René Jacobs

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Re: René Jacobs

Messaggioda LeProphete » gio 01 giu 2017, 8:25

Riapro questo thread perchè solo recentemente ho avuto occasione di ascoltare per la prima volta due registrazioni mozartiane di Jacobs: “Die Zauberflöte” e “Die Entführung aus dem Serail”. Ho ricercato quindi nel forum se qualcuno le avesse recensite o, quantomeno, se ne fosse parlato e sono capitato a leggere queste affermazioni di Matteo:

MatMarazzi ha scritto:Come sapete, una delle caratteristiche di Jacobs (apoteosi del "famolo strano") è la sua strana tendenza a invertire il rigore ritmico in recitativi e arie.
Praticamente dirige i recitativi (che da sempre sono l'ambito anti-ritmico) con la "battuta alla mano"; e poi - quando si passa alle arie, specie quelle lente - indugia e libera i tempi tanto che alle volte si ha l'impressione di trovarsi di fronte a del free-jazz.
L'effetto è impressionante e direi addirittura balsamico!
Perché uno dei problemi maggiori per il pubblico odierno è proprio l'alternanza meccanica fra recitativi e arie, che spezza la continuità e produce monotonia.
Rendendo più ritmati (e quindi musicali) i recitativi e più fluidi (e quindi meno musicali) le arie, Jacobs crea un'unità e una tensione che rassicura l'ascoltatore: un modo per dirgli di non temere... è finita l'epoca in cui doveva sopportare noiosi recitativi per poi subire altrettante noiose arie...
Quello che ottiene Jacobs è (in questo senso) di avvicinare l'opera barocca a quel disegno di unità drammaturgico-musicale che un certo Wagner avrebbe ottenuto qualche secolino più tardi! :)
Notevole, eh? Dare del Wagneriano a uno che non si avvicinerebbe a Wagner nemmeno sotto tortura! :)
In più c'è un'altra cosa da dire.
I recitativi (per come li facciamo normalmente, per come li fa - ad esempio - un Muti) sono "liberi" solo in apparenza.
E' vero che non rispondono al metronomo, però è anche vero che gli interpreti da decenni si sono assestati in un certo "modo" di realizzarli.
Per cui "liberi" non lo sono affatto.
Sono scanditi secondo formule vecchie e stravecchie; sappiamo benissimo dove gli interpeti rallenteranno e dove stringeranno; sappiamo benissimo che andamento avrà una frase... o dove il cembalo potrà inserire un guizzo.
In realtà la presunta "Libertà" dei recitativi è diventata una prigione.
Non so voi ma io detesto il modo di fare i recitativi - specialmente degli italiani (nell'opera buffa) e dei tedeschi (in quella seria).
Ed è per questo che, mentre possiamo stare ore a sentire un attore che recita in un film, dopo tre minuti di recitativo già moriamo di noia.
Bene! Jacobs, forzando alla battuta i recitativi, irrigidendoli nella loro armatura ritmica, costringe i cantanti a uscire dai soliti schemi e a cercare altrove una diversa verità di eloquio. Il risultato (tanto in Mozart, quanto in Cavalli) è esaltante.
Si respira una freschezza e una novità stupefacenti: e si ha persino voglia di ascoltare attentamente quello che i cantanti dicono.
Ok, questo è l'impatto che una scelta così coraggiosa ha sul pubblico di oggi!
Quello che - fino a pochi giorni fa - mi mancava era la giustificazione "teorica" che un simile studioso si sarebbe dato.
Insomma qual'è la base "filologica" di un recitativo a tempo?


Direi che Matteo ha proprio centrato il punto e vorrei aggiungere qualcosa al riguardo facendo poi una domanda finale.
Negli esaurientissimi libretti di accompagno delle edizioni che ho ascoltato, Jacobs parla non di Singspiel ma piuttosto di “Hörspiel”. Infatti il direttore spiega come in questa tipologia di teatro musicale è la parte recitata quasi a farla da padrone, assurgendo a vita propria. Pertanto non può essere relegata in un cantuccio o ancor più non curata e bistrattata. Jacobs però fa un salto in più. Dei recitativi diretti da Jacobs, Matteo dice giustamente che “si ha persino voglia di ascoltare attentamente quello che i cantanti dicono”: verissimo! Ma il punto è che, oltre ad averli rivisti e curati con le doti di un drammaturgo, Jacobs li “infarcisce” di eventi sonori, di bizzarrie musicali, di autocitazioni mozartiane. È vero e proprio teatro, quasi un radiodramma. Davvero stupefacente l’ascolto, da rimanere incollati allo stereo.
Matteo conclude: “In lui trionfa (come è giusto) l'interprete, ossia il creatore che usa le partiture del passato per colpire il pubblico del suo tempo.
La filologia gli serve solo nella misura in cui può aiutarlo a scoprire strumenti nuovi e ad affilare le sue armi rivoluzionarie.
Ma quando gli strumenti non ci sono... allora se la inventa.”
Staordinariamente vero! Queste due registrazioni son da non perdere per il lavoro svolto da Jacobs sulla partitura ma anche con i cantanti, perchè mette insieme due freschissimi cast giovani e interessanti, che danno all’ascoltatore ottimi spunti di interpretazione.
Una domandina: avete avuto modo di ascoltare anche qualche altra registrazione mozartiana di Jacobs, magari quelle serie (intendo le più recenti “La clemenza di Tito”, “Idomeneo” o anche “La finta giardiniera”, non tanto il più vecchiotto ciclo DaPontiano)? Fa uso della stessa concezione di recitativo di cui abbiamo parlato Matteo e io?
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Re: René Jacobs

