Renata Scotto

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Renata Scotto

Messaggioda Pruun » ven 05 ott 2007, 12:50

Mi lancio io nella mischia e apro un 3d su Renata Scotto, come altrove auspicato (Leggi confronto di Clitemnestre)

Non starò ad elencare le qualità di questa cantante, ma dirò quello che ne penso io.
Bene, io NON amo la Scotto soprano leggero almeno quanto ADORO la Scotto che si lancia nel repertorio drammatico. E' una provocazione, ovvio, eppure mi rendo conto che dagli anni '70 in poi la Scotto acquistò una profondità e eloquenza di fraseggio che non aveva, o aveva solo in parte, nella prima fase della sua carriera... secondo me, ovviamente.

Fu questa bravura a farla uscire viva da una, sulla carta, improponibile Lady Macbeth: eppure a sentire il live del Metropolitan (1982) c'è da meravigliarsi. Vi segnalo il momento migliore: alla fine del secondo atto, il suo "Vergogna, signor" è da brividi, davvero un angelo del male... inquietantissima!

E voi che ne pensate della multiforme carriera di questa inossidabile signora della lirica?
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Re: Renata Scotto

Messaggioda MatMarazzi » ven 05 ott 2007, 14:22

L'argomento Scotto è enorme... dirò la mia, giuro, ma ho bisogno di un po' di calma, anche perché la carriera che ha fatto è mostruosamente complessa, non fosse altro che per la varietà del repertorio e l'incessante evoluzione del linguaggio (come giustamente hai scritto).

E anche la longevità non è male! :)
Per fortuna che si è fermata (pare...) altrimenti avrebbe ostacolato l'ingresso della mia Silja nel guinnes dei primati (siamo ormai a 57 anni di canto professionale e 51 di opera). :)

Comunque, per favorire il dibattito che spero nascerà, metto questa foto della sua effettivamente sorprendente Lady Macbeth.

Mat

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Messaggioda Pruun » ven 05 ott 2007, 20:06

Riesce a essere credibile anche con questo costume che, diciamocelo, è improponibile!
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Messaggioda MatMarazzi » ven 05 ott 2007, 20:10

Pruun ha scritto:Riesce a essere credibile anche con questo costume che, diciamocelo, è improponibile!


E la posizione? Le mani?
ehehehe....

Partiamo da questo aspetto per la nostra discussione, aspetto che per me è determinante nella comprensione della Scotto.

Quanto incide, nella costruzione dei suoi personaggi, questa sua tendenza alla "posa"? Questo suo radicale abbandonao al compiacimento manieristico?
Questo suo bisogno di "darsi un tono" sempre e comunque?

Non è forse anch'esso alla base del suo (effettivamente notevole) trasformismo artistico? della sua continua ricerca di suoni, espressioni, effetti diversi e suggestivi?

Pensaci e dimmi.

Salutoni,
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Messaggioda Rossiniano » ven 05 ott 2007, 20:16

Pruun ha scritto:Riesce a essere credibile anche con questo costume che, diciamocelo, è improponibile!


Bisogna dire che la Scotto, dopo i primi anni 70 (dopo il 73 diciamo), ha cambiato molte cose della sua immagine, è diventata più magra e ha migliorato il suo modo di stare in scena. Ho il video del suo Don Carlo, che trovo splendido, proprio per il modo di stare in scena e di raffigurare la regalità di Elisabetta. Le foto della Lady Macbeth, come moltissime altre del Met di quegli anni sono molto belle, gli audio alle volte non in egual misura purtroppo :lol:...ma parliamo sempre di Renata Scotto.
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Messaggioda Pruun » ven 05 ott 2007, 20:23

Però non dimentichiamo che tutti sono concordi nel rappresentare la Scotto della prima fase della carriera come piuttosto goffa scenicamente.

Un vecchio appassionato mi disse che la Lucia scaligera con la regia di De Lullo (mi pare, vado a mente, quella dove lei faceva la pazzia tra le rose rosse cadute a terra) fu sorprendente per loro anche perché per la prima volta la Renata si dimostrò efficace anche scenicamente, oltretutto in un'epoca non condizionata come la nostra da questo aspetto.

