Renée Fleming: discografia

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Renée Fleming: discografia

Messaggioda pbagnoli » dom 01 nov 2009, 15:59

"Verismo"

Alberto ci ha mandato le sue impressioni sul disco della sua Divastra.
Sono in home.
Leggetela e amatela! : Thumbup :
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Il disco "Verismo" di Renée Fleming

Messaggioda Pruun » mer 04 nov 2009, 18:13

Bellissima recensione che condivido ampiamente, anche se reputo molto belli i brani della Rondine.
In particolare mi pare giusto il sottolineare (che Alberto fa puntualmente) che in molte arie la componente sillabica è talmente marcata da costituire un ostacolo molto pesante per chi non è italiano di madrelingua o di nascita.
Vi offro l'aria 'Ier dalla fabbrica' cantata da una cantante che a me piace molto, ovvero Antonietta Stella.
http://rapidshare.com/files/302377027/I ... 9.mp3.html
Per quanto io l'ammiri non si può certo dire che la Stella fosse un mostro di personalità, eppure il suo essere di madrelingua (quindi in grado di sottolineare col giusto peso la malizia di questa Carmen in sedicesimo) le consente, a mio modo di vedere, un fraseggio molto più sapido e una resa, alla fine, più convincente di Calamity Renée...
I miei complimenti a Tuc!
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Re: Il disco "Verismo" di Renée Fleming

Messaggioda Tucidide » gio 05 nov 2009, 1:03

Pruun ha scritto:in molte arie la componente sillabica è talmente marcata da costituire un ostacolo molto pesante per chi non è italiano di madrelingua o di nascita.

Io penso che il problema di Calamity Renée :mrgreen: alle prese con la scrittura sillabica fitta non dipenda dalla lingua, ma dalla sua emissione.
Anche in inglese la Fleming non è sempre inappuntabile sotto questo aspetto, proprio perché il suo concetto di suono e di emissione è pensato per le melodie spianate; ed ecco che nel canto sillabico si sentono colpi di glottide, attacchi sporchi, e così via.
Anche nel disco di Arie Americane (STU-PEN-DIS-SI-MO) con Levine qualche piccola annaspata si avverte, qua e là. Non è un caso che nello Streetcar named Desire Previn adotti una scrittura larga, distesa e spianata per Blanche (ruolo scritto per lei).

A proposito di Streetcar... beccatevi questo! :mrgreen:
http://www.youtube.com/watch?v=GADdPQ02mLo
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Re: Il disco "Verismo" di Renée Fleming

Messaggioda Maugham » ven 30 lug 2010, 10:31

Tucidide ha scritto:
Pruun ha scritto:in molte arie la componente sillabica è talmente marcata da costituire un ostacolo molto pesante per chi non è italiano di madrelingua o di nascita.

Io penso che il problema di Calamity Renée :mrgreen: alle prese con la scrittura sillabica fitta non dipenda dalla lingua, ma dalla sua emissione.
Anche in inglese la Fleming non è sempre inappuntabile sotto questo aspetto, proprio perché il suo concetto di suono e di emissione è pensato per le melodie spianate; ed ecco che nel canto sillabico si sentono colpi di glottide, attacchi sporchi, e così via.
Anche nel disco di Arie Americane (STU-PEN-DIS-SI-MO) con Levine qualche piccola annaspata si avverte, qua e là. Non è un caso che nello Streetcar named Desire Previn adotti una scrittura larga, distesa e spianata per Blanche (ruolo scritto per lei).

A proposito di Streetcar... beccatevi questo! :mrgreen:
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Re: Renée Fleming: discografia

