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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda pbagnoli » lun 27 ago 2012, 17:28

MatMarazzi ha scritto:Penso che Pietro si riferisse soprattutto a si naturali della prima parte di "Tu l'as dit".

Sì, è proprio così, mi riferivo esattamente a quei si naturali.
Più che il re bemolle finale, che è emesso più di petto che "misto", sono proprio quei passaggi che danno l'esatta misura (e non la sensazione!) di un'emissione mista. E' l'unico documentato su disco a farlo; l'unico ad avvicinarglisi è Lauri-Volpi


MatMarazzi ha scritto:Resta il fatto che, per me, sempre e solo di una sensazione di si tratta.

Per me assolutamente no.
E più lo sento, più me ne convinco.
Al di sopra del si bemolle si percepisce che la voce passa nei risuonatori facciali in modo più netto, ma sempre adeguatamente "foderata" da risonanze di petto

MatMarazzi ha scritto:Intanto io suggerisco di separare nettissimamente queste due parole: "misto" e "falsettone".
Il falsettone, come dice la parola stessa ;), è un parente del falsetto. E nessuno dei suoni che abbiamo sentito in questo thread (eccezion fatta per il fa sopracuto di Gedda e di Pavarotti nei Puritani) è parente del falsetto.

Se vuoi, facciamolo pure: in fin dei conti anche questa è una convenzione.
Per me sono sostanzialmente la stessa cosa: il falsettone e il suono misto di testa indicano la stessa cosa, e cioè un suono di testa - come il falsetto - "foderato" (non mi viene termine migliore) da risonanze di petto.
Quello di Pavarotti, così tubato e flautato, è un suono di falsetto puro, senza cioè nessuna risonanza di petto; quello che faresti anche tu se decidessi di imitare la Silja.

MatMarazzi ha scritto:A me pare che tutto ciò che abbiamo sentito rientri nella tecnica "dupreziana": ossia il nuovo modo di gestire il settore acuto e sopracuto da parte dei tenori, in auge dagli anni '30 di due secoli fa.

A me non sembra proprio.
Mi sembra invece un tentativo di recuperare un tipo di emissione più da Nourrit


MatMarazzi ha scritto:Che poi questa tecnica la chiamiamo "di petto" o "misto"... è solo una questione di nomenclatura.
Però almeno intendiamoci sul fatto che io quando dico "misto" non intendo affatto dire "falsettone".
Io chiamo "misto" anche un acuto di Corelli , anche di Vickers, anche di Del Monaco.

E nemmeno qui siamo d'accordo.
Per me il "petto" è il "petto": in tal senso mai e poi mai mi sognerei di definire misti i suoni di Corelli o di Del Monaco (su Vickers, per lo meno in certe situazioni, il discorso può essere più sfumato). Se poi tu li definisci così, è perché per te è più comodo; ma a me sembrano suoni diversissimi rispetto a quelli di cui stiamo parlando.
Secondo me, dal do diesis in su è inevitabile passare in un settore misto.
Il do diesis è per me lo spartiacque: per certi tenori è possibile rimanere in petto anche su questa nota, per altri assolutamente no

MatMarazzi ha scritto:E in tutti i casi, al di là dei nomi, la prova che nemmeno il do del Faust di Dani (così come i sopracuti siderali di Merritt) si avvicinino al falsetto dei tenori pre-Duprez è stata brillantemente data da Francesco!
Infatti, come lui ha scritto, se questa (di Merritt, o di Dani, o di Gedda) fosse davvero la stessa tecnica adottata da un Rubini, com'è che né Gedda, né Dani, nè Merritt, nè praticamente nessuno (tranne il giovanissimo Kunde e Matteuzzi, a prezzo di sonorità al limite dell'accettabile) è mai riuscito a realizzare in modo decente il famoso fa dei Puritani?

Credo che i Puritani abbiano patito più di qualunque altro ruolo belcantista la tara del tenore-romantico. Ho sempre avuto la sensazione che non sia mai apparso accettabile - quanto meno in epoca attuale - l'idea di un fa4 eseguito con tecnica mista. Chi non riesce a farlo si accontenta - si fa per dire, ovviamente - di un re bemolle, nota più accettabile da eseguire in petto o, al limite, in modo misto.

MatMarazzi ha scritto:Insomma... possiamo discutere sui termini, ma sua una cosa dovremmo essere tutti d'accordo.
Non esiste ancora un tenore che in questo repertorio sia davvero uscito dalla tecnica dupreziana.

Secondo me invece sì, eccome!
Gedda, in parte, ma soprattutto Merritt ci hanno fatto sentire suoni ben lontani dalla tecnica dupreziana. Proprio quelli che tu chiami i sopracuti siderali non sarebbero nemmeno lontanamente ipotizzabili con tecnica selon Duprez, che permetterebbe anche al tenore più dotato di arrivare - e con notevole sforzo - al do diesis.
Al di sopra di tale cut off occorre una tecnica mista. Procedendo di solo petto, un obbiettivo al di sopra di tale limite è sostanzialmente precluso, a meno di non impegolarsi in suoni di rara bruttezza
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda mattioli » mar 28 ago 2012, 14:00

