Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

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Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda pbagnoli » lun 06 gen 2014, 18:17

Rispetto agli intenti iniziali, il sito ha avuto una sua naturale evoluzione:
:arrow: maggiore attenzione agli spettacoli teatrali
:arrow: maggiore attenzione a video, recitals e persino musica sacra
:arrow: maggiore attenzione alla contemporaneità

Questo non vuol dire, ovviamente, rinunciare alla nostra attenzione storica. Attenzione che - com'è noto ai nostri lettori - non è mai esclusiva e aprioristica, oltre che totalmente vuota di contenuti perché il passato non si può riprodurre come tale.
La nostra attenzione storica è sempre contestualizzata, riferita al periodo in cui una performance è stata prodotta.
Non sapendo come altrimenti collocare questo aspetto fondamentale del nostro lavoro, abbiamo aperto una nuova rubrica, quella dei Grandi Classici di Operadisc, ove confluiranno le nostre revisioni delle incisioni che sono diventate storiche per varie ragioni.

A ciò si aggiunga l'altro movente, per me preziosissimo: e cioè il consiglio del nostro Maugham di riascoltare i dischi della nostra giovinezza con le orecchie di chi è passato attraverso numerose altre esperienze di ascolto.
Personalmente ho deciso di iniziare dal Tristan berlinese di Karajan.
Buona lettura a tutti!
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda DottorMalatesta » lun 06 gen 2014, 19:15

Plaudo con entusiasmo all´iniziativa di Pietro. Prometto che nei prossimi giorni ne parlerò piú approfonditamente. Per ora però vi proporrei alcune considerazioni.
Come definire un “grande classico”? E, soprattutto, un “grande classico” deve per forza essere qualitativamente ai vertici? O deve necessariamente sembrare “attuale” nei contenuti?
A mio parere un “grande classico” è tale soprattutto perché segna un “prima” e un “dopo”, perché impone con forza una nuova direzione o perché cristallizza al meglio una ben precisa atmosfera culturale/estetica/sociale. Un grande classico può essere quindi paragonato ad un vettore di una nuova forza, una freccia che punta in una nuova direzione. Oppure ad un punto fermo, un´altitudine da cui contemplare una realtá compiuta e ben definita. Cosí, ad esempio, il Parsifal di Knappertsbusch e quello di Boulez sono entrambi “grandi classici”. Il primo perché cristallizza un preciso modo di eseguire ed interpretare quest´opera (ben determinato dal punto di vista storico, estetico, sociale, tecnico, filosofico etc.) , il secondo perché apre orizzonti nuovi e invita a percorrere sentieri inesplorati. In maniera simile non esiterei a indicare, ad esempio, il Tristan di Furtwaengler e quelli di Karajan (Bayreuth, dal vivo e l´incisone EMI) come “grandi classici”: il primo è un punto fermo, gli altri due potentissimi vettori di forza che spingono in direzioni diversissime, ma affascinanti. Ed egualmente “definitive”.
Ecco perché non mi sentirei di condividere in toto l´affermazione “ecco l´edizione probabilmente definitiva dell´opera” data da Pietro a questo Tristan di Vickers/Karajan. Questa è, a mio parere, l´edizione definitiva di un certo modo di intendere quest´opera (come illustrato benissimo da Pietro). Il che non significa, ipso facto, che sia l´edizione definitiva di quest´opera in senso assoluto.
Dal momento che l´opera, una volta terminata, sfugge anche al suo stesso creatore per diventare “cosa a sé” - oggetto che per vivere richiede l´”interpretazione” e la costante, continua “ri-creazione”- essa diventa portatrice di una “pluralitá” di significati, di molteplici possibilitá interpretative. Forse non esiste l´edizione definitiva di un´opera, ma esiste l´edizione definitiva (per ora, fino a quando, cioè, non ne verrá un´altra ancora più “definitiva”) di un certo modo (uno tra svariati altri) di intendere un´opera.
Complimenti a Pietro per la bella recensione sullo specifico della quale mi piacerebbe tornare nei prossimi giorni (così come sulle due interessanti recensioni proposte dall´amico Luca : Thumbup : )!
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda VGobbi » lun 06 gen 2014, 19:54

Bella iniziativa quella di Pietro, ma dove in effetti può dare adito ad equivoci in merito alla definizione di "grandi classici". Quali in effetti i veri parametri che portano alla definizione di un'edizione come "grande classico"?

Ci si limita solo alle incisioni ufficiali o solo ai live?

