lei a prima vista così sanguigna e diversa dalla Sutherland?

Ti chiedo queste cose perché sto imparando solo ora ad orientarmi un po' tra queste mummie per mettere ordine tra le impressioni... Lo trovo molto interessante, ma c'è il rischio di perdersi!

(Ehm forse siamo un po' OT?)

Un salutone
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Messaggioda Riccardo » ven 14 set 2007, 23:55

MatMarazzi ha scritto:
Non mancherò di farti avere in qualche modo il Rinaldo di Aix e magari il Percy di San Francisco
.

CI CONTO! :)))

Se vuoi qui c'è un assaggio di Armida.
http://www.youtube.com/watch?v=qPqtMXkLMis
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Messaggioda MatMarazzi » sab 15 set 2007, 0:20

Riccardo ha scritto:A volte mi sembra che tu usi il modello storico, pur contestualizzato e riadattato, come riferimento imprescindibile. Ad esempio Sutherland ideale per i ruoli Pasta perché personalità sublimata etc... altre volte sei disposto a tentativi che sembrano tradire il riferimento alle origini.
Che cosa fa la differenza?


Caro Ric,
veramente io non considero il modello storico "imprescindibile".

Il tentativo di comprendere le caratteristiche dei primi interpreti serve semplicemente a capire meglio i personaggi: è un'aggiunta, diciamo così, alle indicazioni che ci possono dare le note sullo spartito o le parole del libretto.

Quelle note, infatti, non spiegano tantissime cose, sull'effetto che dovrebbero (o potrebbero) produrre, sulle dinamiche più o meno palesi tra scrittura e drammaturgia.

Al momento in cui un compositore scriveva determinata musica poteva agire infatti una variabile importantissima e non sufficientemente esplorata: la consapevolezza di scrivere per una certa personalità.

Era una responsabilità pesante: il compositore (ma anche il librettista) dovevano - non potevano, dovevano - pensare ciò che facevano in funzione delle caratteristiche dell'interprete, non solo perché il "divo" andava accontentato (in fondo con la sua presenza pubblicizzava la nuova opera) ma anche perché dalla valorizzazione delle sue caratteristiche sarebbe dipeso il successo dell'opera.

Ci sono poi casi di corrispondenze umane e poetiche tra auotre e "destinatario" di un personaggio che talvolta sono determinanti, addirittura sconvolgenti.
C'è da chiedersi, visto che parliamo di lei, che aspetto avrebbero avuto Norma e Anna Bolena se la Pasta non fosse mai esistita.
Teo ci ha fatto osservare quanto la personalità di Figner avesse esaltato, se non ossessionato, Cajikovksij al momento di concepire la Pikovaja.
Gli esempi potrebbero continuare all'infinito... chi ama Britten non solo riconosce le caratteristiche di Pears in tutti i ruoli creati da lui (che sarebbe una gran banalità), ma anche quelle di Joan Cross, quelle della Vyvian...

Insomma, il sapere "per chi" un compositore ha composto un certo ruolo può essere fondamentale per capire quel ruolo, non meno delle singole note sul pentagramma.

Poi, è chiaro, cogli anni e il passare delle epoche, si sviluppano tradizioni, correnti interpretative diverse: uno stesso ruolo può essere affidato a voci e a personalità diversissime fra loro.
Ed è giusto!
Come non siamo schiavi della singola nota, così non dobbiamo affatto essere schiavi dell'icona dei primi interpreti.
E tuttavia è utile sapere queste cose, perché comunque (quali che siano le epoche e i gusti) un ruolo mantiene le sue costanti: nelle note e...oltre le note.

L'interessante non è che la Sutherland o la Callas siano state delle "reincarnazioni" della Pasta.
Non lo fu nè la prima, nè la seconda (e aggiungo io, per fortuna).

Entrambe - ognuna a modo suo - hanno però saputo dare una risposta convincente alle "costanti" che i ruoli Pasta (sia belliniani, sia donizettiani) propongono.

Infine non direi che la Callas in questi ruoli fosse "sanguigna".
Anzi... il suo fraseggio si faceva maestoso, i colori meno vari, l'accento scandito come un'epigrafe sul marmo.
Il suo "Ah non credea mirarti" come il suo "Al dolce guidami" sono talmente tersi e stranianti da risultare non meno surreali di quelli della Sutherland (anzi, forse persino di più).


A volte poi non sei così rigido nei riferimenti: per esempio in altro thread parlavi di Maria Stuarda come ruolo Ronzi per eccelenza, quando - se ho cercato bene - è praticamente l'unico ruolo importante che è stato scritto per la Malibran.