Ciao,

duole dare ragione al GM : Love : per interposto Celletti ri- : Love : . Zio Rudy buonanima insegnava infatti che non esistono acuti completamente "di petto" o "di testa", ma sempre "di petto" e "di testa" in percentuali, per così dire, variabili. Ed è quel che si è fatto, con perizia tecnica diversa, dai tempi di Duprez a oggi (per inciso: se ascoltate i dischi di Escalais, tenore francese "espada" di fine Otto inizio Nove, sentite acuti ipersquillanti, dove sicuramente la percentuale "di petto" è preponderante. Che c'entra, dite? Beh, Escalais aveva studiato proprio con Duprez, quindi è molto interessante. Anche a livello testuale: provate a prendere l'aria di Jerusalem e ad ascoltarla con lo spartito sotto - che non ho; ho, anzi avevo, quello dei Lombardi, vabbé -: l'effetto è curioso. Però Duprez fu il primo interprete di Jerusalem, quindi quella del suo allievo potrebbe essere una versione in qualche modo "autentica").
Lo stesso RC sosteneva che l'esempio ottimo massimo di falsettone vero (quindi l'emissione, diciamo così, predupreziana) era il do acuto in un'aria del Maitre Patelin di Bazin cantata dall'eccellente tenore belga D'Arkor. Però i dischi di D'Arkor li ho persi due traslochi fa, quindi non posso postarveli né riascoltarli.
In ogni caso, tutto questo dibattito su falsettone sì/falsettone no mi annoia ed è cellettiano (questo sì) in senso deteriore. Mi spiego: io ho la mia idea su che voce avesse e come cantasse Nourrit ma, in mancanza di cd e/o dvd, è inverificabile come tutte le altre. Però bisognerebbe cercare di andare un po' oltre le note. L'importante, in questo caso, non è solo COSA Nourrit cantasse, ma COME (e poi prendetevi lo spartito del Tell: la tessitura, in molti momenti - vedi il Terzetto - è singolarmente bassa per un tenore presunto contraltino). In altri termini, credo che Rossini, Meyerbeer, Halévy & soci, essendo più intelligenti di un loggionista medio, si appassionassero non solo alle note di Nourrit, ma alla sua personalità. E che fosse questa, alla fine, a intrigarli.
Ma questa è una vecchia scoperta, fatta molti anni fa, e di cui sono grato (ebbene, sì) al GM, che ci arrivò prima.
Scusate la lenzuolata e il tono nostalgico... :roll:
Baci & abbracci

AM
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 28 ago 2012, 14:12

mattioli ha scritto:In ogni caso, tutto questo dibattito su falsettone sì/falsettone no mi annoia ed è cellettiano (questo sì) in senso deteriore. Mi spiego: io ho la mia idea su che voce avesse e come cantasse Nourrit ma, in mancanza di cd e/o dvd, è inverificabile come tutte le altre.


Ciao Alberto,
beh dai ogni tanto una qualche discussione vociologica non guasta!!! ;-)
Tanto per lavorare un po´di fantasia, visto che la macchina del tempo ancora non l´hanno inventata!!!
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda MatMarazzi » mar 28 ago 2012, 17:23

Parto rispondendo al Mattiolissimo,

Intanto ti ringrazio di aver citato, in questa sede, il Celletti: egli aveva visto giusto nel sottolineare che tutta la gestione del registro acuto tenorile da due secoli in qua (laddove non si usi espressamente il falsetto) è riconducibile all'invenzione di Duprez. Compresi certe soluzioni che andiamo inventando (opportunamente, intendiamoci) pur di evitare di sentire un Gualtiero o un Rodrigo di Dhu in falsetto! :)

Allargo il discorso dicendo che Celletti, su queste "distinzioni", è stato ed è tuttora un'autorità.
E che tutte le nostre teorie sulla diaspora delle scuole del canto classico trova proprio in Celletti le sue più solide conferme.
In pratica infatti noi diciamo, su questo fronte, le stesse cose che diceva lui. E' il giudizio che diverge, non quello che le orecchie comunicano. :)

Per intenderci, confrontando Pertile e la Caballé a Del Monaco e alla Borkh, noi diciamo che i primi sono vocalisti e i secondi declamatori; insomma riconosciamo noi stessi un'inconciliabilità tecnica fra due scuole.
Lui invece diceva che i primi due sapevano cantare e gli altri due no.
Certo, perché propugnava la tesi della tecnica "unica", ma quello che conta è che (a livello tecnico) era perfettamente in grado di cogliere le stesse differenze "genetiche" e inconciliabili rispetto al modo di cantare.
Noi chiamiamo la famiglia dei primi "scuola vocalistica" e lui "tecnica unica"... e la famiglia dei secondi "scuola delmatoria" e lui "tecnica sbagliata" :) ...questo conterà in sede critica, ma dimostra che il nostro orecchio e il suo sentono le stesse cose.

Ci sono invece, su internet, sedicenti Cellettiani (e non solo nel sito dei Gridiani o Gridolini), che invece prendono un Lorenz, una Pauly, una Larsén-Todsen, una Lotte Lehmann, persino una Borkh e, non avendo gli strumenti per cogliere l'immane differenza tecnica rispetto al canto "vocalistico", li spacciano per cantanti "giusti".
Forse perché:
- hanno paura di negare l'evidenza della loro grandezza... (che li farebbe passare, agli occhi dei lettori, come incompetenti).
- hanno paura di sentirsi dare "ignoranti" in quanto incompetenti su Wagner! E così vogliono dare l'idea di intendersene anche di canto wagneriano...
- davvero non sanno distinguer (a differenza di Celletti) fra un suono immascherato e uno aperto, fra una respirazione di un tipo e un'altra di un altro...