La Tosca, ad esempio di De Sabata, la si può ritenere un "grande classico", quando uno Scarpia come Gobbi e' stato ritenuto interprete esteriore, antiquato da questo forum?
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda pbagnoli » lun 06 gen 2014, 20:11

A Francesco: probabilmente mi sono espresso male. Il concetto di "versione definitiva" era riferito al solo Karajan
A Vittorio: certo che la Tosca di De Sabata è un classico. Lo è anche per Gobbi, anche se personalmente ritengo la sua visione del personaggio veramente da età delle pietra. E sì, se hai letto anche i live sono classici: nella recensione parlavo, per esempio, dell'Elektra di Salisburgo. Se ti è mai capitato di ascoltarla, capisci il perché, no?...

Per entrambi: classico è tutto ciò che - ragionevolmente - ci sembra esserlo.
Il concetto di Classico implica qualcosa - un insieme, o un singolo elemento - che fa sì che ci ricordiamo di quel determinato disco (poiché di questo stiamo parlando) ancora a distanza di anni.
Se andiamo a cercare le sole incisioni che cambiano drasticamente il corso delle interpretazioni, forse non arriviamo a 10...
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda michele cesareo » lun 06 gen 2014, 22:51

DottorMalatesta ha scritto:Plaudo con entusiasmo all´iniziativa di Pietro. Prometto che nei prossimi giorni ne parlerò piú approfonditamente. Per ora però vi proporrei alcune considerazioni.
Come definire un “grande classico”? E, soprattutto, un “grande classico” deve per forza essere qualitativamente ai vertici? O deve necessariamente sembrare “attuale” nei contenuti?
A mio parere un “grande classico” è tale soprattutto perché segna un “prima” e un “dopo”, perché impone con forza una nuova direzione o perché cristallizza al meglio una ben precisa atmosfera culturale/estetica/sociale. Un grande classico può essere quindi paragonato ad un vettore di una nuova forza, una freccia che punta in una nuova direzione. Oppure ad un punto fermo, un´altitudine da cui contemplare una realtá compiuta e ben definita. Cosí, ad esempio, il Parsifal di Knappertsbusch e quello di Boulez sono entrambi “grandi classici”. Il primo perché cristallizza un preciso modo di eseguire ed interpretare quest´opera (ben determinato dal punto di vista storico, estetico, sociale, tecnico, filosofico etc.) , il secondo perché apre orizzonti nuovi e invita a percorrere sentieri inesplorati. In maniera simile non esiterei a indicare, ad esempio, il Tristan di Furtwaengler e quelli di Karajan (Bayreuth, dal vivo e l´incisone EMI) come “grandi classici”: il primo è un punto fermo, gli altri due potentissimi vettori di forza che spingono in direzioni diversissime, ma affascinanti. Ed egualmente “definitive”.
Ecco perché non mi sentirei di condividere in toto l´affermazione “ecco l´edizione probabilmente definitiva dell´opera” data da Pietro a questo Tristan di Vickers/Karajan. Questa è, a mio parere, l´edizione definitiva di un certo modo di intendere quest´opera (come illustrato benissimo da Pietro). Il che non significa, ipso facto, che sia l´edizione definitiva di quest´opera in senso assoluto.
Dal momento che l´opera, una volta terminata, sfugge anche al suo stesso creatore per diventare “cosa a sé” - oggetto che per vivere richiede l´”interpretazione” e la costante, continua “ri-creazione”- essa diventa portatrice di una “pluralitá” di significati, di molteplici possibilitá interpretative. Forse non esiste l´edizione definitiva di un´opera, ma esiste l´edizione definitiva (per ora, fino a quando, cioè, non ne verrá un´altra ancora più “definitiva”) di un certo modo (uno tra svariati altri) di intendere un´opera.
Complimenti a Pietro per la bella recensione sullo specifico della quale mi piacerebbe tornare nei prossimi giorni (così come sulle due interessanti recensioni proposte dall´amico Luca : Thumbup : )!
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda DottorMalatesta » mar 07 gen 2014, 10:01

pbagnoli ha scritto:Per entrambi: classico è tutto ciò che - ragionevolmente - ci sembra esserlo.
Il concetto di Classico implica qualcosa - un insieme, o un singolo elemento - che fa sì che ci ricordiamo di quel determinato disco (poiché di questo stiamo parlando) ancora a distanza di anni.