Messaggioda teo.emme » gio 01 giu 2017, 10:39

Non sono del tutto d'accordo. Se il Flauto è interessante (a parte alcune concessioni al "famolo strano" più pretestuoso: come l'inserimento di una miriade di effetti strumentali nei dialoghi o lo "sprechgesang", o la riscrittura completa del glockenspiel nel finale I, o l'eccesso di variazioni spesso antimusicali - peccato mortale l'acuto interpolato inutilmente alla fine dell'aria della regina della notte), il Ratto presenta due gravissime pecche: la prima è l'aver inserito dialoghi nei brani musicali concertati come nella splendida introduzione di Marten aller Arten e in ogni pausa che fiene occupata da un dialogo con Selim...assurdo e orribile; la seconda invece è nel cast: un errore davvero imperdonabile e lascia più di un dubbio sulla capacità del direttore di scegliere le voci per i rispettivi ruoli. La Konstanze di Robin Johannsen è, infatti, senza mezzi termini pessima! La peggiore della discografia: non solo perché non possiede tutte le note della parte (in cui il registro acuto è molto sollecitato), ma anche per l’imprecisione della coloratura, disordinata e scoordinata. Una vera sofferenza la grande aria Martern aller Arten: e del resto se si fatica a raggiungere il La, diventano un orrore i Si e i Do. Non si parli poi di fraseggio, di timbro, di dinamiche…la Johannsen è troppo occupata a cercare di non soccombere per interpretare in un qualsiasi modo il ruolo. La scelta è grave e sconsiderata, poichè – oltre ad offendere l’orecchio – costringe (?) Jacobs a tagliare senza pietà i passi più “spericolati” dei suoi brani solistici (più di un terzo di Martern aller Arten è cassato). Già questo basterebbe, dunque, a gettare discredito sull’incisione.
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Re: René Jacobs

Messaggioda LeProphete » gio 01 giu 2017, 10:53

Grazie teo.emme. Proverò ad ascoltare nuovamente la registrazione, magari comparandola con una più classica e accreditata.
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Re: René Jacobs

Messaggioda DottorMalatesta » gio 01 giu 2017, 13:45

LeProphete ha scritto:Una domandina: avete avuto modo di ascoltare anche qualche altra registrazione mozartiana di Jacobs, magari quelle serie (intendo le più recenti “La clemenza di Tito”, “Idomeneo” o anche “La finta giardiniera”, non tanto il più vecchiotto ciclo DaPontiano)? Fa uso della stessa concezione di recitativo di cui abbiamo parlato Matteo e io?


Ho l´Idomeneo e la Clemenza e ti posso confermare che sì, Jacobs fa un utilizzo piuttosto personale del recitativo. Ad alcuni può apparire spregiudicato e gratuito, io personalmente lo trovo una scelta convicente. Anche le variazioni spesso un filino "estreme" di cui parla teo.emme mi sembra si possano inquadrare in una lettura delle opere serie mozartiane nella quale si sottolinea la derivazione dall´antecedente dell´opera seria barocca. Ad ogni modo trovo che il suo Idomeneo e la sua Clemenza siano due splendide incisioni.

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Re: René Jacobs

Messaggioda teo.emme » gio 01 giu 2017, 14:55

DottorMalatesta ha scritto:
LeProphete ha scritto:Una domandina: avete avuto modo di ascoltare anche qualche altra registrazione mozartiana di Jacobs, magari quelle serie (intendo le più recenti “La clemenza di Tito”, “Idomeneo” o anche “La finta giardiniera”, non tanto il più vecchiotto ciclo DaPontiano)? Fa uso della stessa concezione di recitativo di cui abbiamo parlato Matteo e io?


Ho l´Idomeneo e la Clemenza e ti posso confermare che sì, Jacobs fa un utilizzo piuttosto personale del recitativo. Ad alcuni può apparire spregiudicato e gratuito, io personalmente lo trovo una scelta convicente. Anche le variazioni spesso un filino "estreme" di cui parla teo.emme mi sembra si possano inquadrare in una lettura delle opere serie mozartiane nella quale si sottolinea la derivazione dall´antecedente dell´opera seria barocca. Ad ogni modo trovo che il suo Idomeneo e la sua Clemenza siano due splendide incisioni.

DM

Io le ho tutte. Il problema con Jacobs è il senso della misura: dalle prime prove sino alle ultime uscite del ciclo, si è notata una "evoluzione" negativa. la cura nel recitativo si è trasformata in pesante e arbitrario intervento. Così come l'eccesso di variazioni (Mozart non è opera barocca, se lo si riconduce lì se ne compromette il senso). Ciò che lascia sconcertati, però, sono le ragioni dichiarate: Jacobs ama parlare delle sue scelte (e questo è un bene), ma il rovescio è che si svelano ragionamenti che definire discutibili è un eufemismo. Perché dire che si aggiungono strumenti a recitativi e dialoghi "perché Mozart non ha scritto che non vanno aggiunti strumenti" è insensato (a questo punto Mozart non ha nemmeno vietato che invece del corno di bassetto si usasse la chitarra elettrica...); oppure sostenere che se Mozart ha inserito dialoghi all'interno di brani musicali allora ben si possono aggiungere altri dialoghi dove non previsti dall'autore "per realizzare compiutamente la visione mozartiana" è una scemenza pura e semplice. Jacobs è così: eccede, scegli malissimo i cantanti, ma è un musicista interessante. Discutibile, ma interessante.
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