Resta il fatto che farebbero sganasciare lo stesso Celletti (che per fortuna loro è morto) affermando che una Borkh, un Max Lorenz, una Larsén-Todsen, una Lotte Lehmann, una Pauly fossero esimi vocalisti, perfettamente padroni della stessa "tecnica unica" di una Sutherland. :)
E che quindi (aggiungo io) avrebbero potuto tecnicamante mangiarsi (tra un Wagner e l'altro) Lakmé, Puritani, Rinaldo e (perché no?) con un po' d'esercizio anche la Donna del Lago.
:D :D :D :D :D

Scusate la digressione, ma è necessario in ogni occasione far capire all'appassionato che i tanti cellettiani allo sbaraglio rintracciabili su Internet non hanno nulla a che fare col "presunto" maestro.
Se Celletti buonanima fosse vivo, sarebbe a loro che tirerebbe le orecchie perché non hanno compreso l'ABC di una vita intera di suoi scritti. Di noi (che su queste distinzioni ci muoviamo esattamente come lui) potrebbe solo dire che abbiamo gusti decadenti! :)

Scusate l'OT e torno al punto.

mattioli ha scritto:duole dare ragione al GM : Love : per interposto Celletti ri- : Love : . Zio Rudy buonanima insegnava infatti che non esistono acuti completamente "di petto" o "di testa", ma sempre "di petto" e "di testa" in percentuali, per così dire, variabili. Ed è quel che si è fatto, con perizia tecnica diversa, dai tempi di Duprez a oggi


La mia tesi è che prima di Duprez i tenori si comportassero esattamente come si comportavano le donne e come si comportano ancora oggi.
Ossia il registro di petto era riservato (e con cautela) alle note basse; poi si passava a un misto (quello che tu e Celletti chiamate "compresenza di petto e testa" e francamente non so quanto questa definizione possa essere fisiologicamente corretta, ma l'importante è intendersi) e infine si accedesse al falsetto.
L'unica differenza (ma questo andrebbe verificato storicamente: è solo un mio sospetto) è che mentre le donne tendevano a passare al falsetto prima possibile, anche nel medium, gli uomini preferissero estendere più a lungo il misto, affidandogli l'esecuzione del medium, e passando al falsetto solo molto in alto (sol, la, si bemolle).
Se questo è vero, allora Duprez non fu tanto un "inventore", quanto un estremizzatore della tendenza: lui infatti decise di portare il misto talmente in su da sostituire (quasi!!! del tutto) il falsetto.

Allargo con una questioncina fuori tema che può aiutare a capire il processo.
Nel corso del '900 anche le donne cominciarono a odiare un po' il falsetto: ma non nell'opera (dove nel loro caso non è mai venuto meno) bensì nella musica pop.
Fin dagli anni 30 comincia a sentirsi nel jazz e nel pop una compresenza di falsetto e di ...misto, spinto verso l'alto (con effetto "urlo" simile a quello che rossini dovette provare con Duprez).
Quando poi arriviamo gente come Aretha Franklin, i cui acuti disumani sono ottenuti non col falsetto ma col misto, cosa troviamo se non - mutatis mutandis - la stessa identica rivoluzione tecnica di Duprez?



Rispetto al falsetto dei soprani (o delle più antiche cantanti pop) un brano come questo può risultare spiazzante.
Proprio come (nel bene o nel male) poteva risultare un do diesis acuto NON IN FALSETTO di Duprez negli anni '30 dell''800.


Tornando a noi, i tenori del dopo-duprez si sono esercitati per due secoli in questa tecnica dell'acuto misto (che è pazzesca, logorante, fantasmagorica, difficilissima, geniale).
Ovvio che i tenori siano, in termini di costruzione scolastica, molto più difficili da preparare di un baritono o di un basso, proprio perché questo allucinante "misto" spinto alle estremità della voce umana si può ottenere solo con millimetrici equilibri di fonazione e respirazione, e con un fatica anche fisica che non è richiesta ad altri registri.
Così profondamente innaturale e iper-atletico, l'acuto del tenore è giustamente diventato una delle cose più sensazionali da sentire (cosa che il falsetto non poteva essere) e l'ossessione di molta gente.
Per questo, aggiungo, tutti noi lo amiamo alla faccia di chi, trent'anni fa, lo considerava roba da loggioni! :)


Il problema però è sempre quello: come ci comportiamo per quelle parti (pre 1835) scritte e pensate appositamente per il falsetto?
Come ci comportiamo con i ruoli Rubini, o Nourrit?
O Nozzari, David, Garcia?
O per gli haute-contre del Grand Opéra e dell'Opéra Comique?

Da due secoli (sull'esempio di Duprez, il quale però - a sua volta - SAPEVA usare il falsetto) noi tradiamo questa musica eseguendola senza falsetto. Le conseguenze sono, non solo per me, gravissime.