Messaggioda Triboulet » ven 06 ago 2010, 1:48

Un po' tanto in ritardo faccio i complimenti a Tuc e dico la mia sul disco.
Nel complesso è forse un episodio prescindibile nella discografia della diva (altri sono i suoi tasselli fondamentali), eppure è vero, su alcuni -pochi- brani la Fleming getta una luce nuova, e lo fa forse inconsapevolmente, assecondando la sua natura così estranea a questo tipo di sensibilità (prima che di vocalità).
Il suo Puccini è francamente dimenticabile (laddove addirittura inadeguato) eppure io trovo quella Liù per certi versi soggiogante, a metà tra la sospensione favolistica che porta in sè l'opera e una certa fragile carnalità che dà al personaggio quel senso di abbandono alle passioni che storicamente è stato sempre sublimato.
In Zazà poi, alle prese con i dolori intimi di una diva, con lo scontro tra vita pubblica e vita privata (vedi Pagliacci al femminile), in questo dialogo amaro e surreale dove Tosca scopre essere un po' Butterfly, beh secondo me dà il meglio di sè.
Colpisce tantissimo anche il suo Giordano. Siberia sembra quasi avere quel profumo russo/slavo che rimanda agli amati Tchaikovsky e Dvorak, mentre in Fedora la stessa sensibilità si ibrida, più che nel verismo più plateale, nel proto-naturalismo di Violetta (altro ruolo frequentato dalla Fleming).
Insomma quando Renée riesce a trovare dei giusti riferimenti con la propria poetica secondo me fa centro, ed essendo il suo mondo abbastanza diverso da quello verista, riesce automaticamente a dire qualcosa di nuovo. Vicerversa la trovo poco convincente quando forza la sua natura, prima di tutto a livello psicologico (dato che un certo fraseggio sapido, da grande cantante qual'è, ce lo sa mettere sempre e comunque).
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The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Maugham » mar 19 ott 2010, 12:14

Immagine
E così la gatta mammona più intrigante dell'attuale scena lirica compie il grande salto. Un album di cover con brani per gran parte appartenenti al rock per palati fini come, tra i tanti, Muse, Band of Horses, Jefferson Airplane, The Mars Volta, Peter Gabriel, Tear for Fears. Addirittura coverizza una hit dei Death Cab For Cutie, esponenti giovanissimi dell'indie-rock noti, tra l'altro, per la partecipazione alla colonna sonora di New Moon della saga teen-horror di Twilight.
Chiude, per salvare le apparenze, con la cover delle cover, ovvero una versione ad alto tasso glicemico di Hallelujah (Leonard Cohen).
Chi si aspettava i soliti Abba (quelli li canta Meryl Streep), i soliti Yesterday e Imagine, magari con Jealous Guy e New York New York infilati nel mezzo resterà deluso. La "People's diva" -come la chiamano negli States- ha deciso di giocare ad armi pari con un genere che è esattamente agli antipodi di quello che l'ha consacrata. Invece di fare la solita marchettona stile cross-over, ovvero rileggere con la tecnica e la fonazione operistica hits del pop, la Fleming ha abbassato di due ottave abbondanti il proprio baricentro vocale, si è inventata un colore scuro e granoso da vocalist torbida e sensuale, e, cosa più importante, ha furbescamente chiamato come consulenti alcuni dei più importanti producer del rock che gli hanno confezionato arraggiamenti un po' decotti ma funzionali.
L'effetto è piuttosto curioso. Se il timbro è piacevole, sensuale, roco e impastato come una che fuma venti Marlboro al giorno, l'accento, il ritmo, il respiro della frase sono talmente fuori posto da sconsigliare qualunque comparazione con gli originali. Basta ascoltare il primo brano della raccolta "Endlessly" dei Muse per avere di fronte il classico ritratto della matura e giovanile zia ultracinquantenne che si presenta al karaoke dei nipoti ventenni vestita da strappona raggelando l'ambiente con espressioni gergali di quarant'anni prima.
Il risultato, al di là di ogni valutazione nel merito, è comunque (per noi ultraquarantenni) originale e divertente. Come la piccola Reagan posseduta dal demone Pazuzu parlava con voce da camionista, qui troviamo la matura Renée che, posseduta dal demone del progressive-rock , canta con una voce che potrebbe essere quella di Marianne Faithful o di Annie Lennox.
In attesa di trovare un esorcista disponibile vi consiglio di ascoltare questo disco magari facendovi la barba o navigando in internet. Ma lo dovete ascoltare lasciando da parte tutti quegli stupidi interrogativi che molti recensori si sono posti chiedendosi il senso dell'operazione o, ancora peggio, giustificandola come un ponte gettato tra due generi che, per ovvie ragioni, non riescono a comunicare tra loro.
Balle. Non c'è niente di sperimentale in questo disco. E soprattutto non c'è niente di nuovo che, nel pop, non avessimo già sentito anche noi "tardoni" che frequentiamo quel settore in maniera saltuaria e superficiale.
Si tratta di un divertimento, di una prova di vanità estrema, di una roba inutile... quello che volete. E' un capriccio di diva che, come tutti i capricci di diva è falso ma allo stesso tempo irresistibile.
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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Riccardo » mar 19 ott 2010, 13:19

Bellissime considerazioni Maugham!
Al di là dei giudizi di merito, trovo interessantissimo sentire finalmente una voce lirica che abbandona senza compromessi la fonazione operistica in favore di tutt'altro!