Io ho negli occhi vari suoi video del periodo americano, quello dove si affermò come interprete raffinatissima e attrice eccellente, e vorrei citare solo la Francesca Da Rimini.

Il finale del primo atto è tutto recitato, con lo splendente coro fuori scena: nel volto (ahimé, i primi piani dimostrano un po l'età) e nelle mani della Scotto passano però tutti i sentimenti della giovane promessa sposa... i sorrisi accennati, le mani portate al viso poi fatte scendere, il modo elegantissimo con cui scavalca la balaustra della rosiera (basta un attimo, con quel gesto, a essere ridicole)... tutto è calibrato, calcolato ma non manierato (non sarà sempre la regola... vedasi la Nedda discografica, per quanto riguarda il fraseggio).
E poi nel Terzo atto: prima austera e morbidissima nel vestito rosso che la avvolge (e che secondo me la valorizza molto) erta dinanzi al leggio... e poi come si abbandona flessuosamente sul letto nel bacio con Domingo (detto tra noi... che patata che è lì!!! :D ).

Ecco, in quel ruolo la tessitura la mette spesso alle corde... eppure si tratta di una delle sue interpretazioni migliori, secondo me (che colori riesce a trovare al "Paolo, datemi pace!")...

Oddio, mica so se mi sono spiegato: stasera mi sento come quei personaggi dei videogames quando hanno status "Confusione"... :D :D
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Renata Scotto

Messaggioda Luca » ven 05 ott 2007, 22:23

E' la cantante italiana più importante dell'ultimo mezzo secolo. Dire importante è molto più che 'a posto vocalmente'. Proprio nella virata drammatica si deve ammirare il coraggio, ma soprattutto l'intelligenza. Quello che avete detto in vario modo lo condivido (grande e singolare Lady, grandissima Francesca da Rimini, per esempio) e a lei si può applicare la metafora del brutto anatroccolo trasformato in cigno (non bianchissimo, magari, ma screziato sapientemente): la Amina, la Gilda, la Micaela e persino la Gretel degli inizi è divenuta dapprima Elena dei Vespri poi Gioconda, quindi Lady, poi Abigaille (anche solo in disco specie quello di arie diretto da Gavazzeni che la lascia più libera di Muti), Fedora, Adriana, Santuzza, Norma e alla fine Clitennestra....
Personalmente sono più pronto a perdonare un acuto stridulo e oscillante (ma, a suo modo, espressivo) della Scotto che la tanta panna montata di M. Caballé: almeno con l'acuto stridulo ed espressivo sei scosso e plaudi al coraggio e al trionfo dell'intelligenza.

Da questo si capisce che ho un debole (qualcuno l'ha già detto implicitamente, eh eh... :D ) per questa tellurica e innovativa cantante che alle rose e allo zucchero ha saputo sostituire maschere e pugnali...

Salutoni, Luca.
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Messaggioda Zarevich » sab 06 ott 2007, 13:45

Nell’anno 1964, in autunno, subito dopo la grande tournee del Teatro alla Scala a Mosca, la casa discografica “MELODIA” pubblicò quattro LP degli artisti scaglieri, fra cui era il LP con il recital di Renata Scotto alla Sala Grande del Conservatorio di Mosca. Ora tutte le registrazioni si può trovare sui CD.
RENATA SCOTTO IN MOSCOW (1964)
Bellini: Scena e romanza di Giulietta “Montecchi e Capuleti” (Atto I)
Bellini: Scena e Aria di Amina “La Sonnambula” (Atto II)
Donizetti: Aria di Adina “L’Elisir d’Amore” (Atto II)
Verdi: Aria di Violetta “La Traviata” (Atto IV)
Verdi: Aria di Gilda “Rigoletto” (Atto II)
Verdi: Scena e Aria di Violetta “La Traviatta” (Atto I)
A.Tonini – piano
Registrato: Sala Grande del Conservatorio di Mosca
18 settembre 1964
“MELODIA” LP 33 C 10-06977-8 (CD)
Ultima modifica di Zarevich il sab 06 ott 2007, 13:46, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda fadecas » sab 06 ott 2007, 13:45