Intanto perché non si può sperare che un misto (per quanto esteso a livelli inauditi) possa del tutto sostituirsi al falsetto.
Il falsetto è comunque più acuto.
Per quanto eccezionali possano essere le risorse acute di un tenore, esse non potranno aspirare (come ha detto giustamente Francesco) a un fa sopracuto come quello che Bellini scrisse - nero su bianco - nei Puritani.
E così note che erano "normali" quando furono pensate diventano eccezionali oggi; e quelle che erano eccezionali allora diventano oggi "impossibili".

Altra conseguenza: parti che allora erano di repertorio "corrente" come Raoul (e se esegui gli Ugonotti con gli acuti in falsetto non sarebbero impossibili vocalmente) sono diventate rarità da tenere in naftalina finché non salta fuori qualche superdotato di acuti che possa arrischiarvisi.

E non è forse per questa ragione, caro Mattioli, che la gente ha cominciato a trascurare l'aspetto poetico e musicale dei ruoli Nourrit per concentrarsi su quello atletico (che ai tempi manco esisteva)?
Sai, paradossalmente non è così difficile trovare tenori dotati di sensibilità e profondità espressiva, bravi attori, bravi liederisti, mentre trovarne col re sopracuto in tasca è un'impresa! :)
Se non ci fosse di mezzo la questione di quelle note... pensa come sarebbe bello chiamare un Kaufmann in Raoul! :)
E invece ci tocca inebriarci con Merritt e Morino! :(

Non trovo proprio per niente, caro Mattioli, che la questione del falsetto sia oziosa.
Tutt'altro!

In ogni caso, tutto questo dibattito su falsettone sì/falsettone no mi annoia ed è cellettiano (questo sì) in senso deteriore. Mi spiego: io ho la mia idea su che voce avesse e come cantasse Nourrit ma, in mancanza di cd e/o dvd, è inverificabile come tutte le altre. Però bisognerebbe cercare di andare un po' oltre le note. L'importante, in questo caso, non è solo COSA Nourrit cantasse, ma COME (e poi prendetevi lo spartito del Tell: la tessitura, in molti momenti - vedi il Terzetto - è singolarmente bassa per un tenore presunto contraltino). In altri termini, credo che Rossini, Meyerbeer, Halévy & soci, essendo più intelligenti di un loggionista medio, si appassionassero non solo alle note di Nourrit, ma alla sua personalità. E che fosse questa, alla fine, a intrigarli.


Come ho già scritto, il problema è tecnico e va ben al di là della personalità dell'artista.

L'acuto "misto" alla Duprez non è solo un suono.
Ha anche certe caratteristiche "significanti".
Per esempio è un suono eroico, anzi super-eroico perchè al di sopra delle normali possibilità della voce umana.

E questo aspetto di eroismo non lo puoi eliminare da un do sopracuto (diciamo così) di petto, anche se a farlo è il più sensibile e raffinato dei tenori.
Anche i do sopracuti di Gedda e Wunderlich erano comunque eroici, perché tale condizione è implicita nella tecnica che li produce.

Un sopracuto in falsetto, al contrario, "può" essere eroico o non esserlo. Le donne (che il falsetto lo sanno ancora usare) ti dimostrano che un do cacciato dalla Nilsson in Elektra è eroico, mentre uno filato della Caballé in Aida non lo è.
Un sopracuto di Aretha Franklin (non in falsetto) sarà pure elettrizzante, ma comunica colo quello!

Il falsetto è più versatile del "misto", più gestibile, più vario, anche se meno spettacolare.

Così, ad esempio, per quanto raffinato possa essere l'interprete degli Ugonotti, non potrà che conferire algli intervalli spericolati della "Blanche Hermine" un guizzo di virilità sensuale, di machismo ormonale, persino guerriero che nella musica non c'è e non dovrebbe esserci (con quel ondeggiare del sogno fra i sospiri languidi della viola d'amore).
Esegui l'aria tutta in falsetto e le cose cambieranno...

Poi c'è la questione timbrica.
Nourrit era praticamente un baritono che, col falsetto, si spingeva fino ai do e do diesis.
L'unica parte che fu scritta per lui completamente senza falsetto è Poliuto: bene, se guardi lo spartito l'estensione e il baricentro della parte sono praticamente gli stessi di ...Jago, scritto tanti anni dopo per un baritono acuto come Maurel.
Le sue parti avrebbero bisogno di vocalità più calde, più tragiche, più classicheggianti.

Se però ci ostiniamo a eseguire quei do e do diesis in "misto" nessun baritono acuto o tenore centralizzante ci arriverà mai.
E così siamo costretti a scritturare non solo voci acutissime, ma spesso anche chiare di timbro e giovanili di età.
Insomma: è come se cavassimo l'ultima corda al violoncello, e poi ci trovassimo costretti (dato che i violoncelli così menomati non riescono più a eseguire certe pagine acute) a sostituirli in orchestra con dei violini.
Che razza di stravolgimento ne uscirebbe rispetto agli equilibrio voluti, che so?, da un Beethoven?

Non è forse un'impostura allucinante che un Florez trionfi nel mondo come Comte Ory? Una parte da demonio, da don giovanni, tipicamente e irosamente nourrittiana?
Eppure quali voci, se non quelle come la sua, possono reggere simili slanci... al sopracuto, se ci ostiniamo a volerli sentire in misto?
Perché non chiamiamo Florez anche in Jago allora...