No, no, attenzione.
C'è un errore.
Maria Stuarda fu scritta, pensata, voluta per la Ronzi.
Ha tutte le caratteristiche della Ronzi: e a Napoli la Ronzi doveva cantarla.
Che poi l'opera, alla generale, sia stata sospesa per questioni di censura, non toglie che il ruolo sia tutto suo.
La Malibran se ne innamorò successivamente e riuscì a portarlo nella più tollerante (?) Milano, ma si vede lontano un miglio che questa scrittura atra e vertiginosa non poteva essere scritta per una voce soave e romantica come la sua.
Infatti la Malibran, nelle sue recite milanesi, non ottenne un gran successo.

Un salutone e grazie di tutto.
Mat

Ps: non sperare che mi bastino gli "assaggi" dell'Armida. :evil:
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Messaggioda Riccardo » sab 15 set 2007, 11:04

MatMarazzi ha scritto:Entrambe - ognuna a modo suo - hanno però saputo dare una risposta convincente alle "costanti" che i ruoli Pasta (sia belliniani, sia donizettiani) propongono.

Sei stato chiarissimo. Ma a questo punto che cos'è che fa stabilire se l'esito è convincente o meno? Il gusto personale?
Perdonami se vado sempre a parare sugli stessi temi, ma non sono molte le personalità che sento di conoscere un po' (in questo caso torniamo anche parzialmente in tema però).
Ad esempio tu hai sostenuto e sapientemente argomentato la tesi che Blake nei ruoli Rubini non funzionasse, diversamente da quello che hanno fatto (o avrebbero potuto fare) Kraus e Gedda. La tua posizione è senz'altro fondata dal punto di vista della corrispondenza tra queste personalità moderne e il modello che influenzò il concepimento dei ruoli.
Ma, a maggior ragione se è stato un esperimento senza precedenti, sulla base di che cosa non senti di poter legittimare una lettura "davidiana" di questi ruoli?
Bisognerebbe poi distinguere, tra i ruoli Rubini da lui cantati, quelli scritti da Donizetti e quelli da Bellini. Tra i due mi pare che il terreno donizettiano gli fosse più favorevole.

Maria Stuarda fu scritta, pensata, voluta per la Ronzi.
Ha tutte le caratteristiche della Ronzi: e a Napoli la Ronzi doveva cantarla.
Che poi l'opera, alla generale, sia stata sospesa per questioni di censura, non toglie che il ruolo sia tutto suo.
La Malibran se ne innamorò successivamente e riuscì a portarlo nella più tollerante (?) Milano, ma si vede lontano un miglio che questa scrittura atra e vertiginosa non poteva essere scritta per una voce soave e romantica come la sua.
Infatti la Malibran, nelle sue recite milanesi, non ottenne un gran successo.

Tutto chiaro ora! Bisognerà anche che faccia attenzione alle vicende storiche delle varie prima, visto che ad una ricerca sui primi interpreti risulta essere la Malibran titolare di Maria.
Ho visto che a Napoli andò in scena l'anno prima "Buondimonte" con la Ronzi, che era una versione modificata della Stuarda appunto.

Grazie delle preziose informazioni e consulenze!
Un salutone,
Riccardo
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Messaggioda MatMarazzi » gio 20 set 2007, 2:04

Caro Ric,
con te sono sempre in colpa per il ritardo con cui ti rispondo.
Ti prego di credere che ho avuto un momentaccio.
:(

Bisognerebbe poi distinguere, tra i ruoli Rubini da lui cantati, quelli scritti da Donizetti e quelli da Bellini. Tra i due mi pare che il terreno donizettiano gli fosse più favorevole.


Tu difendi a spada tratta il Percy cantato da Blake.
Ma secondo me lo difendi più per la proprietà tecnica e la spettacolarità vocalistica che per l'efficienza poetica e drammaturgica.

Dimmi e sii sincero! ;)
Davvero, ascoltando Blake, hai la sensazione che Percy sia un personaggio immenso, indispensabile all'economica dell'opera, necessario drammaturgicamente alla comprensione della dissociazione di Anna?

Sono certo di no...
E so già cosa mi risponderai: che in fondo Percy è interessante solo perché deve cantare cose difficilissime...
Che in realtà come personaggio non fa niente, non combina niente, non serve a niente.
Anzi, in fondo fa la figura del cretino, è all'ombra della primadonna.

Secondo me Percy è un personaggio immenso, non per quello che fa, ma per quello che rappresenta.
Prova a vederlo dal punto di vista di Anna.