Incomincio con un flash autobiografico, pur con tutto il beneficio di inventario dovuto alla “rivoluzione copernicana” nel modo di accostarsi all’opera intervenuto nel trascorrere di tanti decenni …
La Scotto, alla metà dei ’60, fu la mia prima Lucia dal vivo. E qui devo confermare in pieno le riserve espresse sul talento scenico della cantante. Probabilmente allineata agli stilemi della maggior parte delle sue colleghe d’allora, ma favorita da un fisico particolarmente infelice, la sua Lucia era veramente un bambolotto di insostenibile – almeno oggi , ma anche allora – ridicolaggine. Quando, circa 8 anni dopo, la rividi per la seconda e ultima volta all’Arena in Bohème (a fianco di Pavarotti) , sia pure penalizzata dagli spazi enormi di Verona, l’impressione sulla fisiologica “debolezza” dell’attrice rimase sostanzialmente la stessa.
Ben diverso, però, l’impatto emozionale creato dal suo modo di porgere il canto. Pur nella mia inesperienza, avevo ben impressi fin d’allora, per Lucia, i modelli discografici della Callas e della Sutherland; però mi rendevo conto che la Scotto era un’altra cosa ancora, che partendo da un corpo vocale più esile e diafano sapeva creare dei trasalimenti emotivi tutti suoi giocando – con gli occhi del poi, molto smaliziatamene – sulle tensioni del rubato, sul valore delle pause e dei ritardi, sul raddoppio delle consonanti, in un modo personalissimo e mai scontato. Non c’era la perentoria drammaticità della Callas né la fluidità siderale della Sutherland, ma il risultato, nel vivo della rappresentazione tetrale, era comunque trascinante
Quella stessa dicotomia fra l’attrice e la cantante mi è stata confermata da altri video. Ad es., la citata Francesca degli anni ’80 ricordata da alcuni mi convince poco sotto il profilo strettamente attoriale. Rivela, certo, uno studio oculato, però si sente la mancanza di una qualsivoglia intuizione spontanea e risolutiva, e chi abbia avuto la fortuna di assistere dal vivo alla Francesca della Kabaivanska (regia di Samaritani) sa come la sua stilizzazione liberty riuscisse a conquistare anche con poche allusioni gestuali e a trasportarci su un pianeta molto più pertinente alle atmosfere screziate, al simbolismo tra preraffaellita e klimtiano in cui è immerso il clima dell’opera di Zandonai. Rispetto a questa, la Francesca della “Scotto- attrice” sembra una scolaretta.
Di contro, ritornando alla Scotto cantante, ben diverso mi pare il risultato delle sue “costruzioni” interpretative sotto il profilo dell’espressività vocale, in cui le intuizioni e gli approfondimenti di fraseggio, la ricerca di colori e di accenti, esulano sempre dal prevedibile.
Proprio questa sfasatura fra la resa dell’interprete vocale e quella dell’attrice scenica mi porta a ridimensionare la preoccupazione che ho sentito spesso aleggiare a proposito del talento troppo intenzionale e “costruito” di Renata Scotto. Certo che le sue interpretazioni scaturivano da scelte minuziosamente calcolate, ma questo non era poi sinonimo di resa sicura. Infatti, così come il risultato dal punto di vista dell’attrice rimane secondo me quasi sempre impari agli obiettivi perseguiti, pure ambiziosi e minuziosamente studiati, al contrario la fantasia e l’applicazione della cantante danno molto spesso luogo a traguardi vocali capaci di illuminare risvolti interessanti e inediti dei ruoli, e la mancanza di spontaneità è riscattata da quella superiore intelligenza capace di distillare l’emozione che alla fine lascia il segno, qualunque sia il percorso seguito – probabilmente “a freddo” anziché per abbandono all’intuizione – .