Lo stesso RC sosteneva che l'esempio ottimo massimo di falsettone vero (quindi l'emissione, diciamo così, predupreziana) era il do acuto in un'aria del Maitre Patelin di Bazin cantata dall'eccellente tenore belga D'Arkor. Però i dischi di D'Arkor li ho persi due traslochi fa, quindi non posso postarveli né riascoltarli.


Io invece posso! :)
Ecco il brano. Il falsettone (e questo effettivamente è un falsetto molto ben fatto) lo trovate al minuto 2.20.


Salutoni,
Mat
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda mattioli » mar 28 ago 2012, 20:14

Ah, interessante.
Andiamo per gradi:

L'acuto "misto" alla Duprez non è solo un suono.
Ha anche certe caratteristiche "significanti".


Il punto è questo. Attenzione perché la scrittura delle parti per Rubini, Duprez, Nourrit e insomma i cantanti di quella generazione, in cui si consuma uno sconvolgimento tellurico del modo di cantare l'opera, NON è affatto univoca. Prendete Lucia di Lammermoor, scritta nel 1835 per il Duprez "post do di petto". E' chiaro che Donizetti richiede in certi momenti acuti "di petto" (passatemi la definizione), per esempio nella maledizione, però nel duetto con Lucia scrive un mi bemolle che è chiaramente pensato per un'esecuzione "di testa" (idem come sopra, falsetto o falsettone non è questo il punto) sia da un punto di vista tecnico che espressivo, perché è chiaro che si tratta di una nota da eseguire con dolcezza.
Andiamo avanti. Ugonotti, 1836 per Nourrit. Nel primo quadro del quinto atto c'è una grande scena, che in teatro non si sente mai, che sembra scritta per un tenore completamente diverso da quello che canta il resto dell'opera: un declamato martellante, su una tessitura centrale. Roba da Gluck e attenzione a darmi del matto perché Nourrit era figlio di un celebre tenore gluckiano (école du cris, per intenderci) e, benché passato per Rossini, usciva da quella tradizione lì, palese sin dall'intitolazione della sua cattedra al Conservatorio: "déclamation lyrique".
Infine, Rubini, il re del falsettone, l'uomo dei fa sopracuti (ma nel Bianca e Fernando, se non mi sbaglio - ma probabilmente sì - c'è perfino un sol). Io credo che le recensioni dell'epoca vadano prese con almeno due paia di molle, perché le parole sono le stesse di oggi ma hanno probabilmente un altro significato (cos'era un "grande volume" nel 1830? Cosa un suono "dolce"? Boh...). Però tutte sono concordi nel sottolineare lo squillo e la forza dei si naturali di Rubini, evidemente emessi "di petto".
Allora ammettiamo che i tenori sapessero cantare con entrambe le tecniche, che poi secondo me sono solo una: cambiava, probabilmente, il mix di petto e di testa (fra l'altro, sempre per restare al sullodato Celletti : Love : , ricordo che zio Rudy spiegava che la tecnica del falsettone si poteva acquisire solo da giovani, addirittura in età prepubere. In effetti, pensate a Gigli...). Fin qui, credo, siamo d'accordo.

Il falsetto è più versatile del "misto", più gestibile, più vario, anche se meno spettacolare.
Così, ad esempio, per quanto raffinato possa essere l'interprete degli Ugonotti, non potrà che conferire algli intervalli spericolati della "Blanche Hermine" un guizzo di virilità sensuale, di machismo ormonale, persino guerriero che nella musica non c'è e non dovrebbe esserci (con quel ondeggiare del sogno fra i sospiri languidi della viola d'amore).
Esegui l'aria tutta in falsetto e le cose cambieranno...


Ecco, il problema nasce qui. Da un lato, perché il pubblico di oggi è assolutamente disabituato a questo tipo di emissione e, come dici tu, ma io sono d'accordo, attribuisce un preciso significato all'acuto "di petto". Dall'altro, perché tutti gli esperimenti che sono stati fatti (i primi che mi vengono in mente: Conrad, Vrenios, Morino) si sono rivelati dei fiaschi disastrosi. Lascio da parte Merritt perché per me Merritt ha sempre dato il meglio nel baritenore alla Nozzari. Tu dirai: Cutler. Io Cutler in parti-Nourrit non l'ho mai ascoltato. L'ho sentito (in dvd) in una parte Rubini, cioè Arturo, e aggiungo: purtroppo, e dal vivo nel Re Ruggiero che in questo discorso non conta (ma fu effettivamente bravissimo). Magari la soluzione è lui.
Però mi sembra che il problema tecnico resti, per il momento, insolubile. Per questo dico: preoccupiamoci meno delle note e più di quello che c'è dietro. Per le parti-Rubini basta cantare; per quelle Nourrit no. Ci vuole una personalità (che non è, sono d'accordissimo e ci riflettevo proprio ieri, quella di Florez, che "canta" Ory benissimo ma non è Ory nemmeno per trenta secondi).

Ci sono invece, su internet, sedicenti Cellettiani (e non solo nel sito dei Gridiani o Gridolini),


Chi? :shock:

Scusate la lunghezza, ma l'argomento è appassionante (oddio, magari non proprio per tutti :oops: ...).
Ciao miao bao
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 28 ago 2012, 20:37

mattioli ha scritto:Dall'altro, perché tutti gli esperimenti che sono stati fatti (i primi che mi vengono in mente: Conrad, Vrenios, Morino) si sono rivelati dei fiaschi disastrosi.