Spaccata in due, fin dall'inizio dell'opera, Anna si dibatte fra il cinismo ferito e rabbioso della regina che è diventata (dopo che ha dato un calcio al dolce castel natio) e il disperato bisogno di ritornare la ragazza che era, sognatrice, incorrotta, innamorata.
Quando ha mollato tutto per sposare il re di Inghilterra, quando si è corrotta e venduta al potere, quando si è fatta "concubina" (dal punto di vista religioso) del sovrano, in lei si è aperta una crepa.
La prima Anna innocente e adolescente (quella del castel natio), sepolta nei recessi della coscienza, e la seconda Anna, regale, contaminata, cortigiana, compromessa.

Ora poi che il re non la ama più, la tradisce, la umilia davanti a tutta la corte quella crepa sta diventando pericolosamente larga...
La protagonista è prossima al tracollo (lo si sente nella cavatina).
Persino nelle note di Smeton (che è costretta a interrompere) sente risalire dal fondo della coscienza quella "prima Anna" che l'ossessiona, con i suoi rimpianti, le sue lontane purezze, i suoi sogni incantati.

E' a questo punto che appare Percy, a mandare all'aria gli ultimi equilibri : in carne e ossa, ma aureolato da una luce angelica (la voce di Rubini), il passato le si para davanti.
E con lui il Castel Natio risorge, si fa reale, frantuma gli equilibri, la porta progressivamente all'oscillazione patologica di quell'assurda pazzia (il capolavoro di Romani in questo senso) dove le due personalità di Anna dialogano continuamente, si fronteggiano, si danno il cambio.

Le responsabilità di un tenore che canti Percy sono spaventose.
Per brava che sia l'interprete di Bolena, il suo delirio avrà senso solo in base a quel che il tenore - con la luce ultraterrena che dovrebbe proiettare col suo canto - avrà edificato fino a quel punto.
Nell'economia dell'opera, Percy dovrebbe essere una specie di miraggio cristologico, un sogno di impossibile redenzione, un fantasma di pace, un ricordo pungente e dolcissimo di "verdi platani e quieto rio".
Un bargaglio di luce accecante che può, per la mente scomposta di Anna, cancellare tutto e permetterle di immergersi nel sogno.

Per capire cosa dovrebbe essere l'interprete di Percy (e quali emozioni evocare) io ti consiglierei di ascoltare la musica della pazzia (il recitativo), dopo che Anna dice "che Percy non lo sappia... il re l'impose".
Basta un rapido volo della mente di Anna a Percy ...e Donizetti lascia filtrare dall'orchestra un canto struggente, nostalgico, cullante, infantile e lamentoso, che pare farsi largo, come una lama, nel cinismo vanitoso della "seconda" Anna, che crede di vestirsi il giorno delle regali nozze.
Sono poche note... una pennellata appena, ma in quelle note c'è tutto un mondo di sogni e rimpianti ... proprio quel mondo che il tenore, con l'ascensione vertiginosa del suo canto, dovrebbe comunicarci.

Sai che disse Donizetti all'indomani della prima recita?
"Rubini ha cantato come un angelo".
Un angelo! Sarà un modo di dire, ma ...solo se Percy ci ricorda un angelo potremo capire il crollo mentale di Anna.
Così almeno pare a me.

Ora... trovi davvero che Blake, con i suoi singhiozzetti, acuti vetrosi, accenti lamenotosi e febbrili componga un personaggio in grado di reggere tali responsabilità (fermo restando che per la prima volta fa tutte le note, non teme agilità, messe di voce ecc.. ecc... ecc... che nessun altro prima di lui... ecc.. ecc.. ecc...)?

Sappimi dire,
salutoni
Matteo
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Messaggioda MatMarazzi » ven 21 set 2007, 13:06

lucavi58 ha scritto:io personalmente si,
me ne indichi uno migliore presente o passato di cui restino tracce sonore che corro ad ascoltarlo


Questo significa che prima dell'incisione di Blake dovevamo inneggiare a Raimondi, perché non ce n'erano di migliori?
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Messaggioda MatMarazzi » ven 21 set 2007, 13:39

lucavi58 ha scritto:perchè tirare in ballo raimondi con il suo abbozzo di percy?
la mia domanda era molto chiara:
ditemi chi avete ASCOLTATO in percy meglio di blake.



Tiro in ballo Raimondi, perché per valutare se qualcuno è bravo in un ruolo non basta che non ce ne siano altri di migliori (specie in un'opera tutto sommato poco rappresentata e poco incisa).
Se fosse vera la tua tesi (non ce ne sono di migliori, quindi Blake è bravo) allora quando c'era solo Raimondi avremmo dovuto dire la stessa cosa di lui (ed obbiettivamente nel 1957 non c'erano Percy migliori di lu).
Questo però non faceva di Raimondi un buon Percy.