Permettimi di aggiungere questo, tanto per toccare con mano :wink:



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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Tucidide » mar 19 ott 2010, 14:10

Riccardo ha scritto:Al di là dei giudizi di merito, trovo interessantissimo sentire finalmente una voce lirica che abbandona senza compromessi la fonazione operistica in favore di tutt'altro!

Beh, anch'io rendo alla Fleming onore al merito di aver rinunciato alla fonazione lirica. La signora non è nuova ad emissioni di questo tipo, anzi si può dire che si tratti del suo primo imprinting, quello da vocalist jazz, genere che da giovincella praticava al college. Non è però l'unico né il primo soprano ad aver adottato questa soluzione.
Ho trovato fra le altre queste.
La Sumi si misura con un genere molto più adatto, se vogliamo, ad una cantante di estrazione lirica. In una canzone di Céline Dion, la presenza di legati, vibrato e note tenute è quasi obbligatoria.


La Arteta invece si misura con una ballata di Eric Clapton, e fa sentire ben sitintamente il sostrato lirico nella pulizia dell'emissione e del suono, seppure non "operistico", e nalla cura per il fraseggio legato.


Tornando alla Fleming, la trovo più "idiomatica" nell'altro suo disco "maledetto", :D inciso nel del 2005 e dal titolo "Haunted Heart", anch'esso dal programma molto stuzzicante e per nulla banale.
Sentite qua:

Da delibare la chicca della scalona finale. : Sig :
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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Riccardo » mar 19 ott 2010, 14:30

Tucidide ha scritto:La Sumi si misura con un genere molto più adatto, se vogliamo, ad una cantante di estrazione lirica. In una canzone di Céline Dion, la presenza di legati, vibrato e note tenute è quasi obbligatoria.

Peccato però che questa canzone non mi sia mai sembrata così noiosa come in questa versione...

Mi sembra questo un caso esemplare di tecniche (o stili, chiamateli come volete) diverse e del tutto paritarie. Saperne dominare una non garantisce di per sé alcun margine di successo nelle altre.

A me è sempre piaciuta Sumi Jo, che reputo una vocalista d'eccezione e pure una personalità affascinante. Ma tanto è brava nei Puritani, tanto qui a mio avviso dimostra un evidente imbarazzo, monotonia di fraseggio e piattezza espressiva.

Povera, spero si trattasse solo di un eccentrico bis alla fine di un programma di altro tipo!

Salutoni,
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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Maugham » mar 19 ott 2010, 17:47

Riccardo ha scritto:
Tucidide ha scritto:La Sumi si misura con un genere molto più adatto, se vogliamo, ad una cantante di estrazione lirica. In una canzone di Céline Dion, la presenza di legati, vibrato e note tenute è quasi obbligatoria.

Peccato però che questa canzone non mi sia mai sembrata così noiosa come in questa versione...


Hai ragione. E' semplicemente penosa. Spappolata, non articola, ogni frase uguale all'altra.
Tuc, il vibrato è una cosa, ma questa sembra che abbia uno scacciapensieri in gola.

Mi sembra questo un caso esemplare di tecniche (o stili, chiamateli come volete) diverse e del tutto paritarie. Saperne dominare una non garantisce di per sé alcun margine di successo nelle altre.


Esatto. Io ritengo che si tratti proprio di tecniche. Se girate un po' per il web alla ricerca di recensioni pop fatte su siti seri (e non sulle fanzine delle groupies) troverete proprio delle discussioni su tecnica, emissione, accentazione delle frasi, tecniche diverse a seconda dei repertori tra l'altro legate, in quei siti, anche agli strumenti, non solo alle voci. Anche loro hanno i loro Marazzi. E le loro grisette. :D
Un esempio chiaro del tuo discorso lo trovi proprio nel disco della divastra.

Prendiamo Intervention degli Arcade Fire

(non c'è bisogno che vi dica cos'è il video : WohoW : )
Ascoltatela.