...

Però mi sembra che il problema tecnico resti, per il momento, insolubile. Per questo dico: preoccupiamoci meno delle note e più di quello che c'è dietro.


In definitiva, sono d'accordissimo con Alberto.

P.S.: In tutta la discussione in effetti ho dimenticato Morino (incluso il sovracuto stellare alla fine del duetto della Lucia): tenore peraltro dimenticabile...
In definitiva, poi, i grandi (Merritt, Blake, Pavarotti, Kraus, etc.) sono grandi e basta (falsetto, emissione mista, di petto o di testa che sia). However, I really enjoyed the discussion!!!! ;-)
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda mattioli » mar 28 ago 2012, 20:47

Bravo doc.
Come sta la pupa?
Le hai già preso un gatto?
Ricordati che bisogna addestrarla al falsettone fin dalla più tenera età :mrgreen:

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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda MatMarazzi » mar 28 ago 2012, 20:50

mattioli ha scritto:Attenzione perché la scrittura delle parti per Rubini, Duprez, Nourrit e insomma i cantanti di quella generazione, in cui si consuma uno sconvolgimento tellurico del modo di cantare l'opera, NON è affatto univoca. Prendete Lucia di Lammermoor, scritta nel 1835 per il Duprez "post do di petto". E' chiaro che Donizetti richiede in certi momenti acuti "di petto" (passatemi la definizione), per esempio nella maledizione, però nel duetto con Lucia scrive un mi bemolle che è chiaramente pensato per un'esecuzione "di testa" (idem come sopra, falsetto o falsettone non è questo il punto) sia da un punto di vista tecnico che espressivo, perché è chiaro che si tratta di una nota da eseguire con dolcezza.
Andiamo avanti. Ugonotti, 1836 per Nourrit. Nel primo quadro del quinto atto c'è una grande scena, che in teatro non si sente mai, che sembra scritta per un tenore completamente diverso da quello che canta il resto dell'opera: un declamato martellante, su una tessitura centrale. Roba da Gluck e attenzione a darmi del matto perché Nourrit era figlio di un celebre tenore gluckiano (école du cris, per intenderci) e, benché passato per Rossini, usciva da quella tradizione lì, palese sin dall'intitolazione della sua cattedra al Conservatorio: "déclamation lyrique".


Tutto sacrosanto! :) Nulla da aggiungere...

Però tutte sono concordi nel sottolineare lo squillo e la forza dei si naturali di Rubini, evidemente emessi "di petto".

Ecco, qui... una piccola parentesi la aprirei.
Noi siamo soliti credere (perché questo ci dice la nostra esperienza, invero limitata, di falsetto maschile) che se qualcuno in passato definì squillante un si naturale di Rubini ...vuol dire che non lo faceva in falsetto.
Non sono d'accordo.

Riprendiamo l'esempio della Nilsson in Hojotoho...
I suoi do sono in falsetto: né in misto, né di petto.
Non sono le note di Aretha Franklin per intenderci.
Sono falsetto.
Eppure sono potentissime.

Se fra cento anni - immaginando che i dischi della Nilsson non esistano più e immaginando che le donne abbiano dimenticato il falsetto (proprio quello che è successo nell'universo maschile dopo Duprez) - qualcuno potrebbe leggere questo mio commento (note potentissime) e da questo desumere che la Nilsson non cantava in falsetto.
"Anzi, cantava sicuramente come Aretha Franklin perché altrimenti nessuno avrebbe scritto che i suoi do naturali sono potentissimi".
:) E ovviamente sbaglierebbe.

Attenzione: il falsetto non è affatto sinonimo di suono piccolo.
Le donne (che in falsetto sanno ancora cantare benissimo) sono lì a dimostrarci che se una ci sa fare.... può completamente coprire il tenore di turno (e i suoi acuti misti) con certi falsetti che buttano giù i muri! :)
Il problema è che i maschi sono ormai disabituati a cantare in falsetto e quando ci provano (i controtenori) non riescono ad andare oltre a sonorità tenui e delicate.

Scherzosamente potrei dire che non riescono a... "rinforzarlo".
Volete un buon esempio di "falsetto rinforzato"? Ossia amplificato fino a diventare un suono possente?
Vi suggerisco di non scervellarci su 78 giri o su trattati antichi: ascoltate la Tebaldi, la Callas, la Nilsson e qualsiasi cantante del nostro tempo. Non fanno altro che falsetti rinforzati! :)

Tu dirai: Cutler. Io Cutler in parti-Nourrit non l'ho mai ascoltato. L'ho sentito (in dvd) in una parte Rubini, cioè Arturo, e aggiungo: purtroppo, e dal vivo nel Re Ruggiero che in questo discorso non conta (ma fu effettivamente bravissimo). Magari la soluzione è lui.


No, nemmeno lui! :)
Anche lui in alto usa il falsetto solo nella pagine elegiache, sfumate.
Nella sfumatura forte usa le solite strane sonorità mutuate dal misto dupreziano.
Io esalto Cutler in Nourrit perché mi pare il migliore, ma il segreto della "corda scomparsa" nemmeno lui me lo rivela.


Però mi sembra che il problema tecnico resti, per il momento, insolubile. Per questo dico: preoccupiamoci meno delle note e più di quello che c'è dietro. Per le parti-Rubini basta cantare; per quelle Nourrit no. Ci vuole una personalità (che non è, sono d'accordissimo e ci riflettevo proprio ieri, quella di Florez, che "canta" Ory benissimo ma non è Ory nemmeno per trenta secondi).


