Walter Felsenstein

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Walter Felsenstein

Messaggioda DottorMalatesta » mar 30 ott 2012, 20:06

Qualcuno di voi ha visto qualche opera con la regia di Walter Felsenstein? OK, qui parliamo di... trapassato remoto, peró qualche mese fa avevo visto il finale del Fidelio e mi aveva colpito per la freschezza della recitazione e per l´efficacia del montaggio(considerando il bianco e nero!!!).
Puó essere considerato il precursore del Regietheater? Vale la pena conoscerlo?
Mah....
Ciao,
Malatesta
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Re: Walter Felsenstein

Messaggioda DottorMalatesta » gio 20 mar 2014, 15:10

L´impressione (che mi deriva dalla lettura del bellissimo libro "Wagner and the Art of Theatre" di Patrick Carnegy), è che, comunque, a partire dagli allievi di Felsenstein si siano diramate due vie. La prima, a partire dalla Berghaus, ha portato all´applicazione del Regietheater di matrice brechtiana (vedi alla voce Verfremdung e teatro epico) al teatro d´opera (si pensi a Hans Neuewnfels o a Peter Konwitschny che della Berghaus era allievo). La seconda, a partire da Götz Friedrich (emblematico il finale del Lohengrin di Bayreuth, sebbene "edulcorato" in DVD) e Joachim Herz ha dato origine ad un teatro politicamente impegnato, intenso marxianamente come strumento di denuncia sociale.

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Re: Walter Felsenstein

Messaggioda DottorMalatesta » dom 23 mar 2014, 21:47

vittoriomascherpa ha scritto:
DottorMalatesta ha scritto:...due vie...

Anche se una discendenza diretta da Felsenstein non credo sia ipotizzabile per un Černâkov (oggi sono in vena d'usare, invece della mie prediletta e terra terra trascrizione fonetica, la traslitterazione "biunivoca" degli standard ISO 9:1995 / GOST 7.79 Sistema A...), gli spettacoli che ne ho visto, in particolare il Boris e la Carskaâ Nevesta, mi sembrano contenere una certa "volontà di denuncia", o perlomeno riferimenti molto diretti al mondo cosí com'è oggi (ricordo che nel Boris berlinese di fine 2005 la scena dell'incoronazione era stata tramutata, con sorprendente efficacia anche grazie all'arte scenica di René Pape, in un discorso televisivo d'insediamento presidenziale).
D'altra parte, rispetto a Götz Friedrich mi sembra indubbio che Černâkov indulga a una certo gusto piú decorativo.

Nel caso tu sia d'accordo con entrambe le ipotesi, ricondurresti il relativo decorativismo del regista russo, rispetto alla scelta d'austero impatto emozionale propria del tedesco (forte al punto d'avere richiesto, come hai ricordato, "edulcorazioni" in sede di diffusione mediatica), a una differenza di gusto e sensibilità personale, oppure all'impossibilità di proporre, nel 2014, un discorso mirante davvero al "cambiamento del mondo", quindi necessariamente limitato alla sua "interpretazione"?


La questione è particolarmente complessa. A mio modo di vedere le due grandi vie cui facevo riferimento, riprendendo il testo di Carnegy, non sono più molto frequentate... Capita ancora di assistere a qualche regia di impronta brechtiana o con un chiaro intento di denuncia sociale, ma quasi inevitabilmente si tratta di spettacoli che "sanno di vecchio" (è, nel complesso, l'impressione che mi fece il Parsifal "brechtiano" di Konwitschny a Monaco, peraltro interessantissimo). A mio parere la realtà odierna è molto più "fluida" (per dirla con le parole del sociologo e filofoso Zygmunt Bauman che parlava di "modernità liquida") e difficile da inquadrare, definire e classificare. Altrove parlavo di "post-moderno", o di "trans-avanguardia" (mutuando termini della critica letteraria/artistica). Mi sembra che le principali tendenze registiche odierne siano caratterizzate dall'estrema eterogeneità nel linguaggio adottato, dall'utilizzo delle nuove tecnologie, dall'ammiccamento alla cinematografia, dalla commistione dei registri, dall'accostamento (quasi-casuale) di immagini diverse (non dissimile dall'alea o dall'alea controllata di certa musica contemporanea), dalla rinuncia alla valenza etica/politica del teatro (ora la "forma" mi sembra conti più del "contenuto"), dal ritorno al decorativismo e al formalismo.
Alcuni di questi aspetti li ritrovo in registi diversissimi tra loro (Guth, Cerniakov, Herheim, McVicar...) anche se in misura diversa. Concordo con te sul "decorativismo" di Cerniakov, se con questo termine intendiamo un'estrema cura per l'aspetto "formale" del linguaggio registico, elemento - questo - condiviso da tutti i "grandi" registi d'oggi. E comunque mi sembra che un elemento comune a molti spettacoli del regista russo sia proprio la rappresentazione di una realtà grigia, opprimente, angosciante, impregnata di violenza silenziosa e strisciante con forti richiami al linguaggio visivo cinematografico (non è un caso che, parlando del suo Trovatore, Maugham abbia tirato in ballo certi film pulp sovietici e Mattioli i thriller di Hitchcock: l'atmosfera e il "linguaggio" sono gli stessi).

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Re: Walter Felsenstein

Messaggioda DottorMalatesta » lun 24 mar 2014, 11:11

vittoriomascherpa ha scritto:
DottorMalatesta ha scritto:...mi sembra che un elemento comune a molti spettacoli del regista russo sia proprio la rappresentazione di una realtà grigia, opprimente, angosciante, impregnata di violenza silenziosa e strisciante...

Non ci sono dubbi. Aggiungerei che il tutto è presentato con un pessimismo di fondo un po' alla Sciaklaviti: m'interesserebbe molto che cosa potrebbe fare Cerniakov con una Kovàncina (sperando in qualcosa di piú originale che non una mera ripetizione dell'idea della congiura informatica).


In realtá, come forse sai, l´ha già fatta. A Monaco (esiste anche il DVD). Forse non il suo spettacolo più riuscito (ad ogni modo molto piú del Boris di Bieito che all´atmosfera di questa Kovàncina si rifà quasi al limite del plagio). Nessuna congiura informatica :mrgreen: , ma lo stesso clima opprimente e angoscioso.

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Re: Walter Felsenstein

Messaggioda pbagnoli » lun 24 mar 2014, 11:43

Esiste il DVD/Blu Ray e ne avevamo parlato qui: Khovanshchina Cerniakov
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(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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