Poi ascoltatevi la Fleming


Bene, a parte l'arrangiamento con quei tamburelli che neanche lo Springsteen più ruspante, nella prima parte del brano la divastra funziona. Ha una pastosità un po' eroica e un po' patriottica da Joan Baez del 2010, molto "democratica", da battaglia per i diritti civili in zona Upper West Side. Ok ci sta. L'articolazione, di netta derivazione operistico-vocalistica, è un po' lagnosa. Ma ci si dura.
Ascoltate il frontman degli Arcade Fire. Voce di legno -secondo i nostri standard- ma che decolla già dal primo minuto con un'incisività del tutto sconosciuta alla nostra simpatica diva.
Ma dove tra i due si apre l'abisso (tecnico intendo, per seguire il discorso di Riccardo) è rispettivamente nel mezzo del brano. Ovvero quando (Ric aiutami!) mi pare che la melodia salga di una terza.
Arcade Fire: 2:23 - circa
Win Butler, ovviamente abituato a salire aperto senza perdere di incisività, crea un effetto di ulteriore spinta, quasi rabbiosa alla melodia, che si trasforma in un grido, aperto, di denuncia. E ti viene quasi da cantare con lui.
Fleming: 2:10 - circa.
Anche la Fleming sale ma, essendo ormai abituata a coprire il suono quando sale perchè quello è il suo mestiere di vocalista, qui non lo può fare e allora sale "aperta" senza la tecnica adatta. Risultato: sembra perdere la metà del volume, sembra quasi essere al limite, anzi, lo è, e non riesce nemmeno più a scandire le parole. Figuriamoci a caricarle di significato. Al minuto 2:50 in avanti (ascoltate per credere) sembra addirttura "corta" :D :D :D) Chi la Fleming?

Eh, già, siamo alle solite....

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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Riccardo » mar 19 ott 2010, 18:36

Maugham ha scritto:Fleming: 2:10 - circa.
Anche la Fleming sale ma, essendo ormai abituata a coprire il suono quando sale perchè quello è il suo mestiere di vocalista, qui non lo può fare e allora sale "aperta" senza la tecnica adatta. Risultato: sembra perdere la metà del volume, sembra quasi essere al limite, anzi, lo è, e non riesce nemmeno più a scandire le parole. Figuriamoci a caricarle di significato. Al minuto 2:50 in avanti (ascoltate per credere) sembra addirttura "corta" :D :D :D) Chi la Fleming?

Proprio così, è incredibile! Proprio tutto un altro mondo a parità di ugola.
Al minuto 2:10 la Fleming "sale" per inerpicarsi, con un certo sforzo, addirittura fino al Fa sopra il do centrale!! E appunto sembrando corta...Incredibile : Chessygrin :
La stessa Fleming che canta i Re sovracuti nell'Armida.

Ho avuto anch'io di recente occasione di parlare con un "Marazzi" del rock...anzi in realtà era decisamente un "Grisi", perché mi spiegava con tono da esperto che tra le varie tipologie di tecnica vocale per le canzoni c'è quella "lirica", che ovviamente è una sola e si incarna nel modello Pavarotti. : Sailor :

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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Tucidide » mar 19 ott 2010, 18:50

Maugham ha scritto:Anche la Fleming sale ma, essendo ormai abituata a coprire il suono quando sale perchè quello è il suo mestiere di vocalista, qui non lo può fare e allora sale "aperta" senza la tecnica adatta. Risultato: sembra perdere la metà del volume, sembra quasi essere al limite, anzi, lo è, e non riesce nemmeno più a scandire le parole. Figuriamoci a caricarle di significato. Al minuto 2:50 in avanti (ascoltate per credere) sembra addirttura "corta" :D :D :D) Chi la Fleming?

Ma infatti te l'ho detto, Maugham, che questo disco è un divertissement da... sai come l'ho definita in pvt. :mrgreen:
Ci crede, diciamo, ma non è roba per lei. Non a caso, i fleminghiani di stretta osservanza, quelli duri e puri, consderano Dark Hope una cosa di cui si poteva fare a meno.
Io apprezzo l'intelligenza nel non fare la Pavarotta :) che duetta con Ligabue o Jovanotti (o persino Patty Pravo :shock: ) facendo l'effetto dell'elefante in una cristalleria. Mi piace la voce che si inventa per risultare almeno credibile alle prese con questo repertorio, ma d'altronde le alchimie timbriche sono uno dei suoi assi. Ma ciò non toglie che le tue considerazioni siano pertinentissime, e inoltre aggiungo una critica ulteriore. :twisted: Proprio lei, che nell'opera e persino nel jazz non ha ritegno ad adottare sonorità talvolta "destabilizzanti", proprio in questo disco si siede sulla sua vociona "da fumatrice" (bellissima immagine) e mantiene quella dalla prima all'ultima nota - con la parziale eccezione di "Hallelujah". I cantanti adusi a questo repertorio sono sotto questo punto di vista molto più "coloristi" di lei. :)