Concordo, ovviamente...
Purché siamo d'accordo che sempre di ripiego si tratta.
Tornando all'esempio che facevo del violoncello privato della corda di La, se non c'è alternativa ok... faremo eseguire le pagine divenute troppo acute a un grande violinista (e sarà sempre meglio di un cattivo violinista), ma dobbiamo restare tutti d'accordo che anche il più grande violino del mondo non è la stessa cosa di un violoncello, specie nelle parti che erano appositamente state scritte per il violoncello (con le sue 4 brave corde) .

Penso che l'argomento sia appassionante per molti! :) E grazie dei tuoi dottissimi interventi.
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 28 ago 2012, 21:01

MatMarazzi ha scritto:Intanto perché non si può sperare che un misto (per quanto esteso a livelli inauditi) possa del tutto sostituirsi al falsetto.
Il falsetto è comunque più acuto.

L'acuto "misto" alla Duprez non è solo un suono.
Ha anche certe caratteristiche "significanti".



1. Ma il falsetto resta comunque una nota più esile di una emessa a piena voce (almeno il falsetto che faccio io sotto la doccia!). Quindi Nourritt nel Tell all'Opera di Parigi era costretto per farsi sentire a rinforzare il falsetto nei risuonatori superiori, adottando quindi un registro misto. Sbaglio o siamo al punto di partenza????

2. Certo, la voce (intesa come timbro, come puro suono) ha anche caratteristiche "significanti". Ma quanto il suono abbia caratteristiche "significanti" dipende dal tipo di repertorio. Conta tantissimo nel belcanto (tanto che non si dà vero belcantista se non si ha tecnica sopraffina, anche a dispetto di dizione non perfetta, penso alla sublime Sutherland). Forse un po' meno in Verdi, dove le caratteristiche "significanti" derivano dall'interazione tra tipo di emissione, timbro, dizione ed accento (così in Verdi si tollera maggiormente un cantante dalla tecnica non sopraffina purché... vi sia dell'altro!!!!).
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 28 ago 2012, 21:04

mattioli ha scritto:Bravo doc.
Come sta la pupa?
Le hai già preso un gatto?
Ricordati che bisogna addestrarla al falsettone fin dalla più tenera età :mrgreen:

AM


Indubbiamente per avviare una bimba al mondo dell'opera ascoltare un gatto è decisamente meglio che... ascoltare un cane!!! :mrgreen:

Scusa per la battuta english!!!!

;-)
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 28 ago 2012, 21:06

MatMarazzi ha scritto:
Attenzione: il falsetto non è affatto sinonimo di suono piccolo.
Le donne (che in falsetto sanno ancora cantare benissimo) sono lì a dimostrarci che se una ci sa fare.... può completamente coprire il tenore di turno (e i suoi acuti misti) con certi falsetti che buttano giù i muri! :)
Il problema è che i maschi sono ormai disabituati a cantare in falsetto e quando ci provano (i controtenori) non riescono ad andare oltre a sonorità tenui e delicate.

Scherzosamente potrei dire che non riescono a... "rinforzarlo".
Volete un buon esempio di "falsetto rinforzato"? Ossia amplificato fino a diventare un suono possente?
Vi suggerisco di non scervellarci su 78 giri o su trattati antichi: ascoltate la Tebaldi, la Callas, la Nilsson e qualsiasi cantante del nostro tempo. Non fanno altro che falsetti rinforzati! :)




Scusa Mat,
leggo solo ora la tua risposta.
Ma tu citi solo donne con falsetto rinforzato.
Il falsetto di Deller resta un suono piccolo!!!
O no?
Boh....
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda MatMarazzi » mar 28 ago 2012, 21:16

DottorMalatesta ha scritto:Scusa Mat,
leggo solo ora la tua risposta.
Ma tu citi solo donne con falsetto rinforzato.
Il falsetto di Deller resta un suono piccolo!!!


Certo... ma sai com'è.
Deller, praticamente, si è dovuto inventare il suo falsetto. Dietro di lui c'era un secolo di rifiuto del falsetto a fini canori.
Nessuno lo praticava più, nessuno lo insegnava più, nessuno sapeva come si ottenesse in modo serio...

Le donne invece hanno alle loro spalle una scuola ininterrotta di falsetto "artistico" che risale almeno al cinquecento.
Non hanno mai smesso di lavorarci sopra... per secoli!
Ammetti che ne sappiano un bel po' più di noi mashietti? :)

I controtenori, generazione dopo generazione, migliorano che è un piacere.
Ma prima di potersi paragonare alle donne nel loro stesso terreno... hanno un strada talmente lunga che non se ne vede la fine! :)
D'altro canto, le cantanti femmine (classiche ovviamente) non potrebbero competere coi maschi nell'uso dei registri misti e di petto! :)
In quelli le battiamo senza pietà! :D

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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda mattioli » mer 29 ago 2012, 14:38