Benedetto Croce, filosofo idealista, diceva che l´arte è ciò che da sempre gli uomini hanno chiamato arte. In una prospettiva più operodischina :mrgreen: mi sembra invece opportuno domandarci cosa faccia di un´incisione un “grande classico”. Di certo, comunque, ha ragione Pietro nel dire che un grande classico resta tale nel tempo (purchè lo si consideri in una prospettiva storica, tenendo cioè conto del suo contesto, e non solo di come oggi verrebbe recepito). Cosí potrebbe essere considerato un grande classico anche un´incisione che oggi ci appare polverosa, ma che ha cristallizzato un certo modo (legato ad una determinata epoca) di interpretare una data opera.
Per esempio, la Tosca De Sabata/Callas/Gobbi/Di Stefano è di certo un “grande classico” (ancorché probabilmente con qualche ruga di troppo), ma – per cosí dire – più perché rappresenta un punto fermo della storia dell´interpretazione che un nuovo vettore di forza. E questo anche (ma certo, Vit!) per l´interpretazione di Scarpia datane da Gobbi. Che per un paio di decenni (almeno) è stato lo Scarpia di riferimento. Certo, discutibile fin che si vuole, ma indiscutibile il fatto che avesse un grandissimo successo in questo ruolo. Segno che gli ascoltatori d´opera di allora si riconoscevano (ed amavano) un´interpretazione che, a noi ascoltatori di oggi, appare forse grandguignolesca, caricata, sopra le righe.

Se andiamo a cercare le sole incisioni che cambiano drasticamente il corso delle interpretazioni, forse non arriviamo a 10...


Beh... non la penso così. Per ogni opera ci sono edizioni che dicono qualcosa di nuovo o che rappresentano dei punti fermi di un determinato modo di intendere l´opera. Per Tosca, tanto per dire, penserei subito a quella di De Sabata, alla prima di Karajan e a quella di Sinopoli. Per Turandot a quella live Gavazzeni, Corelli, Nillsson e a quella di Mehta (con la Sutherland). Per Trovatore alla seconda edizione in studio diretta da Karajan con Bonisolli, etc… Lunga ora giustificare il perché. Ma mi sembrano tutte edizioni che spiccano per una concezione profondamente originale oppure perché emblematiche di un certo modo di intendere un´opera.

Riguardo alla tua recensione...
Trovo davvero estremamente interessante il rapportare il Tristan di Karajan II all´atmosfera dell´esistenzialismo. Sono d´accordissimo. Il “bel suono” di questa incisione ha in effetti l´odore inebriante e quasi nauseante di certi fiori recisi, che emanano il loro profumo più intenso proprio prima di morire. E´un profumo che sa di morte, una bellezza “velenosa”, per così dire. Di fatto, è la prima incisione che colga le ansie e le angosce del mondo contemporaneo (mentre il live da Bayreuth, nella sua bruciante immediatezza, mi sembra l´espressione di un romanticismo non vissuto come esaltazione del mito come in Furtwängler, ma come gigantesche passioni che si scontrano su un fondale alla Caspar David Friedrich).

Che dite?

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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda michele cesareo » mar 07 gen 2014, 10:45

Io dico che piace....!!

Ho trovato estremamente interessante un concetto del Dottor Malatesta.
Oltretutto anche utile a chi, nella mia condizione vuoi anagrafica, vuoi cultural- ambientale, necessita di rinverdimenti e di nuovi "punti di vista " generazionali.
I miei tempi erano quelli di Celletti, Gualerzi, Abbiati, Confalomieri, Curir.....etc etc.( Ho scordato, nientemeno, Montale )

Non riuscendo ad estrapolare il concetto ( ciò la dice lunga sulle difficoltà anche tecniche che incontra un datato new entry)
lo trascrivo:
"" ....Dal momento che l'Opera , una volta terminata, sfugge al suo stesso creatore per diventare " cosa a se " , oggetto che per vivere richiede "l'interpretazione" e la costante, continua ri-creazione , essa diventa portatrice di una " pluralità " di significati, di molteplici possibilità interpretative ..... """

Questa "chiave " di lettura , oltre alla possibilità di scoprire nuovi modelli interpretativi - una per tutte la Dessay - agevola
l'evoluzione non solo del pensiero, ma avvicina ai ...Nuovi Mondi ...

Grazie!


Michele
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda michele cesareo » mar 07 gen 2014, 13:19

L'Edizione di TOSCA DE SABATA/CALLAS/DI STEFANO/ GOBBI/ per me, ancora oggi, rimane "nihil melius ".
E mi dico : se lo stesso medesimo CAST ce la riproponesse con la tecnologia di oggi, sarebbe da fine del mondo, o non ?
Tito Gobbi, checchè se ne possa dire, non ha forse la stessa faccia di tolla che hanno, anche nel modo mellifluo di comportarsi, molti potenti di oggi ? .....( sto ripassando nella mente il live del Covent Garden )
Similia similibus ....Forse per questo certe facce o certe regie restano planetarie, eterne, definitive per quanto ciò possa accadere in natura...
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda pbagnoli » mar 07 gen 2014, 14:43

michele cesareo ha scritto:L'Edizione di TOSCA DE SABATA/CALLAS/DI STEFANO/ GOBBI/ per me, ancora oggi, rimane "nihil melius ".