Di esempi potrei citarne tanti, mi fermo a due pucciniani.
Bohème al Met (Pavarotti/Levine), ad es. Certo non è la Mimì più “sorgiva” della storia dell’opera, ed è lontanissima dal naturalismo della crestaia, però l’amarezza lucida e il disincanto che traspaiono dal suo modo di fraseggiare con sprezzatura nell’aria del terzo atto rende un inedito sapore di incomunicabilità moderna al distacco sentimentale ormai pienamente consumato nel rapporto fra i due amanti, e che numerose altre Mimì più volte verso il patetico non riescono a restituire altrettanto bene. Una Mimì “borghese” che guarda, più che alla giovinezza cantata da Murger, ai doleceamari ritratti del Giacosa di Tristi amori e di Come le foglie …
Sempre in Puccini, sentire cosa è la sua Giorgetta (sempre Met), riscattata dal retroterra proletario e trasformata in una Bovary piccolo borghese catapultata nella banlieu parigina – certo, soluzione arbitraria, ma quanto originale e in fondo più consona al milieu sentimentale di Puccini …
Ma questi sono dettagli, benché la grandezza della Scotto vada cercata forse soprattutto nei risvolti inediti del capillare anzichè nella sintesi d’insieme a tutto tondo.

Per passare, invece, ad un inquadramento globale della sua posizione, io la reputo, nella prima parte della sua carriera, la più convincente fra le sue coeve in tutte le sue interpretazioni belliniane, all’infuori di Norma (in cui la mancanza di peso vocale adeguato ha compromesso irrimediabilmente il risultato).
Trovo che nessun altra cantante a cavallo fra i ’60 e i ’70 ha saputo rendere con tanta sostenutezza il pathos del legato belliniano, lo struggimento malinconico che percorre e sostiene quelle lunghe frasi (Sonnambula, Straniera, Capuleti …) senza scadere un attimo soltanto nel letargo interpretativo. Qui ha saputo far valere la sua matrice di soprano leggero, con un retrogusto mai del tutto accantonato derivato dagli esempi di una Pagliughi o di una Carosio, ma confrontandosi però con la lezione di tragedienne della Callas e declinandola a modo suo, su un corpo vocale più lieve ma con una capacità emozionale altrettanto vincente.
Nella seconda metà della sua carriera, invece, allorcheè, e quasi in modo direttamente proporzionale alla crescente problematicità dell’assetto vocale specie in zona acuta, ha affrontato soprattutto la galleria di personaggi fine ‘800, avverto in lei un sistematico confronto assimilatore con la lezione di fraseggiatrice della Olivero, riportata ad un gusto più scarno e riscattata da alcune intemperanze ma tenuta costantemente sott’occhio, tanto da configurare un nesso di filiazione – anche se probabilmente non riconosciuto dalla Scotto donna che in alcune interviste ha preso sempre le distanze dal “modello”oliveriano. Il nesso, però, secondo me si impone in sede storica.

Così come, pur non avendole purtroppo mai sentite, non mi stupiscono le sue tarde incursioni in ambito straussiano (Marschallin) e l’approdo a Voix humaine. Percorso coerentissimo con gli stimoli e la fantasia di una cantante che, pur di matrice schiettamente “italiana”, abbia vissuto sulla propria pelle con tanta personale inquietudine, forse accentuata ed esaltata da una precoce usura del mezzo dal punto di vista strettamente eufonico, i rovelli e le difficoltà del canto novecentesco, in un arco nel quale Puccini, Strauss e Poulenc costituiscono i passaggi concatenati di uno stesso iter.
Mi fermo qui, saluti a tutti
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Messaggioda pbagnoli » sab 06 ott 2007, 13:49

fadecas ha scritto: Una Mimì “borghese” che guarda, più che alla giovinezza cantata da Murger, ai doleceamari ritratti del Giacosa di Tristi amori e di Come le foglie …

A me Murger è sempre sembrato asperrimo nelle sue "Scènes", molto più che nel bozzetto edulcorato dell'opera pucciniana
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Messaggioda Luca » sab 06 ott 2007, 23:58