Il valore di un'interpretazione si misura sull'interpretazione stessa, non sul confronto con altri tenori che, per fortuna di Blake, erano peggio di lui.

Purtroppo sono storicamente mancati in questo ruolo i due cantanti che, sia pure in altre opere, avevano dimostrato una particolare affinità con i ruoli Rubini, ossia Kraus e Gedda.
Oggi Florez, che potrebbe fare un figurone, si tiene a distanza dalla parte, non si capisce per quale ragione.

Alla resa dei conti, gli unici Percy registrati sono Raimondi, Oncina (!), Bertocci, Burrows, Sartori (!) e Alexander, molti dei quali totalmente impreparati alle peculiarità tecniche e poetiche del ruolo.
Il fatto che Blake non sfiguri in questa congrega non dimostra che lui sia un Percy ideale.

Infine, non so come si dica dalle tue parti,
ma da queste parti le volgarità non sono ammesse nemmeno se mascherate di x.
Per questo la censuro.

Matteo Marazzi
Ultima modifica di MatMarazzi il ven 21 set 2007, 14:55, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda VGobbi » ven 21 set 2007, 14:44

E Pavarotti nel ruolo di Percy? Non pensate che almeno dal punto di vista vocale, sarebbe potuto essere il migliore, sia dei possibili mai affrontati (intendo Kraus e Gedda, come ha citato Marazzi) che dei cantanti che l'hanno portato sul palcoscenico (Blake e lo stesso Raimondi).
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Messaggioda PQYD » ven 21 set 2007, 15:17

MatMarazzi ha scritto:Oggi Florez, che potrebbe fare un figurone, si tiene a distanza dalla parte, non si capisce per quale ragione.


Secondo me invece Florez fa benissimo a tenersi a distanza dalla parte, che è lunga, di massacrante estensione (fin dalla sortita, che orbita sul medio-grave ma prevede anche degli acuti) e soprattutto esige corpo di voce (bella voce) e accento maestoso, qualità che il gentile tenore peruviano non possiede, come peraltro dimostra il disco di recente uscita, in cui, tanto per dirne una, l'aria del Pirata assume contorni alla Gilbert & Sullivan. Non meno clamoroso è stato, pochi mesi fa, il naufragio di un altro tenore, di voce più bella e tecnica meno solida, Francesco Meli.

Come Percy mi pare che nessuno abbia ancora citato Chris Merritt, che, al pari di Blake, non ha il timbro angelico, ma, sempre al pari di Blake, ha (ben) altre frecce al suo arco.
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Messaggioda Domenico Donzelli » ven 21 set 2007, 20:05

certo che arrivare da Otello di Rossini al Percy di Bolena è lunga
Ritengo il Percy di Blake e di Merritt entambi in compagnia di Joan Sutherland quanto di meglio nella parte.
Credo che Donizetti sapesse cscrivere meglio di Bellini per le voci e le scritture del primo fossero assai più fedeli alle qualità vocali del cantante. A riprova che Rubini un anno dopo la prima di Sonnambula andava già di trasporto verso il basso.
Una cosa è certa che Rubini disponesse non solo di una estensione fenomenale, m anche di una voce al centro che se non era amplissima non soffriva i grandi spazi come David jr.
Sia pure con acconci trasporti Rubini fu Otello e Pollione (in quest'ultimo caso alzando di un tono la cavatina, che Blake fu tentato di eseguire) parti che anche in teatro non enormi e con orchestrali che non sono gli attuali richiedono ampiezza e "voce che corre".
Quindi dubito che Percy competa ad un tenore come Florez il cui rapporto con le opere italiane dell'800 post Rossini dovrebbe essere cautissimo e, credo, riservato a titoli comici o larmoyant, anche perchè la tavolozza di colori che Florez non è affatto illimitata. Anzi.
Quindi è certo che Blake non avesse la voce dolce, malinconica, angelica di Rubini, che fosse più l'erede di David Jr che non di Rubini, però la facilità con cui regge le tessiture, dipana il virtuosismo ed esibisce una dinamica sfumata e colori, ripeto con il limite di una voce ingrata non hanno paragoni.
Per quanto riguarda Merrit, che frequentemente nei concerti fine anni 80 cantava le arie di Percy il discorso è un po' lo stesso. Era un Percy di grande facilità di canto di estensione prodigiosa, forse non sfumatissimo e forse senza perticolari intuizioni nell'accento . Tutti aspetti ( difetti? ) che Bellini e Donizetti amplificano, però.......................
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