Hai ragione, è un classicissimo.
Ma ha ragione anche Francesco quando dice che è invecchiatuccia, almeno in due protagonisti su tre.
Io per esempio preferisco la prima di Karajan, molto più rilassata nelle dinamiche, con la Price e con un Taddei a mio personalissimo gusto stratosferico; ma è un mio gusto personale.
Di fatto, entrambe sono Classici.
Non so se abbiano cambiato la storia dell'interpretazione (come, per esempio, è capitato alla Turandot di Mehta con la Sutherland), ma sono Classici.
Ecco, quello che dicevo prima era proprio questo: forse non è necessario cambiare la storia dell'interpretazione per essere un Classico, ma avere almeno un elemento outstanding, oppure riflettere alla perfezione l'epoca storica in cui le incisioni (o i live) sono state concepite, questo sì
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda pbagnoli » sab 17 mag 2014, 19:15

Il primo Otello di Karajan
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda Luca » sab 17 mag 2014, 21:04

Caro Pietro,

recensione letta con molto interesse e, in linea di massima, condivisa (ho anche io quest'edizione, oltre a quella di Erede). Quello che tuttavia insegnano le tue parole è una vecchia verità: grandi cantanti lo sono solo per il nome (Bastianini), altri (Protti) - in un minore contesto di altisonanza - 'fanno cose' di gran lunga migliori dei primi. Personalmente non ho mai molto amato Bastianini, mentre Protti sì (cf. le edizioni di Nabucco).

Salutoni domenicali...
Luca.
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda DocFlipperino » mer 21 mag 2014, 12:13

grande ritorno del collega supremo. bellissimi pezzi pietro.
mi permetto una piccola "osservazione" che vuole più che altro essere una riflessione generale.
tu scrivi "questo NON è Otello".
condivido con te che questo non sia l'Otello di OGGI. fu l'otello per antonomasia di IERI. non sappiamo quale sarà l'Otello per antonomasia di domani.
Personalmente se la strada è quella tentata da Kunde (cantante peraltro straordinario in quasi tutto il repertorio che ha affontato, e i recenti Troyens scaligeri lo dimostrano) nutro forti dubbi sulla sua valenza storica.
mi chiedo a questo punto..... ma a parte il gusto personale, chi ci dice che l'Otello di oggi sia migliore dell'otello di ieri?
non parlo ovviamente di passatismi del genere "a quel tempo si cantava meglio di oggi" e altre inutili menate che lascio ad altri lidi
mi riferisco al fatto che spesso il canto riflette il periodo storico. a quel punto allora mi sorge la domanda di cui sopra :o

grazie del bellissimo lavoro che svolgi qui sopra : Doctor :
flip
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda pbagnoli » mer 21 mag 2014, 14:07

Per me l'Otello di riferimento è Tamagno.
Non sarà quello per cui Verdi ha inizialmente pensato il personaggio, ma è quello intorno a cui l'ha modellato; quindi, di fatto, diventa il modello di riferimento.
Ora, ovviamente, nulla vieta che il personaggio possa crescere intorno a altri cantanti; anzi, ben venga.
Ma:
1) se il personaggio è cresciuto intorno alla vocalità di Tamagno, vuol dire che è cresciuto intorno a un tenore che aveva in repertorio Raul degli Ugonotti e Arnold. Quindi, era un erede della tradizione Nourrit. I brani che ci sono rimasti di Tamagno testimoniano - nonostante la precarietà, l'età avanzata e i problemi di salute - una voce squillante e haute-contre. Niente a che vedere con i catramoni scuri cui siamo abituati
2) se questo modello vocale porta a enormi difficoltà di esecuzione nel II e III atto, vuol dire che è un modello poco praticabile da chiunque non sia Mario Del Monaco. Di questo bisogna tener conto
Quindi, probabilmente l'Otello ideale è più o meno uno Spyres; o forse un Kunde di qualche anno fa.
Vocalmente, intendo
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda DocFlipperino » mer 21 mag 2014, 14:35

non si corre il rischio che voci come quelle da te desiderate arrivino al IV atto completamente distrutte?
il recente Otello di Venezia ne è un pò' la prova. E secondo me la prossima stagione a Torino ne avremo la conferma

super off-topic: verrai allo S.M.A.R.T.?
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Re: Nuova rubrica: i Grandi Classici di Operadisc

Messaggioda pbagnoli » mer 21 mag 2014, 15:11

DocFlipperino ha scritto:non si corre il rischio che voci come quelle da te desiderate arrivino al IV atto completamente distrutte?

Credo di no.
E comunque, anche fosse: il IV atto per Otello è diverso dal IV atto per Arnold. I problemi più grossi se li è già eliminati nei tre atti precedenti.
Il buon Matteo Marazzi diceva in modo un po' acido ma efficace che se Otello trionfa nel Niun mi tema, vuol dire che ha fallito nel resto.
Una cattiveria? Può darsi. Ma un po' di vero c'è... :lol:
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