Credo (ma non sono il solo) che la Scotto nella sua carriera abbia appreso moltissimo della lezione Callas soprattutto per quanto riguarda il fraseggio e l'approfondimento. Non è certo da etichettare quale imitatrice, ma come intelligente artista che ha saputo rivisitare in modo del tutto personale alcuni stilemi callasiani. In questo sarebbe interessante il confronto (uno dei tanti e che Fabrizio ha giustamente evocato) tra le due Mimì: quella della Callas e quella della Scotto. Le parole di Fabrizio in questo, mi pare colgano nel segno e le riporto perché le condivido pienamente:
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non è la Mimì più “sorgiva” della storia dell’opera, ed è lontanissima dal naturalismo della crestaia, però l’amarezza lucida e il disincanto che traspaiono dal suo modo di fraseggiare con sprezzatura nell’aria del terzo atto rende un inedito sapore di incomunicabilità moderna al distacco sentimentale ormai pienamente consumato nel rapporto fra i due amanti, e che numerose altre Mimì più volte verso il patetico non riescono a restituire altrettanto bene.
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Ora, anche la Callas si poneva su questa direttrice espressiva: all'angioletto zuccheroso (i nomi non li faccio, ma sono facili ad individuare) la Mimì della Callas contrappone quella dell'amarezza e del lividore espressivo perfettamente adatto alla natura del personaggio già inizialmente condannato alla consunzione.

Ma porrei anche un confronto tra le due versioni di "D'amor al dolce impero" (Armida di Rossini) della Callas (1954, inarrivabile e situato in un empireo vocale, quindi imparagonabile quello del '52) e della Scotto (1975): in entrambe, fatto salvo il volume ed il timbro, c'è il significato della parola unito all'abilità vocalistica che rendono godibili entrambe le versioni.

Ma altri esempi possono essere citati: la Scotto, in questo, è una miniera.

Salutoni a tutti.
Luca.
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Messaggioda Rossiniano » dom 07 ott 2007, 9:57

Luca ha scritto:Ma porrei anche un confronto tra le due versioni di "D'amor al dolce impero" (Armida di Rossini) della Callas (1954, inarrivabile e situato in un empireo vocale, quindi imparagonabile quello del '52) e della Scotto (1975): in entrambe, fatto salvo il volume ed il timbro, c'è il significato della parola unito all'abilità vocalistica che rendono godibili entrambe le versioni.


C'è da dire che Rossini non è Puccini o Verdi, diciamo che la dizione non basta. Sicuramente la Scotto è bravissima a rendere la grinta di Armida, ma vocalmente il paragone con la Callas la vede perdente in quanto non possedeva la spontaneità della coloratura di forza oltre che il mezzo vocale che rendeva la Callas estremamente adatta alle scritture Colbran. Vale la pena specificare che le mie riflessioni sono tra la Callas e la Scotto appunto, nei confronti di molte altre Armide la Scotto vincerebbe di sicuro il confronto.
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Messaggioda Luca » dom 07 ott 2007, 16:03

Sono d'accordo, Rossiniano con quanto scrivi, ma il mio era un discorso in margine al fatto che la Scotto non rifà il verso alla Callas, ma dopo la cantante greca è davvero un'Armida di tutto rispetto, superiore a quelle che hanno inciso questo brano. So anche io la differenza di organo vocale (e di resa) tra le due, né mi sentirei di uguagliarle nel loro peso specifico. Restano due grandi: una nell'agilità di forza, l'altra in quella più squisitamente lirica. Ma entrambe giungono ad ottimi livelli, pur per diversa strada.

Saluti. Luca.
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Messaggioda Rossiniano » dom 07 ott 2007, 17:56

Si possono mettere dei link qui? Vorrei proporre una Scotto inedita, la Scotto mozartiana alle prese con Vitellia, uno dei personaggi più da tragedienne di Mozart. Posso linkare vero?
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Messaggioda pbagnoli » dom 07 ott 2007, 18:02

Per l'ennesima volta: sì, si può linkare, a condizione che il link sia in tema con il topic
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