Mi piacerebbe però parlare di "You've changed". Che ve ne pare? Lì c'è un'altra emissione ancora, quella che sarebbe potuta essere la "sua" voce se avesse deciso, intorno ai 20 anni, di lasciare perdere il canto lirico e di dedicarsi al jazz, come le proposero di fare (il primo che dice «peccato!» lo fustigo! :evil: :evil: :evil: :mrgreen: ). E' un linguaggio che padroneggia molto meglio, e anche tecnicamente appare ferratissima.

Riccardo ha scritto:Ho avuto anch'io di recente occasione di parlare con un "Marazzi" del rock...anzi in realtà era decisamente un "Grisi", perché mi spiegava con tono da esperto che tra le varie tipologie di tecnica vocale per le canzoni c'è quella "lirica", che ovviamente è una sola e si incarna nel modello Pavarotti.

Beh, oddio, più che un Grisi o un Marazzi, l'era un imbez... beeep!!! :mrgreen:
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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Riccardo » mar 19 ott 2010, 19:03

Tucidide ha scritto:
Riccardo ha scritto:Ho avuto anch'io di recente occasione di parlare con un "Marazzi" del rock...anzi in realtà era decisamente un "Grisi", perché mi spiegava con tono da esperto che tra le varie tipologie di tecnica vocale per le canzoni c'è quella "lirica", che ovviamente è una sola e si incarna nel modello Pavarotti.

Beh, oddio, più che un Grisi o un Marazzi, l'era un imbez... beeep!!! :mrgreen:

Ma sì si scherzava... Era per dire che esiste tutto un mondo anche in quel campo, compresi coloro che pensano che "quella" sia l'unica tecnica giusta :twisted:
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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Tucidide » mar 19 ott 2010, 19:50

Riccardo ha scritto:
Tucidide ha scritto:
Riccardo ha scritto:Ho avuto anch'io di recente occasione di parlare con un "Marazzi" del rock...anzi in realtà era decisamente un "Grisi", perché mi spiegava con tono da esperto che tra le varie tipologie di tecnica vocale per le canzoni c'è quella "lirica", che ovviamente è una sola e si incarna nel modello Pavarotti.

Beh, oddio, più che un Grisi o un Marazzi, l'era un imbez... beeep!!! :mrgreen:

Ma sì si scherzava... Era per dire che esiste tutto un mondo anche in quel campo, compresi coloro che pensano che "quella" sia l'unica tecnica giusta :twisted:

... e meno male che non ha parlato di modello Bocelli. : Chessygrin :
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Re: The Dark Hope - Renée Fleming

Messaggioda Tucidide » mar 09 nov 2010, 16:44

La signora fa sul serio... :shock:

Ecco la scaletta di un suo concerto tenuto in questi giorni a Copenhagen.

Massenet: "Fête Boheme" (Scenes pittoresques - suite N.4) (ork.)
Massenet: J'ai verse le poison dance cette coupe d'or (Cléopâtre)
Massenet: Dis moi que je suis belle, (Thaïs)
R. Strauss: Rosenkavalier Suite (ork.)
R. Strauss: Mein Elemer! (Arabella)

Hallelujah :shock:
Soul Meets Body :shock:
Endlessly :shock:

Verdi: La Forza del destino, sinfonia (ork.)
Leoncavallo: Angioletto, il Tuo nome? (Zazà)
Granados: Intermezzo (Goyescas) (ork.)
Puccini: Donde lieta uscì, (La Bohème)
Leoncavallo: Musette svaria Bocca sulla viva, (La Bohème)
Leoncavallo: Mimi Pinson, la biondinetta, (La Bohème)
Puccini: Intermezzo (Manon Lescaut) (ork.)
Giordano: Troppo tardi! Tutto tramonta, tutto dilegua, (Fedora)
Zandonai: Ier della Fabbrica a Triana (Conchita)

Arie d'opera, francesi, tedesche e italiane, mescolate all'indie-rock... :shock:
Che dire? Un mito!
Onestamente, pensavo che non avrebbe mai cantato dal vivo queste canzoni, oppure che le avrebbe relegate ai bis...
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