Qui non sono del tutto d'accordo. In realtà, in Inghilterra la tradizione del falsettista non si è mai interrotta, come testimonia un incredibile cd della Opal ("Chime gain, beautiful bells") di controtenori degli Anni Trenta, benché alle prese con un repertorio popolare. La novità di Deller fu, semmai, di applicare la sua voce, con molta prudenza, ai primi ruoli della risorgente opera barocca: però il suo Sosarme, dal punto di vista discografico, non è certo il meglio che ci abbia lasciato.
Quanto alla questione del volume, mi sembra che i falsettisti attuali la stiano risolvendo (ma non chiedetemi come: non sono - per fortuna - un maestro di canto). Bejun Mehta ha un volume tutt'altro che ridotto. Ricordo che a un Mitridate di qualche anno fa nel cortile della Residenz di Salisburgo, quindi oltretutto all'aperto, risultò quello "con più voce". E David Hansen, sentito la settimana scorsa nel Paride di Bontempi, benché in cattiva compagnia e tutt'altro che irreprensibile per tutto il resto, era quello che si sentiva di più.
Il vero problema è, semmai, quello della longevità dei controtenori (chiamiamoli così per comodità), che ancora oggi hanno carriere sfolgoranti ma brevi. Vedi Daniels (che però nella prossima stagione fa Radamisto all'An der Wien...).
Scusate l'intromissione.
Ciao miao bao

AM
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda DottorMalatesta » gio 30 ago 2012, 20:26

Caro Mat e operomani/operoinomani/vociologi/vociomani,
a proposito della distinzione (molto appropriata a mio modo di vedere) tra canto vocalistico e declamatorio, come considerare lo stile di canto di Di Stefano (o, si parva licet, di Carreras)?

(sono un po' out of topic, ma era solo per avere un'idea...)
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Re: Arnold e il falsetto(ne)

Messaggioda MatMarazzi » sab 01 set 2012, 12:23

mattioli ha scritto:In realtà, in Inghilterra la tradizione del falsettista non si è mai interrotta, come testimonia un incredibile cd della Opal ("Chime gain, beautiful bells") di controtenori degli Anni Trenta, benché alle prese con un repertorio popolare. La novità di Deller fu, semmai, di applicare la sua voce, con molta prudenza, ai primi ruoli della risorgente opera barocca: però il suo Sosarme, dal punto di vista discografico, non è certo il meglio che ci abbia lasciato.


Il fatto che il falsetto maschile non si fosse mai del tutto perso nelle tradizioni extra-operistiche e popolari è vero e non solo per l'Inghilterra, ma per tutti i paesi del mondo, Italia compresa.
Guarda le voci bianche della liturgia cattolica: i pueri continuavano a cantare in falsetto non perché vi fossero costretti (non è che un bambino sa cantare in falsetto quando nasce), ma perché questa è la loro tradizione, che proseguiva alla faccia di Duprez! :)

Non di meno, il falsetto che si cantava all'opera (e che dopo Duprez è venuto meno) era tecnicamente tutt'altra cosa.
Così come esiste registro di petto (quello di un tenore) e registro di petto (quello di Vasco Rossi), così per il falsetto classico maschile - la cui tradizione fu brutalmente interrotta - esisteva una scuola ben precisa, che gli uomini hanno smarrito e le donne mantenuto.

Riassumendo, è vero che prima di Deller il falsetto maschile (fuori dall'opera) ancora esisteva, mutuato da altre tradizioni e repertori e soprattutto eseguito con altra tecnica, ma è anche vero che "quel falsetto" non sarebbe stato applicabile ipso facto al repertorio classico e meno ancora a quello rubiniano; le enormi difficoltà che ancora oggi i controtenori incontrano a farsi valere nel repertorio haendeliano (e lo dice uno che apprezza moltissimo la loro rivoluzione) sono lì a dimostrarlo.
Beujin Mehta a me piace moltissimo, ma potrei definire "potenti" i falsetti come i suoi.... solo se non avessi mai sentito un falsetto davvero potente: e invece mi basta sentire non dico una nota della Nilsson, ma anche una della Tebaldi per rendermi conto che la strada per arrivare a suoni simili - per gli uomini - è ancora lunghissima.
Tutto questo a mia opinione.

VEnendo al dott. Malatesta

a proposito della distinzione (molto appropriata a mio modo di vedere) tra canto vocalistico e declamatorio, come considerare lo stile di canto di Di Stefano (o, si parva licet, di Carreras)?


Be', caro il mio dottore... :)
Ho l'impressione che tu non abbia fatto bene i compiti a casa! :)
Questi argomenti sono stati lunghissimamente sviluppati nel nostro forum, con interminabili discussioni che sono il nostro fiore all'occhiello.
Ti consiglio di dare una scorsa ai seguenti thread e magari inserirti in quelle discussioni.

- Per prima cosa ti consiglio di leggere tutti il fondamentale thread Il canto: tecnica o tecniche? in questioni generali.
viewtopic.php?f=5&t=155
In particolare di suggerisco di partire dalla seconda pagina, all'articolo "Declamatori", "coloristi", scuole varie..., dove ho tentato una sistematizzazione storica delle principali famiglie tecniche di cantanti "classici" avallati dalla tradizione contemporanea.

Quindi per passare a Di Stefano, ti consiglio di leggere cosa abbiamo scritto nel thread a lui dedicato, dove troverai molti riferimenti alla nostra tesi sul suo "colorismo" pionieristico.
viewtopic.php?f=9&t=828
In particolare, anche in questo caso, dalla seconda pagina.

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